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Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX

di Mariano Armellini

pubblicato dalla Tipografia Vaticana
1891

Il testo è nel pubblico dominio.

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R. Monti (1)

 p1  PARTE PRIMA
Notizie generali sulle chiese di Roma


I.
Origine delle chiese di Roma

La storia delle chiese di Roma procede di pari passo con lo svolgimento del cristianesimo nella città eterna. L'origine di molte chiese risale al secolo stesso apostolico, nel quale di già una popolazione di cristiani riempiva la Roma imperiale. Di questo avvenimento prodigioso non può affatto dubitarsi, poichè non solo è dimostrato dalle allusioni e dalle testimonianze autorevoli e positive degli storici profani e cristiani, ma eziandio dalle monumentali scoperte delle catacombe romane. Niuno penserà d'accusare d'esagerazione Tacito, il nemico acerrimo dei cristiani, allorchè parlando del gran numero di questi massime in Roma nell'anno 64, usa la frase multitudo ingens,​1 e sette anni prima s. Paolo avea già detto che la fede dei romani era celebre nell'universo.2 Tutte le classi sociali dell'immensa città fino dal secolo apostolico aveano dato proseliti dall'Evangelo; cosichè v'erano cristiani nel mondo infimo degli schiavi, nella piccola borghesia dei liberti, fra i commercianti di stirpe giudaica, nelle case dei grandi patrizî, nelle famiglie senatorie e consolari, anzi nei membri delle stesse famiglie imperiali, poichè nella parentela dei Flavi, numerosi furono i cristiani che, prevalendosi di un periodo di pace profonda e di libera espansione, possederono dei cimiteri sotterranei scavati con cura magnifica e quasi reale ed ornati di tutti i raffinamenti dell'arte.

 p2  Ora, fino da quei primi giorni della predicazione apostolica, allorquando alla medesima rispose un primo gruppo di fedeli, questi si raccolsero per le loro sacre adunanze in chiese stabilite nelle loro case. Una delle più celebri per la sua antichità, è quella ricordata dallo stesso s. Paolo l'anno 58, l'ecclesia domestica di Aquila e Prisca.​3 Questa è l'origine delle chiese di Roma che dal nome dei prischi proprietarî e fondatori presero il titolo, donde provenne loro la solenne antonomastica appellazione di titoli. Seppure l'origine di tal nome non si fondi nella Scrittura laddove si narra di Giacobbe che dopo la visione della scala celeste consacrò un altare nel luogo del suo mistico sogno et erexit in titulum.​4 Nel liber pontificalis si legge che fino dall'anno 112 il papa Evaristo divise fra i preti della città i varî titoli esistenti, e più tardi i papi Dionisio e Marcello, per le esigenze della cresciuta popolazione cristiana, nuovamente riordinarono e distribuirono i titoli ed i cimiteri, riordinamento che ebbe per iscopo l'amministrazione dei sacramenti e la cura delle esequie.

Queste prime chiese furono nel primo e secondo secolo dell'èra cristiana del tutto simili a quelle nelle quali si raccoglievano gli apostoli dopo la morte di Cristo in Gerusalemme e nelle altre città della Palestina, e che gli evangelisti chiamano con voce greca ἀνάγαιον,5 vocabolo che significa luogo superiore al piano terreno della casa. I romani dissero questo luogo con voce latina coenaculum, parola adoperata anche negli Atti apostolici, quando narrano di quell'Eutiche caduto dal terzo piano d'una casa di Troade mentre in quella celebrava s. Paolo i santi misteri; dove si dice che quel giovine precipitò de tertio coenaculo deorsum.​6 Insomma le prime chiese in Roma furono le case ordinarie dei primi fedeli dai quali, come si disse, presero il nome, che tutte per lungo volgere di secoli ritennero, ed alcune tuttora ritengono. Osserva a tal proposito l'illustre prof. Duchesne​7 che le case degli antichi si prestavano eccellentemente alle prescrizioni della disciplina ecclesiastica, alle esigenze del culto cristiano. La loro disposizione ed i varî accessorî sembravano naturalmente fatti per potervi disporre le varie categorie dei fedeli, per le diverse riunioni dei medesimi, per alloggiarvi il papa, i vescovi, per custodire le sacre suppelletteli, i libri e gli archivî della chiesa, le vesti e le provvigioni da dispensarsi ai poveri.

 p3  Nel celeberrimo processo verbale relativo alla chiesa di Cirta fatto nell'anno 303 e che troviamo nelle Gesta apud Zenophilum,​8 la chiesa viene appellata giustamente Domus Ecclesiae. Essa era tutto pei fedeli: luogo d'istruzione, di preghiera, d'asilo, di oblazione, di carità, ospedale, dispensa, biblioteca, vescovato; carattere che mantenne anche nei secoli cristiani del medio evo, in cui la stessa vita pubblica svolgevasi all'ombra della Chiesa.

La Domus ecclesiae l'οἶκος diventò la Domus Dei, quindi latinamente Dominicum, in greco Κυριακὸν: le nostre cattedrali mantengono ancora il nome primitivo nella appellazione loro propria, Domo (Domus). In Roma i primi Dominici,º o le Domus ecclesiae si chiamarono anche Tituli, come si è detto.

Dominicum era denominazione ancora ai tempi di Costantino l'antichissimo titolo di Clemente nella regione lateranense, come apprendiamo da una iscrizione scolpita su lamina di bronzo destinata al collo d'uno schiavo fuggito dal suo padrone ascritto al clero inferiore di quella chiesa. In quell'epigrafe edita ed illustrata dal ch. De Rossi si legge colle consuete formole di quelle lamine: Tene me quia fugi et reboca me Victori acolito a Dominicv Clementis.​9 Era questa finora la sola tra le romane iscrizioni, dei preti, dei diaconi e degli inferiori ministri del clero che con questo nome designasse taluna delle antichissime chiese della città, voce, come ha chiarito il chiaro archeologo, scomparsa fino dalla seconda metà del secolo IV, quando al dominicum prevalsero i nomi ecclesia, basilica, memoria.

Ma un'altra insigne memoria monumentale di questo genere ho rinvenuto io nel marzo del 1875 in un cimitero sotterraneo della via Labicana, e propriamente in quello dei ss. Marcellino e Pietro ad duas lauros, dove scoprii il sepolcro e l'epitaffio di un ministro inferiore del clero addetto al titolo di Eusebio. In quell'epigrafe, la celebre chiesa della regione esquilina, che diciamo oggi s. Eusebio è, come s. Clemente, appellata con la voce Dominicum: l'epigrafe è graffita con uno stecco sull'intonaco sottostante al loculo del defunto, e dice:

OLYMPI
LECTORIS DE
D(ominico) EVSEBI
LOCVS EST

 p4  Preziosa e rarissima memoria, la quale aggiunge nuova ed inaspettata luce alla storia ed alle origini di quel titolo.

Da questi cenni generali si trae quale sia stata l'origine delle chiese di Roma, le più antiche delle quali conservano i nomi dei loro primi possessori, tranne alcuna che ricorda non nomi personali dei fondatori o fondatrici del titolo, come Lucina, Vestina, Prassede, Bizante, Pammachio, Pastore, Clemente, Nicomede ecc., bensì quelli di qualche sacra memoria, relativa a personaggi veneratissimi. Questa è, per esempio l'origine del nome del questi di fasciola, il quale​10 rammenta, come si deduce dalla formola stessa de fasciola, non un nome personale, bensì la fasciola caduta all'apostolo Pietro presso la via nova, come si legge negli atti dei martiri Processo e Martiniano.

Fino a tutto il secolo IV, almeno in Roma, i dominiciº si edificarono solamente nei luoghi santificati e consacrati da una qualche celebrata memoria di santi personaggi; quindi si può con ogni certezza stabilire, che ciascuna delle chiese della città nostra, le cui origini a quell'epoca risalgono, o che da quell'epoca non sono troppo remote, fosse edificata in un qualche luogo storico. Forse in Oriente quest'uso e questa disciplina furono alquanto diversi dai nostri, dove chiese propriamente dette nel significato moderno della parola, furono edificate dalle fondamenta per tutte le città, anche prima della pace costantiniana, specialmente nei primi tempi dell'impero di Diocleziano nei quali godè la Chiesa una libertà grandissima. Eusebio lo dice espressamente,​11 ed alcuni di quegli edifizî erano sì magnifici e splendidi, da destare l'invidia di qualche pagano filosofo le cui parole ci ha conservato Macario Magnete nell'apologia presso san Niceforo,​12 ove dice che i tempî cristiani superavano in grandezza quelli dei pagani. Dalla fine del secolo IV fino quasi all'ultimo medio evo, le chiese in Roma si moltiplicarono in modo meraviglioso: questo movimento incominciò non solo nell'interno della città, ma a pochi passi dalle sue storiche mura, cioè nella zona situata fuori del recinto aureliano per un tratto di tre miglia, zona nella quale si svolgevano i famosi cimiteri cristiani. Uno stuolo innumerevole di martiri immolati nel volgere di tre secoli, giaceva nelle cripte delle catacombe romane. Venuta l'ora della pace e del trionfo definitivo del cristianesimo, quelle cripte divennero ogni giorno più anguste alla divozione dei fedeli, che accorrevano numerosi a venerare quelle sacre reliquie. I papi  p5 che vissero in quei primi tempi della pace cercarono di conciliare il santo entusiasmo dei fedeli colle esigenze della disciplina occidentale e romana, di non violare i sepolcri dei santi, e non rimuoverli dai primitivi posti; quindi presero il partito di ampliare le cripte, di trasformarle in basiliche e chiese sotterranee; ma ciò non bastando, edificarono sopra quelle cripte nuove chiese, oratorî, basiliche, monasteri che divennero poi centri di abitazione, e dettero man mano origine ad intieri villaggi e borgate. Tale è appunto la storia della odierna città leonina, la quale può chiamarsi con ragione il monumento dell'apostolo Pietro; lo stesso accadde sull'altra riva del Tevere intorno al sepolcro dell'apostolo Paolo, dove si aggrupparono chiese, monasteri, abitazioni; poi, a salvarle da minacciate invasioni, il papa Giovanni VIII più tardi fu obbligato a circuire il luogo da muraglie e fortificarlo ancora di bastioni, dando così origine ad un sobborgo romano che da quel pontefice trasse il nome di Giovannipoli, sopra una delle cui porte si leggeva il famoso epigramma, un frammento del quale si conserva nel monastero di quella basilica.​13

