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Questa pagina Web riproduce una parte di
Descrizione delle Pitture, Sculture
e Architetture esposte in Roma

di Filippo Titi
stampato da Marco Pagliarini
a Roma
MDCCLXIII

Il testo è nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono © William P. Thayer.


[ALT dell'immagine: (vuoto)]
 p3 

INDICE

DELLE ANTICHITÀ
Che si custodiscano nel Palazzo di Campidoglio
alla destra del Senatorio, vicino
alla chiesa d'Araceli.

Alla gran porta, che al Museo Capitolino dà l'ingresso, fa prospettiva nel cortile una fontana ricca d'acqua con una statua colossale di un fiume giacente, che tiene un gran nicchio nella mano destra, restaurata nella sinistra da Michel Angiolo Bonarroti, credendosi da alcuni, che rappresenti il Reno; e fu già detto Marforio dal foro di Marte, nel quale giaceva scoperta vicino alla chiesa ora di s. Martino in campo Vaccino, ove se ne vede una lapide con la memoria. Servono di ornamento a questo fonte due colonne di granito di Egitto, con suoi pilastri, e capitelli d'ordine Toscano. Sopra il cornicione è un balaustro di travertino con quattro statue di donne Auguste in figura di Vestali, ed in mezzo del frontespizio è collocata la seguente iscrizione:

CLEMENS XII · PONT · MAX ·
ILLATIS · IN · HAS · AEDES · ANTIQVIS · STATVIS
MONVMENTISQVE
AD · BONARUM · ARTIVM · INCREMENTVM
FONTEQVE · EXORNATO
PRISTINAM · CAPITOLIO · MAGNIFICENTIAM
RESTITVENDAM · CVRAVIT
A. S. MDCCXXXIV · PONT · V ·

Ai lati di questa medesima fontana sono in due nicchie quadre due grandi Cariatidi, in forma di Satiri con panieri in testa pieni di uva, e grappoli della medesima nelle mani, di eccellente scarpello, ed erano  p4 già della nobile famiglia della Valle, facendone menzione il Rusconi nel suo Tratto dell'Architettura, allorchè tratta delle Cariatidi, e della origine loro.

Delle quattro porte laterali in questo cortile tre sono finte, essendovi situati due termini, uno di uomo, di donna l'altro in due di esse, ed un bassorilievo con tre fasci consolari nella terza, e sopra di tutte quattro vi è un'erma di Giove Terminale.

ATRIO

Nel'atrio sotto gli architravi laterali all'ingresso, che riguardano il suddetto cortile, sono due grandi statue Egizie, essendo quella posta alla destra, di pietra durissima nericcia con macchie gialle non più veduta. Ha la testa turrita con geroglifici nella schiena, e nel lato sinistro, ed ha nella destra un volume, ed una palma nella sinistra. Quella posta alla sinistra è di un granito particolare sparso di macchie grandi rosse col fiore loto in testa, ed insieme con le altre due di granito rosso orientale, collocate nel portico nuovo del palazzo de' sig. Conservatori di Roma, furono ritrovate nella via Salaria, negli orti di Salustio, ora della nobile famiglia Verospi, ed acquistate della san. mem. di Clemente XI, che le donò al Campidoglio.

Nella parte sinistra nel fondo di quest'atrio sotto la fenestra è collocato un bassorilievo di donna in piedi, che tiene una bipenne nella mano sinistra, con questa iscrizione moderna sopra:

IMPERII · ROMANI · PROVINCIA
e sotto
UNGARIA

Fu trovata in piazza di Pietra.

Alla destra di questo bassorilievo è un gran piede di metallo ritrovato, come i più asseriscono, nelle vicinanze del Colosseo, volendo altri però, che sia il piede della statua colossale, che era alla piramide di C. Cestio, rinvenuto nel Pontificato d'Alessandro VII. Alla sinistra sta posato sopra di un capitello di ordine composito, già delle Terme di Antonino Caracalla, un gran frammento di pavonazzetto di una delle otto  p5 statue dell'arco di Costantino, e fu collocato in questo luogo, allorchè per comando di Clemente XII venne quell'arco restaurato. Vi sono incise le parole AD ARCVM, forse perchè sia questa una delle statue levate dall'arco trionfale di Trajano, per adornare il suddetto di Costantino il grande.

Situata nel mezzo si vede la grande urna istoriata, e pubblicata da Pietro Santi Bartoli ne' sepolcri, e dal Gronovio, il cui coperchio rappresenta una materassa di drappo con figure di animali diversi, e guarnito di galloni, standovi sopra due statue giacenti, che diconsi di Alessandro Severo, e Mammea sua madre. Nella parte anteriore di essa è di grande rilievo scolpita la battaglia, secondo alcuni, fra i Romani, e i Sabini accaduta pel rapimento delle Sabine, le quali in mezzo alla mischia procurano di pacificarli, sedendo Romolo alla destra nella sedia curule, ed alla sinistra Tazio nella Sabina, che ha i bracciuoli a guisa delle nostre moderne. Vi è nel fianco destro scolpito un augure sedente con altre persone, che s'ammirano, e nel sinistro sono de' soldati armati; vedendosi nella parte posteriore, scolpita con eleganza minore, un sacerdote velato, e genuflesso, che bacia la mano al vincitore morto, o semivivo, e varie spoglie de' vinti nemici. Altri credono, che questo bassorilievo rappresenti una favola Omerica, e forse il contrasto tra Achille, e Agamemnone descritto nel primo libro dell'Iliade. Flaminio Vacca asserisce, che quest'urna fu ritrovata nel Pontificato di Urbano VIII fuori della porta di s. Giovanni, un miglio più lontano degli acquedotti dell'acqua Felice, nel luogo detto il Monte del grano, ove si vede ancora la camera sepolcrale dello stesso A. Severo.

Altre due urne sepolcrali poco della suddetta lontane sono collocate sotto le due laterali nicchie; e su quella a mano destra è nel mezzo scolpito a bassorilievo un busto di donna, colla seguente iscrizione:

MM
AVREL
EXTRICATAE

All'intorno son vari animali, e mostri marini. Vedesi nella fronte del coperchio di quella a mano sinistra una cacciaº, nella quale è notabile, che i cignali arditi vanno incontro ai cacciatori armati di aste, ed i cervi, e daini timidi fuggendo cadono nelle reti. Sono ambedue  p6 di mediocre scultura, e sono state cavate dalle catacombe l'anno 1744.

Alla sinistra è un'ara, rappresentante la nascita di Giove, vedendovisi da una parte Rea, che dà il sasso involto a Saturno; i Coribanti, e la capra Amaltea dalla seconda, e dalla terza Saturno sedente con asta pura. Era già in Albano nella villa Savelli, ora Paolucci, ed è riferita nelle iscrizioni del Doni. Posa sopra di questa una testa colossale velata, e turrita, rappresentante o la dea Cibele, o il Genio della città di Antiochia di Soria, e fu ritrovata, sono pochi anni, nelle rovine della villa Adriana di Tivoli.

Stanno alla destra due cippi di lavoro singolare, sul primo de' quali sono espresse le imprese di Ercole; e dalla città di Albano, nella quale da gran tempo si vedevano, sono stati quà trasportati l'anno 1743, e sopra di uno posa un frammento di un Laoconte; posa sopra dell'altro un'ara votiva, fatta qui trasportare dalla villa di Papa Giulio. Vi è scolpita una donna sedente, col corno dell'abbondanza alla sinistra, e tiene con la destra un timone, essendovi scritto sopra

SALVOS · VENI
RE

Dalla parte sinistra è scolpita un'altra donna giacente in terra, che con la destra tiene una sferza, stando essa appoggiata ad una ruota con la sinistra, nella quale ha una palma, essendovi avanti di essa unaº colonna ritta, e sopra

SALVOS
IRE

Leggesi poi in fronte a questo marmo, riportato dal Grevio.

Manca nel Grevio il primo verso, e vi è per ultima lettera del quarto un X in vece del K.
IN · HDD ·
T · ALBANIVS
PRINCIPIA
NVS · EVOK
AVG · N ·

Alti due ve ne sono di eguale grandezza tra loro, ne' quali è replicatamente incisa la iscrizione riferita da  p7 Ottavio Falconieri nel suo discorso intorno alla Piramide di C. Cestio da Alessandro VII risarcita; essendo allora state queste nel Campidoglio trasportate.

Stanno in terra dalla parte verso la gran scala alcune urnette, e cippi, la maggior parte sepolcrali con le iscrizioni loro, essendo le muraglie ricoperte di simili memorie.

Nelle 4 nicchie quadre poste nel portico si vedono quattro statue, e prima vicino alla grand'urna di Alessandro Severo si vede una Baccante con testa coronata di spighe, crotali nella destra, e crepitacolo a guisa di scabillo sotto al destro piede.

Altra di Pallade con elmo Greco in capo, Egide in petto, e scudo nel sinistro braccio.

Altra di Diana in atto di avere già vibrato il dardo.

Altra finalmente di un Giove Elicio, che con la destra inalzata tiene il fulmine.

Dalla opposta parte vicino all'urna medesima è una simile nicchia, nella quelle un bel torso d'Apollo si osserva, ritrovata nella villa della nobile famiglia Palombara, e comprata 1000 scudi da Clem. XII.

Fanno prospetto alla porta due altre statue aventi la schiena rivolta ai pilastri, che sostengono gli architravi verso il cortile, ed una rappresenta l'Abbondanza tenendo nella destra una borsa, e nella sinistra un cornucopio: l'altra l'Immortalità, con il nome nella base IMMORTALITAS, ed ha nella diritta uno scettro, ed una spugna nella sinistra, ambedue restaurate.

Segue verso la scala un gruppo di un vecchio con barba, che tiene la zampogna nella destra, e con la sinistra un fanciullo giacente in terra.

Nella nicchia quadra poi incontro al Giove fulminante è la statua di Adriano imperatore con la testa velata, patera nella destra, e volume nella sinistra, trovata presso s. Stefano Rotondo, e comprata dal Popolo Romano.

Salito uno scalino, fa prospetto alla gran scala una statua gigantesca, trovata già sull'Aventino, e riferita dallo Sponio nelle Miscellanee per il re Pirro, ed era della nobile famiglia Massimi delle Colonne, asserendo l'Aldrovandi, che fu pagata due mila scudi.  p8 

In vicinanza di essa sta eretta incontro alla finestra una colonna di alabastro orientale solida, alta palmi Romani venti, e di diametro palmi due, ed un terzo, che fu trovata nel Pontificato di Clemente XI nelle vicinanze del Tevere alle radici dell'Aventino entro un orto del duca Sforza, luogo, nel quale scaricavansi dagli Antichi i marmi, che a Roma si conducevano, e che marmorata vien detto per la quantità de' marmi, che vi sono stati ritrovati. Posa questa sopra di un antico cippo scolpito a bassorilievo da tutte le parti; e da una vi si vede una donna sedente, che tiene con la destra un timone, ed un cornucopio con la sinistra: dalla parte opposta una patera, un prefericolo, in mezzo a' quali è un timone di nave, e dall'altre due parti egualmente due cornucopi incrociati in mezzo a un caduceo.

All'intorno di questa colonna sono i muri coperti di altre iscrizioni sepolcrali, e sono in terra collocati quattro diversi marmi, ne' quali scolpiti si vedono la misura dell'antico piede Romano, squadre, archipendoli, compassi, ed altri istromenti simili, con questa iscrizione:

MARMORA · OMNIA · ANTIQVI · PEDIS.
MODVLO · INSCVLPTA
SCRIPTORVMQ. TESTIMONIIS · COMMENDATA
BENEDICTVS XIV · P · O · M ·
IN · MVSEVM · CAPITOL · TRANSTVLIT
ANNO · PONTIF · III ·
STATILIANVM
IN · IANICVLO · ALIAS · EFFOSSUM
EX · HORTIS · VATICANIS
COSSVTIANVM · SEV · COLLOTIANVM
EX · MARII · DELPHINI · AEDIBVS
DONO · HIERONIMI · PRINCIPIS · ALTERII
AEBVTIANVM
EX · MATTHAEIORVM · VILLA
DONO · HIERONYMI · DVCIS · MATTHAEI
CAPPONIANVM
NON · ITA · PRIDEM · VIA · AVRELIA · REPER ·
EX · AEDIBVS · CAPPONIANIS
DONO · ALEXANDRI · GREGORII ·
MARCHION CAPPONII
EIVSDEM · MVSEI · CVRATORIS · PERPETVI

 p9  CANOPO

Dalla san. memoria. di Benedetto XIV vari acquisti di vari marmi furon fatti per accrescere la preziosa raccolta di questo Museo. Fra le altre cose sono di raro pregio le statue Egizie ritrovate dai PP. della Compagnia di Gesù nelle rovine del Canopo della villa Adriana di Tivoli, fatte dalla Santità sua collocare con accrescimento di altre Egizie antichità, pure da esso acquistate, nella stanza a questo preciso effetto aggiunta, a cui da l'ingresso a porta vicina alla già descritta colonna di alabastro orientale. Entro la stanza sopra la porta è la seguente lapide:

AEGYPTIACA · MARMOREA · SIGNA
IN · HADRIANI · TIBVRTINO
REPERTA
BENEDICTVS XIV · PONT · MAX ·
CAPITOLINIS · AEDIBVS · ADAVCTA
ORNATORI · CVBICVLO · CONSTITVI
DECREVIT
ANNO · MDCCXXXXVIII · PONT · VIII.

Sopra un fiore di loto di marmo Nero, che gli serve di base, come fu ritrovato nel predetto Canopo di Tivoli, posa in fondo alla stanza un Erma del marmo stesso, rappresentante da una parte Iside col fiore loto in capo, e dall'altra Osiride, o sia una resta di bue, che ha bianca la punta delle corna, ed è di ottimo scalpello.

In faccia alla porta si vede collocato su di una base un bellissimo cocodrillo di marmo Pario.

Posa in mezzo ad essa stanza sopra un ara antica la singolare statua del Dio Anubi trovato nel corrente anno vicino al Porto di Anzio nature villa del Principe Panfili. È vestita all'eroica, ha il sistro nella destra, il caduceo nella sinistra, ed il fiore loto in mezzo all'orecchie. Pregevole è l'ara ancora, su la quelle da una parte è scolpito lo stesso Dio Anubi, dall'altra un Arpocrate; gli istromenti da sagrificio dalla terza, e dall'ultima una cesta, a cui è avvolto un serpente con l'iscrizione. Fu trovata nel 1719 nel cavare i fondamenti per ingrandire la libreria Casanatense, e pubblicata allora con la spiegazione dell'Abate Giovanni Oliva di Rovigo.

In cinque delle dieci nicchie formate ne' muri della stanza sono cinque statue con diversi geroglifici tutte  p10 di marmo Nero macchiato di bianco, e tutte nel Canopo suddetto ritrovate.

