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Il Foro Romano — Storia e Monumenti

da Christian Hülsen

pubblicato da Ermanno Loescher & Co
Editori di S. M. la Regina d'Italia
1905

Il testo, le piante e le immagini in bianco e nero sono nel pubblico dominio.
Le foto a colori sono © William P. Thayer.

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 p141  XXIX. S. Maria Antiqua.
Bibliotheca Templi Divi Augusti

Filippo Coarelli, nella sua presentazione della ripubblicazione del libro di Hülsen nel 1982: "Naturalmente, le interpretazioni di Hülsen sono talvolta superate: è questo il caso, ad esempio, del Tempio di Augusto, identificato a torto nel grande edificio in laterizio, adiacente a S. Maria Antiqua. Ma anche in questo caso, le proposte fatte successivamente (ingresso del palazzo imperiale) sono almeno altrettanto infondate, e il problema può considerarsi ancora aperto."

Accanto all'oratorio dei Quaranta martiri è l'ingresso ad una chiesa molto più grande e molto più ornata, S. Maria Antiqua, trasformazione di un edifizio monumentale della prima età dell'Impero, la biblioteca annessa al tempio di Augusto.

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Fig. 71. Moneta di Caligola.

Nei tempi repubblicani, sotto il Palatino all'incrociamento della Nova Via e del Vicus Tuscus probabilmente sorgevano case private. Tiberio consacrò ivi, dietro il tempio dei Castori nel Vicus Tuscus, un tempio in onore di suo padre divinizzato (templum divi Augusti). L'imperatore Caligola, sulle cui monete il tempio apparisce effigiato con sei colonne corinzie sulla fronte e riccamente ornato di statue, se ne servì per appoggiarvi uno dei piloni del famoso ponte costruito per congiungere il palazzo imperiale col tempio di Giove Capitolino. Egli stesso poi allorchè ingrandì il palazzo di Tiberio fino al Foro, fece del tempio dei Castori il vestibolo del palazzo. Nell'incendio neroniano il tempio di Augusto fu distrutto; Domiziano lo restaurò costruendovi dietro un santuario in onore di Minerva, dea per la quale egli aveva un culto speciale. "Presso Minerva, dietro il tempio del Divo Augusto" ogni anno, come attestano numerose iscrizioni, erano affisse le grandi tavole di bronzo con i nomi di quei soldati delle coorti ausiliarie, delle armate ecc., i quali, dopo aver compiuti gli anni prescritti di servizio, ottenevano il loro congedo ed erano ricompensati col diritto di cittadinanza, del connubio, ecc. E non soltanto questo "archivio della cancelleria militare" stava sotto la protezione di Minerva, ma anche una biblioteca aperta da Tiberio e rinnovata dopo l'incendio da Domiziano. Il tempio stesso fu restaurato da Antonino Pio, come attestano le monete di quest'imperatore; quando sia stato distrutto, non si sa esattamente.

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Fig. 72. Moneta di Antonino Pio dell'anno 159.
Templum Divi Aug(usti) rest(itutum)

— Nell'età cristiana, forse già prima del sesto secolo, fu posta nella sala maggiore della Biblioteca una cappella della Madonna, la quale fu ingrandita e decorata parecchie volte durante i secoli ottavo e nono. Fra i pontefici restauratori di essa merita speciale menzione Giovanni  p142 VII (705‑708), il quale, secondo il suo biografo, "ornò di pitture la basilica della generatrice di Dio, cognominata Antiqua, e vi fece un ambone di marmo". Anche Paolo I (757‑767) e Adriano I (772‑793) decorarono la chiesa e sembra che, durante la contesa iconoclasta, monaci greci cacciati dall'Impero orientale trovassero rifugio in Roma, e decorassero, con molta ricchezza, la chiesa e il monastero affidati alle loro cure. — Nel secolo nono i palazzi imperiali sull'altura del Palatino, a causa forse di terremoti, formavano un pericolo continuo per la basilica sottostante; e perciò la chiesa fu abbandonata sotto papa Leone IV (845‑856) e ad essa venne sostituita quella di S. Maria Nova, sulle rovine del tempio di Venere e di Roma. Le mura della Domus Tiberiana, crollando, coprirono gli avanzi della basilica di modo che le pitture di essa, al momento dello scavo, avevano conservata mirabile freschezza. Nel secolo XIII, quasi nel medesimo luogo, ma ad un livello superiore, fu costruita una piccola chiesa detta S. Maria libera nos a poenis inferni, o più brevemente S. Maria Liberatrice. Nel 1702, scavando a caso dietro questa chiesa, fu trovata la parete di fondo del presbiterio con l'abside della chiesa antichissima, ma lo scavo fu ricoperto subito. Demolita la chiesa di S. Maria Liberatrice nel 1900‑1901, l'antica basilica fu messa alla luce e restaurata con molta cura.