Insomma sopra ciascuno dei cimiteri che circondano la città nostra e che fiancheggiano le celebri sue vie, si moltiplicarono le piccole chiese, oratorî e basiliche con annessi monasteri ed altri luoghi di abitazione; in breve alla città sotterranea si sostituì un'altra città superiore. Lo splendore di questa città dei martiri cominciò ad offuscarsi negli assedî a cui soggiacque Roma colle invasioni dei Goti, i quali, come attestano alcune iscrizioni del secolo VI, manomisero e saccheggiarono i cimiteri cristiani, che quasi del tutto dipoi giacquero distrutti nei varî assedi dei Longobardi, specialmente in quello condotto da Astolfo. Quei lunghi assedî obbligarono i papi dei secoli VIIIIX a trasferire in massa i corpi dei martiri nell'interno della città, onde porli al sicuro da quei predoni.

Queste traslazioni segnano il principio della rovina degli oratorî e delle chiese del suburbio, ma nel tempo stesso la fondazione d'innumerevoli altre che da quell'epoca fino al secolo XV si cominciarono ad edificare gradatamente nell'interno della città, dove in ogni angolo sorsero basiliche, chiese, oratorî. E nell'edificarsi si traeva assai frequentemente partito dagli avanzi dei monumenti dell'antica Roma, trasformati così in luogo di culto, con grande vantaggio di parecchi di essi che a povere chiesoline vanno debitori se sopravvissero per molti secoli ancora, se molti giunsero sino a noi, e se eziandio, benchè  p6 corrottamente, ne rimase il nome conservato da qualche chiesa. Se v'ha tuttora in piedi un angolo della basilica Giulia si deve ad un edifizio cristiano, in cui quel portico fu trasformato, prendendo il nome di s. Maria del Foro. Se il templum Romuli e l'antichissimo edifizio destinato a custodire gli archivî della prefettura urbana, è anche oggi l'ornamento della sacra via presso il Foro, lo dobbiamo al culto dei ss. Cosma e Damiano che in quegli edifizî trovò asilo; se il templum di Antonino e Faustina forma ancora la delizia degli archeologi e degli artisti, è merito della chiesuola di s. Lorenzo. Potrei moltiplicare gli esempî, ma valga per tutti quello che forma la gemma di Roma, il monumento aziaco d'Agrippa, ossia il famoso Pantheon, che va debitore di sua esistenza al culto della Vergine.

Ho anche accennato che a questi sacri edifizî della nostra Roma dobbiamo pure la conservazione di un numero grandissimo di nomi ricordanti memorie di luoghi e di famiglie celebri, di cui da più secoli è perduta affatto ogni traccia, e persino di reminiscenze dei luoghi della topografia di Roma imperiale o del medio evo. In quei nomi spesso, benchè nei modi più strani decomposti, corrotti, alterati, giaciono nascosti elementi preziosi per la ricostruzione della topografia dell'antica città. Valga a cagione d'esempio la chiesa del Trastevere denominata s. Salvatore in Corte, e che il popolino, da una divota imagine della ss. Vergine, chiama s. Maria della Luce. Tutti gli eruditi, massime dell'età trascorse, che cercarono il significato etimologico delle parole, scompagnandolo affatto dalla storia, unicamente fondandosi sulla simiglianza ed analogia delle sillabe e dei suoni, metodo tutto affatto ridicolo e fanciullesco, parlando della denominazione attribuita a quella chiesuola, aveano insinuato che nelle adiacente del sito dove quella chiesa fu innalzata avesse esistito un'antica curia! Ma assai più ridicola, è l'interpretazione, e sembra impossibile fosse stata proposta da uomini dottissimi, quale fu per esempio Antonio Bosio,​14 seguito in questo anche dall'erudito Nibby,​15 il quale propose che quella denominazione potè forse derivare da giudei che abitavano il Trastevere, chiamati curti dai Gentili, cioè circoncisi, come scrive Orazio nella IX satira:

Aiebas mecum memini bene, sed meliori

Tempore dicam: hodie tricesima sabbata vin tu

Curtis Iudaeis oppedere, ecc.

 p7  Ora, tanto apparato di erudizione è stato annientato da una scoperta recente, la quale dimostra la verità di quanto abbiamo asserito: il nome corte attribuito alla chiesuola anzidetta ricorda appunto l'escubitorio della VIIa coorte dei vigili, che a pochi passi dalla chiesuola è stata a grande profondità dal livello attuale del suolo rinvenuto. Potrei su questo proposito moltiplicare gli esempî; ma basti l'addotto, poichè ciò meglio e più luminosamente si vedrà nel catalogo separato delle singole chiese.

Dal complesso delle quali cose devesi pure inferire che gravissimo danno arrecasi alla storia ed allo studio topografico, allorchè, secondo il vezzo moderno, si sopprimono le antiche denominazioni delle contrade urbane per sostituirne delle nuove, le quali con stucchevole monotonia si ripetono ormai in tutte le città e borgate della nostra penisola, in cui v'ha sempre una Piazza Garibaldi, e un Corso Vittorio Emanuele.

Così si annientano talvolta d'un solo colpo gli ultimi gloriosi ricordi della storia.

II.
Degli scrittori e raccoglitori di notizie
delle chiese di Roma

I primi scrittori che ci lasciarono memorie scritte sulle chiese e sui cimiteri cristiani di Roma furono alcuni anonimi visitatori dei santuarî principali della città eterna, dal secolo V al VII. Costoro non ebbero nelle loro compilazioni se non uno scopo religioso: essi, venuti d'oltre monti per visitare le memorie dei martiri, presero a perlustrare uno per uno i cimiteri suburbani, dove giacevano ancora le reliquie di quelli, molte delle quali erano state trasferite nelle chiese e negli oratorî superiori, e taluna anche nelle chiese interne della città. Di quelle chiese, di quegli oratorî, da loro con grande pietà visitati, vollero tramandare memoria scritta, per agevolare così il pio viaggio alle turbe dei pii romei che imitarono l'esempio di quei primi. Molti di quei preziosi itinerarî pervennero fino a noi, e ne daremo qui non brevissimo cenno. La prima menzione di memorie cristiane inserita in un catalogo contenente la serie degli edifizî monumentali di Roma, trovasi nell'almanacco di Polemeo Silvio, che fu compilato nel 449 dedicato ad Eucherio, vescovo di  p8 Lione, e che si conserva in un codice di Bruxelles.​16 Alla fine di quel catalogo, sotto il titolo Quae sint Romae, si leggono le parole seguenti: Insularum quadraginta V milia extra horrea publica CCC, domus nobiliorum et fanorum aedes atque pristina sive religiosa aedificia cum innumeris cellulis martyrum conservatis.

Il dottissimo Mai, in un codice siriaco della biblioteca vaticana da lui edito, trovò pure un'altra descrizione di Roma, nella quale si fa cenno dei cristiani edificî di questa città.​17 La descrizione che della città di Roma in quel codice si contiene, è opera d'un vescovo armeno di nome Zaccaria, il quale visse sotto Giustiniano nella prima metà del secolo VI. Il chiarissimo De Rossi​18 avverte che quel documento null'altro è che un breviario, spettante ad una Notitia Urbis Romae, assai più antica del 540, e di Giustiniano, simile a quello che si legge a piè delle due celebri topografie del IV secolo, il Curiosum e la Notitia Urbis Romae. Nella compilazione di Zaccaria sono ricapitolate le chiese ed i sepolcreti. Seguono poi altri itinerarî, il pregio intrinseco dei quali è in ordine alle chiese ed ai cimiteri della zona suburbana, massime dei cimiteri pei quali sono essi la preziosa chiave topografica. Novererò fra queste la celebre topografia che Willelmo di Malmesbury scrittore del secolo VII, inserì nelle sue Gesta regum Anglorum, il cui miglior testo è quello edito in Londra nel 1840.​19 Il De Rossi ha dimostrato che la topografia dello storico inglese è tratta da un documento certamente anteriore al secolo VII. Quel documento ha il titolo seguente: Notitia portarum viarum ecclesiarum circa urbem Romam, ed ivi alcune chiese nell'interno della città sono ricordate così: Intra urbem in monte Coelio sunt martyres Ioannes et Paulus in sua domo quae facta est ecclesia post eorum martyrium et Crispinus et Crispinianus, et s. Benedicta. In eodem monte est ecclesia s. Stephani proto­martyris et ibi reconditi sunt martyres Primus et Felicianus; in monte ave s. Bonifatius et in monte Nola s. Taciana.

