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Il Foro Romano — Storia e Monumenti

da Christian Hülsen

pubblicato da Ermanno Loescher & Co
Editori di S. M. la Regina d'Italia
1905

Il testo, le piante e le immagini in bianco e nero sono nel pubblico dominio.
Le foto a colori sono © William P. Thayer.

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 p97  XIX. Curia Julia


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La Curia, vista più o meno dal S (1997).

Al primo piano, il Lacus Curtius; a sinistra, una parte dell'arco di Settimio Severo, sotto ponteggio; sullo sfondo colla cupola, la chiesa dei SS. Luca e Martina; e a destra sotto gli alberi, si intravvede dove sbocca l'Argiletum. Per un'altro scorcio, vedi l'articolo del Platner.

La chiesa di S. Adriano, con la facciata di mattoni ora priva di ornati, corrisponde alla sala principale della Curia Giulia, ove nel tempo imperiale si adunava il Senato. Questa Curia, fondata da Cesare dittatore in sostituzione dell'antica Curia Ostilia (v. p. 14), occupava la massima parte del Comizio repubblicano. Essa comprendeva la grande aula per le sedute (chiamata propriamente Curia), e un'altra più piccola per le sedute segrete (Secretarium senatus), alla quale ora corrisponde la chiesa di S. Martina. I due edifizi erano nel tempo antico uniti: fino al principio del secolo XIV fra le due chiese si trovavano gli avanzi di un cortile con pilastri, e dietro S. Adriano stanze e sale antiche. A quale di queste si debba applicare il nome di Chalcidicum, che Augusto nel Monumento Ancirano indica come una dipendenza della Curia, rimane cosa incerta.

Giulio Cesare non vide compiuto l'edifizio da lui cominciato; esso venne dedicato da Augusto nel 29 av. Cr. L'imperatore elesse come divinità tutelare del Senato la dea Vittoria, il cui altare con un'imagine d'oro venne collocato nella sala principale. Domiziano restaurò la Curia e vi dedicò una cappella a Minerva, per la quale dea egli aveva un culto speciale; questa cappella forse era situata nel Calcidico, detto perciò anche Atrium Minervae. Gli anaglypha di Traiano (v. p. 87) rappresentano la Curia con portico a gradinata, simile ad un tempio. L'edifizio rimase poi gravemente danneggiato dall'incendio avvenuto sotto il regno di Carino (283 d. Cr.); Diocleziano lo restaurò dedicandolo forse nuovamente nel 303, allorquando l'imperatore e i suoi colleghi celebrarono le feste dei vicennaliadecennalia. Probabilmente nella medesima occasione dinanzi la fronte della Curia furono erette le due colonne colossali mentovate più sopra (p. 81), e un po' più tardi, nel 311, il prefetto della città Flaviano rinnovò il Secretarium. Verso la fine del quarto secolo, l'altare della Vittoria divenne argomento nel Senato di una vivace polemica tra la parte pagana e quella cristiana (v. p. 21). Allorquando Alarico prese e saccheggiò Roma nel 410, tutto il lato settentrionale del Foro fu distrutto dalle fiamme; nel 412, Flavio Annio Eucario Epifanio, prefetto della città, restaurò il Secretarium,  p98 come attestava una iscrizione ancora esistente nel secolo XVII nel muro dell'abside dell'antica chiesa di S. Martina. Al tempo del re Teodorico nel Curia si tenevano ancora le adunanze del Senato, sopravvissuto alla caduta dell'Impero occidentale, ma ridotto allora ad un'ombra: l'edifizio in quel tempo non chiamavasi più col suo nome classico di Curia, bensì con quello di Atrium Libertatis, preso da un edifizio vicino, ma indipendente (v. p. 22). Caduto  p99 il regno gotico, la Curia rimase abbandonata; verso la metà del settimo secolo, sulle sue rovine furono fondate le chiese di S. Adriano e di S. Martina, alle quali si deve la conservazione di ciò che rimane dell'antico Senato. Nel principio del secolo XVI, Antonio da Sangallo il vecchio e Baldassarre Peruzzi studiarono gli avanzi allora esistenti per costruire un monastero annesso alle chiese, ma questo disegno non venne attuato. Alcune parti dell'edifizio furono distrutte al tempo di Sisto V (1585‑1590), nel tracciato della via Bonella, altre, quando Pietro da Cortona rimodernò la chiesa di S. Martina (1640), che allora venne rialzata di un piano intero sul livello primitivo, e la vecchia chiesa diventò così cripta della moderna.


