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Cap. III
(4a Parte)

Questa pagina riproduce una parte di
Aquila

pubblicato nella Serie "Italia artistica"
Bergamo, 1929

Il testo è nel pubblico dominio.

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seguente:

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Cap. III
(6a Parte)

p90 (III, seguito)

La Pittura. — Più ferace è la messe delle opere, in confronto del periodo antecedente, ma perdura, al pari che in tutto il territorio meridionale della penisola, la deficienza di un colorito locale, di un indirizzo proprio. Le manifestazioni strettamente aquilane, pur rivelandosi sensibili a svariati influssi roteano nell'orbita della scuola umbra: oscillano dall'uno all'altro aspetto di essa, senza alitarvi per entro un novello spirito. A codesta limitazione delle facoltà assimilatrici va imputata la esigua azione spiegata da Raffaello, la cui Visitazione, ora al Prado, splendeva nella cappella a sinistra  p91 del coro in S. Silvestro. Accanto alla travolgente corrente umbra, altre minori se ne svolgono, quale penetrata di elementi toscani, quale di veneti, quale di lombardi. Arduo si presenta lo studio e la classificazione delle opere — quasi tutte per restauri ed incuria snaturate — in cui i raffronti specifici or guizzan vividi, ora impallidiscono e si dissolvono in un mareggiare di scorie eterogenee. Si è costretti alle sommarie vedute di insieme, alla notazione delle direttive più rilevate. La mancanza di chiara, ben definita personalità negli artisti e di una linea nel loro svolgimento, la comune fonte alimentatrice fan sì che non riesca affatto possibile distinguere nettamente ciò che appartiene a ciascuno.


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Chiesa di S. Pietro in Coppito — Affresco di maniera toscana

(Fot. Carli)

L'indirizzo umbreggiante è segnato da una serie di dipinti che van compresi tra lo scorcio del secolo XV e la metà del Cinquecento.

Notevole è Sebastiano di Cola da Casentino, morto nel 1506. Egli è ricordato nel 1480 qual testimone, insieme al pittore Giovanni Antonio di Percossa, all'atto di società stipulato tra Silvestro dell'Aquila e Francesco di Trugi. Nel 1486 affrescò una Annunciazione e varî Santi in S. Maria ad Cryptas presso Fossa; nel 1506 una Madonna col Bambino e un S. Rocco. A dì 22 dicembre 1486 prese ad ornare la cappella di S. Leonardo in Duomo. Nel 1488, 15 dicembre, s'impegnava a dipingere in S. Domenico.  p92 A Iacopo di Notar Nanni prometteva il 31 maggio 1495 di condurre a termine la decorazione della cappella di sua proprietà in S. Maria di Paganica. Per un S. Francesco su tavola dava fede alla Confraternita del Terz'Ordine il 15 luglio 1495. Inoltre, si ha notizia ch'egli aveva accettato l'incarico di modellare in legno un S. Sebastiano per la Rocca si S. Stefano. Sopravvivono i freschi di Fossa, con firma e data, pitture ben mediocre condotte con tre sole tinte: rosso, verde, giallo. Nell'Annunciazione è curioso il particolare del Bambino Gesù che scende alla Vergine sopra una raggiera effusa dall'Eterno Padre.

Non è sostenibile l'attribuzione a Sebastiano delle storiette che ornano un tabernacolo nella chiesa Madre di Fossa. Suo è il S. Francesco che riceve le stimmate nel Museo aquilano, opera fiacca ma con buone note grigie irrorate di luce nel saio, come le due Resurrezioni di Gesù che alla sua maniera si ricollegano.

La povertà di questi saggi rende perplessi innanzi ad alcune tavole del Museo Civico, che pure offrono nessi con le opere rispecchianti sicuramente i suoi modi. Vogliam riferirci al gran pannello con S. Giovanni da Capestrano e ai quattro piccoli, un tempio ad esso congiunti, che rappresentano la Predicazione e la Morte di S. Bernardino, la Messa e la Lotta contro gli infedeli per opera di S. Giovanni da Capestrano, tutti provenienti da S. Bernardino, lavorati a tempera. I grigi in questi dipinti hanno intonazione ferrigna, non luminosa, il piegare è rigido, non morbido come nelle Stimmate.