Vedremo a suo luogo che il monte Nola, colla chiesa di santa Taziana, corrisponde al colle Quirinale, così in quei secoli dall'anonimo topografo denominato.

Altro documento di capitale importanza è la topografia, conservata in un codice membranaceo del monastero di Einsiedeln  p9 in Svizzera.​20 Quel codice contiene una preziosa silloge d'iscrizioni antiche, profane e sacre di Roma, tra le quali sono mescolati alcuni brani di un itinerario o di una topografia di Roma cristiana, a cui fa sèguito una intera topografia della quale il chiarissimo Haenel ha dato pel primo una esatta ristampa.​21

Insigne pure è una terza topografia di Roma cristiana intitolata De locis sanctorum martyrum quae sunt foris civitatis Romae scoperta dal Eckart in un codice di Wurzburg edito da quel dotto nel 1729 nei Commentarii de rebus Franciae Orientalis.​22 Anche questa fu compilata circa il secolo VII da un anonimo pellegrino dei luoghi santi di Roma, specialmente per agevolare la visita ai cimiteri e alle basiliche situate fuori della città; il quale documento si conchiude col catalogo delle chiese principali, cioè dei titoli più celebri della città, il quale ha il titolo seguente: Istae vero ecclesiae intus Romae habentur, catalogo però che non contiene se non un ristretto numero di ventisei basiliche.

Da un manoscritto di Salisburgo nel 1777 furono pubblicate pei tipi del monastero di s. Emmeramo tra le appendici alle opere di Alcuino due topografie dei sepolcri dei martiri attorno a Roma, il primo dei quali è intitolato Notitia ecclesiarum Urbis Romae, titolo, come avverte il De Rossi, falso, imperocchè le chiese surricordate, eccetto quella dei ss. Giovanni e Paolo, sono tutte estramurane.

Il secondo opuscolo va sotto il titolo De locis sanctis martyrum quae sunt foris civitatem Romae, dove le chiese poste dentro Roma sono annoverate dopo le suburbane esistenti sopra i cimiteri. Anche questo, benchè più o meno interpolato, risale all'epoca degli anzidetti. Ma su questi insigni codici topografici, veggasi la Roma sotterranea del chiarissimo De Rossi.​23 A questi più antichi documenti, contenenti elenchi, cataloghi, indicazioni e notizie più o meno diffuse sulle chiese e gli altri santuarî di Roma cristiana, tien dietro una lunga serie fatta sulle orme dei primi che procede al secolo IX al XV.

Aprono questa serie i così detti libri indulgentiarum, preziosissimi manoscritti serviti ai pellegrini delle varie nazioni per le visite delle chiese di Roma, che abbondano nelle biblioteche di tutta Europa, benchè l'uno dall'altro poco variino. — In uno di quei codici esistenti nella biblioteca pubblica di Strasburgo  p10 segnato C.19324 vi ha tutto un itinerario delle chiese di Roma per acquistare le indulgenze, dai quali documenti appare con evidenza lo stato deplorevole della città in quei secoli, in cui la maggior parte delle chiese e delle basiliche erano cadenti e quasi distrutte. Infatti leggiamo in quei libri che sunt Romae mille quingentae quinque ecclesie sed pro maiori parte quasi destructae. Allo stato materiale di ruina e d'abbandono della città rispondeva l'oblio delle principali memorie cristiane, e dei fatti storici, per cui in quelle guide v'erano inserite le più strane leggende, i racconti più ridicoli e favolosi relativi alla storia della antica città e della stessa Roma cristiana; leggende strane, oscure, ridicole, in cui talvolta però giaceva un fondo di verità. E queste specialmente le troviamo nei libri intitolati Mirabilia Urbis Romae, libretti famosi, di cui forse il primitivo testo è perduto, ma che può essere ridotto a due principali recensioni, siccome avverte il De Rossi. La più antica fu inserita nei libri della Curia romana, cioè nel Polypticus di Benedetto Canonico scritto fra il 1130 e il 1142 sotto Innocenzo II e nel Liber censuum, del celebre Cencio Camerario che fu poi papa Onorio III. La seconda comparve nelle collettanee del card. Niccola d'Aragona fra gli anni 1356‑62; donde proviene quella che Martino Polono inserì nella sua cronaca e l'altra detta Graphia aurea urbis Romae d'un codice fiorentino, la quale ultima è stata per primo messa in luce dall'Ozanam nel 1850.​25

Nelle Mirabilia e nella Graphia la confusione e la corruttela dei nomi è giunta al sommo, la quale appare meglio nelle statistiche delle chiese e del clero spettanti ai secoli XIIIXIV.

Preziosissimo per questo riguardo è il codice già 749 della biblioteca dell'Università di Torino scritto nel secolo XIV, ove si legge un novero accuratissimo delle chiese, monasteri ed oratorî della città di Roma, con la statistica del clero secolare e regolare della città, annotandosi pure in ciascuna chiesa se era o no servita da clero, e questo con la forma seguente, per esempio:— Ecclesia N. non habet servitorem; ecclesia N. habet Abbatem et monacos praesentes XV. Simile al quale è il codice di Nicola Signorili dell'archivio colonnese di cui abbiamo altri varî esemplari, cioè il Vaticano n. 3536, il Brancacciano in Napoli lett. C. n. 35 ed altri. Sarebbe qui impossibile e quasi fuori d'opera annoverare tutte le cronache, i documenti, i regesti,  p11 le lettere, le bolle pontificie contenenti menzionate più o meno complete delle chiese della città. Tesori di notizie sulle chiese contiene il Liber pontificalis, erroneamente attribuito ad Anastasio bibliotecario e che per opera del prof. L. Duchesne, al lume di una critica severissima, è tornato alla sua forma genuina.

Il lettore che di queste cronache e documenti brami formarsi una conveniente idea, consulti il codice topografico di Roma, edito, benchè assai scorrettamente, dall'Urlichs nel 1871.

A suo luogo tratterò per intero e più diffusamente di alcuni di questi più importanti cataloghi e statistiche delle chiese di Roma. Bastino per ora questi pochi cenni della storia letteraria delle chiese, cioè dei lavori principali o stampati o manoscritti, alcuni dei quali ancora inediti, che dal secolo XVI fino a noi ci lasciarono per la storia delle chiese uomini eruditissimi.

Il posto d'onore in questa serie conviene al celebre Onofrio Panvinio, uomo di pressochè infinita erudizione, e quello particolare sulle basiliche vaticana e lateranense, avea in animo di scrivere un libro speciale su tutte le chiese della romana città. La morte però prevenne il disegno del sommo erudito, il suo lavoro incompleto giacque negli arsenali della biblioteca vaticana, e sulle sue carte pose le mani lo Zaccagni, predecessore del celebre Mai nella prefettura di quella biblioteca.​26 Il Mai pubblicò il catalogo dello Zaccagni col nome di Magnus catalogus, il quale però è assai imperfetto e non scevro di gravi e molteplici errori.

Il romano Pompeo Ugonio, professore di letteratura nell'archiginnasio e chierico beneficiato della basilica vaticana, sullo scorcio del secolo XVI pubblicò il suo libro sulle chiese stazionali di Roma.

Non meno preziosa dell'opera dell'Ugonio è quella delle Sette Chiese, di Giovanni Severano prete dell'Oratorio, dove pure si trovano infinite notizie sulle chiese della città.

Che se da coloro che trattarono in genere delle chiese di Roma, passiamo a quelli che illustrarono con opere distinte le chiese in particolare, con apparato di maggiore o minor critica ed erudizione proporzionata al tempo in cui quelle opere vennero in luce, sarei pressochè infinito. È incredibile infatti il numero degli istoriografi delle chiese di Roma, nè temo di esagerare dicendo che esso ascende forse a qualche migliaio. Avrei  p12 voluto accingermi a questo lavoro, ma i limiti imposti all'opera non mi hanno permesso di tradurre in effetto il mio desiderio. Nè meno copiosi sono i lavori rimasti inediti nelle biblioteche e negli archivî. Così nella Vallicelliana v'ha il codice G. 16 manoscritto dal p. Severino che ha per titolo Roma Sacra, dove quel dotto oratoriano s'accingeva ad illustrare per serie alfabetica le chiese tutte della città; ma il suo lavoro restò incompleto. Anche nel codice G. 26 v'ha un altro tentativo di simile opera per cura dello stesso, cui prepose il titolo: Memorie sacre delle chiese antiche e moderne di Roma.