Dietro l'angolo SE. del tempio dei Castori si trova l'ingresso ad un gran cortile quasi quadrato, con nicchie per statue colossali nelle pareti. Questo cortile è in comunicazione verso destra con la cella del tempio di Augusto mediante una porticina bassa (a, fig. 73) (accanto vi è un'apertura medioevale, con resti di pitture a fresco), e verso sinistra con la gran rampa che conduce all'altura del Palatino (v. p. 155). Nella parte inferiore delle pareti, già rivestite di marmo, erano probabilmente affisse le tavole di bronzo con i nomi dei militi onorevolmente congedati (tabulae honestae missionis).

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Fig. 73. Tempio di Augusto. Biblioteca. S. Maria Antiqua.

 p143  Nel centro del cortile, diagonalmente all'asse del medesimo, vi è un gran bacino rettangolare che ha sul lato minore una scaletta per discendervi. Esso si estende fin sotto le fondamenta del "Quadriportico" (v. p. 145), perciò deve essere più antico di questo. Il bacino, che  p144 potrebbe considerarsi come l'"impluvium" di un palazzo, ha dimensioni tanto grandi (m. 9 × 25) da non aver potuto appartenere ad una casa privata, per quanto nobile, dei primi tempi imperiali. Probabilmente appartenne alle costruzioni di Caligola; infatti un frammento d'iscrizione onoraria di quest'imperatore (vi sono conservate soltanto le lettere ...MANICI. F.) fu ritrovato negli scavi del bacino.

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Fig. 74. Spaccato longitudinale della Biblioteca Templi Divi Augusti.

Nell'età cristiana, questo "cortile di Minerva" fu trasformato nel vestibolo della chiesa, e allora tutte le pareti vennero decorate con affreschi.

Per stabilire la cronologia di queste pitture è specialmente importante un affresco sulla parete destra (c, fig. 73), nel quale vedesi un papa con nimbo quadrato azzurro (questo nimbo nell'arte bizantina designa i personaggi viventi altolocati nella gerarchia civile ed ecclesiastica, mentre il nimbo rotondo giallo oppure d'oro è distintivo dei santi e martiri) che presenta un libro alla Madonna. Il nome scritto accanto alla testa era probabilmente ADRIANUS; quindi le pitture apparterrebbero al pontificato di Adriano I (772‑793). Sulla parete opposta (presso d, fig. 73) si vedono: una testa colossale di S. Abbaciro, e le vestigia di una pittura rappresentante il seppellimento di sant'Antonio Eremita.

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Fig. 75. Quadriporticus.

Un gran portone centrale e due porte laterali danno accesso all'ambiente principale della Biblioteca che è un  p145 "Quadriportico" sostenuto da quattro pilastri rettangolari di mattoni e da quattro colonne di granito con capitelli di marmo. È incerto se la sala centrale fosse da principio scoperta, oppure se sia stata chiusa con un tetto soltanto nell'età cristiana. — Dietro il quadriportico si trovano tre sale, una più grande (m. 8,5 × 7) nel mezzo, due piccole (m. 4,5 × 7 e 4,5 × 5) ai lati; due altre stanze laterali, poi, a cui si accede dalla navata destra del "Quadriportico", si estendono fin dietro il lato meridionale del tempio di Augusto. Il quadriportico forse serviva come sala da studio della Biblioteca, le altre sale e stanze da magazzini per i libri. La pianta dell' p146 edifizio corrisponde ai precetti di Vitruvio​a ed è analoga ad altre biblioteche, p. es. quella di Pergamo. L'edifizio è orientato verso NE., per avere la piena luce della mattina, preferita dagli antichi studiosi, e verso mezzogiorno e sud-ovest è perfettamente chiuso (come appunto prescrive Vitruvio), affinchè lo scirocco, il sole cocente del pomeriggio, e gl'insetti nocivi germoglianti nella temperatura calda rimangano, per quanto fosse possibile, esclusi. Anche la giacitura dell'edifizio, nel centro della città, a pochi passi dal Foro e dei palazzi imperiali, e nel medesimo tempo isolato dai rumori, sembra assai conveniente ad una biblioteca.