L'immagine isolata di S. Giovanni da Capestrano è tra i migliori esemplari di pittura quattrocentesca conservati nell'Aquila. È raccolta, chiusa entro una nobile linea e campeggio contro un paese ad alberelli lievi. Distinzione è nell'atteggiamento; intensa dolcezza nello sguardo e nella bocca. I lineamenti son segnati con finezza, nelle mani è determinata sagacemente l'epidermide, variata da afflosciamenti, rugosità, gonfiezze di vene. Diafane velature diffuse schiariscono il grigio saio che dà risalto all' p93 incarnato cereo rinforzato da ombre rosso bruno. Giulive note di rosso occhieggiano sul bianco vessillo, sulla spalla sinistra del santo, nella legatura del libro ch'egli reca. Qualche rispondenza generica con Cola D'Amatrice non ne autorizza, come alcuno crede, l'attribuzione a questo artista.

Fra i quadretti, che offrono affinità d'insieme con la nota serie della Pinacoteca di Perugia rappresentante la vita di S. Bernardino, il più interessante è la Predicazione di S. Bernardino. Sopra una sfondo di tonalità chiara — rosei smorzati nelle ombre e balenanti per lunghe vivide luci — ondeggiano tinte basse, rossi e verdi rialzati al centro e qua e là nei gruppi da rossi luminosi e intensi. L'incarnato è modellato con frequenti ombre verdastre interrotte da intense pennellate bianche, specie sulle guancie e sulle nocche delle dita, e da uno scintillio di auree luci. Rossicci son segnati i contorni e gli scuri fra le dita. Le prolisse capellature son tinte in verde, marrone e giallo. Le pieghe vengon tirate rigide, a fascio, o svolte a curve concentriche, ancor lievemente alla gotica. I mezzi tecnici appaiono limitati. Ma è da rilevare il tormentoso tentativo di caratterizzare le figure, che traligna sino all smorfia e alla caricatura; la bizzarria di certi particolari, come gli ossessionati che si dibattono per svincolarsi dal demone il quale arranca tuttora sui loro capi scarmigliati. Le composizioni, l'effetto di massa, le architetture, il costume si presentano notevoli.

Le medesime peculiarità offrono leº altre tavole, fra le quali attrae la Morte di San Bernardino, equilibrata, fusa, animata, con qualche espressione felice. Nel ricerca del caratteristico si han riferimenti all'Alunno. Il S. Giovanni fa pensare al tipo di S. Bernardino quale Niccolò da Liberatore lo intese, segnatamente nella Crocifissione della Pinacoteca di Terni e in quella di S. Francesco a Montefalco. Il mazziere nella Predicazione si può associare all'Arcangelo Michele del Polittico di Bastia Umbra. Qualche raffronto è possibile anche con gli affreschi del Duomo di Atri. Per la colorazione è notevole la Messa. La folla è segnata da note verde scuro, avvivate da taluni verdi squillanti. Risalta il grigio luminoso del frate servente incorniciato dalle tonalità bianche delle pareti e del prospetto della Cappella.

A Sebastiano si potrebbe anche assegnare il Noli me tangere, in cui la figura del Cristo ha gesto similare a quello della B. Antonia, ritenendo l'Annunciazione dipinta nei medaglioni al sommo come la cosa migliore; una grande figura di S. Elisabetta, quieta e intensa sopra un fondo di rose bianche e rosse nella zona inferiore, e nella soprastante azzurro a stelle d'oro, vestita di ampio manto luminoso di non comune tonalità con soggolo intorno al capo, le fini mani giunte con la corona intorno al polso sinistro.


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Museo Civico — S. Elisabetta, di Sebastiano di Cola.

(Fot. Carli)

Nelle "Guide" molte e svariate opere, in parte esistenti, sono ascritte a Francesco ed a Paolo da Montereale, appartenenti ad una famiglia di artisti, tutti mediocri, la cui genealogia non è ben chiara. Di un Paolo da Montereale si ha notizia, circa il 1501, che dipinse nella chiesa ora degradata di S. Francesco, per la famiglia de' Pica,  p94 una Natività; a cura della medesima famiglia eseguì pure una Concezione in collaborazione di Bernardino di Cola del Merlo, da Civita di Penne (1503). Son noti anche un Filippo, il quale nel 1490 aveva affrescato in S. Antonio fuori le mura e, a dì 22 settembre 1490, s'impegnava per due dipinti in S. Cosmo di Cambiano — oltre un Bernardino che nel 1504 vendette un quadro di sua mano. Di queste opere nessuna è conservata.