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Fig. 44. Pianta della Curia e del Secretarium.
Le parti antiche esistenti fino al sec. XVI in nero;
quelle supplite a trateggio;
le costruzioni medievali punteggiate;
l'edifizio ideato dal Peruzzi a semplice contorno.

Dinanzi la fronte della Curia trovasi la piazza menzionata a p. 96, il cui lastricato di marmo bianco porta tracce di un cancello, che la divideva dal Foro e dal Comizio. Una gradinata, di cui rimangono le sole fondamenta di opera a sacco, dava accesso al portone. La facciata di mattoni era rivestita con lastre di marmo nella parte inferiore e di stucchi imitanti un'incrostazione marmorea nella superiore; nel secolo XVI, come dimostrano parecchi disegni del tempo, rimanevano ancora molti avanzi di questi stucchi. I rozzi mensoloni di travertino, che si vedono in alto del muro, erano rivestiti di stucchi che davano loro l'aspetto di un ricco cornicione corinzio, e fra le singole mensole apparivano teste di divinità (?) in rilievo.

Il portone della Curia, alto m. 5,80, largo 3,60, al tempo di Diocleziano corrispondeva alla piattaforma della scala; la sua soglia poi fu rialzata più volte a cagione del continuo interramento del Foro Romano. Circa tre metri sopra il livello primitivo sono incastrati nel muro due massi di marmo, postivi come pietre angolari della seconda soglia; da qui in giù il vano della porta dioclezianea è murato rozzamente, e pezzi di marmo preziosi, frammenti d'iscrizioni, colonne di porfido vi sono adoperati come materiale di costruzione. Vi si trovarono pure parecchi frammenti di sculture ornamentali dell'ottavo  p100 o nono secolo; da ciò si comprende che il rialzamento del livello non fu prodotto dalla fondazione della chiesa di S. Adriano (625 inc.), ma piuttosto da un restauro medievale, avvenuto forse dopo l'incursione dei Normanni sotto Roberto Guiscardo nel 1084, o sotto Gregorio IX, nel 1229. Nei secoli seguenti, il livello del Foro fu alzato nuovamente, sicchè circa il 1570 si scendeva nella chiesa mediante una scala di sei o otto gradini. Nel 1654 il padre Alfonso Sotomayor, generale dell'ordine della Mercede, restaurò la chiesa, rialzando un'altra volta il livello di circa tre metri, dimodochè la soglia inferiore della porta costruita nel 1654 corrisponde quasi esattamente a quella superiore del tempo di Diocleziano. La cimasa della porta e i battenti di bronzo erano sempre gli antichi; le porte di bronzo furono levate soltanto al tempo del papa Alessandro VII, quando il Borromini le adoperò per farne la porta principale della basilica Lateranense da lui restaurata. Allorchè i battenti della porta furono spezzati per trasportarli, si trovarono fra le lastre di bronzo parecchie monete antiche, tra le quali una di Domiziano. — Le numerose tombe rinvenute sotto la scala o scavate nel muro della facciata, corrispondono, per quanto si può arguire dai pochi oggetti in esse ritrovati, ai vari periodi della chiesa: gli strati inferiori rimontano forse al secolo decimo o undecimo, quelli superiori arrivano fino al tempo di Cola di Rienzo.

Vedi: Varro L. L. V.154; Cicerone pro Milone 33, con gli scolii di Asconio; Monum. Ancyr. IV, 1. VI, 13; Plinius n.h. XXXV, 27. 131; Varro ap. Gellium XIV, 7, 7; Cassius Dio XL, 49. XLIV, 5. XLV, 17. LI, 22; CIL. VI 877a = 32324. 1718 (= Orelli 3160). 32326.

Jordan I, 2, 253. 327‑332; Lanciani, Mem. dei Lincei, XI (1883), 5‑21; Mommsen, Hermes XIII, 631 sg.; Huelsen, R. M. 1893, 86‑91. 1902, 39‑41; Lanciani 263‑267; Vaglieri 143‑149.


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Fig. 45. Arco di Severo e Curia nel 1575.


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