In altre sono tre statue di basalte, una coperta con sottilissimo velo ha la testa legata con panno, che le scende lateralmente su le spalle, e tiene con la destra il segno del Tau all'uso Egizio, e nella sinistra il fiore loto. Credesi la seconda un Iside assai bella, e la terza non ha cosa alcuna di particolare.

Sopra la cornice dell'imbasamento intorno alla stanza sono:

Una testa ben grande, e bella di Adriano Imperatore ritrovata nella sua villa di Tivoli.

Un Cinocefalo di basalte.

Un Canopo fermato sopra di una colonnetta maestrevolmente scannellata, ambedue della stessa pietra basalte.

Un bassorilievo di creta rappresentante il Nilo con barca, ed anatre; vedendosi ancora l'ippopotamo, dei cocodrilli, e l'ucello ibi posto nella sommità di alcuni tempi, o capanne formate di canne. Era già questo collocato sul muro interno della chiesa de' Padri Domenicani di s. Sabina. Se ne vedono altri consimili, e uno nella galleria del collegio Romano, e rappresentano parte del pavimento di mosaico del tempio della Fortuna Prenestina, che ancora si conserva in quella città nel palazzo del principe Barberini.

SCALA

Nella scala, che alla parte superiore del Museo conduce, si vedono le mura laterali di essa ricoperte di gran tavole quadrate ripartite con cornici di marmo all'intorno, che contengono i frammenti della pianta dell'antica Roma, ritrovati, come asserisce Flaminio Vacca, nel risarcire la chiesa de' ss. Cosimo, e Damiano in campo Vaccino, già tempio di Remo nella Via Sagra. Fu questa pubblicata in venti tavole da Gio. Pietro Bellori, che con ragione afferma, che fosse incisa nel'imperio di Septimius Severus, perchè nella tavola IV si legge: SEVERI · ET ANTONINI · AVGG · N · N ., e posteriormente accresciuta, e mutata, perchè vi si vedono nelle tavole III, e IV i nomi delle famiglie Licinia, e Valeriana. Le sei tavole dal numero XXI fino al XXVI  p11 su queste mura collocate, non sono riportate dal Bellori, e perciò situate nel principio della scala; ma questi frammenti insieme con gli altri erano conservati nel palazzo Farnese, ove furono trasportati dal card. Alessandro, allorche furono ritrovati da Gio. Antonio Dosi da s. Gimignano architetto, ed antiquario. Perche poi ciascheduno possa prendervi le misure, che brama, nella cornice della prima tavola è stata posta una scala di metallo di ottanta piedi antichi Romani, sopra la quelle si legge SCALA · PED · ANTIQ · LXXX.

Nel ripiano della scala sono incastrati nel muro due grandi bassirilievi, che per ordine di Alessandro VII furono in questo luogo collocati, allorche per addirizzare la Via Flaminia, detta il Corso, distrusse l'arco trionfale di M. Aurelio Imperatore, detto ne' bassi tempi l'arco di Portogallo. Rappi dal primo lo stesso M. Aurelio in piedi sopra il suggesto, in atto di leggere le suppliche del popolo, standogli innanzi tra gli altri un giovanetto in toga, che viene creduto Commodo. Nel'altro si vede M. Aurelio sedente, il rogo che arde, e Faustina giuniore, che siede sopra Diana Lucifera alata, da cui è portata al cielo.

Vi sono ancora due nicchie laterali, in una delle quelli sta collocata la celebre statua di Giunone Sospita, che si venerava nell'antico temple di Lanuvio, ora Civita Lavinia, essendovi nella base l'antica iscrizione IVNO · LANV · VINA. Ha questa la testa ornata di una pelle caprina, e i calcei lunati, essendo appunto, come viene da Cicerone descritta: Cum pelle caprina, cum hasta, cum scutulo, cum calceolis repandis, raccontando Livio: Lanuvio simulacrum Junonis Sospita lacrymasse.

Nell'altro è la statua della Pudicitia di buona scultura con la iscrizione PVDICITIA, ma la testa è di Faustina Giuniore, e si crede di Michelangiolo, di cui è bellissimo disegno la nicchia.

PIANO DELLA GALLERIA

Giunti al piano della galleria, che dà l'ingresso alle stanze, alla destra della porta, che fa prospetto alla scala, è un gran leone di marmo bianco, e ne' muri sono collocate varie sepolcrali iscrizioni.  p12 

Alla sinistra è collocato una colonna di marmo Nero antico alta palmi 13 ritrovata rustica, allora che fu per comando del regnante sommo Pontefice Benedetto XIV aperta la nuova strada, che dal Laterano conduce a s. Croce in Gerusalemme; e sopra di essa posa un busto di Settimio Severo.

Nel vicino sito di una porta finta è sul pavimento collocata un'ara, che può credersi dedicata a Vulcano, perchè vi sono scolpiti molti istrumenti dell'arte fabbrile, ed altri per uso de' sagrifici; quando non appartenesse ai Triumviri monetali. Sopra è incastrato nel muro un marmo quadro, in cui è scolpito a bassorilievo un Arcigallo, o sia primo sacerdote di Cibele con vari simboli appartenenti al culto di questa Dea, come tibie, crotali, cista mistica, ed altri, e Monsignor Domenico Giorgi ne pubblicò un erudita spiegazione, riportata poi dal Muratori nelle sue iscrizioni. Fu questo ritrovato a Civita Lavinia feudo del duca Cesarini nella sua villa, ove si crede, che fosse quella della imperiale familia degli Antonini.

Nell'arco murato, che li sta dirimpetto, si vede un cippo con due figure, una con la testa coronata, e di abito militare, e con lancia nella sinistra: l'altra con abito succinto, e diadema in capo, che stringonsi la destra, essendo in mezzo di esse un albero. Due iscrizioni vi sono una Greca, e di caratteri Palmireni l'altra. Era già questa nella villa Giustiniani presso al Laterano, ed è riportata dallo Sponio.

Alla destra è collocato altro marmo rotondo con profido nel mezzo, ed ornamenti di mosaico fasciato di marmo, ove son rozzamente scolpiti alcuni gatti dell'Iliade. Conservavasi già sopra un muro della chiesa di Araceli: e lo riferisce il Fabretti, ed il Begero.

Si vede alla sinistra un antico mosaico rappresentante un Ercole vestito da donna che fila, un leone, e tre Geni, ritrovato nell'anno 1749 dentro il bosco vicino al porto di Anzio.

Sopra di questi si vede altro bassorilievo con un uomo seminudo sopra di un letto con borsa nella destra, e volume quasi aperto nella sinistra, che posa sul ginocchio di una donna, la quelle gli siede avanti. Sta in piedi alla sua sinistra un giovanetto in atto di osservare, o numerare monete sopra di una tavoletta: ed in un medaglione, che sembra appeso al muro, si vede  p13 un busto. Dagli eruditi si crede, che sia da questo marmo rappresentato un moribondo, che fa testamento, e nel medaglione sia l'immagine di qualche antenato del testatore.

Nella parte superiore poi dell'arco medesimo sta incastrata una memoria sepolcrale de' bassi tempi, singolarissima per le due ultime righe, che molto si accostano al nostro carattere corsivo.

Sopra è l'iscrizione fatta dal Senato Romano al ven. Innocenzo XI in memoria della vittoria delle armi Austriache riportata l'anno 1683 sotto Vienna.

Posano finalmente sopra un basso scalino due mezzi piedi collocati di marmo eccellentemente scolpiti; rimanendo la galleria da questo sito divisa con un cancello, fiancheggiato da due colonne massicce di bel marmo cipollino, sopra i capitelli delle quelli sono due busti Imperiali.

STANZA PRIMA
detta del Vaso

Le muraglie di questa stanza sono tutte vestite all'intorno di singolarissime iscrizioni con cornici, che le uniscono insieme, distribuite secondo l'ordine de' tempi da Tiberio fino a Teodosio il Grande, contandone circa 122 con numero Romano. Interiormente sopra la porta, che conduce alla scala, si legge inciso a grandi caratteri il titolo: AVGVSTI · AVGVSTAE · CÆSARES · ET · CONSVLES. Basterà indicare le più singolari, e che meritano, che se ne faccia particolare menzione.

Vedesi dunque la prima collocata sopra la porta al num. I, nella quelle tutte le lettere V consonanti sono segnate, secondo che avea prescritto Tiberio Claudio Imperatore, cioè cosi F;; dal che si argomenta, che la pronunzia di detta V, fosse allora poco diversa da quella d'For, e forse dalla presente de' Tedeschi.

La posta al num. VII, che comincia CENTVM · VIRI, riportata dal Fabretti è un aggregazione di personaggio benemerito fatta a quel collegio.

Al num. VIII è la celebre lapide pubblicata da Monsignor Bianchini, che contiene il consolato de' due  p14 Gemini sotto l'imperio di Tiberio, tempo, nel quelle più comunemente si crede, che accadesse la morte del Redentore del Mondo. Fu questa trovata l'an. 1722.

La lapide, che segue al num. IX spetta al qualificato collegio degli Arvali, illustrato da monsig. della Torre, e ad esso collegio parimente appartengono quelle con i numeri XVII, XVIIILXVI.

Al num. X si osserva l'antico calendario ritrovato ad Anzio, di cui ne scrissero monsignor Bianchini, ed il P. Volpi Gesuita.

Quella al num. XLVII contiene la grande iscrizione trovata pur ad Anzio, lunga palmi 29, che riguarda una restaurazione di temple, e si puo credere, che fosse quello della Fortuna.

Ha relazione la contrassegna col numero XLVIII con la statua di Giunone Lanuvina posta nel ripiano della scala in questo Museo, come già si è notato; il che si ricava dalle sigle I · S. M. R. spiegate dal P. Lupi Gesuita Junoni Sospita Magna Regina, tantopiù, che fu trovata a Civita Lavinia.

L'altra al num. LXVI in giro adornata con marmo Nero, è di una rarità molto particolare, vedendoli in essa il consolato di P. Celio Apollinare unito all'anno di Roma DCCCXXII. Da questa circostanza, e da altre sue particolarità evidentemente si ricava l'anno determinato della edificazione di questa grande metropoli del Mondo.

Ben singolare è la collocata al num. LXXXIII incisa in metallo con caratteri dorati, che incomincia P · CORNELIO &che.

Nell'angolo della stanza vicino alla porta, che passa nell'altra stanza, posa in bilico, perchè possa girre, una colonna di marmo bianco segnata con il numero LXXXVII, e vi sono incise due iscrizioni, una al rovescio dell'altra: la prima Greca di Annia Regilla moglie di Erode Attico, ricchissimo filosofo Ateniese, l'altra Latina di Massenzio con alcuni errori. dall'incisovi antico numero VII ben si vede, che questa colonna ha servito per indicare il settimo miglio. Fu  p15 trovata nell'orto de' Celestini di s. Eusebio, ed è inserita dal Fabretti, dallo Sponio, e dal Ficoroni.

Al num. CXIX si vede una figura ritta in piedi con le mani alzate in atto di orare, con l'iscrizione Cristiana, che termina: VOTVM · POSVIT.

Finalmente è una grande iscrizione fatta dal Popolo Romano ad Alessandro VII per aver esso terminata la fabbrica di questa parte del Campidoglio.

Passando adesso a considerare le sculture di questa stanza, posa primieramente in mezzo di essa un bellissimo vaso di marmo bianco. Sta collocato sopra di un ara consimile, che gli serve di piedistallo, ed è lavorato con somma delicatezza, e perfezione in tutte le sue parti. Per essere adornato di fogliami di viti puo credersi appartenente a Bacco. Fu trovato con due grandi colonne di giallo antico (delle quelli a suo luogo si parlerà) nel via Appia, poco lontano dal sepolcro di Cecilia Metella, nella tenuta, che era allora della famiglia Cicciaporci nobile Fiorentina, la quelle per lungo tempo lo custodì nel casino della villa, che possedeva vicino a Porta Pia, e che acquistò il sig. card. Silvio Sciarra. L'ara di rotonda figura, che lo sostiene, è all'intorno tutta a bassorilievo scolpita d'ottima maniera Etrusca. Vi sono espresse dodici deità, cioè Giove col fulmine nella destra, ed asta pura nella sinistra. Sembra la seconda Vulcano, che impugna una bipenne. Nettuno è la terza col tridente nella destra, ed un delfino nella sinistra. Segue a questo, Mercurio, che col caduceo nella destra guida con la sinistra un ariete. La quinta, e sesta sono due dee, forse Cerere, ed Iside. Marte è il settimo armato di asta, e scudo; essendo l'ottava Diana con arco nella sinistra. Le altre quattro sono Apollo, Ercle, Minerva, e Giunone. Apollo nudo, che tiene la lira nella destra: Ercole con la clava: Minerva con l'Egide in petto: e finalmente Giunone con veste lunga increspata, è la duodecima, ed ultima figura, che termina il bassorilievo di quest'ara ritrovata a Nettuno.

Vicino alla porta, che corrisponde alla scala, calla parte delle finestre, che guardano verso Campo Vaccino, si vede un cippo, la cui iscrizione comincia SOLI · SANCTISSIMO · SACRVM, ed è riferita dallo Sponio denotando un voto adempito. Ha nel suo mezzo  p16 a bassorilievo un'aquila, sul dorso della quelle posa un busto di Apollo, i cui capelli sono disposti a guisa di raggi, ed ha il nimbo radiato. Dalla destra parte è un carro tirato da quattro ippogrifi con entro il medesimo Apollo coronato dalla Vittoria alata, e dalla sinistra la testa di un sacerdote velata, con istromenti da sagrifici, leggendovi sotto al carro una iscrizione Palmirena. Posa sopra di questo un'urnetta cineraria con due iscrizioni.

Segue altro cippo ornato tutto all'intorno, con forame rotondo nella parte superiore, per collocarvi un vaso cinerario, ed apparteneva al colombario di Livia, e sopra v'è un'urna cineraria ornata con due delfini.

Passata la prima finestra s'incontra alzata sopra due mensoleº un'urna di marmo Pario lunga palmi 11, in cui è effigiata una battaglia delle Amazzoni di non mediocre artifizio, essendo nella fronte del coperchio scolpite Amazzoni piangenti, ed altre con le braccia legate dietro alle spalle. Fu trovata l'anno 1744 a Salone in una tentua del Capitolo di s. Maria Maggiore. Dentro v'era framischiato alle ossa di un cadavere, del balsamo impietrito, ed un piccolo anello d'oro, in cui legati al paro vedevansi uno smeraldo quadro, ed un granato rotondo, e nel mezzo acuminato.