Nel medio evo il Quadriportico venne trasformato nella navata centrale e nelle navi laterali della basilica; mentre delle tre sale si fecero il presbiterio e due cappelle. Lastroni di granito grigio uniti insieme rozzamente formano il pavimento: nel centro del cortile presso e si vede un avanzo ottagonale di mattoni, forse la base di un ambone. A quest'ambone appartiene una lastra di marmo (ora giacente nella nave sinistra) che conserva sulla superficie piana le vestigia di una cancellata o ringhiera di metallo, e sulle facce laterali l'iscrizione: Iohannes servu(s) s(an)c(t)ae M(a)riaeἸωάννου δούλου τῆς θεοτόκου. L'ambone dunque era quello di Giovanni VII, che abbiamo già menzionato.

Sulla superficie della seconda colonna a sinistra sono ancora visibili i resti dello stucco dipinto, col quale nell'età cristiana era stato coperto il fusto di granito. Sul pilastro a sinistra del presbiterio (f, fig. 73) sono conservati due strati di stucco, l'uno sopra l'altro, nei quali era rappresentata l'Annunziazione. Sul pilastro a destra vi è una bella figura (g), santa Solomone, madre dei sette fratelli martirizzati in Sirio sotto re Antioco (2. Maccab. c. 7). Il lato esterno dei cancelli del presbiterio era decorato con fatti tolti dal Vecchio Testamento: all'angolo destro (h, fig. 73) vedesi Giuditta con l'ancella portante la testa di Oloferne (CAPVT Olofernis).

 p147  Nella navata sinistra la decorazione che vedesi nella parte inferiore della parete è la meglio conservata.

Sopra uno zoccolo imitante tappeti stesi vedesi una zona con figure grandi tre quarti dal vero: nel centro, Cristo sede sul trono, con la destra alzata in atto di benedire, mentre con la sinistra tiene il vangelo riccamente ornato. Gli fanno corona a sinistra nove santi e dottori della Chiesa greca (Giovanni Crisostomo, Gregorio Nazianzeno, Basilio, Pietro Alessandrino, Cirillo, Epifanio, Atanasio, Nicolao, Erasmo); alla destra, undici della Chiesa latina (Clemente, Silvestro, Leone, Alessandro, Valentino, Abundio, Eutimio, Sabba [?], Sergio, Gregorio Magno, Bacco); anche qui, tutti i nomi sono scritti in greco. Nella zona superiore si vedono due strisce di quadri rettangolari con soggetti tolti dal Vecchio Testamento.

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Fig. 76. Storia di Giuseppe ebreo.

I primi sette quadri della striscia superiore sono completamente distrutti, ma poichè l'ottavo rappresenta il sacrificio di Caino ed Abele e l'uccisione di quest'ultimo, così i sette precedenti, secondo le analogie di cicli simili, probabilmente rappresentavano le sette giornate della creazione. Seguono: l'ingresso di Noè nell'arca, il diluvio, il sacrificio di Noè (tutti assai danneggiati). Nella striscia inferiore continuano le scene tolte dalla storia dei patriarchi: il sogno di Giacobbe, la sua lotta con l'angelo; Giuseppe che racconta  p148 i suoi sogni al padre e ai fratelli. I quadri seguenti sono meglio conservati: Giuseppe venduto dai fratelli (ubi joseph VENVNDATVS EST IN EGVpTO A FRATRIBVS SVIS); la sua schiavitù nella casa di Potiphar (v. fig. 76); la sua incarcerazione (VBI JOSEPH DVCITVR IN CARCERE); finalmente il banchetto di Faraone, e la riammissione del coppiere in servizio. Questi affreschi, di mano differente da quelli della zona inferiore, e tutti con iscrizioni latine, sono forse opera di un pittore romano vissuto al principio del secolo ottavo.

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Fig. 77. Sarcofago cristiano.