Più tardi Gio. Antonio Bruzio, nativo di Sant'Angelo in Vado e parroco di s. Dorotea in Trastevere, morto ai 12 ottobre del 1692, per oltre quarant'anni professore di diritto nella Università di Roma, lasciò ventisei grossi volumi, in cui raccolse la storia delle chiese di Roma. Quell'opera manoscritta, cui dette per titolo Theatrum Romanae Urbis,​27 fu acquistata da Alessandro VII per cento scudi, benchè il Ciampini ne avesse offerti duecento. Ivi stesso si conserva il compendio delle chiese di Roma di mons. Francesco del Sodo, canonico di s. Maria in Cosmedin, morto nel 1606 ai 27 di maggio, e scritto di suo pugno. Ma sopratutto è da ricordare il dottissimo card. Garampi che vagheggiava di compire una grandissima opera sulle chiese della città, le cui schede si conservano negli archivî e nelle biblioteche del Vaticano; e il prete Gregorio Terribilini, di cui pure nella Casanatense restano i preziosi manoscritti, posseduti già dal Cancellieri e lasciatigli in testamento dallo stesso Garampi.​28 Dovrei rammentare i due codici manoscritti di Michele Lonigo, dei quali l'originale si conserva nella biblioteca Barberini e una copia nella Vallicelliana, opera rimasta inedita, ricca di notizie, cui quell'erudito dette il titolo: Notizie di tutte le chiese di Roma antiche e moderne ecc.

Non parlo poi del principe degli eruditi Francesco Cancellieri, le cui opere sono il più meraviglioso emporio di notizie che abbiansi su Roma. Fin dal 1802 questo valente uomo aveva concepito il disegno di scrivere una Roma sacra, opera alla quale avevano fornito elementi e il Garampi e il Terribilini, ma quelle preziose carte, su cui si distillarono gli ingegni di uomini così eruditi, rimasero rincantucciate e nascoste negli armadî di due biblioteche ed esposte sempre a piraterie letterarie. Da questa rapida rivista sulla storia letteraria delle chiese di Roma risulta quale immensa congerie di materiali giaccia in  p13 gran parte quasi dimenticata a pro di chi voglia intraprendere il lavoro colossale della storia delle medesime, perchè io mi escludo dal numero di coloro che volessero assumere tale gravissimo cómpito. Troppo deboli le mie forze, ristretti i mezzi, per un lavoro sì arduo; io non mi sono prefisso se non di porgere un abbozzo di opera sì vasta, onde allettare ad intraprenderlo coraggiosamente qualche robusto ingegno munito di ferrea pazienza. Abbondantissimi sono oltre ogni credere i documenti coi quali, chi voglia di proposito, può ricostruire la storia delle chiese di Roma.

Gli archivî pubblici, quelli delle nostre basiliche, i moltissimi di privati, compresi i notarili ed i parrocchiali, ma sopratutto quelli del Vaticano che il sommo pontefice Leone XIII che sapientissimo divisamento ha aperto alle investigazioni dei letterati e dei dotti d'ogni civile nazione, contengono anche in fatto di notizie che si collegano alle chiese della città tanto da abbracciare la intiera e lunga vita di chi assiduamente a sì nobile cómpito di sobbarcasse. Nella infinita varietà delle collettanee contenenti i resoconti delle visite delle chiese, nei codici censuali e catastali della basilica vaticana, nei volumi dei regesti, nei bollarî, negli statuti delle confraternite, nelle antiche epistole pontificie non pure giace nascosta la storia delle chiese ma quella della città intiera.

Quest'opera manca assolutamente; la genuina fisonomia dell'aurea Roma dell'età di mezzo è stata imperfettamente abbozzata o bruttamente contraffatta. Egli è veramente deplorevole che quasi ogni traccia del medio evo sia disparsa dalla città nostra; poichè i suoi monumenti furono quasi del tutto distrutti, e Roma fra tutte le città italiane è la più povera di memorie medievali; la falange d'artisti, cui ottimamente s'addice il titolo di mastri guastanti, come ho detto nella prefazione, che nei secoli XVXVI, mossi dal furore dell'arte, a valanghe si precipitarono su Roma, in breve ora abbatterono quanto ai loro occhi sembrava brutto stanza por mente al valore istorico dei monumenti. Le stesse venerande antiche basiliche perdettero allora in parte la forma classica dei tempi in cui sursero e tutta loro propria, per assumere spesso le goffe e pesanti proporzioni dell'architettura del secolo XVI. Al severo e maestoso stile romano o romanico, al lombardo od archiacuto che presentavano i nostri edifizî riedificati nel secolo XI sino al XIV, fu sostituita quella sguaiata pesante facciata che maschera monotonamente quasi tutte le nostre più antiche e monumentali chiese. In quell'epoca ancora fu fatta strage delle chiesoline minori che a centinaia furono demolite, delle quali io in modo speciale mi  p14 occuperò in questo mio lavoro. Così scomparve quasi tutta la città medievale, ed oggi si sta compiendo vandalicamente l'opera iniziata allora; ormai la nostra Roma sta per perdere del tutto la sua grave e cristiana caratteristica fisonomia di città metropoli del Cristianesimo per assumere quella d'una Babilonia moderna.

III.
I titoli ecclesiastici

Si è detto che le prime chiese di Roma nei secoli delle persecuzioni furono i Titoli, i quali corrisponderebbero alle nostre chiese parrocchiali: questa denominazione, se fu caratteristica, non fu però esclusiva di Roma, giacchè, anche fuori di questa città, si dette talvolta ad alcune chiese. Così per esempio, in un celebre documento del secolo IX, contenente l'indicazione delle chiese e dei monasteri di Gerusalemme e dei luoghi circostanti, dettato da un monaco dei tempi di Carlo Magno, si dice che una delle chiese destinate ai cenobiti dimoranti sulle sponde del Giordano fu eretta in titolo.​29

In Roma però questa istituzione risale ai tempi apostolici, e sappiamo con certezza che il numero dei titoli fino da tempi assai antichi era di venticinque, dai quali dipendeva anche l'amministrazione dei cimiteri suburbani. Il complesso poi dei titoli e dei cimiteri posseduti nel secolo III dalla Chiesa collegialmente presa, diceansi loca ecclesiastica; veri beni ecclesiastici, che nelle persecuzioni ultime furono più volte alla Chiesa confiscati, e più volte da alcuni imperatori anteriori a Costantino alla Chiesa stessa restituiti, come, a cagion d'esempio, da Gallieno e da Massenzio; benchè la totale restituzione ordinata da quest'ultimo non avvenisse prima del pontificato di Milziade, cioè nel 311. È celebre a questo proposito quello che narra s. Agostino della lettura fatta dai Donatisti del documento relativo alla restituzione di Massenzio dei luoghi ecclesiastici alla Chiesa,​30 dal quale apprendiamo come e quando la Chiesa romana rientrò nel pieno possesso dei suoi titolicimiteri, restituiti al papa per le mani dei sette diaconi, fra i quali compariscono due ricordati coi nomi di Cassiano e Stratone. Circa mezzo secolo innanzi a questi fatti, Gallieno dopo la prigionia  p15 di suo padre Valeriano, aveva restituito anch'egli i titoli alla Chiesa, i quali furono nuovamente riordinati e divisi fra i preti, ed in pari tempo furono in quella circostanza dal papa determinati i confini di quelle parrocchie.​31 Ottato Milevitano, alludendo a questo riordinamento dei titoli romani, ricorda che i Donatisti in Roma inter quadraginta et quod excurrit basilicas, locum ubi colligerent, non habebant,​32 dal quale passo risulta che sul principio di quello scisma in Roma v'erano oltre a quaranta basiliche, numero che bene corrisponde con quello dei quarantasei preti che ai giorni del papa Cornelio avea la Chiesa romana, come attesta quel papa medesimo.​33

Di queste basiliche però alcune erano titolari, e perciò situate dentro la città, giacchè in origine i titoli non poterono essere al difuori della città, altre cimiteriali dipendenti dai titoli urbani, dei quali erano titolari solo venticinque preti; e perciò gli altri ricordati da s. Cornelio erano di quei venticinque titolari e parroci, coadiutori e vicarî. È infatti antichissimo l'uso che più con prete fosse addetto a ciascun titolo, uno come principale, gli altri come sostituti. Fino dall'epoca di s. Cipriano troviamo questa subordinazione di preti nei titoli,​34 come si esprime l'illustre vescovo: Felix, qui presbyterium subministrabat sub Decimo; ed è notissimo che ai tempi di s. Damaso ogni titolo avea in Roma due preti: questi preti vicarî erano appellati socii del primo, come apprendiamo da un'iscrizione della basilica sotterranea di s. Clemente. Più tardi, cioè verso il secolo V, il prete titolare, come risulta da alcune preziose epigrafi della basilica di s. Pancrazio, fu detto prior, ed i socii suoi, secondo l'ordine gerarchico, secundus, tertius, quartus.​35

Che se le famose quattordici regioni in cui avea Augusto diviso la città erano distribuite in venticinque parrocchie che provvedevano agli spirituali bisogni della popolazione cristiana, questa era anche divisa in sette regioni ecclesiastiche, alle quali erano preposti sette diaconi cui incombeva l'ufficio di provvedere agli interessi materiali della plebe cristiana, al primo dei quali era affidata l'arca della chiesa, cioè l'amministrazione dei suoi beni, coi quali sopperire ai molteplici bisogni dei confessori, delle vedove, dei pupilli, ecc. Il clero romano adunque era fino dalla prima metà del secolo III egregiamente ordinato in regioni ed in titoli, in relazione anche coi cimiteri suburbani.