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Museo Civico — Tabernacolo

(Fot. Carli)

Perchè il dipinto eseguito in collaborazione con Bernardino non può identificarsi con quello nella Congregazione dei Nobili ed ora nella Chiesa della Misericordia. Invece della Concezione con S. Anselmo muto, qui è raffigurato in alto, chiuso entro una mandorla, Gesù fra Angeli, in basso sopra un fondo di paese con seno marino fra rupi, S. Ludovico e S. Elisabetta e in mezzo ad essi in figure terzine due confratelli e due donne genuflesse adoranti. Il quadro è tutto materiato di elementi umbri, intesi con nobiltà e non senza prestanza, ma non segnati di peculiare accento.

 p95  Su Francesco si han pochi ragguagli forniti dall'Agnifili. Pare che la sua vita si possa circoscrivere fra il 1466 e il 1541. Di lui resta un affresco sulla parete a sinistra dell'ingresso in S. Silvestro, datato da un documento del 28 aprile 1509. Nel 1512, a dì 26 luglio, prometteva di lavorare in S. Quinziano di Pile. Altri impegni assumeva per la Chiesa, al presente abbattuta, di S. Leonardo e per quella di S. Bernardino. È poi ricordato in uno strumento del 14 aprile 1520 e in uno dell'8 aprile 1541, col quale dava fede per una Resurrezione di Gesù da collocarsi sull'altar maggiore di S. Pietro in Coppito.

L'affresco di S. Silvestro, raffigurante la Vergine col Bambino tra S. Sebastiano e S. Rocco, lo rivela pittore di scarso valore. Il S. Sebastiano richiama quello scolpito da Silvestro, ed è la sola figura notevole, per plasticità, studio anatomico, espressione. Le tinte, tra cui prevalgono rossi e verdi, sono alterate. In S. Silvestro, a destra dell'ingresso, si vedono altri freschi fortemente danneggiati. Il più importante esprime il Battesimo di Costantino ed è stretto da legami stilistici al precedente, per cui la tradizione che l'ascrive a Paolo di Montereale merita fede. Spiccatissimo è il carattere umbro nei tipi, nel reclinar delle teste, nella vivezza della sclerotica, nella soavità languida dello sguardo. Anche qui si han tonalità rosse e verdi, quelle in prevalenza. Si riscontra dignità e certa grazia. Ma assiepati sono i gruppi; la prospettiva è deficiente; sterile è sortito il tentativo di infondere varietà e bellezza alle figure. Forse il S. Sebastiano nella composizione di sinistra va ritenuto del medesimo artista del quale si potrebbe anche considerare l'affresco quasi svanito nella lunetta del portale di S. Maria del Soccorso, che oscilla, però, anche verso Francesco. A Francesco è data la Deposizione  p96 dalla Croce sul primo altare a destra in S. Maria di Roio. È una tavola dell'ultimo ventennio del secolo XV in cui tra gli elementi umbri si insinuano esangui propaggini fiammingheggianti. Arcaica ne è la tecnica a tempera, con predilezione per gli orli e le lumeggiature aurate. Degno di attenzione, per finezza di tipi e di espressioni, è il gruppo centrale del Cristo e dei due portatori.

Di Francesco si vorrebbe ritenere anche una tavola (fine del sec. XV) nel Museo Civico — la Vergine tra S. Rocco e S. Sebastiano — interessante come inesperta imitazione dei lavori giovanili del Perugino, che sembra più vicina a Paolo, al pari di una Madonna col Bambino e sei Santi. Gli si potrebbe assegnare una Pietà frescata debolmente nella Chiesa di S. Maria del Soccorso, una grande tela malandata e frammentaria rappresentante la Crocifissione già in S. Francesco ora in S. Bernardino, migliori, al pari del quadro in S. Maria di Roio, dell'affresco in S. Silvestro, mentre gli affreschi  p98 dell'ex-cappella Carli nella stessa Chiesa si riferiscono meglio a Paolo, cioè al Battesimo di Costantino, in S. Silvestro. Di Francesco si può anche ritenere un grande affresco che copre la parete di fondo nella chiesa della Beata Antonia. Rappresenta la Crocifissione e in scomparti sottoposti il Redentore fra sei angeli. La prima figura a sinistra è di mano diversa da quella che ha delineate le altre. Non riferibile ai freschi, perchè prematura almeno di trent'anni, è la data 1470 compresa in una iscrizione sulla parete di sinistra. Nel Calvario il fondo è corso da ampi riflessi rosati, intonati da tinte verdi e turchine: nella massa umana risaltano note di rosso e di giallo. La tavolozza è confusa, spiacente e monotona; la prospettiva aerea non è resa con perspicacia; il paese è insignificante. Efficace è il movimento della composizione, come alcuni particolari di tipi, di costumi, di atti; si noti per esempio a destra Giuda impiccato. I  p99 Santi indossano saio grigio; soltanto il Salvatore veste tunica gialla che rosseggia nelle ombre e manto rosso a risvolti verdi.