Passata la seconda finestra è un'altra urnetta di eccellente lavoro, posta ancor essa sopra due mensole. È in questa figurato il Tempo, che alato siede con un cane accanto, e dopo le spalle avendo un Termine giacente in terra, tiene nelle braccia un giovane abbandonato come morto. Puo credersi, che questi rappresenti Adone, o Endymione, perocchè Diana scesa dal carro, e guidata da un Amorino va a ritrovarlo, sembrando, che Venere gli additi, essere quello il suo amato. Vedonsi nel coperchio tre forami, dal che si argomenta, che servissero per le funebri libazioni. dall'altra parte della finestra, che guarda su la piazza del Campidoglio, è collocato un gran cippo con iscrizione sepolcrale, posando sopra di esso altro piccolo cippo con busto di un nobile giovanetto, che ha la bolla d'oro al collo.

All'urna suddetta fa simetrìa un'altra collocata dall'altra parte della finestra. La brevità dell'umana vita è qui rappresentata dal nascere del Sole, che alla destra si vede in una quadriga, e da una biga alla sinistra volta all'Occaso, nella quelle sta Diana figura della notte immagine della morte. Prometeo forma l'uomo di creta, e viene assistito da Minerva simbolo della sapienza, la quelle mostra con una farfalla, che gli pone sul capo, d'infondergli l'anima. Vi è nella parte superiore  p17 una figura molto applicata ad osservare queste azioni, quasi formi l'oroscopo: e da un fianco Amore, e Psiche strettamente abbracciati indicano l'unione dell'anima col corpo. Sonvi effigiati i quattro elementi come al vivere necessari: Eolo re de' venti in atto di soffiare rappresenta l'aria: per l'acqua vi si vede la figure di un fiume giacente con timone nella destra: una donna con cornucopio di frutti ripieno, e cista sotto il braccio, e la fucina di Vulcano indicano la terra, ed il fuoco, rappresentandosi da un albero carico di frutti l'alimento al vivere necessario. sotto il carro di Diana si vede un cadavere con altra farfalla, che fugge, e denota l'anima, che parte, standovi accanto un Genio in atto mesto con face spenta rivolta alla terra, e con una ghirlanda nella destra per indicare, che registrate in esso si conservano le azioni eroiche alla memoria de' posteri. L'anima in figura di Psiche viene da Mercurio agli Elisi condotta, e Prometeo legato all'albero con l'avoltoi, che delle sue viscere in situ pasce, rappresentanto i premi, e i gastighi, che molti ancora degli Gentili credevano, che fossero destinati nella futura vita in rimunerazione, o pena degli uomini. Nel coperchio è scolpito un giovane in atto di riposare con due papaveri in mano, che simboleggiano ancor essi la morte, ed un cane, che vi sta alla custodia, essendovi ancora un putto, che tiene un frutto con la destra, e con la sinistra un uccelletto. Credono alcuni, che questi sia Diadumeniano fatto uccidere col padre in età di anni 12, ma altra prova non v'è, se non che la scultura è debole secondo que' tempi. Era già quest'urna entro la villa Panfili, detta Belrespiro, fuori della porta s. Pancrazio.

Sopra la colonna di marmo bianco già descritta con due iscrizioni, nell'angolo viciono alla porta, che dà l'ingresso alla seconda stanza, è il busto di Augusto.

Passata la detta porta si trova un urnetta cineraria con sua iscrizione, indi una grand'urna inalzata sopra mensole, che la sostengono, e vi sono espresso con disegno molto fino le nove Muse. Nel destro lato poi si mira Socrate sedente, cui sta innanzi una donna velata significante la Fiolsofia, appoggiata ad una base in atto di ragionare con esso. Siede Omero nel sinistro  p18 sopra sgabelletto piegatore, stando incontro di esso una donna in piedi con testa scoperta, esprimente la Poesia, che gli presenta un volume. Intorno al coperchio vi sono vgamente effigiati vari scherzi di mostri marini, e Nereidi appartenenti agli Elisi. Fu trovata nella via Ostiense lontano tre miglia da Roma, ove era la villa d'Alessandro Severo.

Segue un gran cippo con una particolarissima iscrizione de' bassi tempi fatta a Probo Petronio della famiglia Anicia, essendovi ai fianchi il Consolato di Valente, e Valentiniano, ritrovata sul monte Pincio l'anno 1742 nell'orto de' PP. Minimi di s. Francesco di Paola.

Posa sopra di esso una gran maschera di un satiro eccellentemente scolpita, che per lungo tempo è stata conservata dalla nobile famiglia Boccapaduli.

Nell'urna ultima si scorge Diana, la quelle scende dal cocchio per andare a ritrovare Endimione, che dorme. Vi sono Morfeo, e vari Amorini, o Geni all'intorno, armenti, e cani, ed altresì Diana, che al cocchio ritorna. Adornano il coperchio diversi bassirilievi divisi in cinque ripartimenti. Vedonsi nel primo le Parche, le quelli filano lo stame della vita, e Lachesi, che il recide; indi Telesforo Dio della convalescenza. Segue di poi Plutone, e Proserpina sedenti con il can Cerbero ai piedi; viene poscia Mercurio, che guide le anime; e finalmente due figure d'uomo, e donna sedenti, ed abbracciati in un lettisternio fatto a guisa de' moderni canapè, giacendo un cane a' piedi di essi. Si ritrovò nel riedificare la chiesa di sant'Eustachio nel sito, ove presentemente è collocato l'altar maggiore.

Nell'angolo è situata una bellissima colonnetta di marmo mischio, o sia breccia antica, sopra la quelle è un busto di Plotina.

Finalmente vicino alla porta è un bel cippo, sopra del quelle sono due cavità rotonde per collocarvi le olle cinerarie dei due conjugi, dei quali si fa menzione nell'iscrizione in fronte al medesimo cippo incisa.  p19 

STANZA SECONDA
Detta dell'Ercole

Questa camera ancora si vede arricchita di antiche iscrizioni incastrte nei muri, e disposte per classi, numerata ciascheduna nella sua classe secondo la cronologia.

Alla sinistra dell'ingresso sopra la finestra è il titolo SACRA · ET · SACRORVM · MINISTRI ., e XVIII lapidi compongono la sua classe. Segue il titolo PRAEFECTI · VRBIS · ET · MILITES . sono XX lapidi. L'altro titolo POPVLI · ET · VRBES ne ha XXIII ed secolo XI ne ha il titolo STVDIA · ET · ARTES ., XXVI ne sono nel titolo PVBLICA · ET · PRIVATA · OFFICIA · ET · MINISTERIA . ed il titolo SIGNA · FIGVLINAR . in vece di lapidi ha sotto di se incastrati i merchi delle figuline.

Altre due molto singolare ve ne sono, collocatevi dipoi fuori di ordine, vedendosi la prima entro il sito di una finta porta dietro alle spalle dell'Ercole, che ammazza l'idra, ed apartiene al collegio de' precatori di Ostia, riferita dal Grutero, e dal P. Volpi, ma poco esattamente. È la seconda scolpita sopra di un cippo posto in terra fra le statue di un putto, che si pone una maschera in capo, e d'una vecchia sedente con un vaso; ed appartiene al collegio dei sonatori di S. Cecilia in Trastevere e di tromba, avendo Aldo nel suo Trattato de Orthographia spiegate le quattro sigle, che vi sono S.P.P.S. Saris Publicis Praesto Sunt. Furono in questo luogo trasportate la prima della città di Ostia l'anno 1748, e la secda levata nell'anno 1747 dal muro di una vigna, che possiedono i PP. Ospitalieri di s. Gio: Calabita alla destra della strada, che dall'arco di Costantino conduce a san Gregorio.

Merita qualche riflessione la lapide collocata al num. XVIII sotto il titolo Præfecti Urbis, & Milites, essendo necessario per leggerla di considerare li due II posti consecutivamente per un E, e l'A, ed L molto somiglianti a lettere Greche, come ha osservato il P. Scarfò riportando questa medesima iscrizione, ch'era allora del Ficoroni.  p20 

Singloarissima è poi l'iscrizione esprimente la celebre Legge Reggia non incisa, ma incavata in una tavola di metallo grossa due once, e messo del peso di librre 2247 fatta collocare in Campidoglio da Gregory XIII, trasportata dal Laterano, secondo la memoria postavi sopra, e riferita da molti Autori, e particolarmente dal Gravina nel suo Trattato de Origine Juris.

Tre bassirilievi si vedono in questa camera collocati, il primo soop la finestra, gli altri due sopra le porte. Si rappresenta dal primo Vulcano, che nella sua fuscina fabbrica lo scudo a Marte: in quello sopra la porta della vicina stanza si scorgono quattro carri carichi di vasi da sagrifizio, tirati da ippogrifi, tigri, cervi, ed altri diversi animali secondo le deità, alle quelli appartengono i carri guidati da Geni alati; e quello sopra la porta, che dà l'ingresso alla gran sala, è composto di alcuni fanciulli, essendovi nel mezzo un iscrizione.

Dalla parte della finestra posano in terra tre are rotonde, che nel mezzo hanno un rostro di nave, e furono ritrovate al Porto di Anzio, riferite dal P. Volpi. sotto al rostro della prima è scolpito un Nettuno, che nella destra tiene un delfino, ed il tridente con la sinistra, e vi è l'iscrizione: ARA · NEPTVNI,º posando sopra un'erma di bellissimo avoro, rappresentante Saffo. Ha la seconda nel medesimo luogo una barca, che con vela spiegata va a seconda dei venti, con iscrizione: ARA · TRANQUILLITATIS,º e sostiene anch'essa un'erma di Platone, o di Giove Terminale, di bellezza uguale alla suddetta, e con essa trovato nella villa Adriana di Tivoli. Si vede su la terza Eolo in positura di volare sonando la buccina, con l'iscrizione ARA · VENTORUM,º e vi è sopra collocata la resta di Milziade capitano degli Ateniesi, riportata dall'Orsini, e dal Gronovio. Fanno alla medesima finestra ornamento sopra le basi loro due Fauni, che suonano il flauto, avendo quello posto alla destra un piccolo bove giacente ai piedi, e fu ritrovato nell'anno 1749 sul monte Aventino in una vigna de' Padri de' ss. Cosimo, e Damiano.

Nei due angoli sono due Termini, uno involto in panno con testa di donna giovane ridente, ed iscrizione Greca, che dice: Elia · Patrophila. Di un Silvano  p21 involto in pelle di leone è il secondo, e sono ambedue riportati nelle Osservazioni del Tomo primo di questo Museo.

Si vede poi alla destra della porta un bel gruppo di naturale grandezza rappresentante un uomo nudo, che tiene un asta con la sinistra. Ha l'elmo in capo, e la corazza ai piedi. Una donna con tunica gli tiene la sinistra sulle spalle, e la destra appoggiata sul petto. Si crede, che rappresenti Veturia in atto di placare Coriolano. È stato trovato nel 1750, entro l'Isola Sagra, che forma il Tevere presso alla foce.

Segue sopra gran base Apollo nudo, maggiore del naturale, che con la sinistra tiene la lira, che posa sull'ali di un ippogrifo, che gli sta ai piedi, ed ha nella sinistra il plettro; trovato alla solfatara vicino a Tivoli.

Incontrati poi una vecchia sedente con bel vaso, di papani circondato, tra i ginocchi, che si crede una delle Menadi, priva di senno per il troppo vino bevuto. Era della nobile famiglia Verospi.

Nel prossimo cantone, posto in bilico per girarlo, si vede un fanciullo di celebre scultura, che siede su di una pelle di caprio sopra zoccolo di marmo, stando in atto di porsi in testa una maschiera di un barbuto Silvano. Si vede riportato dal Ficoroni.

In mezzo della Facciata riguardante la finestra è una statua maggiore del naturale esprimente un Ercole, e che tenendo nella destra una face, incendia uno de' colli dell'idra, la quella ha il corpo di pantera, avendo già alcune teste reise, che si vedono sparse su la base. Era questa nel cortile Verospi, e fu con le altre, che ancora vi sono, ritrovata dal cardinale Varallo, quando ei fece fabbricare la scala, che scende nella chiesa di s. Agnese fuori delle mura di Roma.

Posta dall'altro lato, che fa pure cantone, un altro fanciullo, il quelle vezzosamente abbraccia per il collo un cigno, che con un'alla aperta procura difendesi da esso. Qdo nell'anno 1741 fu aperto il nuovo stradone, che da s. Gio. Laterano conduce a s. Croce i Gerusalemme, nell'iscavarsi la terra fu trovato questo grazioso gruppo.

Vi è sopra una base nell'ultima facciata un Ercole bambino sedente in atto di uccidere i serpi.

Sopra gran base vicina sta collocato un cacciatore più grande del naturale, che appoggiato ad un albero  p22 di pino, tiene con la destra inalzata una lepre viva. Nella base è a sinistra inciso il nome del cacciator POLITIMVS · LIB. Questa statua, che a giudizio dei professori è delle più eccellenti, fu ritrovata nell'anno 1747 vicino le mura di porta Latina in un orto detto alla Ferratella.

Sostenuto da un antico bel tripode formato da tre grifi segue un grazioso gruppo di un giovanetto, e una giovanetta, che teneramente si abbracciano; e su questo trovato l'anno 1749 nel mese di Febbraio sull'Aventino nella givna del canonico Panicale.

Nel mezzo della stanza è collocata una statua di eccellente scultura. Rappresenta una donna sedente sopra di una sedia, alla cui spalliera sta col destro braccio appoggiata, avendo il suppedaneo ai piedi, ed essendo ricoperta di un fino panneggiamento. Pare alla sembianza, che esser possa Agrippina di Germanico.

SALA GRANDE

Entrando nel'ampia, e magnifica sala si trova a mano destra la gran statua colossale sedente d'Innocenzo X di metallo, opera eccellente dell'Algardi Bolognese, posta sopra un maestoso piedestallo di marmo.

Incontro a questa nel fondo della sala si mira quella di Clemente XII sedente anch'essa in atto di benedire, su piedistallo di marmo Greco a pioggia, modellata da Pietro Bracci, e fusa da Francesco Giardoni, ambedue Romani. Queste due statue sono state dal Senato Romano erette, la prima dopo che Innocenzio don la direzione del cavaliere Rainaldi fe prosuguire esteriormente il disegno di Michelangiolo Fiorentino nella edificazione de' due palazzi laterali del Campidoglio, e la seconda per avere Clemente pur Fiorentino adornata la città con molte fabbriche, e radunata la quantità prodigiosa di questi marmi.

Alla destra della statue d'Innocenzo X nel sito di una finta porta, vedesi collocata la statua di una Musa, che nella sinistra tiene il fiore di loto, ed ha il capo adornato di penne per l'ottenuto favoloso trionfo delle Picche.

Segue nell'altra facciata Igia dea della salute, che tiene un serpe nella destra, e la patera nella sinistra.

Minerva è la statua, che le è vicina, con l'egide nel petto, e scudo nella sinistra, ed essendo stata ritrovata ad Anzio è roportata dal P. Volpi.  p23 

Vedesi poi una vecchia di eccellente scarpello, con velo avvolto alla testa, e vasetto nella destra; e si crede una delle antiche prefiche, che vanali piangevano i defunti, o qualche ministra di Venere. È riportata anche dal Ficoroni.