 p16  Il ch. De Rossi ha di proposito illustrata colla luce dei monumenti la divisione delle sette regioni ecclesiastiche fatta dal papa Fabiano circa il 240, in correlazione alle regioni civili, ed ha dimostrato con certezza che la regione prima ecclesiastica abbracciava gran parte della regione civile XIII, massime l'Aventino; la regione II ecclesiastica comprendeva il Celimonzio, che era parimenti II nell'ordine civile; la regione III ecclesiastica abbracciava tutta la regione III e la contigua V; la IV ecclesiastica comprendeva la regione VI e la IV civile; la V ecclesiastica chiudeva nel suo ambito la VII e parte della contigua VIII; la VI sembra che racchiudesse la IX civile, e la VII, la XIV.​36

Il numero di queste parrocchie o titoli, che sugli esordî del secolo IV era ancora di venticinque, fu verso il fine del medesimo secolo accresciuto; cosicchè nel secolo V si annoveravano in Roma ventotto titoli parrocchiali, rimanendo stabile quello delle sette diaconie, le quali se non verso il secolo XII furono raddoppiate, corrispondendo circa al numero delle regioni o rioni della città. Fra i papi riordinatori dei titoli nel IV secolo, è da ricordare Innocenzo I che istituì il nuovo titolo di Vestina, e stabilì che la basilica estramurana di s. Agnese fosse affidata alla cura ed al governo dei preti del titolo suddetto;​37 ed infatti nella basilica cimiteriale di quella martire, fuori della porta nomentana, si leggeva l'epitaffio d'un acolito tituli Vestinae regionis quartae.​38

I preti titolari ebbero in origine il semplice nome presbyteri, coll'aggiunta del titolo cui erano preposti; così, per esempio, in un'epigrafe votiva appartenuta alla suburbana basilica di s. Sebastiano, si legge:

TEMPORIBVS SANCTI
INNOCENTII EPISCOPI
PROCLINVS ET VRSVS PRAESBB
TITVLI BIZANTIS
SANCTO MARTYRI
SEBASTIANO EX VOTO FECERVNT

In talune basiliche furono più tardi detti priores, i quali però non sono da confondere con i praepositi di cui fanno menzione le iscrizioni cristiane di Roma. Così, per es., abbiamo  p17 praepositi basilicae beati Petri, beati Pauli apostoli. . . . Laurentii martyris, beati martyris Pancratii.​39

Il De Rossi, che ha trattato diffusamente nella Roma sotterranea questo tema, ha dimostrato che questi prepositi non sono affatto da confondere coi preti titolari, essendo essi unicamente amministratori delle rendite di alcune basiliche cimiteriali; ed a questo proposito fa osservare il chiaro archeologo che il vocabolo praepositus, compendiato spesso nelle sigle PP, non è a confondere col vocabolo Papa.

Tuttavia non credo che ad un praepositus basilicae Pauli si debba riferire un'epigrafe da me veduta nella cornice esterna della chiesa di s. Maria detta Scala coeli alle tre fontane, sulla via ostiense, dove quel marmo fu messo in opera:

. . . . NICOLAVS PP EGO ANDREAS INDIGN SERVVS Dei

È scolpita sulla fascia o lista d'un grosso pluteo del secolo IX, e mi pare piuttosto debba riferirsi al grande papa Niccolò I ed ai suoi lavori, eseguiti in quel luogo o nella vicina basilica sotto la cura e la sorveglianza d'un prete nominato Andrea. Al che m'induce anche l'omissione del nome della basilica dopo la sigla PP, e la data dell'epigrafe. L'istituzione dei prepositi delle basiliche cimiteriali non pare al De Rossi assai antica, nè anteriore al finire del secolo V, e si mantenne in vigore fino al secolo VII; altro argomento che prova la iscrizione testè citata spettare al papa di quel nome e non ad un preposito. È incerta l'epoca in cui i preti dei titoli o parroci prendessero il nome di cardinali, che, secondo la sentenza dell'eruditissimo agostiniano il Panvinio, risalirebbe almeno a tempi anteriori a Silvestro; il che non pare però probabile, ma su questo può consultarsi non solo il Panvinio nella sua opera, Le sette chiese, il Macer nel Hierolexicon, il Ducange nel Glossarium, il Piazza nella Gerarchia cardinalizia, il Cardella nelle Memorie storiche dei cardinali ed il Muratori nella sua 61a dissertazione. Il nome cardinalis, come derivazione da cardo, si trova usato anche negli scrittori profani; cosicchè lo troviamo adoperato da Vitruvio, che ricorda i scapi cardinales.​40 . Nel senso ecclesiastico lo troviamo già in moltissimi documenti pontificî fino dal secolo VI, benchè da principio più largamente s'usasse ad indicare un chierico incardinatus, cioè addictus alicui ecclesiae; cosicchè gli stessi abbati di s. Paolo e di s. Lorenzo ebbero  p18 il nome di cardinales, che insieme ai diaconi palatini, ai quattordici delle regioni ecclesiastiche, agli ebdomadarî delle tre basiliche primarie s. Pietro, s. Paolo, s. Lorenzo, ai sette vescovi del Laterano, componevano quello che il liber pontificalis appella più volte il sacerdotale collegium, e che più tardi si disse il sacro collegio. È notissimo che i cardinali usarono l'abito presbiterale simile a quello dei monaci fino alla prima metà del secolo XIII, allorchè Innocenzo IV li distinse col cappello rosso. Bonifacio VIII stabilì che si vestissero di porpora, benchè altri attribuiscano questo decreto a Clemente II. Paolo II nel 1464 vi aggiunse l'addobbo delle mule, e nel 1591 Gregorio XIV concedette la berretta rossa anche ai cardinali ascritti ad ordini monastici. Si è di già accennato che nel secolo IV, dopo il pontificato di Giulio I, il numero dei totali e conseguentemente de' preti titolari fosse da venticinque portato a ventotto, ma importanti attribuzioni d'onore e d'ufficio vennero a sostituirsi alle antiche. Verso il fine del quarto secolo, cioè tra gli anni 468 e 483, il papa Simplicio avea affidato in massa, a tutti i preti dei titoli di alcune regioni le tre primarie basiliche, perchè in quelle in turno celebrassero i divini misteri a vantaggio spirituale dei fedeli che v'accorrevano numerosi, fra le quali era compresa anche quella del martire s. Lorenzo sulla via tiburtina, il culto del quale, nei primi secoli della pace dell'alto medio evo, fu di poco inferiore in Roma a quello degli apostoli s. Pietro e s. Paolo. Allorquando, dopo assediata Roma da Astolfo, cominciò l'ultima rovina e l'abbandono quasi totale dei santuarî del suburbio di Roma, e fu soppressa per il turno degli ebdomadarî la chiesa di s. Lorenzo, tuttavia quello delle suddette maggiori basiliche, se guerra alquanto modificato, come ha dimostrato il De Rossi,​41 si mantenne quanto alla sostanza fino almeno al secolo XII. Infatti fu stabilito che ogni dì della settimana il prete cardinale d'un titolo determinato fosse ebdomadario d'ognuna di quelle basiliche, e quivi solennemente celebrasse.​42 Così per es. ebdomadarî di s. Paolo erano i titolari di s. Sabina, di s. Prisca, di s. Balbina, dei ss. Nereo ed Achilleo ecc. Aggiunge il De Rossi, che cotesta forma del culto ebdomadario delle basiliche principali (la quale comprendeva anche le intramurane di s. Giovanni in Laterano e di s. Maria Maggiore) era di già stabile e solenne nell'anno 732, quando il papa Gregorio III, in un sinodo romano dall'illustre archeologo divulgato, sancì che il prete, qui in hebdomada fuerit  p19 nella basilica vaticana, celebrasse il sacrificio nell'oratorio di tutti i santi da lui edificato.​43 Sembra che l'autore di questo turno ebdomadario fosse stato lo stesso Magno Gregorio​44 che stabilì eziandio il calendario delle stazioni basilicali. Il deplorevole trasferimento della sede pontificia in Avignone fu la cagione per cui si perdesse ogni vestigio di questo rito e di infiniti altri di Roma cristiana che da oltre mille e più anni si mantenevano vivi. Alla basilica lateranense, cui come la prima ed ordinaria residenza del papa, nel medio evo si era dato il nome di Chiesa capo e madre di tutte le altre, erano stati in tempi posteriori aggregati i vescovi delle sette diocesi suburbicarie.​45 Nuove aggiunte e modificazioni alle chiese titolari furono fatte sotto Adriano I e più tardi sotto Onorio II, fino a Sisto IV che avea eretto in titolo la chiesa di s. Nicola inter imagines. Nel secolo XVI il papa Leone X aggiunse undici titoli agli antichi rimasti incirca i medesimi fino ai giorni di Sisto: e ciò in seguito alla creazione di trentuno cardinali fatta da quel papa addì 1 luglio del 1512.