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Museo Civico — Madonna col Bambino e santi.

(Fot. Carboni)


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Chiesa della Beata Antonia — Affresco, di Francesco da Montereale

(Fot. Carli)


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Chiesa di S. Bernardino — Crocifissione, di Francesco da Montereale

(Fot. Alinari)

Il maggior pittore aquilano va giudicato senza esitanza Saturnino dei Gatti, che si accosta a Fiorenzo di Lorenzo più che ad alcun altro pittore umbro. Sappiamo che nacque nel 1463 a S. Vittorino; nel 1488, addì 18 marzo, prometteva di effigiare in una cappella di S. Domenico l'apostolo ed evangelista S. Giovanni, fra quattro storie; il 30 luglio 1490 stabiliva di rendersi a Terranova in Calabria, e quivi, infatti, nel convento di S. Caterina, eseguì un dipinto simile a quello da lui condotto tempo innanzi in S. Spirito di Sulmona. Nell'Aquila si trovava certamente il 1o maggio 1491, poichè in quel giorno stringeva le trattative per gli affreschi di S. Panfilo in Tornimparte, i quali menò a termine quattro anni più tardi. Nel 1492 assunse l'adornamento della cappella di S. Giovanni in S. Maria di Collemaggio. Spese poi l'opera sua a dipinger tavole per gli addobbi in occasione delle esequie del Duca di Amalfi (1498); il 6 novembre 1509 si obbligava a fornire alla confraternita del Rosario in S. Domenico una tavola con la Vergine del Rosario su predella in cui fosse pennelleggiata una storia della Vergine fra due figure; il 18 luglio 1511 garantiva di compiere il lavoro, in cui ebbe quale aiuto Giovanni Antonio Percossa. Altri documenti, già citati quando si è toccato di lui come scultore, son datati 1512 e 1517. Morì nel 1521. Di lui restano gli affreschi di Tornimparte e la tavola già in San Domenico, ora in S. Pietro in Coppito, priva della predella.


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Museo Civico — Pala di S. Giovanni da Capestrano, di Sebastiano di Cola

(Fot. Alinari)


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Chiesa di S. Pietro in Coppito — La Madonna del Rosario,
di Saturnino Gatti

Museo Civico — Madonna col Bambino,
di Saturnino Gatti

(Fot. Carboni)


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Museo Civico — Pala di S. Giovanni da Capestrano, di Sebastiano di Cola

(Fot. Alinari)


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Museo Civico — Pala di S. Giovanni da Capestrano, di Sebastiano di Cola

(Fot. Alinari)

Nella pala è figurata la Vergine col Bambino, incluso entro una mandorla formata da rose, su fondo aureo lingueggiante e raggiante. Intorno si dispongono cinque angeli con scudetti in cui son comprese scene della Passione, mentre nella parte inferiore si raccolgono mortali. La tavolozza è signoreggiata di note di rosso acceso e di giallo (o oro) che son le più vive, meno la tonalità verde-smeraldo su fondo turchino. Il concetto è arcaico, il segno meschino e di maniera, i gruppi sono ammassati, senza accento, poco aerati, ma rivelano cura nella costruzione. Con interessamento son studiati i caratteri e le movenze, che tuttavia riescono monotone.