Viene appresso M. Aurelio in abito militare con corazza, nel cui mezzo si vede scolpito un trofeo, e Meduse nelle fimbrie, di eccellente scultura.

A questa è vicina altra statua, che si vuole, che rappresenti un Tolomeo Re di Egitto, ed è nuda, e col diadema.

Si vede poscia Iside vagamente vestita con velo su le spalle, e il fior di loto in capo. Porta un sistro con la man diritta, ed ha nella sinistra un orceolo, o prefericolo.

Evvi poi una gran porta, che introduce nella galleria, ed è vagamente abbellita. Le stanno dai lati due colonne di giallo antico solide, alte palmi 21 e di diametro palmi 4, ed un terzo, con basi, e capitelli di ordine composito, posando sopra di essi due busti. Furono le colonne ritrovate insieme col vaso, che si è veduto nella prima stanza di questo Museo, della famiglia Cicciaporci vicino al sepolcro di Cecilia Metella. Negli angoli del frontespizio due Vittorie alate sostengono l'arme di Clem. XII con una mano, tenendo nell'altra una palma, ed appartenevano, come i gran bassirilievi, che si vedono su le scale, all'arco di Marco Aurelio, e L. Vero al Corso. Nel vano finalmente del soprappotto si vede un bassorilievo rappresentante il fiume Tevere, cui giace accanto la lupa, che allatta Romolo, e Remo.

Proseguendo poi l'ordine delle statue, la prima è una donna Augusta, che sembra alle fatezze Giulia Pia moglie di Septimius Severus, ammantata a guisa delle Vestali.

Il secondo è un Apollo nudo, con un cigno ai piedi.

Segue poi Adriano nudo con elmo in testa, parazzonio nella destra, e scudo imbracciato nella sinistra. Si ritrovò a Ceprano.

Antinoo favorito del suddetto Imperatore si vuole, che rappresenti la statua, la quelle vicino gli è stata collocata.

Quella, che segue, viene creduta Lucilla figliuola di M. Aurelio, e moglie di L. Vero. Tiene con la destra una face accesa, e spighe, e papaveri nella sinistra, simboli di Cerere.  p24 

Il simulacro di Augustus le sta alla destra, ed è nudo, ma ha nella destra un globo, e lo scettroº nella sinistra.

Vicino poi alla gran statua di Clemente XII dentro il vano di una finta porta è collocata la statua di C. Mario con abito Consolare, e volume nella sinistra.

Tre grandi finestre ornate con ringhiere di marmo, che servono loro di parapetto, danno il lume alla gran sala su la piazza del Campidoglio. Dieci statue sono da questa parte collocate, e la prima nell'angolo prossimo alla porta della stanza dell'Ercole rappresenta la dea Clemenza, che nella destra tiene la patera, ed un'asta nella sinistra, ritrovata sull'Aventino, ove era il temple di quella dea.

Segue un Fauno in atto di ballare con frutte nelle mani.

Ha vicino un Giove, che nella destra tiene il fulmine, l'asta pura nella sinistra, e l'aquila ai piedi, ritrovato nel 1750 con il dio Anubi, descritto già nel Canopo vicino al porto di Anzio.

La quarta è Leda, che abbraccia Giove trasformato in cigno.

Viene poi la quinta, che dicono che rappresenti Tolomeo Apione Re di Egitto in sembianza di Apollo con i capelli calamistrati, freccia nella destra, ed arco nella sinistra.

Un Amazzone con veste semplice, manto succinto, turcasso al sinistro fianco, scudo, ed elmo ai piedi, e bipenne appesa ad un tronco è la sesta, la quelle sta in atto di guardarsi una ferita, che ha nel petto, e vi è scritto sotto ΣΩΣΙΚΛΗ.

Vicina a questa è una Diana con veste succinta in atto di levare un dardo dal turcasso.

Trovasi poi unan Giunone in figura di Musa con bizzarro abbigliamento, e diadema in testa: nella destra tiene un flauto, ed una maschera nella sinistra.

A questa è vicina un giovane, che si crede Endimione, o pure un Adone avendo nella destra un corno da caccia, nella sinistra un'asta, e standogli ai piedi un cane.

Rimane per ultimo collocata nell'angolo una Giunone maestosamente vestita, con lo scettro nella destra; desta già de' Cesi, per essere stata lungo tempo conservata da quella nobile famiglia.

A poca distanza dalla gran porta, che nella gallera conduce, sono due tavoloni di antico mosaico, che rappresenta una dentellata cornice. Posano queste due tavole sopra piedi di bronzo. Furono i detti mosaici ritrovati a Tivoli nella villa Adriana.  p25 

Nel mezzo della gran sala son cinque singolarissime statue. La più prossima all'ingresso della stanza dell'Ercole rappresenta un gladiatore con lo scudo imbracciato, e stando con un ginocchio in terra, e con la faccia, e braccio destro in alto rivolti, sembra, che guardi il suo nemico, e si difenda. Credono alcuni, che questa rappresentasse uno de' figliuoli di Niobe, de' quelli ve ne sono diverse statue in alcune case di Roma. L'attitudine, e la scultura sono stimabili, e fu in gran parte restaurata da monsù Monot celebre cultore del nostro secolo, che la possedeva.

Segue poi in grandezza naturale la statua di un giovane creduto Antinoo, di eccellente Greca manera, ed una delle più belle sculture, che vedere si possano ristaurata solo in una gamba. Fu trovata nella villa di Adriano.

Ne viene in terzo luogo una maggiore del naturale rappresentante un sacerdote Egizio, con particolare ornamento in testa, e sotto il ventre, avendo le mani distese, ed i piedi quasi uniti. Questa è stata fatta di due pezzi, che si congiungono nella cintura, senza che si vegga la giuntura. Questa ancora è stata ritrovata nella villa Adriana.

Si ammira per quarto un grazioso fanciullo di marmo Pario, il quelle per il fiore di loto, che ha in testa, e la destra alla bocca in atto d'intimare il silenzio, rappresenta un Arpocrate. Ha lunghi i capelli, dal che giudicano alcuni, ch'esser possa il ritratto di Antinoo deificato. Fu questo altresì ritrovato nella riferita villa di Adriano l'anno 1744.

La quinta, ed ultima di queste statue, che sono nel mezzo, è un gladiatore moribondo per una ferita, che ha sotto la sinistra mammella, e giace sopra il suo scudo con la spada per terra, stando con la destra mano appoggiato su la base. Per un cordone, che tiene avvolto al collo a guisa di armilla, e per li capelli, che sembrano unti, e sono tesi forse per lo spavento della vicina morte, hanno gli antiquari giudicato, che sia uno di quei gladiatori, che dicevano Mirmilloni, e co' Reziari combattevano. La statua è al naturale, e di musculatura cosi eccellente, che reca stupore a tutti i professori delle belle arti. Apparteneva alla illustre casa Ludovisi de' Principi di Piombino. V'è chi dice, che il braccio destro sia aggiunto dal Buonarroti.

Sono per le muraglie di questa gran sala disposti vari mensoloni, che sostengono 36 busti, compresi quelli, che posano sopra le porte. Sono alcune di donne Auguste, e molti incogniti, vedendosi inciso in  p26 uno il nome di Cetego console famoso per l'asciugamento da esso fatto delle Paludi Pontine.

STANZA DE' FILOSOFI

Entrasi ora nella stanza detta de' Filosofi, perchè la maggior parte dell'erme quì radunate sono ritratti di Filosofi, frammischiati però con altriº di Poeti, Oratori, uomini illustri, ed ancora d'incogniti personaggi, che rendono la raccolta sì pel numero che per la qualità sopra ogni credere singolare. Ha questa camera le sue pareti di bassirilievi tutte guarnite, ed adorne; ad all'intorno vi è disposta una gradinata a due ordini. Questa s'inalza incominciando dal basso, e serve d'imbasamento all'erme, che vi posano sopra, e che si andranno descrivendo, come, vi stanno disposte, e con quell'ordine, che dal ch. Monsignor Bottari sono state registrate, e spiegate nel primo tomo di questo Museo da esso pubblicato.º

Prima sarà opportuno però di osservare i bassirilievi cominciando dal giro superiore. Ivi sono collocati alcuni fregi con ancore, timoni, e strumenti spettanti ai sagrifizi. Adornavano già questi il tempio di Nettuno, ora chiesa di S. Lorenzo fuori delle mura, cimiterio di santa Ciriaca nella via Tiburtina, e nel campo Varano, negli amboni della quelle sono stati per lungo tempo collocati.

Sopra la porta, che dà l'ingresso a questa stanza si esprime dal primo la morte di Meleagro. Vedesi primieramente lo stesso Meleagro in atto di uccidere chi gli contrastava le spoglie del cignale: in secondo luogo ardente nel fuoco il tizzone, da cui fatalmente dipendeva la sua vita, ed ei moribondo nel letto, presso al quelle sono le armi sue. Eno vecchio pedro sta mesto, piangente Atalanta sua consorte, ed altri in atto ammirativo, e compassionevole, fra quelli una donna, che gli pone in bocca l'obolo, cioè la moneta, che giusta la credenza degli Etnici servire dicevasi per passare agli Elisi. Puo credersi, che fosse questa la fronte di un urna sepolcrale, su le quali vedonsi frequentemente espresse cose funebri.

Il secondo, collocato alla destra di questo, rappresenta una donna, la quelle siede contemplando una maschera, che ha in mano, essendovi un tempietto in lontananza. Più in basso due nude figure con le mani legate seguono un altro, che le precede.

Segue nel terzo Diana in veste succinta, che con la  p27 destra stringe una face, e tiene un arco con la sinistra, avendo ai piedi un cane, ed una testa di cignale.

Nell'ultimo di questa facciata sono espressi Apollo, ed una Musa con la lira.

Nella facciata dirimpetto alla finestra, su di essa trovansi tre altri bassirilievi collocati, nel primo de' quali alla sinistra è scolpito un morto portato da varie persone, alcune delle quali essendo in abito militare, credesi, che venga da questa tavola rappresentata la pietà militare.

In quello di mezzo sono espresse le funzioini, che si facevano, allorchè si abbrucciavano i cadaveri, vedendosi il rogo, ed il defonto portato da due persone, ed accompagnato da donne piangenti.

Alla destra nel terzo luogo è scolpito Esculapio sedente col serpe, ed una donna vestita, a piccola colonnetta appoggiata, alli pieid della quelle è un serpe ben grosso, onde si puo credere, che rappresenti Igia, o la dea della salute.

Nell'ultima facciata della stanza sono altri quattro bassirilievi, il primo de' quali, più prossimo all'ultimo descritto, rappresenta una Vittoria sopra carro trionfale, e mostra di mangiare nella patera, che essa tiene in mano, standogli ai piedi altra supplichevole donna, che gli offre un pomo con un vaso di liquore; creesi che alluda agli Orgi di Bacco.

Singolarissimo è il terzo, dal quelle sono rappresentate tre donne vestite, che seguono un Faunetto nudo, il quelle suona la buccina, ed essendovi sotto inciso il nome di Callimaco, sembra che si possa credere, che sia questo il bassorilievo, del quelle Plinio parla nella seguente maniera: Ex omnibus (sculptoribus) autem maxime cognomine insignis est Callimachus semper calumniator sui, nec finem habens diligentia, ob id Cacizotechnos appellatus, memorabile exemplo adhibendi curae modum. Hujus sunt saltantes Lacenae, emendatum opus, sed in quo gratiam omnem diligentia abstulerit.

Sopra la porta, che introduce nella contigua stanza dei Cesari, se ne vede uno, che si stima di qualche urna sepolcrale, e sono in esso le tre Parche scolpite con Diana cacciatrice in atto di recidere lo stame della  p28 umana vita. Nel mezzo stanno affisi Giove, e Minerva, ai quali da una matrona è presentato un fanciullo, e vi è un'altra figura, che tiene sul dorso una persona, la quale sta con faccia ridente, e mani rivolte al cielo.

Dalla parte della finestra due ve ne sono, esprimendosi da quello posto alla dritta di essa una donna sedente, che canta, e suona la lira, saltellando un gatto a vista di due anatre, che stanno appese ad un ramo di albero.

Quello posto alla sinistra rappresenta un piccol temple con molte fabbriche all'intorno, ed una barchetta guidata da uomo, che sta in atto di passare con essa sotto di un ponte.

Nel mezzo della stanza posa un'erma co' volti di Epicuro, e Metrodoro suo discepolo, i nomi de' quali vi sono incisi in Greco. Ella è di buon maestro, e fu ritrovata l'anno 1734 nel cavare i fondamenti al nuovo portico della basilica di s. Maria Maggiore.

In poca lontananza sopra una gran base si vedon due statue minori del naturale, una di donna talarmente vestita in atto di cadere per lo spavento, rivoltando la faccia verso la terra, nuda l'altra di giovanetto, che ancor egli quasi caduto per terra, pare, che voglia con volto irato difendersi da qualche periocolo, che dall'alto lo minacci. Si crede, che rappresentino due figliuoli di Niobe fulminati da Apollo, e Diana, varie statue vedendosene in Roma reiterate dagli antichi scultori, e tutte di ottima maniera.

Cla in mezzo ai busti, e facendo prospetto al afina posa sopra alto piedestallo la statua di Zenone capo delli Stoici, di grandezza naturale, e di bellissimo artificio. Tiene il volume nella destra, e dal petto in giu è rivolto in un semplice grosso pallio, e fu ritrovata l'anno 1701, nella villa d'Antonino Piuus postra tra la via Appia, e l'antico Lanuvio, ora città Lavinia.

Su le gradinate descritte sono collocati 102 busti, ed erme di altri uomini illustri, de' quali si è di sopra fatta menzione. Cominciando dal gradino superiore posto alla sinistra della porta, che dalla gra sala dà l'ingresso in questa stanza, finchè tutti i busti, o erme siansi rammentati.

Il primo dunque è Apuleio, ed ha lunghi capelli, come egli medesimo si descrive nell'Apologia. Fulvio  p29 Orsini, e la regina Cristina di Svezia ne avevano un medaglione contornato, d'onde fu cavata l'immagine, che si vede nel Bellori e nel Gronovio.

Virgilio è il secondo, ed ha il diadema, essendo come appunto si vede nel Bellori.

Segue Asclepiade discepolo di Stilpone, col suo nome inciso in Greco di antico carattere.

Quattro teste incognite sono appresso.

Aristotile è l'ottavo, e si puo vedere nell'Orsini, e Bellori.

Quello, che segue è Agatone, non sapendoli se sia il Poeta tragico, o pure il comico. Ha inciso nella spalla sinistra il suo nome; ma solamente le tre lettere A G A sono sul vecchio, essendo le altre sulla restaurazione.