Gli undici nuovi titoli furono scelti fra le chiese più insigni e cospicue della città e furono le seguenti:

S. Matteo in Merulana

S. Giovanni a Porta Latina

S. Cesario in Palazzo

S. Agnese in Navona

S. Apollinare

S. Lorenzo in Panisperna

S. Silvestro in Capite

S. Tommaso in Parione

S. Pancrazio

S. Bartolomeo nell'Isola

S. Maria in Aracoeli

Ove è a notare che il papa alla chiesa di s. Matteo non conferì di nuovo il titolo, ma lo restituì, essendo già stato tale fino da tempo assai remoto come recentemente dalla santa memoria del papa Pio IX fu fatto per la chiesa di s. Eusebio.

Concludo questa breve rassegna sulle origini e le vicende degli antichi titoli romani col catalogo di quelli esistenti in Roma alla fine del secolo V, quale appunto risulta da un insigne documento che è il concilio romano adunato sotto il papa Simmaco nella basilica vaticana il giorno 1 di marzo dell'anno 499.​46

 p20  Alla fine di quell'importantissimo documento abbiamo la serie completa dei titolari e dei preti subalterni che in quello si sottoscrissero.

Eccone adunque la serie:

  1. Titulus Praxedis
  2. Titulus Vestinae
  3. Titulus s. Ceciliae
  4. Titulus Pammachi
  5. Titulus Clementis
  6. Titulus Iulii
  7. Titulus Crysogoni
  8. Titulus Pudentis
  9. Titulus s. Sabinae
  10. Titulus Equitii
  11. Titulus Damasi
  12. Titulus Matthaei
  13. Titulus Aemilianae
  14. Titulus Eusebi
  15. Titulus Tigridis
  16. Titulus Crescentianae
  17. Titulus Nicomedis
  18. Titulus Cyriaci
  19. Titulus s. Susannae
  20. Titulus Romani
  21. Titulus Bizantis
  22. Titulus s. Anastasiae
  23. Titulus ss. Apostolorum
  24. Titulus Fasciolae
  25. Titulus s. Priscae
  26. Titulus s. Marcelli
  27. Titulus Lucinae
  28. Titulus Marci

E qui conchiudo quanto mi sembrava necessario di riassumere sull'origine e la storia generale dei titoli di Roma.

Verrò ora a discorrere nel seguente capo della distribuzione delle chiese della città nei secoli di mezzo in ordine ad una celeberrima associazione detta la romana fraternità, sulla costituzione della quale rimane ancora grandissima oscurità.

IV.
La "Fraternitas Romana" e la triplice distribuzione
delle chiese di Roma nei secoli XIIIXIV

Nel codice E. V. 17 della biblioteca dell'Università di Torino, legato insieme a varie miscellanee del secolo XIV, v'ha un catalogo di chiese di Roma fatto in quella stessa epoca. È scritto in caratteri notarili del medesimo secolo, e nel documento ogni chiesa occupa una linea: sono in tutto due quaderni di 8 fogli ciascuno e alla fine di ogni quaderno v'è al margine il principio della parola seguente. Questo catalogo comincia così:

In Urbe sunt tredecim Regiones que corrupto et vulgari vocabulo dicuntur Rioni. Quarum prima est Regio Montium et Biberate.

 p21  Vengono poscia in ordine i nomi delle altre tredici regioni, dopo le quali prosegue il codice nel modo seguente: Secundum Rectores et Fraternitatesº Urbis, omnes ecclesiae dicteº civitatis dividuntur in tres partes, etc. Dalle quali cose risulta che nel secolo XIV tutte le chiese della città di Roma erano divise in tre parti secundum rectores fraternitatis Urbis.

Che infatti le chiese tutte della città di Roma fossero nel secolo XIV così distribuite, risulta anche dal catalogo di Nicola Signorili, in cui, come meglio vedremo, ciascuna delle tre categorie è appellata partita: infatti il Signorili che sullo scorcio del secolo XIV scrisse il suo elenco, ebbe cura di notare quod in urbe sunt infinitae ecclesiae quas reperio tripartitas in tres videlicet partes, videlicet in partitam s. Thomas Apostoli, Sanctorum Cosmi et Damiani et Duodecim apostolorum.

La penuria di documenti, siccome ho accennato, non ci permette stabilire con precisione fino ad ora quando questa celeberrima associazione appellata Fraternitas romana fosse istituita, quali fossero tutte le sue attribuzioni e l'indole sua; quando e come cessasse. Pur tuttavia in tanta oscurità in cui eravamo fin qui, ho trovato alcuni raggi di luce; cioè alcuni preziosi ed inediti documenti rimasti fino ad ora sconosciuti negli archivî vaticani, i quali vedranno qui per la prima volta la luce, e che io debbo in molta parte alla cortesia del R. D. Pietro Wenzel primo custode di quegli archivî.

Il Gregorovius​47 accenna a questa romana fraternità a proposito di Galvano Lancia, zio di Manfredi, che ai 18 ottobre del 1267 era venuto a Roma con soldatesche onde stringere patti di alleanza con i ghibellini della città a nome di Corradino. In quell'occasione il papa Clemente IV scomunicò il Lancia, ordinando Rectoribus Romanensis Fraternitatis che fosse citato innanzi il tribunale della Chiesa, di che esiste documento in un codice della biblioteca vaticana.​48

Nei Regesti di Clemente IV editi nel Bollario della basilica vaticana v'ha il seguente documento originale, che a quella condanna medesima si rannoda:​49

"Dilectis filiis. . . . Rectoribus Romane fraternitatis.

"Mittimus vobis. . . . per latorem presentium litteras quas in octava beati Martini tullimusº contra Conradinum quondam Frederici Roman. Imperatoris nepotem Pisanos et Senenses  p22 et fautores eorum discretioni vestri in virtute obedientie per apostolica scripta mandantes, quatenus in beati Petri et allis Urbis ecclesiis inanibus (sic) in quibus huiusmodi pubblicatioº fieri consuevit per vos, vel alios pubblicetisº easdem, et quod per eas ligavimus singulis diebus dominici et festivis, pulsatis campanis et candellis extinctis, excomunicatos denuntietis aut denuntiari publice faciatis. Dat. Viterbi VI kal. Dec. ann. III."

Dal quale documento risulta che il Papa da Viterbo ordinò ai rettori della fraternità romana di annunziare e pubblicare nella basilica vaticana e nelle chiese della città, nei giorni di domenica, le lettere escomunicatorie contro Corradino nepote di Federico, ed i Pisani e Senesi di lui fautori, accompagnando quell'annunzio ebdomadario a suono di campane colla estinzione dei cerei, onde incutere maggior terrore ai fedeli presenti a quella lettura, secondo il rito dell'epoca. Da ciò risulta che la Romana fraternitas ed i suoi rectores quali rappresentanti del clero della città, erano deputati e costituiti come tribunale giudicante e condannante nelle più gravi cause ecclesiastiche. Ed infatti questa fratellanza, composta dei principali membri del clero di tutte le città, ebbe più tardi la sorveglianza della università romana, e delle altre associazioni e collegii; teneva le sue adunanze ed assemblee in diverse chiese, tra le quali in s. Tommaso in parione che era perciò detta caput romanae fraternitatis, e nell'antica chiesa di s. Salvatore in pensili presso il circo Flaminio, oggi della nazione polacca sotto il titolo di s. Stanislao.​50 Innanzi però che io con la scorta di preziosi documenti più oltre m'accinga a tessere la storia di questa romana fratellanza, specialmente nel periodo avignonese, reputo necessario dire alcunchè della sua indole e della sua origine.

E innanzi tutto è noto che quella fratellanza ed associazione religiosa era composta di soli preti della città, i cui rettori erano i rappresentanti, tutori e patroni di tutto il collegio, che del medesimo custodivano i diritti e tutelavano i privilegî; onde sospetto che distrutta quella associazione, alcuni degli onori e privilegî ai rettori della medesima e al primo dei rettori si raccogliessero nella persona di quello che fu più tardi appellato il camerlengo del clero, nel quale dobbiamo ravvisare forse le ultime tracce del rector Romanae fraternitatis. Questi infatti gode alcuni diritti e privilegî anche oggi nelle associazioni funebri, e nella sua nera stola si legge Pro clero. Egli è a credere insomma che le origini della romana fraternitas sieno antichissime, e si colleghino in qualche guisa agli  p23 stessi collegi e sodalizî funebri dei primi secoli del cristianesimo. Nessun ignora che colla istituzione dei Comuni in Italia, conseguenza del risorgimento popolare, si moltiplicarono dopo il secolo X le associazioni, le corporazioni di mestieri, che presto si costituirono in società politiche fino a diventar dominanti, e forti dei loro statuti, coi loro gonfaloni, stemmi, suggelli riuscivano ad escludere spesso dal governo chi non v'appartenesse, massime i nobili. Dal XIII al XV secolo in circa la storia di queste associazioni massime delle arti e maestranze si compenetrò con quella delle più illustri città italiane. Ma tra le associazioni religiose sono notissime poi quelle dei disciplinatidella frusta, ovvero degli accomandati, onde l'origine della maggior parte delle nostre confraternite. Fra le più antiche in Roma è quella del gonfalone, appellata da principio Ordine degli Accomandati di Madonna santa Maria.​51 Queste si distinsero nell'Umbria, e Perugia sopratutto può considerarsi come centro di quelle fratellanze che per esercitare i loro devoti esercizî, specialmente quello del batimentum, detto pure scovamentumverberamentum, si diceano compagnie de' scovati o dei battuti.​52 Barbari vocaboli proprî del più barbaro latino usato allora quando appellavansi scopescove i fasci di verghe che quei penitenti usavano.