Accanto all'ingresso della rampa verso il Palatino (presso x, fig. 73) è collocato un sarcofago di marmo con rilievi cristiani, rinvenuto sotto il pavimento della chiesa, ma appartenente, secondo lo stile della scultura, già al terzo o quarto secolo, e quindi nella chiesa di S. Maria Antiqua adoperato per la seconda volta. Nel mezzo della parte anteriore si vedono effigiati due coniugi, il marito in atto di leggere, la donna in atto di pregare (le facce non sono scolpite, ma dovevano essere aggiunte in stucco); a sinistra la storia di Giona, il quale dopo essere stato gettato in mare, e restituito dalla balena, riposa sotto la curcubita: a destra si vedono l'effigie del buon pastore, il battesimo di Cristo e due pescatori in un battello.

Nell'angolo (presso i) trovasi un altro sarcofago, proveniente senza dubbio da qualche sepolcro pagano, con  p149 maschere tragiche e comiche in rilievo, rinvenute anch'esso sotto il pavimento del basilica.

Nella navata destra, vicino all'ingresso, è posto un sarcofago antico dedicato, secondo l'iscrizione, da un centurione della coorte decima urbana, L. Celio Florentino, a sua moglie, Clodia Secunda, morta il 17 giugno 207 d. Cr., nell'età di venticinque anni, dieci mesi quattordici giorni, dopo di aver vissuto in matrimonio con esso sette anni, quattro mesi e diciotto giorni "senza che mai una contesa fosse sorta fra loro" (sine querella). Anche questo sarcofago adoperato per la seconda volta, deve essere stato originariamente presso una delle grandi vie pubbliche, forse la Via Appia.

La zona superiore della parete destra era occupata da due strisce di pitture corrispondenti alle scene dell'Antico Testamento della parete opposta. Per quanto si può riconoscere dalle scarse vestigia, vi erano riprodotte scene del Nuovo Testamento (Zaccaria ed Anna, la nascita di Cristo, l'adorazione dei Magi). Nella parte inferiore è conservata una piccola nicchia (l, fig. 73) con tre figure femminili: Maria col bambino Gesù; S. Anna con la piccola Maria, Elisabetta con S. Giovanni. Anche queste pitture appartengono probabilmente all'ottavo secolo.

Dalla navata di mezzo, tre gradini conducono alla schola cantorum e al presbiterio.

Sul lato interno della schola cantorum a destra si vedono due quadri ben conservati: il re Ezechia malato (HEZECHIAS REX) al quale Isaia (ISAIAS PROFETA) profetizza: ordina la tua casa, perchè devi morire (DISPONE DOMVI TVAE QVIA MORIERIS), mentre nello sfondo vedesi un servo che con un flabellum gli fa vento. Accanto a questo quadro è effigiato David uccisore di Golia; e si noti che il giovinetto vincitore apparisce molto più grande del gigante che li sta a piedi (fig. 78). — La sala maggiore della biblioteca fu ridotta a presbiterio; le pareti laterali nella parte inferiore hanno uno zoccolo imitante tappeti stesi; sopra si vedono teste di apostoli (con i nomi a sinistra: BArTHoLOmeus, JOHANNES, ANDREAS, PAVLVS: le pitture corrispondenti a destra sono quasi interamente distrutte); più sopra ancora storie  p150 del Nuovo Testamento, in due strisce orizzontali. Le parti meglio conservate sono all'estremità sinistra (presso p): nella striscia superiore l'adorazione dei Magi, nell'inferiore Gesù che porta la croce (con l'iscrizione SIMON CYRENENSIS). Nella striscia superiore a destra continua la storia evangelica, dalla resurrezione fino all'ascenzione; ma questi quadri sono assai danneggiati, perchè nel soprapporvi uno strato di stucco tutta la parete fu intaccata a colpi di piccone.

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Fig. 78. David e Golia. — Il re Ezechia.

Nell'abside (n, fig. 73), ritagliata più tardi nel muro grossissimo laterizio, sono conservati più strati di affreschi, l'uno sopra l'altro. In quello superiore si vede, fra due cherubini a sei ali, Cristo in piedi, al quale viene raccomandato dalla Vergine un pontefice con nimbo quadrato azzurro, il cui nome SANCTISSIMVS PAVLVS PP ROMANVS è scritto accanto. Questo affresco quindi appartiene al pontificato di Paolo I (757‑765). Dello strato inferiore (dipinto sotto Giovanni VII), eccetto una iscrizione greca, poco è conservato.

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Fig. 79. Tre strati di affreschi di S. Maria Antiqua.