Appresso viene Possidonio, tale credendosi, perchè moltoº assomiglia ad uno riferito dal Bellori, che si conserva nel palazzo Farnese, con il nome Greco sopra il vestito, benchè questo del Museo Capitolino rappresenti un uomo di età più fresca.

L'undecimo, aedile duodecimo erano creduti Epicuri, e sotto di uno era scritto il nome modernamente, che fu fatto cancellare da chi precsedeva al Museo; da che fu trovata l'erma già riferita di Epicuro, e Metrodoro co' nomi antichi scolpiti, e mezzo logori dal tempo. L'undecimo si crede, che sia un Lisia, del quelle altre due teste al suo luogo se ne riferiranno.

Seguono due erme rappresentanti Eraclito, e due simili ne sono riportate dal Bellori.

Tre altre di Socrate trovansi appresso molto facili a ravvisarli per le ben note fattezze del volto, simili a quelle di un Sileno, per quanto ne dicono Platone, e Senofonte. L'Orsini ne riporta un busto, che era nella galleria Vaticana, ove si trova anco di presente.

Alcibiade è il XVIII tale creduta quest'erma da alcuni celebri Antiquari, che l'hanno attentamente osservata, e confrontata la somiglianza con le fattezze di questo illustre Ateniese da vari autori descritte.  p30 

Viene poi Carneade, ed è questo busto somigliantissimo al riferito dal Bellori, che tuttavia si ritrova nel palazzo Farnese, ed ha sulla veste, la quelle è tutta di un pezzo con la testa, il suo nome anticamente inciso.

Che il XX sia Aristide sosista Greco eloquentissimo ne fa indubitata sede la statue ritrovata nelle rovine di Roma col nome della base scolpito, e fatta da Pio IV collocare nella librerira Vaticana.

Segue Ippocrate, ed è quelle fu dal Bellori cavato da una medaglia, nella quelle leggevasi il nome.

È Seneca il XXII, che non è diverso dal riportato dal Bellori, e da un busto presso il G. D. e uno del palazzo dell'Emo Corsini.

Cinque Platoni, in due de' quali si vede inciso il nome, si vedono appresso collocati, se pure non sono Giovi terminali, come saggiamente al solito congettura il ch. monsignor Bottari sul riflesso principalmente degli errori che si vedono nella incisione del nome.

Il XXVIII rappresenta Giunio Rustico, e confronta con uno della Biblioteca di Fulvio Orsini, che aveva il nome, come riferisce il Bellori, ma non puo sapersi, s'ei sia il maestro dell'Imp. M. Aurelio, o l'altro fatto morire da Domiziano.

Teofrasto è il XXVIIII, e tale deve credersi per la somiglianza con uno riportato dal Bellori, che con il nome inciso, fino agli anni passati, era in casa del marchese Massimi.

Molto si assomiglia ad Epicuro il XXX, che prima si credeva un incognito.

Marco Aurelio Antonino Emp fu dopo morto cognominato il Filosofo per avere professata filosofia, e come tale è in questo luogo collocato; essendo ben facile a ravvisarlo per le molte medaglie, busti, e simulacri, che di esso ci sono.

Diogene Cinico lo segue, ed è questa nostra testa olto conforme con quella, che si vede in Achille Tazio al num. XII, e che asserisce trovarsi col nom in amphitheatro Vaticano.

Talete Milesio è da molti creduto il collocato al num. XXXIII.  p31 

Teone Platonico è certamente il XXXIV essendo questo il busto medesimo riferito dallo Sponio, e che, ritrovato in Smirne, era a suo tempo del sig. Fouquer. Notabile è l'iscrizione, che in Greco vi è scolpita: Teone filosofo Platonico padre venera Teone sacerdote.

Altro Epicuro siegue, come dal confronto con l'erma collocata nel mezzo della stanza puo facilmente ravvisarvi.

Incognita è l'erma XXXVI con Greca iscrizione.

Pittagora viene appresso, assomigliandosi all'immagine di questo filosofo di Samo, che riporta il Bellori, dal rovescio di una medaglia di Comodo battuta in quella città. Avverte il Gronovio, che prendendosi la fronte, ed il naso di Antonino Pio, e la barba di Giusto Lissio, si averà il vero ritratto di Pittagora, il che ci conferma una perfetta somiglianza di questo busto con il vero ritratto di quel filosofo.

Jerone Re di Siracusa è rappresentato dall'erma XXXVIII, essendovi a gran caratteri scritto il suo nome.

Viene poi una testa incognita.

Aristofane è quello, che segue, perchè molta somiglianza ha con un busto ritrovato nella villa di Adriano in Tivoli col nome incisovi, e posseduto dal G. Duca.

Terenzio devono credersi le due erme seguenti, vedendosi le medesime fattezze in una miniatura della Vaticana, riputata di più di mille anni di età.

Che Pindaro ci rappresentino l'erme al num. XLIIIXLIV pare, che non si possa negare per la somiglianza con una del Principe Giustiniani, pubblicata dal Canini con il nome intagliato; tanto più, che ha il diadema, com'era la statua di bronzo a questo poeta Tebano eretta dagli Ateniesi.

Segue Aulo Persio Flacco, tale creduto, perchè assomiglia ad una tavola di marmo, ch'era del cardin. Sadoleto, e ch'ei medesimo credeva rappresentasse questo poeta, per essere la testa coronata di edera, come solevano essere coronati i satirici. D'edera però coronavansi ancora gli altri poeti.

Anacreonte graziosissimo poeta lirico è creduto, che rappresenti l'erma XLVI, e puo farsene il confronto  p32 con una medaglia in bronzo di seconda grandezza riportata dal Bellori, e dal Fabbro.

L'erma XLVII è d'incognito personaggio.

Tre ne segguono, che si vuole, che rappresentino Arato astronomo poeta, ed uno somigliante in tutto al primo, si trova nel palazzo Farnese.

Di Esiodo sono giudicate le tre teste consecutivamente collocate, riportandone anche il Bellori due marmi, ed una Corniola.

Scendendo al secondo gradino, s'incontrano alla prima sette teste incognite, e due ne seguono poi rappresentanti Apollonio Tianeo, confrontando con le medaglie riferite dal Bellori, e dal Fabbro.

Di Omero sono le quattro teste, che vengono appresso. La prima di eccellentissimo scarpello fu ritrovata da un cavatefori in un muro antico sotto il casino del duca Gaetani nello stradone, che da s. Maria Maggiore va al Laterano murato come se fossa una pietra informe, col capo rivolto in giu, e perchè era di notte, datole col piccone un colpo sul collo, la recise dal busto, e lasciolla sulla strada. Furono separatamente la testa, ed il busto raccolti dal Mitelli, e Dondosso cavatori di materiali da fabbricare, che all'alba di là passarono, e vendettero poi il tutto al Ficoroni. Le fattezze corrispondono maravigliosamente alla descrizione di Omero, che si trova nell'antologia, ed all'effigie di questo principe de' poeti, che vedesi espressa nella tanto celebre tavla della sua Apoteosi, che si conserva nel palazzo del gran connestabile Colonna.

Aspasia è creduto, che si rappresenti dall'erma LXVII.

Di Cleopatra sicuramente è l'erma LXVIII, potendosene fare il confronto con le due statue di questa regina, che si vedono nel Vaticano in fondo del gran corridore avanti la libreria, e nella villa Medici sul monte Pincio.

Saffo celebre poetessa Greca è rappresentata dall'erma, che segue, somigliante ad una riferita dal Bellori.  p33 

È creduto, che Aristomacho sia rappresentato dal busto LXX per la somiglianza con un intaglio di Milord Sunderland riportato dal Bellori, e dal Massei.

Segue un'altra Saffo.

Leodamante ci rappresenta l'erma LXXII, come puo riconoscersi da uno riferito da Bellori, vedendosi ancora nel nostro il nome inciso.

Euripide si vede scolpito in marmo bigio, ed è simile ad un uno della galleria di Firezne riportato dall'Orsini.

Di Lisia sono le tre erme, che seguono, benchè il nome inciso nella prima sia moderno. Il Bellori ne riporta due simili a queste nostre, che essendo certamente antiche, ci rendono più sicuri della loro somiglianza.

Ilocrate l'oratore è rappresentato dall'erma, che viene appresso, se creder si deve ad un busto similissimo della galleria di Firenze con l'iscrizione; ma si same, che a quella fu troncata la testa, e postavene un altra. Nell'abbassare la piazza avanti il nuovo portico di s. Maria Maggiore, si rinvenne la testa posta nella stanza delle Miscellanee simile affatto a questa, e mentre si lavorava il busto, poco discosto si tritrovò il suo proprio, che perfettamente con essa testa combaciava.

M. Mezio Epafrodito liberto di M. Mezio, che fiorìº nella dittatura di C. Cesare, essendo rappresentato da una statua presso il Bellori, e che si trova presentemente nel palazzo del principe Altieri con l'iscrizione di esso, deve credersi l'erma seguente, che molto lo assomiglia.

Erodoto ci rappresenta l'erma LXXIX avendo molta somiglianza con una, ch'era del card. Cesi col nome scritto nel petto, ed è riferita dall'Orsini.

Tucidide è l'erma seguente, giacchè si assomiglia ad uno riportato dal Bellori, che aveva il nome inciso in Greco.

Sono di personaggi incogniti le quattro erme, che seguono.  p34 

Pitodoro ci rappresenta il busto LXXXV molto singolare per essere tutto di un pezzo senza veruna attaccatura. Asserisce lo Sponio, che fu trasportato per opera del mercante Fouquier da Efeso a Marsilia, d'onde dal buon genio del signor card. Alessandro Albani, singolare conoscitore, ed amatore delle antichità, fu fatto venire, essendo poi dalle sue mani passato in questo Museo. Se ci rappresenti Pitodoro compagno di Zenone, se uno de' due statuari menzionati da Plinio, o altro da Strabone nominato, non puo asserirsi.

Tre teste incognite sono dopo questo collocate.

Di Massinissa re de' Numidi è stato dall'Agostini giudicato un intaglio in ametista pel confronto da esso fatto con una rarissima corniola della casa Barberini, alle quelli pietre molto si assomigliano le due teste, che seguono.

Sono appresso due teste incognite, la prima delle quelli di aria nobile, e maestosa fu ritrovata nell'aprir l'anno 1741 il nuovo stradone, che dal Laterano conduce a santa Croce in Gerusalemme. Vogliono alcuni, che rappresenti Carneade, ed è in vero molto somigliante a quella posta al num. XVIII.

Altre due se ne vedono appresso, che si crede, che rappresentino qualche barbaro per la maniera insolita, con la quelle hanno la barba annodata nella parte inferiore. sotto al primo è con antico carattere scritto: I [ALT dell'immagine: missing ALT]IMAGE[ALT dell'immagine: missing ALT] NVS · INPE [ALT dell'immagine: missing ALT]IMAGE[ALT dell'immagine: missing ALT] TOR

Che Cicerone si rappresenti dal gran busto posto al num. XCVI viene da molti antiquAristotle afferito; pure altri sono molto incerti, se al grande Oratore questo marmo si assomigli.

Di un Tolomeo re di Egitto è l'erma seguente, come risultaº dal diadema, e dalla chioma acconcia di ricci; ma quelle veramente sia de' tanti Tolomei, non puo asserirsi, benchè sembri, che si possa credere Tolomeo Apione riportato in un cammeo dal Massei.

Dalla corona di pampani, bellezza della guancia, e gioventù, che si vede nell'erma, che segue, chiaramente risulta, che rappresenta Bacco.

Vengono appresso due teste incognite.

Poi un altro Bacco.

Credono alcuni, che l'erma CI, alla cui testa è  p35 ravvolto un panno, rappresenti Archita Tarentino, e ne adducono varie congetture, e ragioni.

L'ultimo è un bassorilievo, con una testa di un filosofo, o di un poeta, o fors'anche di Archimede, del quelle v'è inciso, ma a' nostri giorni, il nome.

STANZA DEGLI IMPERATORI

Degnissima di ammirazione si è la stanza, che ora si passa a descrivere, da elegantissimi bassirilievi framezzata. In questa si conservan i busti degl'Imperatori, Cesari, e donne Auguste disposti secondo la cronologia, e posan sopra due gradinate. Prende la serie il suo principio dal gradino superiore a mano sinistra dall'ingresso, e terminato il giro, si passa all'inferiore. Cominciandoº da' bassirilievi;

Il primo adunque di questi, che rimane collocato sopra la finestra dalla parte della piazza, rappresenta vari fanciulli, o siano Geni, che con giuochi di carrette, ed altro scherzano insieme.

Altro simile è situato sopra la prima finestra della facciata, che fa prospetto alla porta, e si veggono uomini, e satiri in diversi atteggiamenti, e tigri, e leoni.

Nel mezzo della stessa facciata rappresentata in marmo si mira la caccia del cinghiale.

Sopra l'ultima finestra finalmente è un altro bassorilievo esprimente una caccia circense, o combattimento con elefanti, ed altri animali.

In una nicchia nobilmente adornata della facciata dirimpetto alla piazza è collocato il celebre busto di Giove, detto il Giove della Valle, perchè stava già sopra la porta del palazzo di questa famiglia Romana vicino alla chiesa di s. Andrea detto pure della Valle, ove presentemente se ne vede uno di stucco. È testa di eccellente scultura, benchè la parte posteriore di essa sia moderna.

Nella quarta facciata in altra consimile nicchia si vede la testa quasi colossea di Marco Agrippa, che era forse della statua eretta a questo gran personaggio nelle sue terme, e nell'an. 1743 è stata in questo Museo trasportata da una casa della famiglia Sergardi nobile Sanese vicino a s. Marco.

Alla destra di questa si vede in bassorilievo Perseo, che ha liberata Andromeda dal mostro marino, il quelle giace estinto; ed essendo stato ritrovato nel rifondare il palazzo Muti a' ss. XII Apostoli, e per lungo tempo conservato nel palazzo della villa Panfili detta  p36 Belrespiro fuori della porta s. Pancrazio, si vede riportato dal Gronovio nel Tom. I.LI.

Rappresenta quello alla sinistra Endimione, che dorme col cane vicino latrante, ritrovato in una vigna nel mezzo del colle Aventino.

Sopra la porta è per ultimo collocata una tavola votiva, nella quelle sono scolpiti Mercurio, ed Ercole, in piedi sopra di uno scoglio, sotto al quale è un fiume, o fonte giacente, che tiene con la destra una canna, e sta con la sinistra appoggiato all'urna, dalla quelle escono le acque. Alla sinistra in mezzo a due Ninfe, che o lo tengono, o lo accarezzano, è un giovane, che ha un vaso nella destra, e dall'altra sono le tre Grazie insieme abbracciate con le parole PONIFATI · VIVAS · SACERDVS. Vi è poi sotto la seguente iscrizione EPITYNCHANVS · M · AVRELI · CAES · LIB · ET · A · CVBICVLO · FONTIBVS · ET · NYMPHIS · SANCTISSIMIS · IIIVIVM · EX · VOTO · RESTITVIT., ed eruditamente spiegata dal Fabretti, essendo poi anco con il bassorilievo incisa in rame da Pietro Santi Bartoli, e posta finalmente in fronte dal ch. monsignor Bottari alle dotte spiegazioni del secondo tomo di questo Museo.