Nè il clero rimase estraneo a questo movimento generale di associazioni e fraternite, chè anzi in Roma in un'epoca assai anteriore alla formazione dei Comuni e alla istituzione delle fratellanze ne troviamo una avente scopo assolutamente religioso, dalla quale ebbe assai probabilmente origine la nostra Romana fraternitas. Insomma egli è certo che innanzi la fine del secolo X il clero di Roma fu il primo iniziatore delle fratellanze ed associazioni che ebbero poi tanto sviluppo nei secoli seguenti e tanta parte nella storia delle città italiane. Di questa primitiva associazione romana restano ancora preziose memorie in alcune chiese della città nostra; sono iscrizioni di quel tempo, scolpite in lastre marmoree che ricordano lo scopo precipuo della suddetta associazione. Una delle più pregevoli apparteneva alla chiesa di s. Adriano presso il Foro romano, ed in quella si faceva menzione dell'archipresbyter e di alcuni dei preti componenti l'associazione, i cui nomi erano i seguenti: Benedictus, Ioannes, Benedictus, Sergius, Stefanus, Benedictus, Petrus, Ioannes, Benedictus.​53 Un'altra epigrafe spettante alla stessa fratellanza  p24 si legge tuttora nella chiesa dei ss. Cosma e Damiano presso la sacra via al Foro romano e porta la data del pontificato di papa Giovanni XIV che fu eletto ai 16 di luglio del 984. Urbano VIII fece porre quella iscrizione in luogo più conveniente nella chiesa medesima. Nel pavimento di s. Maria in Cosmedin ve ne era anche un frammento, ed una intera si legge ancora nella chiesa di ss. Giovanni e Paolo sul Celio​54 la quale, come le altre che abbiamo qui ricordato, è del tenore seguente:

† CONSTAT NIMIRVM DILECTISSIMI FRS DE PROMISSIONE QVAM EX CORDE

FECIMVS CORAM DEO ET SS. EIVS VT VNVSQSQ NRVM FRS SACERDOTES

ET POSTERI NOSTRI SACERDOTES INPERPETVVM QVALISCVMQ.

EX HAC LVCE MIGRAVERIT XL MISSAS PRO EI ANIMA PER VNVMQVEMQ.

SACERDOTVM QVI SVPERSTITES ST. CANERE PROMISIMVS . SI TN

INFIRMATE FVERIT OCCVPATVS NON REPVTETVR EI IN PCTM

ET SI RECEPTVS FVERIT IN PRISTINAM SANITATEM . OMNE QVOD

SVPRADICTVM EST ADIMPLEAT . QVI VERO CVSTOS ET OBSERVATOR FVERIT

HABEAT BENEDICTIONEM DEI PRIS OMNIPOTENTIS ET FILII ET SPS STI

ET CAELESTE REGNVM POSSIDEAT CVM OMNIBVS SS. QVI ET HOC NON OBSERVAVERIT

SIT ANATHEMATIS VINCVLO INNODATVS ET A REGNO DEI SEPARATVS.

Quivi dunque sono ricordati alcuni fratres sacerdotes, i quali per sè e per i loro posteri si erano in perpetuo obbligati di cantare ciascheduno quaranta messe per l'anima di ognun degli ascritti alla suddetta società dopo che fosse passato di vita. Ora la maggior parte delle iscrizioni che abbiamo ricordate sono presso a poco dell'epoca medesima, cosicchè si può quasi con certezza asserire che la istituzione di questo funebre e sacerdotale collegio di Roma spetti alla metà del secolo X, ed io credo che circa gli esordî del secolo XI egli si stabilisse con accrescere ed ottenere nuovi vantaggi e maggiore importanza, assumendo il nome di Romana fraternitas, la quale, come risulta dagli inediti documenti che qui per la prima volta produco, fu appunto anch'essa un'associazione funebre. Fra i documenti dell'archivio avignonese ora custoditi in quello del Vaticano, nei regesti spettanti al pontificato di papa Giovanni XXII (a. 1316‑34) si legge una citatio contra rectores fraternitates clericorum et etiam fraternitatis seu congregationis per quosdam laicos adinventae et per Pontificem suspensae ad producendum iura sua circa sepulturas.​55 Il documento è datato da Avignone tertio nonas octobris anno V del pontificato di papa Giovanni.

 p25 È inutile dimostrare la importanza e la preziosità di questo bellissimo documento per la storia della romana fraternitas e che io debbo alla squisita cortesia del primo custode di detto archivio il R. D. Pietro Wenzel. Credo pregio dell'opera pubblicarlo qui per disteso facendolo però precedere da breve commento. Adunque in questa citatio il papa Giovanni XXII si rivolge agli abbati di s. Anastasio alle Tre fontane e di s. Prassede, ed al Precettore dell'ospedale di s. Spirito in Sassia. Comincia dal rammentare che sotto il pontificato del suo predecessore il papa Gregorio IX (a. 1227‑1241) e specialmente a decennio citra s'erano in Roma istituite per opera di alcuni laici della città, quasdam fraternitates di indole meramente funebre, poichè solevano solemnitates facere circa corpora defunctorum, alle quali fraternità erano preposti rettori e thesaurarii: e qui il papa rammenta come queste fraternite di laici le quali propria temeritate si erano istituite, conveniebant frequenter et ut statuta servarent eorum, et convivia certis temporibus. Queste parole dimostrano come cotesti laici fra i riti funebri da loro istituiti avessero posto di nuovo in vigore anche convivia cioè le antiche agapi funeraticie; fatto, il quale meglio conferma che moltissimi riti e costumi dei primi secoli sopravvivevano ancora nel medio evo in Roma, dove non del tutto s'era spenta la tradizione degli stessi antichi collegi funeraticî. Ma ciò che getta uno sprazzo di luce sulla storia e l'indole della romana fraternità sono le parole seguenti: in derogationem fraternitatis clericorum dictae urbis, a longis antea temporibus approbata. Dalle quali si rileva che sotto il pontificato di Gregorio IX, la cui bolla richiama il papa Giovanni XXII, cioè nei primi anni del secolo XIII, della romana fraternitas nel documento papale si affermava che era a longis temporibus approbata. Le parle poi in derogationem ecc. che si riferiscono alla fraternita laica della suddetta citatio dimostrano assolutamente l'indole funeraria delle associazione dei chierici di Roma. Disgraziatamente il documento che è mutilo in alcune parti non ci permette d'affermarlo con certezza, ma sembra dalle parole che rimangono, come le associazioni di laici che ivi si condannano imitassero in tutto la romana fraternitas; et in festo beate Marie si adunassero ad sonum campanae; et letanias faciebant e financo possedessero un proprio vessillo in praeiudicium eiusdem fraternitatis clericorum in dicta urbe.

Infine il papa dopo aver dichiarato nulle, irrite, invalide queste fraternite di laici, minaccia le pene canoniche a quei chierici i quali, se all'intimo della presente citazione non si fossero finalmente di buona voglia arresi, avessero proseguito ad  p26 agevolare l'opera delle condannate fratellanze laiche concorrendo alla sepoltura dei corpi dei fedeli, e l'interdetto alle chiese nelle quali quei corpi fossero stati dalle fraternitates laicorum seppelliti. Dopo di che non mi pare resti alcun dubbio sull'indole vera della celebre fraternità romana e perciò sulla proposta ipotesi che essa traesse origine da quella associazione, di cui restano i monumenti epigrafi dei quali abbiamo parlato. Per cui a me sembra certo che l'istituzione della medesima non sia anteriore alla fine del secolo X.

Ecco ora il testo delle lettere pontificie che ho estratte dai regesti di Gregorio IX e di Giovanni XXII:

"Rectoribus Fraternitatis romane

"Ad nostram noveritis audientiam pervenisse quod laici quidam de Urbe habentes, sed non secundum scientiam, zelum Dei, sine apostolice sedis licentia quasdam fraternitates adinvenire sibi temeritate propria presumpserint, quarum occasione solempnitates quasdam circa corpora defunctorum preter generalem consuetudinem hactenus in talibus observatam pro sua faciunt voluntate propriis Rectoribus et Thesaurariis sibi creatis, quibus obediunt frequenter convenientes ut Statuta servent eorum, CONVIVIA CERTIS TEMPORIBVS CELEBRANDO in derogationem Fraternitatis clericorum urbis A LONGIS RETRO TEMPORIBVS APPROBATE; quia vero propter fraternitates huiusmodi laicorum licet superficialem apparentiam habeant honestatis, est merito dubitandum, ne sub eorum pretextu simplices protrahi valeant ad errorem, universitati vestre per apostolica scripta districtius precipiendo mandamus, quatenus fraternitates huiusmodi denuntietis penitus non servandas, clero urbis ne de cetero in suis ecclesiis easdem admittant, neque sepeliant corpora mortuorum cum solempnitatibus que introducte sunt occasione ipsorum districtius inhibentes. Statuimus etiam ut nulla alia preter memoratam fraternitatem clericorum de cetero fiat in urbe fraternitas, sine licentia sedis apostolice speciali. Clericos vero qui secus presumpserint et ecclesias in quibus huiusmodi fraternitates laicorum fuerunt celebrate, supponatis sententie interdicti quod sine speciali mandato sedis apostolice nullatenus valeat relaxari.