Nello strato inferiore, dipinto prima che l'abside fosse ritagliata nel muro, si vede la Madonna in trono, con vesti riccamente ornate di gioielli, venerata da due angeli in vestimenti bianchi (di quello a destra è conservato in gran parte il panneggiamento, quello a sinistra venne quasi interamente distrutto quando fu costruita l'abside). Nel secondo strato era effigiata una Annunziazione: ne rimangono soltanto le due teste delle quali quella a destra in alto, dell'angelo, supera per la bellezza dell'esecuzione tutte le altre pitture della basilica. Il terzo strato era invece  p151 occupato da figure di padri della Chiesa: accanto alle due teste, con nimbo giallo rotondo sono i nomi scritti in greco: Gregorio Nazianzeno e Basilio. Nella parte inferiore sono conservate due figure di padri della Chiesa che tengono in mano fogli o rotoli con lunghe citazioni delle opere di S. Basilio e di S. Giovanni Crisostomo. Anche a sinistra dell'abside (nello zoccolo sono visibili i resti della  p152 decorazione imitante lastre di marmi colorati) si vedono raffigurati S. Leone Magno e S. Gregorio Nazianzeno. Tutte le citazioni qui trascritte si trovano negli atti del Concilio Lateranense del 649, nel quale papa Martino I condannò la dottrina dei monoteliti che negavano le due volontà di Cristo (duae naturales voluntates et operationes); gli affreschi dovranno perciò attribuirsi alla seconda metà del secolo settimo. Del terzo strato rimangono avanzi di drapperie: sopra di esse corre una striscia rossa contenente l'epigrafe a lettere bianche: SCAE DI......CI.SEM.....IAE, la quale si deve supplire: Sanctae Dei genitrici semperque virgini Mariae. Sull'altro lato dell'abside era scritto il nome del dedicante.

Nei triangoli attigui all'estremità superiore dell'abside, a destra e a sinistra, si vedono quattro figure di papi; accanto al secondo a destra è l'iscrizione MARtinus PaPa ROMANVS; il secondo a sinistra ha il nimbo quadrato azzurro. Più sopra vi è una larga striscia rossa con iscrizioni greche, che sono in massima parte profezie relative al Messia, tolte dai libri di Amos, di Zaccaria ecc. Sopra questa striscia, nella lunetta sotto la volta, si vede il Cristo in croce adorata da angelo bianco vestiti. Questa parte del muro fu scoperta nel 1702, e come dimostrano i disegni del tempo, era allora meglio conservata.

La cappella a destra del presbiterio (q, fig. 73) forse in origine serviva da diaconium, ove si riponevano i libri, i vasi e gli arredi sacri; vi sono rimasti soltanto pochi avanzi di pitture.

Sulla parete di fondo erano le figure dei Ss. Cosma, Abbaciro, Stefano, Procopio, Damiano; sulla parete a destra quelle dei Ss. Barachisio, Dometio, Pantaleo, Celso, Giovanni, Abbaciro. Queste pitture probabilmente appartengono all'ottavo secolo.

La cappella a sinistra presenta le pitture più notevoli e meglio conservate, sebbene anch'esse nei cinque anni trascorse dopo lo scavo in molte parti già siano deperite. La cappella era divisa in due parti da un cancello basso di marmo e nel mezzo della parete di fondo sono le fondamenta di un altare marmoreo.

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Fig. 80. La Crocifissione, affresco in S. Maria Antiqua.

Nella nicchia sopra l'altare si vede un quadro in ottimo stato che rappresenta la crocifissione. Il Cristo, vestito di un lungo colobium grigio-azzurro, pare vivo, e tiene gli occhi aperti, sebbene  p153 il soldato LONGINVS già ne ferisca il costato con la lancia. A destra e a sinistra della croce sono Maria e S. Giovanni; fra quest'ultimo e la croce sta un soldato con la spugna e il vaso pieno di aceto; al disopra della croce, il sole e la luna velano i loro raggi. La composizione rassomiglia alquanto ad un musaico che esisteva nella cappella di Giovanni VII nell'antica basilica di S. Pietro, e del quale rimangono frammenti nelle Grotte Vaticane.  p154 Sotto la nicchia vi è una striscia con figure grandi tre quarti del vero; nel mezzo, la Madonna in veste riccamente ornata siede sul trono; le fanno corona S. Pietro e S. Paolo, poi i titolari della cappella, il fanciullo Quirico, a destra, e sua madre Giulitta a sinistra. Sulle estremità stanno due figure col nimbo quadrato azzurro, e da ciò si deduce che erano viventi quando la pittura fu eseguita. A sinistra il papa Zaccaria (741‑752) che tiene in mano il Vangelo; a destra, un uomo vestito da ecclesiastico, portante nelle mani il modello di una chiesa. Attorno al nimbo si legge l'iscrizione in lettere bianche ormai molto svanite:

