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Cap. II
(3a Parte)

Questa pagina riproduce una parte di
Aquila

pubblicato nella Serie "Italia artistica"
Bergamo, 1929

Il testo è nel pubblico dominio.

Questa pagina è stata attentamente riletta
e la credo senza errori.
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vi prego di farmelo sapere!

seguente:

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Cap. II
(5a Parte)

 p44  (II, seguito)

La Scultura. — La scultura non ebbe una manifestazione così rigogliosa da paragonarsi a quella dell'architettura. Rare volte la figura fu assunta a decorare le lunette e gli architravi dei portali nelle chiese. Ed una volta soltanto, per quel che è conservato oggi, la si incontra quale adornamento rilevante dell'intero organismo di un portale, il maggiore di Collemaggio. Anche più rari sono i saggi di statuaria monumentale nell'interno delle chiese.


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Bazzano — Chiesa di S. Giusta: Pulpitoº

Forse nemmeno una citazione merita il Sarcofago del Vescovo Albino nel Duomo di Aquila, inspirato ad esemplari del secolo VI, unica opera che rappresenti il periodo paleo-cristiano.

Notevole saggio schiettamente romanico è l'ambone della chiesa di S. Giusta a Bazzano. Esso è impostato sull'arco d'accesso alla cripta. È coevo alla fabbrica, come si deduce dai caratteri della decorazione inspirata ad opere abruzzesi. Nel parapetto frontale son figurati i simboli evangelici, illustrati da cartigli, con scritte riproducenti, salvo lievi varianti, l'inizio degli Evangeli o uno dei primi paragrafi di essi. Nel mezzo, la lastra si rigonfia e adorna del mistico agnello crucigero. La fattura è stentata e debole. Le orlature son ricavate in fogliame compresso e vengono stilizzate al punto da perdere spesso la natura vegetale. Intorno all'agnello si svolge un fregio di fogliame solcato da nervatura spiccata e ondulata, che richiama l'ambone di S. Pellino a Pentima (fine XII sec.). Il trattamento del fogliame ricorda anche l'ambone di S. Angelo in Pianella (circa metà del sec. XI). Nel parapetto destro sbocciano due rosoni costituiti da due coppe concentriche striate da raggi, con margine ondulato, ad archetti. Essi sono affini a quelli che avvivano l'iconostasi di S. Maria in Valle Porclaneta (principio XII sec.), ma si possono comparare con profitto pure a quelli dell'ambone di S. Pellino. Nell'interno della faccia sinistra si svolge un motivo geometrico proprio delle transenne. Un frammento analogo è murato nella parete destra del corridoio che conduce alla cripta. Altri resti decorativi son fermati qua e là in questo andito.

 p45  Un avanzo scultorio, probabilmente sincrono all'ambone e come esso barbarico, si vede nella confessione. È una lastra ricurva, parte di pluteo o fonte battesimale. Grossi fiorami scorrono verticalmente nel margine sinistro; un rosone si schiude nella zona inferiore. Dal fondo staccano due figure, una coronata e seduta, forse David, l'altra con berretto frigio, che presenta un libro aperto, forse Salomone.

Il gruppo della Vergine col Bambino, collocato nella lunetta del maggior portale di S. Maria di Paganica (prima metà del sec. XIV), riflette tendenze pisane. Si ha la composizione propria di Giovanni Pisano, il cui fascino si concentra nella intimità delle sguardo amoroso che avvince Madre e Figliuolo. L'arte di Giovanni traluce anche dal grandioso tipo dell'eletta, dall'ampio panneggiare, dalla foggia del trono, di sotto al quale par che si slancino impetuosi i leoni di sostegno, agitando le vesti della Donna. La fattura è, però, superficiale e grossolana.

 p46  Sull'architrave si dispongono sette busti a bassorilievo. Nel centro il Redentore; ai lati S. Bartolomeo, S. Marco, S. Giovanni, S. Paolo, S. Giacomo. Queste figure, coeve alla chiesa, risentono di influssi lombardi. Son duramente segnate, ma improntate di certo carattere nei tipi e negli atti. Ad esse van collegate le mezze figure del Redentore e di sei santi scolpite a bassorilievo, verso la metà del secolo XV, sull'architrave di Spirito in Coppito. In queste vano è riuscito lo sforzo di fermare l'espressione.

