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Una voce dalla Nuova Enciclopedia Italiana (1875), ormai nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono mie, © William P. Thayer.

Vol. I
p743
Gil Albornoz

Albornoz (De), Gil Carrillo (biogr.). — Nacque a Cuenca, intorno al principio del secolo XIV, da una illustre e ricca famiglia. Fu educato a Saragozza sotto gli occhi di suo zio don Zimeno, arcivescovo di quella città, e studiò leggi a Tolosa. Alfonso XI lo nominò membro del suo Consiglio privato ed arcidiacono di Alcantara; e sulle premurose istanze del re, il Capitolo di Toledo lo elesse poscia all'arcivescovado di quella città. Nel 1340 accompagnò il re nella sua spedizione contro i Mori di Tarifa, e gli salvò la vita nella battaglia. Tre anni dopo si trovò all'assedio di Algezira, fu fatto cavaliere dal re stesso ed inviato con una missione importante in Francia. Ad Alfonso succedette il figliuolo Pietro il Crudele, col quale Albornoz non potè godere dello stesso grado di favore. Questo degno prelato gli rimproverò altamente i suoi amori con Maria de Padilla; ma il re, invece di ascoltare le sue ammonizioni, tentò di sacrificarlo alla vendetta della sua favorita. Albornoz cercò rifugio in Avignone, dove Clemente VI, il quale occupava a que' giorni la sede papale, lo ricevette colle più grandi dimostrazioni di stima e di rispetto, e lo creò cardinale. Rinunciò allora all'arcivescovado di Toledo, dicendo: "Sarei degno di biasimo tenendo una sposa colla quale non posso vivere più lungamente, come è da biasimarsi re Pietro per avere abbandonata la sua legittima consorte a fine di vivere con una concubina".

Nel 1353 fu fatto legato e gli venne affidata la missione importante della riconquista degli Stati papali. Con picciolo numero d'uomini, e dopo di avere impegnato la sua stessa argenteria e le sue gioje, partì da Avignone. Entrato in Italia, trattò gli abitanti con si prudente politica, che li attirò al suo partito. Ottenne libero passaggio a traverso la Toscana ed interessò in suo favore la repubblica di Florence. Entrò poscia negli Stati papali, e coll'ajuto di Cola di Rienzo, che seco aveva condotto da Avignone, e con la pubblicazione d'indulgenze per coloro ch'erano rimasti fedeli, e di scomuniche contro i ribelli, fece che i Romani corressero in folla al suo campo. Entrò trionfante a Montefalcone ed a Montefiascone, si guadagnò Gentile Magliano, tiranno di Fermo, e ridusse all'obbedienza i Malatesta. Nel 1357 un intrigo, ordito a suo danno in Avignone, indusse il papa a richiamarlo; ma fu scoperta la verità, rivocato l'ordine, ed Albornoz, proseguendo la conquista, sconfisse Francesco Ordelaffi di Forlì, il più potente di tutti i tirannelli della Romagna, e dopo una lunga guerra rimise i papi in possesso del loro Stato per diritto di conquista. Allorchè Urbano V venne in Italia, Albornoz si portò ad incontrarlo a Viterbo, dove il papa invitò il legato a rendergli conto della sua amministrazione. Il cardinale ordinò che fosse tratto nel cortile della casa un carro carico di vecchie chiavi e di chiavistelli, e additandolo al pontefice, disse: "Ho impiegato ogni mio avere nel mettere Vostra Santità al possesso di tutte le città e di tutti i castelli, di cui le presento le chiavi". Il papa, pentito dell'ingrata sua diffidenza verso un uomo che tanto aveva per lui operato, lo abbracciò cordialmente e gli professò da quel momento in poi la più alta stima. Essendo stato nominato legato di Bologna, le diede nuovi statuti e vi fondò a proprie spese un collegio per gli Spagnuoli, composto di un rettore, di trenta studenti e di quattro cappellani, tutti spagnuoli, facendo facoltà di ammettervi un solo portoghese. Tutti andavano soggetti al rettore in materie tanto civili quanto criminali, e tutti dovevano godere degli stessi privilegi di cui gode la nobiltà.

Il cardinale Albornoz morì a Viterbo nel 1364. Il papa sentì così al vivo quella perdita, che per lo spazio di tre giorni non volle vedere persona. Le spoglie mortali del cardinale furono trasportate a Toledo, dove bramò d'essere sepolto. Il papa concesse un'indulgenza plenaria, come in tempio del giubileo, a chiunque prestasse l'opera sua nel trasporto della lettiga su cui giaceva il cadavere, ed il popolo perciò accorse in folla dalle città e dai villaggi per incontrare il convoglio funebre dell'illustre trapassato; cosicchè si può dire che il suo cadavere fu portato a spalle d'uomini da Viterbo sino a Toledo. Albornoz lasciò un'opera assai rara: Sulla Costituzione della Chiesa Romana, stampata a Jesi nel 1473. Sepulveda, uno dei collegiali spagnuoli di Bologna, vi pubblicò, nel 1623, una vita di Albornoz, in latino, senza menzione di data. Mariana, parlando di questo celebre personaggio, si esprime in questi termini: "In ogni circostanza della sua vita fu egualmente inflessibile in material di giustizia, disprezzatore delle ricchezze, fermo senza debolezza nei momenti difficili, e non è facile il dire se fosse più illustre pel suo prudente governo in tempo di pace, o pel suo valore in guerra".

Vedi anche i suoi biografi Porreño e Lescale.


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Pagina aggiornata: 30 gen 13