Tre statue sono in questa stanza collocate, due che tramezzano le serie de' personaggi Imperiali, e la terza maggiore del naturale è in mezzo di essa stanza. La prima, che sta fra le due finestre, è di pietra nera basalte, eccellentemente scolpita, rappresentante un Ercole giovane, e nudo con pelle di leone in capo, che gli scende sopra le spalle. Ha nella mano sinistra de' pomi, e nella destra l'impugnatura della clava, ch'essere doveva di bronzo, vedendosi nel marmo l'imboccatura di essa. Fu questa statua ritrovata sul Monte Aventino nella vigna di onsignor de' Massimi veso Testaccio, e comprata per ducati mille di camera dal Senato, che fino d'allora la collocò nel Campidoglio.

L'altra di elegantissimo lavoro postagli incontro sotto la testa di M. Agrippa, ritrovata l'an. 1744 nelle rovine della villa di Adriano in Tivoi, rappresenta una donna, che per avere il capo di bellissimi fiori coronato,  p37 e per tenerne un mazzetto nella mano destra, viene chiamata la Flora, benchè dal luogo, nel quelle è stata ritrovata, e dalle fattezze del olto possa credersi, che sia il ritratto di Sabina moglie di Adriano in età giovanile. Il suo panneggiamento è dei più singolari, che si ammirino nelle antiche statue, avendo una tunica eccellentement scolpita, ed essendo ammirabile il pallio per l'artificio, verità, e finezza del lavoro. Le mani, ed i piedi sono eccellenti, al che intieramente non corrisponde il capo; quindi nasce Umbria più forte congettura, che sia un ritratto, e che lo scultore abbia dovuto ubbedire alla verità di un volto, seguendo nel rimanente le regole più esatte dell'arte.

Nel mezzo della stanza si vede la terza statua maggiore del naturale, cosi ingegnosamente di due pezzi composta, che non si scorge la commessura, ed è vestita con un pallio lavorato a maraviglia, che le cuopre la metà della vita. Posa con il piede sinistro sopra di un sasso, appoggiandosi col sinistro braccio al ginocchio, e sta con la mano destra in atto d'insegnare qualche cosa. La gioventù, e l'acconciatura de' capelli ha fatto credere ad alcuni, che rappresenti un Antinoo, ma dai più viene giudicato uno di que' precettori, che ne' bagni insegnavano la ginnastica, vedendosi una simile figura espressa molte volte nelle gemme. Fu ritrovata nella villa Adriana di Tivoli l'anno 1742.

Passando adesso alla enumerazione della serie Imperiale, si vede in luogo collocato nel gradino superiore posto alla sinistra dell'ingresso nella stanza, il busto di Giulio Cesare primo Imperatore di alabastro a righe.

Segue quello di Augusto.

Indi una testa di Marcello di lui nipote.

Altra poi di Tiberio, ed un busto del medesimo col panneggiamento di bellissimo alabastro fiorito, che sembra un vero drappo.

Da bianchissimo marmo è il busto del suo fratello Druso, fatto certamente in quei tempi, come ci manifesta l'eccellenza del lavoro.

Alla sinistra di esso si vede la stimabilissima testa della sua moglie Antonia detta minore, madre di Germanico, Livilla, e Claudio, che fu poi Imperatore.

La testa di Germanico loro figliuolo viene appresso.

Poi quella della sua moglie Agrippina, molto stimabile pel lavoro in specie del panno, e per essere tutta di un pezzo  p38 

A questa ne succedono due di Caligola, uno de' quali è eccellentemente scolpito in basalte.º

Segue il busto di Claudio.

Indi quello della quinta sua moglie Messalina.

Poi il busto della sesta, Agrippina minore, di marmo molto bianco, e di singolare scultura.

Due ne seguono di Nerone, il primo di marmo rozzo, e di forma quasi colossale, che lo rappresenta giovane senza barba, e di faccia gioviale: fiero l'altro, e minaccioso con la barba nascente.

Singolare sopra ogni altro di questa raccolta è il busto, che segue di Poppea sua seconda moglie, ritrovato in una vigna in faccia alla chiesa di s. Lorenzo fuori delle mura. È questo tutto di in pezzo di marmo pavonazzetto, essendo tuttavia la testa bianca senza una minia macchia, e la veste tutta venata come ogni altro pavonazzetto, talche si puo dire, che sia un cammeo. Ha sopra la testa un giro fatto d'intrecciatura di capelli, tra' quali si vedono alcuni peni di bronzo, onde puo credersi, che vi fossero dei fiori di questo metallo indorati, come si vede riportata dall'Agostini.

Viene poi un bellissimo busto di Galba somigliantissimo alle medaglie.

Quello di Ottone, che segue, è di marmo rozzo, ed arenoso, ma molto pregevole per la rarità, poichè tanto rare sono anche le medaglie di questo Imperatore. dall'accomodatura tanto affettata de' capelli del nostro busto ben si vede, ch'erano finti, e posticci.

Non è men raro il vicino di Vitellio sì per la brevità del suo imperio, come ancora perchè le sue statue furono dal Popolo Romano sdegnato maltrattate.

Il busto di Vespasiano è di un vago alabastro fiorito, e bello, e la testa è di eccellente lavoro.

Quello di Tito è similissimo alle molte medaglie, che si vedono di questo buon principe, benchè rozzo sia il marmo, nel quelle fu la testa scolpita.

Di bellissimo marmo Pario è la testa di Giulia figliuola di Tito, ed è di un perfettissimo lavoro, e di una eccellenza maravigliosa, la quelle è state ritrovata sul monte Celio nella villa Casali presso s. Sefano Rotondo. L'acconciatura de' capelli è la stessa di una della galleria di Firenze.

La testa, che segue, rappresenta Domiziano.

Singolare per la rarità, e pel lavoro è il busto di Domizia Longina sua moglie di marmo bianco, tutto  p39 di un pezzo, e fu ritrovato insieme con la Giulia di Tito nella riferita villa Casale.

La testa di Nerva, i busti del quelle sono rarissimi, è molto bella; ma pure credono alcuni, che sia di Alessandro Algardi.

Amendue i busti di Traiao sono di un perfetto lavoro, e somigliantissimi colle medaglie, amendue di marmo bianco, ed il primo è tutto di un pezzo.

Di Plotina sono i busti rarissimi, tuttavia oltre questo di marmo bianco, altro già n'è indicato in questo Museo nella stanza del vaso sopra la colonnetta di marmo mischio; ma questo della serie è molto più simile al emedaglie.

Marciana sorella di Traiano è rappresentata dalla testa, che segue, ed altra ve n'è nella stanza delle Miscellanee.

Due di Matidia di lui figliuola ci sono in questo Museo, e questa posta nella serie è paruta la più somigliante con le singolari medaglie di essa: l'altra è collocata nelle Miscellanee.

Di Adriano ce ne sono tre busti, uno de' quali ha la testa di marmo bianco, e tutto il resto di alabastro orientale trasparente, ed il secondo fu ritrovata ad Anzio. Fu questo Imperatore il primo, che nudrisse la barba, onde tutti i suoi ritratti ne hanno il mento coperto. Sono somigliantissimi co' medaglioni, e medaglie di esso.

Il busto di Giulia Sabina sua moglia è ben singolare per essere di alabastro orientale con la testa di marmo bianco, ma d'una particolare pulitura, ed è coronato di spighe, come si vede in un medaglione della Vaticana di metallo giallo, illustrato dal ch. signor ab. Ridolfino Venuti.

Elio Cesare figliuolo addottivo di Adriano viene rappresentato dal busto seguente, nel quelle spicca a meraviglia la grande esattezza degli artefici di que' tempi, avendolo scolpito in un marmo, che lo fa vedere macilente.

Ne viene Antinoo, giovane celebre per la sua singolare bellezza come puo vedere in questa testa, e per essere stato poco onestamente amato da Adriano.

Marco Antonino Piuo è a meraviglia in questo busto rappresentato, e si puo facilmente riconoscere al confronto delle molte medaglie di ogni sorte.  p40 

Di due busti di Gaustina maggiore, moglie del suddetto Imperatore, il primo è più sicuro pel riscontro delle fattezze.

Quattro sono i busti di Marco Aurelio: due ce lo rappresentano per anco giovanetto, e due in età provetta, tutti di eccellente lavoro, ed il più bello de' due ultimi fu ritrovato nel Tevere dentro Roma.

Passando al secondo gradino inferiore, e similmente incominciando dalla sinistra parte, il primo busto, che s'incontra è di Faustina minore figliuola dell'altra Faustina, e dell'Imperatore Antonino Pio, e moglie di M. Aurelio. È questo di lavoro eccellentissimo, e fu trovato a Tivoli nella villa di Adriano.

Rarissimo è il busto di Annio Vero con ogni maestria scolpito, tutto in un pezzo di marmo Pario gialletto ritrovato l'anno 1701 presso la via Appia nel territorio di Civita-Lavinia, con quelli d'Antonino Pio, M. Aurelio, e Commodo.

Lucio Vero fratello per adozione, di M. Aurelio, e di lui genero per avere sposato la sua figliuola Lucilla, eccellentemente è rappresentato in questo busto, che perfettamente si rassomiglia co' medaglioni, e medaglie di questo Imperatore.

Singolarissimo è il busto di Lucilla, e de' più rari di questo Museo per l'eccellenza del lavoro, e per l'indubitata somiglianza con le più conservate medaglie. Fu questo trovato in Smirne da un cappuccino, e portato al cardinal Giuseppe Renato Imperiali. La testa è di marmo Pario, il busto di alabastro fiorito molto vago, ed i capelli posticci da levre, e porre, sono di marmo nero. L'altra testa di questa Imperatrice non è tanto somigliante.

Il busto di Commodo è de' più rari per l'eccellenza del lavoro, particolarmente de' capelli, e per essere state con decreto del Senato demolite le statue di questo mostro d'impudicizia, e crudeltà.

Quello di Crispina riscontra fedelmente con le medaglie, che abbiamo di questa Imperatrice.

La rarità delle medaglie di Pertinace rende molto pregevole questo nostro busto, che ad esse perfettamente assomiglia.

Puo lo stesso affermarsi del busto di Manlia Scantilla moglie di Didio Giuliano, che è di marmo Pario, e di un sol pezzo.

Stimabile quanto ogn'altro è questo di Pescennio  p41 Negro, perchè rappresenta un principe, che salito appena all'Impero, fu subito ucciso, onde poco tempo vi rimase di battere monete, e meno di erigerli statue.

Ancora il busto di Clodio Albino corrisponde con le medaglie di questo Imperatore, ma perche il marmo ce lo rappresenta in età giovanile, puo credersi che fosse scolpito nell'occasione di alcuno de' suoi fatti illustri sotto i precedenti Imperatori.

Dei tre busti di Septimius Severus, presiozissimo è quello di alabastro orientale trasparente, e lucidissimo a guisa delle agate, che fu ritrovato nel cavare i fondamenti della chiesa delle Stimate, e soprapostagli poi la testa di questo Imperatore; ed il terzo si ritrovò ad Anzio.

Giulia Pia sua seconda moglie ci viene rappresentata nel busto, che segue, nel quelle i capelli sono da levare, e porre; segno evidente, che questa Imperatrice adornavavi co' capelli posticci.

Alla fierezza del volto, al terribile sopracciglio, ed alla minacciosa voltata di testa facil cosa è il riconoscere Caracalla effigiato in questi due busti, il primo de' quali è di bellissimo porfidio con la testa di marmo bianco, eccellentemente scolpita.

Assai stimabile è il busto di Settimio Geta, perche Caracalla, dopo averlo ucciso, cercò di distruggerne tutte le memorie.

Questo di Macrinio deve computarsi fra i busti rari, sì perche fu breve il suo Imperio, sì perche era odiatissimo dal Popolo Romano. Fu ritrovato in una vigna presso ai condotti fuori della porta s. Giovanni in un luogo detto Basiliolo.

Bellissima, e molto rara è la testa di Diadumeniano, che rassomiglia nelle fattezze i medaglioni, e le medaglie assai rare di questo Cesare. Il busto poi è di prezioso alabastro agatato.

Eliogabalo il più di ogni altro impudico, e crudele Imperatore, essendo stato ucciso con la madre in un luogo fozzo CHECK sul fiore degli anni, ci viene con ragione da questo busto rappresentato con la lanugine sull'estremità delle guance. Visse Imperatore poco più di tre anni, e fu sollecito il Senato di abolire ogni sua memoria, onde molto stimabile si rende questo marmo.

La rarità del busto di Annia Faustina, terza moglie di Eliogabalo, puo argomentarsi dalla rarità delle medaglie.  p42 È la testa di marmo bianco, ed il resto di un bellissimo pavonazzetto, tutto di un pezzo col piede.

Facile assai è di riconoscere il volto di Massimino per il gran mento, e molto in fuori, ch'egli aveva. Gli artefici, avvengnachè meschinamente scolpissero, conservavano però la rassomiglianza con gli originali.

Massimo ancora eccellentemente è rappresentato in questo busto assai raro, e stimabile per la brevità della sua vita.

Gordiano Africano seniore, benchè salisse all'Imperio nell'età di circa ottant'anni, e pochi giorni regnasse, tuttavia se questo busto alle sue medaglie si paragona, si riconoscerà, che molto lo rassomiglia.

Puo dirsi lo stesso della testa di Gordiano Africane giovane, la quella è collocata sopra un bellissimo busto, la cui corazza è di lumachella, che assomiglia un armatura: il panno è d'alabastro rigato: di altro bellissimo alabastro è il bottone sulla spalla, ed il piede di marmo rosso antico corallino.

Molto si rassomiglia questo marmo alle medaglie di Pupieno, che per la sua virtù militare giunse all'Imperio.

Gordianoº Pio eccellentemente è rappresentato in questo busto.

Il busto di Filippo giovane, ritrovato nella sua nicchia presso Civita-Lavinia, corrisponde alle medaglie. Ci rappresenta la sua tenera età, e quel serio contegno, ch'egli aveva.

Al medesimo confronto con le medaglie puo ravvisarvi quello di Traiano Decio, il più crudele persecutore dei Cristiani.

Quinto Erennio suo figliuolo maggiore è rappresentato nel busto seguente.

Di Ostiliano figliuolo minore del medesimo Traiano Decio è l'effige scolpita in questo marmo.

Ben singolare è il busto di Treboniano Gallo, non già pel lavoro, ma per la rarità di essa. È il volto somigliante alle medaglie di questo Imperatore, ed il capo è coronato di lauro.