Ancor più povere sono le sculture sull'architrave del portale nel fianco destro di S. Marco, benchè le imagini siano mosse e atteggiate con qualche vivacità, il S. Giovanni soprattutto, opera di un maestro locale incolto e senza direttiva. Ciò si può ripetere per la formella incastrata nella parete a destra dell'ingresso in S. Silvestro. Vi è rappresentato un Vescovo che versa da un'anfora abbondante acqua sul capo di un giovane ritto ignudo in una vasca. Forse faceva parte della decorazione di un fonte battesimale. Le figure, voluminose e tozze, son dirozzate a fatica e si muovono con impaccio. È opera fortemente ritardataria, senza carattere, presumibilmente della seconda metà del secolo XIV. L'unica espressione nobile della scultura nei secoli XIII e XIV, intesa quale complemento di un organismo architettonico, è offerta dalle sei statuine sfuggite a rovina, che arricchiscono il portale di S. Maria in Collemaggio. S. Caterina, figura piuttosto adiposa ma improntata di nobiltà, è come tenuta da un profondo languore spirituale; S. Maria Egiziaca è effigiata con gli occhi socchiusi, sognanti, le mani  p47 congiunte, la chioma opulenta ondeggiante libera intorno alla persona con vivo risalto ornamentale; S. Pietro, rigido, ha caratteristico viso conico, prolungato dalla barba a punta; S. Paolo ha corpo sottile e grossa testa, occhi semiaperti; un giovane santo, di snella forma, di fini lineamenti, con vesti drappeggiate in lunghe pieghe non prive di sentimento decorativo, è intento a leggere; una santa delicata e gentile, dagli occhi mobili, dalla chioma diffusa sugli omeri, con nella sinistra un lembo delle vesti, è tutta raccolta in sè. Risalta evidente la derivazione da Tino di Camaino, che molto lavorò a Napoli, dal 1325, e la cui azione si fece sentire per lungo tempo nell'Italia meridionale.

All'arte di Tino s'inspirò anche lo scultore delle figure angeliche disposte intorno all'archivolto interno, avvivate da certa grazia soave, ma goffe e stentate nell'atto.

Per lo scorcio del secolo XIV è da ricordare anche la statua in legno di S. Giuliano  p48 nel Museo Civico. Ampio, sciolto, decorativo è il panneggiare, sotto il quale la forma, però, si perde alquanto. È sfigurato nel volto, la destro mano è monca.


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Chiesa di S. Pietro in Coppito
— S. Giuliano —
Scultura in legno

(Fot. Alinari)

Nel primo cinquantennio del Quattrocento vige sempre la tradizione gotica. La quale è asserita essenzialmente da due opere di maestri forestieri: il Monumento funerario a Ludovico Camponeschi in S. Giuseppe, eseguito da Gualtiero di Alemanna, e il Fonte Battesimale già in Duomo, ora frammentario e disperso, dovuto a Giovanni de' Rettorii milanese. L'Arca Camponeschi è datata 1432. Forse sul basamento dell'urna si può leggere anche il nome dell'artista, cui va certo ascritta, per le precise rispondenze col Sepolcro di Restaino Caldora († 1412) in S. Spirito di Sulmona, da lui firmato. Del maestro non si han notizie. È assai probabile si debba identificare con quel Gualtiero da Monaco che fornì l'opera sua alla Cattedrale di Strasburgo e che nel 1393 fu invitato da Galeazzo Visconti a Milano, per la fabbrica del Duomo. Più che ai monumenti  p49 del nord e alle Arche scaligere di Verona, che pur vengono richiamati, Gualtiero guardò ai mausolei dei Reali d'Angiò in S. Chiara e a quel di re Ladislao in S. Giovanni a Carbonara di Napoli. Egli provò a rimaneggiare i tipi già determinati, ma con scarsa originalità e gusto. Spostò la statua equestre dal fastigio della camera mortuaria, ove l'estinto è figurato supino, accozzando due motivi contrastanti, caricando troppo l'ambiente. L'insieme del monumento consta di parti non fuse. Grave è l'esecuzione. Tuttavia è interessante, oltre che il sapore spiccatamente esotico e certa bizzarria, la soppressione dell'ufficio decorativo degli angeli, che non più stirano le cortine, ma partecipano con umanità al compianto, e la serenità del defunto, non irrigidito come sulle arche napoletane.