Di Saturnino si può ritenere una tavola a tempera con la Vergine in trono, il Bambino e due angeli adoranti, originariamente nella cappella della Torre di Palazzo, ora nel Museo Civico. L'attribuzione tuttavia non è scevra di dubbi, malgrado le rispondenze tra la Vergine e la figura muliebre più prossima alla tomba di Gesù nella Resurrezione di Tornimparte e non ostante che questo ciclo pittorico sia ricordato dalle creature angeliche, dal lumeggiamento dei visi ottenuto mediante fitto tratteggio, dalla forma allungata dei volti d'un sopracciglia spiccatamente sollevate, dal piegare come a graffito. . . . Ma s'avverte distacco non lieve, specie dalla pala di S. Pietro, nell'amplificazione  p100 delle forme. Copiosi sono i riferimenti a Fiorenzo di Lorenzo. La figurazione inquadrata nel fondo aurato rialzato da ricami dietro la Vergine, è soffusa di misticismo; il Bambino benedice in attitudine alquanto solenne ed è esposto intero all'omaggio. Avvincente è la tranquilla intimità, la grazia delle figure, e benchè il segno sia maldestro — il viso dell'angelo a sinistra non iscorcia bene — si han raffinatezze nella definizione del Bambino e delle mani segnatamente. Il pennelleggiare è denso. Prevalgono tonalità verdi, gialle e rosse. L'incarnato è modellato con ombre rosso-brune, mezze tinte verdastre, luci vive a corpo. La Vergine indossa tunica gialla e manto turchino, il baldacchino è in rosa e bianco su fondo scuro, il fondo aurato. Assai vicini a questo dipinto, ma non della stessa mano, sono due freschi rappresentanti la Vergine e il Bambino, uno in S. Margherita, l'altro in S. Maria degli Angeli fuori Porta Napoli. A Saturnino venivan dati anche due sportelli di nicchia in Santa Maria di Scurcola Marsicana, trafugati nel 1894.


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Chiesa della Misericordia — S. Lodovico, S. Elisabetta e Dio in gloria

(Fot. Carli)

Di Saturnino si potrebbe anche ritenere un fresco staccato e malandato del Museo, raffigurante S. Eusanio con quattro storie intorno e sopra Cristo morte circondato da cinque Angeli, opera datata 1516.


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Museo Civico — Storia di S. Eusanio,
di Saturnino de' Gatti

(Fot. Alinari)

Circa il collaboratore di Saturnino — Giovanni Antonio di Percossa — non è possibile recare giudizio, perchè l'unica opera nota di lui, la Vergine col Bambino tra il Battista e Paolo, frescata nella Chiesa ora annullata di S. Maria in Civitatem è stata malamente staccata e applicata peggio nella sala della Corte d'Assise. Di lui si ha qualche informazione. Era nativo di Rocca di Corno e morì poco innanzi il 1509; lavorò con Saturnino, come è provato da documenti del 1502, in S. Spirito  p102 di Sulmona, in S. Caterina di Terranova e altrove, e quando venne commessa a Saturnino la tavola del Rosario per S. Domenico fu prescritto ch'essa dovesse essere condotta secondo il disegno sbozzato dal Percossa. Insieme a Saturnino, a Silvestro dall'Aquila e al Ciancia — artista del quale nulla è noto — fu effigiato sull'arco trionfale da festa innalzato in occasione dell'ingresso all'Aquila di Margherita d'Austria quale governatrice.

La teoria delle pitture materiate di elementi umbri va conclusa con la citazione di alcune opere minori. Tali una tela della Confraternita dei Nobili in cui è rappresentato un gruppo di confratelli assistito da S. Luigi e da S. Elisabetta; la lunetta del portale di S. Maria del Guasto, la lunetta di S. Nicola d'Anza, i freschi nella scaletta dell'organo in S. Marciano, vicini al Battesimo di Costantino in S. Silvestro; i freschi del Monumento Petricca in S. Maria del Soccorso, quello della lunetta sul portale d'accesso al cortile e l'altro nel portale della Chiesa della B. Antonia, le dipinture murali di S. Giusta e di S. Chiara d'Acquili, attribuite, senza ragione, a Francesco da Montereale (Adorazione dei Magi, in sacrestia, che è prossima ai freschi della Beata Antonia, Pietà nel precedente corridoio affine al quadro notato in S. Maria di Roio, altra Pietà nell'andito), un fresco, la Madonna allattante il Bambino e due angeli in S. Amico, che ne ha altri nella lunetta e sull'architrave del portale; la lunetta, infine, nel fianco di S. Maria della Misericordia, datata 1545, attribuita a Francesco da Montereale, che è indice dell'attardarsi dello spirito umbreggiante e quattrocentesco mentre  p104 l'ornato che la incornicia è saturo delle forme decorative proprie del tempo, la tavola del Museo rappresentante una storia di S. Benedetto.