Dei due busti di Volusiano suo figliuolo, il primo mostra meno anni del secondo, ma nelle fattezze confrontano amendue con le medaglie.

La testa di Gallieno molto più vi rassomiglia, e vi è qualche diversità col busto di esso Imperatore, che segue, scorgendosi però questa variazione ancora nelle medaglie.  p43 

Salonina sua moglie puo credersi, che usasse i capelli posticci, essendo la capigliatura di questo busto da levare, e porre, come di quelli di Lucilla, e Giulia Pia.

Salonino loro figliuolo maggiore è scolpito nel busto seguente.

Al confronto delle medaglie è questo busto di Marco Aurelio Carino, il che puo argomentarsi ancora dalle parole MACAR. anticamente sotto di esso incise.

L'ultimo busto di questa eccellente raccolta ci rappresenta Giuliano Apostata con il pallio da filosofo, qual'egli affettava di apparire, portando lunga barba. Egli è raro, e da pregiarsi, tuttoche rozzamente scolpito, sì perche fu breve il suo impero, e sì per essere state le sue memorie abolite.

GALLERIA

La galleria, che ora si passa a descrivere, e nella quelle retrocedendo si entra per la porta maggiore della gran sala, è nobilmente adornata all'intorno da dodici riquadri, che con sua cornice ben disposti abbelliscono le pareti, vedendosi in essi incastrati 187 lapidi appartenenti al Colombario di Livia Augusta, scolpito l'anno 1716 nella via Appia vicino alla piccola chiesa detta Domine quo vadis, e pubblicato con le stampe da monsignor Bianchini, e illustrato dal proposto Gori. Sono queste segnate a numero Romano, ed Arabico, indicando il Romano l'ordine, col quelle furono ritrovate, e l'Arabico quello, che gli ha dato il detto monsignor Bianchini. Sopra detti riquadri si legge di esse a gran caratteri la distribuzione TITVLI · VETERIS · COLUMBARII · SERVORVM · ET LIBERT · LIVIAE · AVGVTAE., e sotto l'ultima delle iscrizioni è un bassorilievo di maniera Etrusca, rappresentante un vecchio mezzo nudo con lira nella destra, ed una grand'asta nella sinistra. Nel vano poi della finta porta, incontro a quella, che dà l'ingresso nella stanza delle Miscellanee è una rara iscrizione, che ricorda i giuochi Latini, e Greci per sei continui giorni dati al popolo, nel consolato di M. Asinio Agrippa, e Cosso Cornelio Lentulo, ritrovato l'anno 1749. Il restante delle mura è occupato da altri sepolcrali iscrizioni ordinatamente disposte.

Perche si proceda col maggior ordine possibile nella descrizione di questa galleria, sarà opportuno dire prima, ch'essa è ripartita con nuove porte, due nicchie e tre finestre di corrispondenze abbigliamento, oltre  p44 un finestrone al fine di essa. Delle porte sono due vere, ed aperte, che danno l'ingresso una alla gran sala già descritta, e una alla stanza delle Miscellanee, che in ultimo luogo si descriverà; sono finte le altre. La finestra poi situata nel mezzo della facciata, ornata con una ringhiera, è posta incontro alla gran porta della riferita sala, essendo ai lati di essa porta situate due nicchie, alle quali corrispondono di prospetto due finestre laterali alla ringhiera.

Incominciandoº poi la descrizione delle cose nella galleria contenute, alla sinistra della cancellata si trova un cippo con iscrizione in fronte, ed ai due fianchi, una patera, ed un prefericolo; posando sopra di essa un'altra urnetta cineraria.

Accanto vi è la prima finta porta, nel vano della quelle è un gran piedistallo con sopra il busto di Lucilla di marmo bianco. Sul frontespizio di essa porta è collocata un'incognita testa.

Posano vicino due cippi, uno sotto grande con una Greca iscrizione, l'altro sopra di esso più piccolo, nel quale vedesi scolpito un uomo in piedi tutto armato, con Greca iscrizione sì nella fronte, che nei due fianchi.

Segue un piedistallo, sopra il quelle posa una Pallade armata di asta, e scudo con elmo Frigio in testa.

Sopra di un quadrato marmo è appresso collocato un cippo cinerario, la fronte del quelle si vede a bassorilievo adorna di un uomo in mezzo a due cavalli con iscrizione; avendo nei fianchi una patera, ed un prefericolo.

Nella vicina nicchia si vede una statua di donna seminuda, che dimostra essere uscita dal bagno, ed è creduta Marciana sorella di Traiano, che fu ritrovata poco fuori della porta di s. Sebastiano. Sopra il frontispizio circolare di essa nicchia è una testa incognita.

Sotto di essa nicchia posa su due zoccoli un'urna sepolcrale, il cui bassorilievo rappresenta Proserpina da Plutone rapita. Vedesi in carro tirato da velocissimi destrieri, preceduti da Mercurio, e segue Cerere sedente con la face in mano in altro carro tirato da due serpenti. Sopra l'urna è collocata una piccola statue giacente, che rappresenta il Nilo.

Degna di reflessione è la Musa, che segue, avendo le orecchie forate, testimonio indubitato dell'uso antico degli orecchini, ed è sopra il suo piedestallo, e base.

Una singolare statua di nero antico, e di particolare  p45 artificio ritrovata già nelle rovine dell'antico Anzio rappresentante Giove col fulmine nella destra, e sandali ne' piedi, posa sopra una rotonda ara. Su di questa è scolpito alla maniera Etrusca un sacerdote vicino ad un'ara. Egli è seminudo con resta cinta, panno al collo, e capelli calamistrati. Con simili capelli vi è scolpito un'Apollo coronato di alloro, ed adorno di un panno, che gli cinge le braccia, con freccia nella destra, ed arco nella sinistra; e per ultimo si vede una Diana Lucifera armata d'arco, e turcasso, con veste lunga, sopravveste pieghettata, e diadema in capo.

Di raro pregio è poi il vaso cinerario di forma ottagona, posto in bilico sopra di un cippo. Ha una iscrizione nel mezzo, e negli altri lati sono a rilievo scolpiti vari Geni alati, ornando il labbro del vaso diverse maschere da uve, e pampani tramezzate. Il primo putto suona due tibie pari, avendo un panno, che gli pende dalle spalle. Sta il secondo involto in un panno; sostiene con le mani una specie di vaso, ed ha un ferro in capo, e l'altro al callo. Dal terzo, e dal quarto sono tenute delle fiaccole in mano. Raccoglie il quinto delle uve. Degli ultimi due uno suona la lira, e l'altro ad una colonna appoggiato suona una particolare specie di tibia, molto somigliante al flauto traversiero; e tutti sono adornati di corone, e fasce, che mostrano la perizia, e bizzarria dello scultore.

Viene in seguito la maestosa porta, che conduce nella gran sala: e sopra il suo frontispizio circolare posa una bella testa.

Si vede vicino alla porta sopra di un cippo un piccolo vaso cinerario, il cui bassorilievo rappresenta un Baccante con cinque figure. La prima esprime un Fauno, che suona un istromento simile alla nostra piva, che per essere molto grande gli viene da un altro sostenuto. Le altre tre sono due Baccanti, ed un Fauno, che danzando suona una specie di timpano; facendo ornamento al labbro del vaso quattro delfini, che mostrano di gittare acqua dalla bocca.

Egualmente singolare alle già descritte statue di Giove, ed ara, che la sostiene, è l'altra ara similmente rotonda, su la quelle posa una statua di nero antico, e nel luogo stesso ritrovata rappresentante Esculapio, che ha nella destra un tronco, al quelle è avvolto  p46 il serpente, e i sandali ai piedi. Il bassorilievo dell'ara rappresenta due person e intorno ad un'ara, su cui arde il fuoco, in atto di sacrificare. È la prima una donna velata, e coronata di alloro, accompagnata da due persone togate, che portano in mano acerre, e cassette di profumi. Quella posta alla sinistra, da altre due accompagnata, e del tutto nuda, avendo solamente un piccolo panno avvolto al sinistro braccio, e tenendo con la destra un serpe, e la patera con la sinistra. Ambedue le are furono anch'esse ritrovate ad Anzio.

Altra Musa, che ha pure le orecchie forate, posale accanto sopra il suo piedistallo.

Segue una nicchia simile alla prima, entro la quelle è Diana Lucifera con lunga veste, e sopravveste, che porta con la destra una fiaccola accesa, e tiene con la sinistra un panno, che le svolazza sopra la testa. Fu ritrovata poco fuori della porta di s. Sebastiano. Sul frontispizio della nicchia è una testa ignota.

Sotto di essa posa su due zoccoli un'urna sepolcrale, che nell'anno 1746 fu estratta dal sotterraneo della chiesa parrocchiale di s. Biagio nella città di Nepi. Su la sinistra di essa vedendosi scolpite tre donne, una delle quali sedente su le calcagna con un bacile in mano pieno di frutti, seguendo la quarta nuda dal mezzo in su in atto di versare con un vaso l'acqua in una conca. È poi altra donna sedente pure seminuda, la quelle con una mano tiene un bambino in atto di volerlo immergere nella conca medesima; tenendo con la destra innalzato un panno, ed un'altra, che con ambe le mani unisce i crotali, quasi voglia sonarli. Ad essa sta vicino un uomo con faccia di Sileno seminudo inginocchioni sopra un utre gonfio, e tiene con la sinistra un fanciullo, innalzando con la destra un mazzo di corde in atto di perscuoterlo, ed egli pieno di spavento siede sopra un altro utre. Altr'uomo se gli vede vicino, che guardando in alto, questi con la sinistra un bacile. Siede finalmente sopra di un sasso un vecchio calvo, barbato, e seminudo, che tiene con la sinistra un albero, sedendogli incontro sopra di altro sasso un giovane nudo, il qule con la destra regge il destro piede ad un putto, che all'albero medesimo sta con la sinistra attaccato, posando col sinistro piede sul ginocchio del giovane, e gli è vicina una donna ritta in piedi in positura di chi ammira. Nei due fianchi sono scolpiti due grifi, ed il coperchio è adorno di cinque putti, che reggono dei festoni. Si crede, che rappresenti l'ammaestramento  p47 di un fanciullo per il gioco dell'ascoliasmo, o sia salto sopra gli utri pieni di vino o di vento, che celebravasi e dai Romani, e dai Greci.

Passata questa seconda nicchia segue per ordina una statua sedente in sella curule, collocata sopra di un'ara. Ha nella destra il volume, e nella sinistra una tavoletta di memorie. L'ara si riconosce dedicata ad Ercole, ed è ornata con delle clave, e festoni di quercia, che con bende volanti formano un grazioso intreccio. Ha neand. mezzo l'iscrizione, e sotto una gran tazza ornata di pampani, essendovi in un lato un porco vittato, e nel altro un arco, e turcasso. Nella parte posteriore finalmente si vede Ercole, che con la destra tiene il can Cerbero, e con la sinistra la clava.

Viene appresso un afinta porta, sopra il frontespizio della quelle è al solito una testa ignota; e nel vano sopra il suo piedestallo un busto di donna sconosciuta, e di bella scultura.

Appoggiato al vicino pilastro sopra di un piedistallo è un busto, che dicono di Scipione Africano.

Occupa il vano della porta, che segue, don testa ignota sul frontespizio, una statua di Bacco sopra nobile piedistallo. È questi involto in pelle di caprio con panno pendente dalla sinistra spalla, e nella destra mano tiene un grappolo d'uva avidamente guardata da una pantera, che gli sta ai piedi.

L'ultima porta ha nel suo frontespizio anch'essa una testa incognita, e nel suo vano sopra ricco piedistallo un gran busto di Traiano con corona di querciaº in capo ornata nel mezzo della fronte da piccola quila a guisa di cammeo.

Forma il prospetto di questa galleria il già detto finestrone con balaustrata di travertino, e ferrata nobilmente adorna con l'arme di Clemente XII, essendovi negli angoli due colonne di particolare marmo cipollino, corrispondenti a quelle della cancellata dell'ingresso, e sopra vi sono teste di deità.

Poco dal finestrone posa in mezzo sopra due zoccoli di marmo una grand'urna sepolcrale vagamente lavorata a bassorilievo con figure di Nereidi sostenute da mostri marini.

Passando poi all'altra parte della galleria a proseguirne il giro, si mira la prima ginta porta con la solita testa incognita nel frontespizio, essendovi nel vano sopra il suo piedistallo un busto molto maggiore del naturale, rappresentante l'Imperatore Antonino Pio.

Segue altra porta simile in tutto alla prima, nel  p48 cui vano è sopra nobile piedistallo un Apollo nudo di naturale grandezza con lira in mano, e panno, che fermato su la destra spalla, gli pende dalla sinistra.

Avanti al pilastro, che immediatamente succede, sopra il suo piedistallo si vede un busto singolare di Adriano, che ha di alabastro orientale trasparente la testa, ed il resto è di alabastro a righe bellissimo, che sembra effettivamente un drappo.

Nel vano, che segue della finta porta, sul cui frontespizio posa un'incognita testa, è collocato sopra di un piedistallo un busto, che a Traiano si rassomigilia.

Segue appresso una statua di Cerere sedente, coperta con beste legata sotto il petto, e questi con la destra mano un mazzo di spighe, e papaveri. Posa sopra un'ara rotonda, su la quelle si vedono scolpiti quattro testi di bue, e corone di frutti a foggia di festoni con istromenti da sagrifizio, che vagamente la circondano.

S'incontra poi una finestra, sotto la quelle è collocato un cippo, nella cui fronte si legge un'iscrizione, essendoviº nei due lati una patera, ed un pefericolo.

Ai lati della finestra posta incontro alla porta della gran sala ornata, come dicemmo, di ringhiera, sono due colonne alte palmi dodici, e di diametro due, non compresa la base, e capitello d'ordine composito, e sono di Porta santa, detta ancora lapis Pentelicus, e posano sopra di esse due teste, una di Ercole, di Bacco l'altra, coronate ambedue di viti.

Più prossime a questa finestra si vedon due figure coricate su letticiuoli da riposo. La prima di mezzo rilievo rappresenta una giovanetta co' capelli vagamente intrecciati, che ha una ghirlanda nella destra, ed un pomo nella sinistra. Esprime la seconda di tutto rilievo un giovane vestito di toga, che tiene un vaso forato in atto di fare libazione, ed hanno ambedue le loro iscrizioni Greca la prima, e la seconda Latina.

Posa un'urnetta cineraria sopra il vicino rotondo cippo.

S'incontra poi l'ultima finestra, sotto alla quella è collocata un'urnetta posta su un altro piccolo cippo.

Ne segue un altro con tre fasci a bassorilievo.

Segue un'urnetta cineraria, la quelle ha in fronte scolpite tre figure con iscrizione, e ne' fianchi una patera, ed un prefericolo.

Sopra di un piedistallo è poi collocata una Musa, che ha la patera nella destra, ed un bastone nella sinistra.  p49 

Ai lati della porta, che dà l'ingresso della stanza delle Miscellanee, finalmente sono due cippi con iscrizioni.