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cioè: Theodotus primicerio defensorum et dispensatore sanctae Dei genitricis semperque virginis Mariae quae appellatur antiqua. Il personaggio nelle fonti storiche, è chiamato zio del pontefice Adriano I (772‑795) e fondatore della chiesa di S. Angelo in Pescheria. Sulle pareti laterali otto quadri rappresentano la storia dei santi Quirico e Giulitta, che furono martirizzati in Tarso nella Cilicia. Sulla parete sinistra: 1) la madre Giulitta dinanzi al presule Alessandro; 2) Quirico messo in carcere (ubi scs. CVIRICVS A MILITIBVS DVCITVR); 3) (quasi interamente distrutto): Quirico confessa la sua fede cristiana; 4) Quirico è flagellato (VBI SCS. CVIRICVS CATOMVLEBATVS EST); 5) Quirico, dopo che gli è tagliata la lingua, continua a parlare (VBI SCS. CVIRICVS LINGVA ISCISSA LOQVITVR AT PRESIDEM); 6) la madre e il figlio nel carcere. — Sulla parete destra: 7) la madre e il figlio sono torturati in una padella rovente (VBI SCS CVIRICVS CVM MATRE SVAM IN SARTAGINE MISSI SVNT); 8) al fanciullo sono infissi chiodi di ferro nel cranio (VBI SCS CVIRICVS ACVTIBVS CONFICTVS EST), e finalmente gli viene sfracellato il cranio sui gradini del tribunale. Sulla metà anteriore della parete destra fra il cancello di marmo e la porta del presbiterio, stanno quadri di un altro pittore: la Madonna venerata da una famiglia nobile, probabilmente quella di Teodoto; notevoli le due figure ben conservate di un fanciullo e di una fanciulla, ambedue col nimbo quadrato azzurro. Sulla parete d'ingresso, a sinistra della porta, Teodoto (?) con due grandi ceri in  p155 mano, sta in ginocchio dinanzi a Quirico e Giulitta. A destra della porta, un vecchio santo con la barba (SCS ARMENTIS ES. Armenti(u)s e(. . .) e tre donne; sopra di esse l'iscrizione in lettere bianche: q(u)orum nomina d(eu)s sc(i)t, "il nome delle quali Dio conosce".

Ritornando per la navata laterale sinistra troviamo all'estremità (presso w) una porta (sul mura a destra è dipinta la discesa di Cristo al Limbo) la quale conduce in un gran corridoio a volta, da cui si sale in alto mediante una comoda rampa, interrotta talora da pochi gradini.

Il secondo ripiano di questa rampa comunica col primo piano della casa delle Vestali (vi si gode una bella veduta della casa stessa), e con la Nova Via. Più in alto, si arriva sul tetto della Biblioteca, da cui si scopre pure una bella veduta di S. Maria Antiqua, e degli scavi sotto la pendice del Palatino (v. p. 157). Un quarto braccio della rampa conduce al Clivus Victoriae, ove la rampa si incontra con la gradinata che ascende dal tempio di Vesta (v. fig. 93); qui si aprirà un ingresso diretto agli scavi del Palatino). Altre salite a gradini conducono di qua fino alla Domus Tiberiana.

Vedi: Plinius n. h. XXXIV, 43; Sueton. Tib. 74; Martial. XII, 3, 7.

Huelsen, R. M. 1902, 74‑88; Vaglieri, 201‑233; Rushforth, Papers of the British School at Rome, I (1902), 1‑123.

Ritorniamo nel "cortile di Minerva", e attraversatolo, entriamo, mediante una porticina bassa (b), nella cella del Tempio di Augusto.


Nota di Thayer:

La pianta dell'edifizio corrisponde ai precetti di Vitruvio: infatti, ce ne sono soltanto due, e sono assai generici.


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