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Chiesa di S. Giuseppe — Mausoleo Camponeschi, di Gualtiero di Alemanna
[a destra: Particolare]

(Fot. Alinari)

Gualtiero eresse anche il Sepolcro Gaglioffi in S. Domenico, che segnò del suo nome, ma ora di esso non si ha vestigio alcuno.

Il Fonte di Giovanni de' Rettorii — rappresentante non ultimo della tendenza arcaica persistente nella scultura lombarda della prima metà del Quattrocento — fu composto per cura del cardinale Amico Agnifili in S. Massimo, nella cappella del Battistero, a destra del coro, dal porporato illustre compiuta.

Di esso restano alcune parti — quattro rilievi — entro incorniciamenti trilobi, sulle pareti della navata centrale, presso l'entrata. A destra l'Annunciazione e la Visitazione, gotici nelle architetture e nel panneggiare, di composizione semplice, improntati di decoro, con paffute figure povere di espressione e di modellazione, fra le quali è notevole la Vergine per certo rapimento che si coglie nel suo aspetto. A sinistra: l'Adorazione e il Battesimo di Gesù, di fattura analoga, stentata, ma rischiarati da un alito di poesia e di tranquilla intimità. Più cospicuo è il frammento apposto nel fianco destro della chiesa di S. Margherita. Nella cuspide ogivale è figurato l'Eterno fra angeli, nelle edicolette l'Angelo Gabriele e la Vergine Annunciata, negli angoli presso le edicole due profeti. Gli elementi architettonici son proprî dello stile gotico fiorito o fiammeggiante. Nelle figure, un po' gravi ma soffuse di ingenuità gentile, è la ricerca dell'atto espressivo, lo studio della notazione fisionomica.


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Chiesa di S. Margherita — Elemento di ciborio, di Giovanni de' Rettori.º

Di Giovanni de' Rettorii si può anche ritenere il Fonte Battesimale in S. Marciano, con rilievi importanti del suo carattere.


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Chiesa di S. Marciano — Fonte battesimale, di Giovanni de' Rettori.

(Fot. Carli)

Alla scultura gotica del nord-Italia si accosta anche la statua di S. Pietro (metà del XV sec.) in S. Pietro in Coppito. La figura è arcaicamente ieratica, con caratteristiche orecchie a mo' di conchiglie. È lavoro mediocre, ma inteso con dignità, con senso di plasticità animata.

Un'opera bellissima, che tutte le altre sovrasta, è la Madonna col Bambino, in legno policromo, opera del principio del secolo XV, se non dello scorcio del precedente, nella  p50 chiesa di S. Silvestro, ospitata entro un tabernacolo in pietra che risale al principio del secolo XVI. Bella ed organica è la linea del gruppo, animata dall'improvviso aggettare del busto e della testa del Bambino; il leggero panneggiare fasciante modella sensualmente le forme, il viso della Vergine assume singolare e intenso carattere per gli occhi vivi sotto le folte sopracciglia curve contrapposte; la mano di Lei risalta per mirabile finezza.


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Chiesa di S. Pietro in Coppito — Statua di S. Pietro

(Fot. Carli)

Chiesa di S. Silvestro — Madonna col Bambino

(Fot. Carboni)


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