Dopo la tendenza umbra si disegna con qualche larghezza quella veneta. Essa è asserita da Cola dell'Amatrice, che dipinse, come fan fede i documenti, per molte chiese aquilane, e il 14 giugno 1528 terminò il Gonfalone cittadino da tempo iniziato. A lui si possono ascrivere due Polittici, a tempera, nel Museo Civico. Essi han struttura identica: si differenziano soltanto nella postura del Divino e in qualche particolare. Anteriore sembra quello in cui il piccolo Redentore giace in grembo alla madre, più debole, rispetto all'altro, per l'esecuzione sommaria ed impacciata. In entrambi l'organismo coloristico è piatto, specie per il prevalere dei grigi, benchè variato da note rosse (il S. Michele è tutto di fiamma, color rame incandescente) e dalle tonalità del fondo unito che tradisce la preparazione in minio.


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Museo Civico — La Madonna col Figlio in trono e santi, di Cola dell'Amatrice

(Fot. Alinari)

 p105  Il precipuo significato di questi dipinti sta nell'appartenenza al periodo giovanile di Cola, quando questo artista mutevole ripassava le orme di Carlo Crivelli.

L'influsso fiorentino si accenna in alcune umili opere attribuite a Giovanni Antonio di Lucoli, il quale, come ci apprendono i regesti dell'Agnifili, a dì 22 luglio 1534, prometteva di scolpire in terracotta una Madonna col Bambino. In Duomo, nella Cappella a destra del coro, è una Natività di Gesù di sua mano, presumibilmente il quadro apprezzato 560 d. dal Filotesio, come da strumento del 28 maggio 1537. Il gruppo della Vergine col Bambino e i due pastori son tratti di peso dalla famosa Natività del Ghirlandaio in S. Maria degli Innocenti a Firenze, mentre i due Angeli si accostano a Lorenzo di Credi. Dello stesso artista va ritenuto l'affresco sfiorito nella lunetta del portale maggiore di S. Giusta, che è nutrito di elementi umbri. Opere sue, in cui s'intravede il Ghirlandaio, si devono considerare gli affreschi — Presentazione al Tempio e tre Santi — in due nicchie della diruta chiesa di S. Maria in Cascinella. Importante è un'affresco in S. Pietro di Coppito raffigurante la Madonna col Bambino. Il Bambino fa pensare a Filippo Lippi. Organica è la linea del gruppo, pacata e intensa la vita espressiva e tutto è improntato di nobiltà. Si notino fra i particolari le belle mani della Vergine.

 p106  Carattere lombardo soprattutto ha la Disputa di Gesù (fine del sec. XV), in Duomo, sul terzo altare a destra, di costruzione chiara e alquanto animata. È opera di un pittore abruzzese, che si tradisce specialmente nei tipi, con prospettiva caratteristica nell'ambiente chiuso, con note calde di rosso e giallo, con animate teste.

Convien menzionare appena un gruppo di deboli artisti locali, costituito da Pompeo Cesura (m. 1571), scolaro del Sanzio a Roma, e dai suoi allievi Giovanni Paolo Cardone, Paolo Mausonio, Ottavio del Rosso. Al primo è attribuito, fra altre cose, un Miracolo di S. Antonio da Padova (in S. Bernardino, quarta cappella a sinistra) in cui son sfiorati Raffaello, i suoi seguaci e i cangiantisti. In S. Pietro di Coppito sull'altare a sinistra del transetto è una Risurrezione di Gesù segnata . . . . ONUS A. L., in cui il cangiantismo si accentua nei modi degli Zuccari: ne fu autore probabilmente il Cardone, che aiutò il Cesura nella dipintura degli archi trionfali eretti il 1569 per onorare Margherita d'Austria.

Ancor più meschine e sbiadite di carattere sono altre opere comprese tra lo  p108 scorcio del secolo XV e l'inizio del susseguente: frammenti di affreschi negli ex-locali della Scuola industriale; fresco dietro l'altar maggiore in S. Amico, assegnato erroneamente a Francesco da Montereale; lunetta del portale di S. Marciano, avanzi di pitture murali nella seconda cappella a destra in S. Giusta. . . .

Di fisionomia ambigua, ma notevoli, sono le pitture che adornano i bei soffitti a rosoni dell'Ospizio Fibione (prima metà del sec. XVI) e quelle posteriori (seconda metà) che fregiano due soffitti del Castello, con busti di imperatori romani e figure allegoriche il primo, con la favola di Psiche ed altre fantasie il secondo.


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