STANZA DELLE MISCELLANEE

Vengono in questa camera custodite varie teste, e busti o duplicati, o incogniti, e che non formano serie, e vi sono ancora alcune statue, la maggiore parte di mediocre grandezza, essendo le teste, e i busti 91, e 9 le statue. Le mura sono adorne con iscrizioni fino alla quantità di 152, e nella muraglia di prospetto alla porta è espressa la loro qualità con le seguenti parole: TITVLI · SEPVLCHRALES, sotto alle quali si vede nel muro collocato con sua cornice un bassorilievo rappresentante il trionfo di Bacco per la conquista delle Indie.

Posa nel mezzo della stanza sopra di un'ara antica la statua di un Fauno ridente, che tiene con la destra innalzata de' grappoli d'uva, ed il pedo con una pelle di caprio nella sinistra. Ai piedi dalla sinistra parte ha una capra, che sta col piede destro d'avanti sopra una cesta composta di vimini, vedendosi appesa la siringa ad un tronco, ch'è alla destra della statua. Questo gruppo di eccellente scultura è di marmo rosso antico, che lo rende ancora più singolare, poichè non si trova altra statua di questa grandezza in simil marmo. Fu ritrovato nelle rovine della villa Adriana di Tivoli.

Poco discosto su di un'ara parimente antica si vede collocata in un vano incontro ad una finestra una statua di Agrippina sedente in atto d'indicare il suo figliuolo Nerone, che le sta in piedi alla sinistra, vestito di talare pretesta con la bolla d'oro al collo, e volume nella destra.

Amendue le are furono ritrovate l'anno 1745 in poca distanza dalla chiesa di s. Sebastiano fuori della porta di questo nome, altre volte detta Capena. Su quella, che sostiene il Fauno di rosso, si vede a bassorilievo da una parte scolpito un uomo armato, che tiene la destra innalzata piena di frutti, ed ha il corno dell'abbondanza nella sinistra. Siede sopra di un toro, che velocemente corre verso una donna giacente nuda dal mezzo in su, e che avendo la veste piena di frutti, da comodo ad un fanciullo di scherzare, e trastullarsi con essi. Sta essa donna avanti la porta di un edificio quadrato ed ornato all'intorno di festoni, ed alla cima de' merli a guisa di porte in eguale distanza distribuiti, sorgendo  p50 per entro l'edificio tre cipressi. Nel destro lato dell'ara è una Vittoria alata in atto di coronare un trofeo, ed un soldato questi il vittimario un bove, sopra il camp del quelle versa la patera il sacerdote velato. Nell'ultima facciata finalmente entro una corona di quercia si legge un'iscrizione.

Su l'altra, sopra la quelle posa l'Agrippina, sono rozzamete graffite nei fianchi delle armi, ed in fronte è scolpita una iscrizione.

A mano dritta di questa è un piede di fontana, o altro ornamento, che è di alabastro fiorito assai bello, con testa, e zampa di tigre, ritrovato nella vigna di s. Croce in Gerusalemme, ed alla sinistra un Termine rappresentante un Silvanoº con ghirlanda di bacche di lauro in capo, riportato nelle speigazioni del primo tomo di questo Museo pag. 19 num. III.

Nel vano incontro alla sinistraº su di una base di marmo è collocata una statua di Cerere sedente, cui sta alla destra un termine di Giano bifronte, ed altro ve n'è alla sinistra con elmo in capo, riferita come sopra num.I, e II.

Alla destra della statua di rosso sopra un ricco, e nobile piedistallo si vede un gruppo di forma eccellente di metallo anticamente indorato. È questo composto di tre donne unite nelle spalle, che sono vestite d'abito talare, con veste succinta sorapposta, ed hanno le teste ornate con una Luna crescente, e fiore loto nel mezzo; altra con raggi solari, amendue con una specie d pileo Frigio, e la terza è coronata di lauro. Tiene una nelle mani un cultello, ed un serpe, l'altre due faci, e la terza una chiave, ed un mazzo di funi. Custodivasi già questo prezioso monumento dell'antichità, rappresentante le tre Parche, o sieno le Nemesi, nel Museo Chigi vicino a s. Maria Maggiore, e fu pubblicato dal signor de la Chausse vedendosi ancora nel Grevio, e nelle spiegazioni al secondo tomo di questo Museo.

Un bellissimo vaso di metallo, alto circa tre palmi, posa in bilico, perche possa girrasi sopra di un piedistallo vicino alla finestra più prossima alla porta. Ha i manichi, ed il piede modernamente aggiunti, e fu ritrovato nel porto di Anzio. Dalla iscrizione, che si legge intorno al labbro, e incisa poi nel piedistallo  p51 si conosce essere stato questo vaso donato da Mitridate Eupatore ultimo Re di Ponto al collegio dei Ginnasiarchi Eupatori, trasportato probabilmente a Roma da Pompeio il Magno nel suo trionfo Mitridatico, ed accidentalmente caduta allora nel mare. Si vede riportato nel fine delle spiegazioni al primo tomo di questo Museo pag. 48.

Sono i due parapetti delle finestre chiusi con grate di ottone, conserandovisi dentro una stadera degli antichi con il suo romano tutta di metallo, riportata anch'essa nelle spiegazioni al secondo tomo di questo Museo pag. 52 con alcuni pesi fino a libbre cento di marmo ritrovati nella Terra di s. Gregorio nel territorio di Tivoli. Vi è inoltre un tripode con il piede piegabile, ch'era altre volte nel riferito Museo Chigi vicino a s. Maria Maggiore, e si vede nel secondo tomo di questo Museo, e presso il sig. de la Chausse, e nel Grevio; e finalmente un'antica misura di metallo, ed una celata.

Tutta la stanza è cinta da una gradinata a tre ordini di marmo bianco, su cui stanno collocati i busti, e le piccole statue, che si anderanno descrivendo, cominciando quì ancora alla sinistra della porta del gradino superiore, terminato il quelle in giro si passerà al secondo indi all'ultimo, che rimane vicino al pavimento.

Occupa dunque il primo luogo una testa con petto nudo, vedendovisi incise le parole GABRIEL · FAERNVS · CREM. Fu questi un celebre letterato Cremonese del secoloº XVI, e si crede questo busto di Michelangiolo Bonarroti.

Segue una testa il Giove Serapide di bella maniera, mancante del modio, ch'esser doveva di altra materia, come si conosce dal circolare incavo, che ha sopra del capo.

Passata la prima finestra s'incontra alla prima una testa di Mercurio con elmo Greco di marmo bigio.

Trovansi poi quattro teste incognite, la prima di vecchio calvo: d'uomo con barba la terza; e la seconda, e quarta co' capelli accomodati a guisa di parrucca, essendovi poi un busto di alabastro persichino con testa di marmo bianco.

Accanto si vede la statuetta di Zenone filosofo, che nella sinistra mano tiene un ramo di palma.

Occupa il vicino luogo un busto di alabastro con  p52 incognita testa di donna, e le stanno vicine altre cinque teste incognite, cioè quattro di donne, la prima delle quali co' capelli semplicemente accomodati, avendoli in gran nodo la seconda uniti nella parte posteriore del capo; è la terza di vecchia con acconciatura di nastri molto bizzarra, e somigliante a quella della Messalina, che si vede in questo Museo, ed ha l'ultima la capigliature simile a quella di Annia Faustina. L'ultima delle teste è di un uomo barbaro creduto o un Pirro, o un Marte, ed ha l'elmo Greco in capo.

Passandosi alla facciata dirimpetto alla porta s'incontra alla prima una testa di donna incognita.

Viene poi un busto di Domizio Enobarbo padre di Nerone con petto nudo.

Indi una testa d'uomo incognita.

Appresso è la statua di un fanciullo vestito, che graziosamente scherza con una colomba, ed è di elegante artifizio.

Vicino a questo si vede una testa di donna ignota.

Segue poi un busto ben singolare, creduto di Marco Bruto.

Altri due appresso ve ne sono incogniti, ed una testa pure incognita.

A quest'ultima posa vicina una statuetta o di Alexander, o di Pirro giovane in abito militare, con elmo Greco in capo.

Segue una testa di Traiano col petto nudo.

S'incontra poi un raro busto, sotto del quelle si legge: ZI · NAEALEXAN · DROU · EPOIEI;º e si crede di Focione.

Finalmente una testa sconosciuta.

Nella facciata incontro alle finestre si trova alla prima una testa calva di uomo incognita.

In secondo luogo è una statuetta di Diana Efesia con la testa, piedi, e mani di paragone. Ha in capo una torre, e nella vita, fatta a forma di erma, tutti i simboli propri di quella Deità, a denotare la forza produttrice del tutto. Posa sopra piccolo piedistallo, il cui bassorilievo rappresenta un candelabro ardente, presso al quelle sono due figure di donne, ed altre due più lontane, che suonano le tibie pari.

Vedesi poi una testa di uomo con poca barba, e capelli, creduta di Postumo giovane.

Indi il busto di un Silvano pure barbato con pelle di caprio all'intorno.

Segue un Augusto.

Poi un altro simulacro di Diana Efesia un poco più grande del già riferito, e con la testa, mani, e piedi  p53 di bronzo; riportato nel fine delle giunte alle spiegazioni del tomo secondo di questo Museo pag. 74.

Viene appresso una testa incognita di uomo barbato; alla quelle è vicino un busto singolare, che alcuni credono, che rappresenti Pompeo il grande.

Indi si vede una testa di uomo incognita.

Vi è appresso una statuetta di un satiro involto in pelle di caprio, che tiene con la mano sinistra la siringa, o sia fistola.

Termina le antichità su questo gradino collocate una testa incognita di uomo.

Facendo passaggio all'ultima facciata alla destra della porta, s'incontrano cinque teste, la prima delle quali è di marmo Pario rappresentante un giovane ignoto.

La seconda è di una baccante coronata di edera, che aver doveva gli occhi o di argento, o di gemme, come costumavano alcune volte di fare gli antichi, vedendosi il cavo, nel quelle detti occhi dovevano essere collocati.

Appresso viene una bella testa d'una Venere.

A questa è vicina un'altra baccante coronata di pampani.

È la quinta di un giovanetto ignoto.

Passato la porta, la prima testa, che s'incontra al lato sinistro di essa, è di un Silvano di edere coronato.

È la seconda di una baccante con la benda, ed è di bella scultura.

Sopra il secondo scalino in mezzo alle due finestre si trova primieramente un erma di donna velata con doppia effigie ignota, creduta di due Vestali, e riportata nelle spiegazioni al primo tomo di questo Museo pag. 6 fig. 1.

Accanto è la testa di Paride con pileo Frigio coperta.

Si vede poi un busto di un togato sconosciuto in abito consolare.

Seguono due teste incognite, la prima di un uomo, di donna la seconda con capelli accomodati a guisa di conchiglia.

Poi si trova un erma di Giove Ammone, stampato nelle suddette spiegazioni al primo tomo di questo Museo pag. 6 fig. 4.

Due altri busti sconosciuti sono appresso, il primo di donna, e di uomo, il secondo.

Sotto al busto a petto nudo vicino a quest'ultimo è l'iscrizione, che segue: M · AVRELIVS · ANAIELINS.

Viene poi una testa incognita di donna.

A questa è vicina un erma di uomo, e donna, riportata nelle Spiegazioni suddette del primo tomo di  p54 questo Museo pag. 6 fig. 2 e 3 che per essere squamose, sono credute due deità marine.

Nel primo luogo del secondo scalino incontro alla porta posa un busto di uomo incognito, seguendone altro di donna, poi due d'uomini, indi uno di donna, e finalmente uno di uomo, e tutti sconosciuti.

A questi vicino si vede un busto di alabastro, e testa di marmo bianco rappresentante Iside col modio. Seguono poi sei altri busti, il primo de' quali è d'uomo sconosciuto, il secondo di Matidia, gli altri quattro incogniti, cioè due di uomo, uno di donna, e l'ultima di uomo.

Occupa il primo luogo del secondo scalino nella facciata, che fa prospetto alle finestre, una testa creduta di un'Amazzone.

Dopo questa vi è altra testa, che posa sopra piccolo piedistallo, nel quelle sono incise le seguenti parole: MEMORIAE · T · FLAVI · EVCARPI · AVONCVLIO · EVROTIS.

Seguono un busto, e due teste sconosciute di uomo.

Indi un busto di Lucilla moglie di Lucio Vero Imp.

Poi una testa incognita.

Vicina a questa ve n'è poi una creduta di Catone Censorino.

S'incontrano appresso due sconosciuti busti, il primo d'uomo con molti capelli, e petto nudo, di particolare scultura, creduto Cecrope re primo di Atene, e ritrovato vicino a Napoli, ed il secondo di donna.

L'ultima è una testa creduta di un'Amazzone.

Continuandosi il giro, nella mezza facciata, che rimane alla destra di chi entra nella stanza, si fa vedere in primo luogo la testa di un piccolo Fauno ridente, assai bello.

Vicina ad essa è quella di una Baccante coronata di pampani, ed uve.

Vedesi poi la testa quasi colossale di Alexander Magno con eleganti capelli.

Indi si trova quella di una Baccante coronata di frondi, terminando con questa la distribuzione del secondo gradino.

Dovendoli osservare in ultimo le antichità collocate sopra il terzo gradino più vicino al pavimento, s'incontra alla prima, su quello posto in mezzo alle due finestre, una testa di donna incognita.  p55 

Segue un cippo con iscrizione sepolcrale.

Poi un busto di un Giove Terminale.

Indi altro cippo con una sepolcrale memoria.

Vicino a questo è un marmo rotondo, nel quelle è l'impressione di due piedi, con l'iscrizione: CERERI · FRVGIFERAE, essendo questo probabilmente un voto offerto a quella deità.

È l'ultima una testa di donna incognita.

Passando al gradino posto di prospetto alla porta, si vede alla prima un cippo con sepolcrale iscrizione.

Segue un busto sconosciuto.

Poi un cippo, su cui a bassorilievo si vede la dea Cibele sedente in mezzo a due leoni, e con iscrizione, e nei due lati la patera, ed il prefericolo.

Appresso son due teste incognite di uomo la prima, e la seconda di donna.

Si trova poi una testa di gladiatore con fasciature assai curiose.

Indi un cippo con iscrizione in fronte; e la patera, ed il prefericlo nelle due laterali facciate: la testa di una donna sconosciuta gli è vicina.

Termina questo scalino un altro cippo con iscrizione.

Continuandosi il giro si vede sul terzo scalino posto incontro alle finestre primieramente una testa incognita.

Ad essa è vicino un cippo con iscrizione.

Segue poi una testa di Silvano bifronte coronato di edera con bacche.

Prossimo si vede un altro cippo con iscrizione.

Termina finalmente una testa incognita.

Pagina aggiornata: 31 ago 09