"Datum Anagnie VII kal. nov. a. VI".​56

 p27  Ma di Gregorio IX nei regesti vaticani trovo due altri interessantissimi documenti relativi alla medesima fraternità.

Nel primo​57 che è diretto Rectoribus Fraternitatis et Universo Clero Urbis, datum Laterani IV idus Maii, Pontific. V. si stabilisce dal papa che in qualibet ecclesia presbiteri primum locum, diaconi secundum, subdiaconi tertium, et sic de reliquis obtinerent ordinatim etiamsi posterius admittantur.

Nel secondo che riporto per intero, il papa minaccia la scomunica contro coloro che mandassero fossori a scavare e demolire i muri delle chiese e delle case per estrarne materiale di costruzione, ed il papa affidata l'incarico della pubblicazione della pena canonica ai Rettori della suddetta fraternita del clero.

"Rectoribus Fraternitatis etc.

"Inolevit in urbe presumptuosa contra libertatem ecclesiasticam corruptela in eo quod tam Dei reverentia, quam honoris ecclesiastici dignitate calcata, fossores mittuntur ad fodiendum muros ecclesiarum et domorum quas habent ad manus et usus suos. Ne igitur tam enormis iniuria per dissimulationem non sine periculo presumentium et sponse Christi contumeliam in legem licentie videatur obrepere, de communi fratrum nostrorum consilio praesenti decreto statuimus ut si ad predicta fuerint temeraria manus extenta (sic) de cetero, tam fodientes quam illi qui eos miserint eo ipso sententiam excommunicationis incurrant, que solepniterº publicetur per urbem et usque ad satisfactionem condignam inviolabiliter observetur. Quocirca mandamus quatenus has (literas) publicari faciatis per urbem, et si qui casus acciderint executioni mandetis, et ut predictum est faciatis firmiter observari."

"Datum Laterani, II non. dec. a. septimo".​58

Meglio da questo documento appare che il collegio dei rettori della romana fraternita era quasi vicario del papa in spiritualibus, onde a quello si rivolgeva il pontefice per pubblicare e fare eseguire le sentenze relative a pene ecclesiastiche.

Segue ora la bolla del papa Giovanni XXII che rinnova i decreti di Gregorio IX:

"Dilectis filiis . . . . sancti Anastasii prope urbem et . . . sancte Praxedis Monasteriorum Abbatibus ac . . . . . preceptori hospitalis  p28 nostri s. Spiritus in Saxia de dicta urbe salutem. Dudum ad audientiam felicis recordationis Gregorii pape VIIII predecessoris nostri perlato, quod quidam laici de urbe quasdam fraternitates adinvenere? ac solemnitates facere circa corpora defunctorum, creatis sibi thesaurariis et rectoribus, quibus super hoc intendebant propria temeritate praesumpserat sicut praesumere proponunt, conveniendo frequenter et ut statuta servarent eorum convivia certis temporis celebrando in derogationem fraternitatis clericorum dicte urbis a longis antea temporibus approbate, dictus Predecessor dubitans ne sub tali pretextu protrahi possent simplices in errorem volensque super hoc mature procedere, mandavit fraternitates laicorum huiusmodi non servari donec circumstantiis huiusmodi negotii exquisitis, super hoc duceret aliter disponendum. Deinde vero prefatus predecessor auditis et intellectis quibusdam civibus romanis proponentibus coram eo multa pro dictis laicorum fraternitatibus observandis . . . primicerio predicte urbis et quibusdam aliis eius in hac parte collegis suis dedit literis in mandatis ut inspectis instrumentis que ipsis sub bulla sua miserat interclusa et auditis quae proponerentur super dicte negotio coram eis, ac inquisita super totius negotii huiusmodi circumstantiis veritate, que invenirent sibi curarent per suas literas intimare predicti autem primicerius et college illis qui super hoc vocandi fuerant, evocatis receptisque instrumentis, propterea exhibitis coram ipsis, auditis quoque in eodem negotio consiliis diversorum, negotium ipsum sufficienter instructum ad examen apostolicum duxerunt fideliter remittendum, ac prelibatus predecessor super premissis plenarie informatus, suadentibus legittimis causis, verens ne fermentum pravitatis cuiuspiam sinceritatis azima fermentaret, cum fratribus suis deliberatione prehabita diligenti de ipsorum consilio, fraternitates easdem penitus irritavit et eas praecepit aliquatenus non servari clericorum fraternitate predicta in suo robore duratura. Statuit etiam ut nulla preter dictum clericorum fraternitatem alia ex tunc in urbe fieret supradicta. Clericis qui secus presumerent et ecclesiis in quibus sepulta forent huiusmodi corpora defunctorum ipso facto suppositis sententie interdicti que non posset absque mandato Romani Pontificis relaxari prout in literis eiusdem predecessoris inde confectis ac nobis et fratribus nostris ostensis seriosius continetur. Pridem vero pro parte dilectorum filiorum Rectorum eiusdem fraternitatis clericorum et ipsius fraternitatis dictorum clericorum fuit nostro apostolatui reseratum quod licet huiusmodi ordinatio, irritatio, preceptum, statutum,  p29 et processus prefati predecessoris fuissent diutius observata, nonnulli tamen cives romani presumunt temere contra ea utpote qui ad sonum cam. . . . . .​59 . . . . . n ? unum ? et cum ? in festo beati Marci quam etiam aliter ? . . . . . . a clero dicte urbis proprium et primum eorum vexillum habendo letanias faciunt tantummodo per seipsos et nonnullas alias cerimonias satagunt exercere."

"Quare pro parte ipsorum Rectorum et fraternitatis clericorum nobis fuit humiliter suplicatum ut providere super hiis ne serpendo tale vitium amplietur de solita sedis apostolice clementia, quin potius ex officii nostri debito curaremus, nos igitur cum eisdem fratribus nostris, super premissis deliberatione plena prehabita, volentes in hac parte salubriter providere, predictas et quaslibet alias fraternitatis seu congregationes laicorum dicte urbis in preiudicium eiusdem fraternitatis clericorum in dicta urbe adinventa a decennio citra, preter auctoritatem seu licentiam specialem sedis eiusdem reservata inibi, fraternitate ipsa dictorum clericorum et alia siqua sit ibidem per sedem approbata prefatam de ipsorum fratrum nostrorum consilio apostolica auctoritate suspendimus,º easque praecipimus aliquatenus non servari donec per sedem ipsam dispositum seu provisum aut ordinatum extiterit de prelibata et ceteris laicorum fraternitatibus et congregationibus adinventis ut premittitur preter auctoritatem seu licentiam dicte sedis, intendentes etiam in iis et aliis servare morem debite gravitatis ac volentes de huiusmodi et aliis laicorum fraternitatibus seu congregationibus taliter ab eodem decennio adinventis earumque statu causis et motivis aliisque circumstantiis universis plenarie informari discretioni vestre per apostolica scripta mandamus, quatenus vocatis qui fuerunt evocandi, de premissa et aliis laicorum fraternitatibus seu congregationibus sic a dicto decennio, ut premittitur adinventis, ipsorumque status causis, motivis et circumstantiis prelibatis summarie de plano sine strepitu iudicii et figura inquiratis diligentius veritatem et quidquid exinde inveneritis nobis per vestras literas harum seriem continentes, curetis quantocitius fideliter intimare citantes ex tunc ex parte nostra perentorie dictos rectores et fraternitatem laicorum, nec non eos qui de predicta et aliis fraternitatibus laicorum preter auctoritatem seu licentiam huiusmodi ab ipso decennio, ut premittitur adinventis et a vobis ut superius continetur, suspensis existerent ut infra terminum peremptorium competentem  p30 a vobis praefigendum eisdem per procuratoris eorum idoneos cum omnibus actis iuribus et munimentis suis apostolico se conspecui representent facturi et recepturi super predictis quod dictaverit ordo iuris ac mandatis apostolicis efficaciter parituri. Ceterum quia cultum divini nominis vigere in cunctis orbis et precipue in urbis ecclesiis iugiter affectamus, nos more pii patris volentes uti potius mansuetudine quam rigore, praesentium vobis auctoritate committimus et precipiendo mandamus ut dictam interdicti sententiam quoad clericos qui contra irritationem preceptum et statutum huiusmodi praefatis predecessoris venissent et quantum ad ecclesias quae pro eo quod in eis sepulta fuissent dicta corpora defunctorum subessent huiusmodi sententie interdicti quatenus ad omnes et singulos qui vos propterea duxerint requirendos, auctoritate nostra curetis hac vice penitus relaxare, et cum eisdem clericis super irregularitate quam incurrissent occasione huiusmodi sic interdicti recipiendo sacros ordines et divina officia in eisdem interdictis vel aliis ecclesiis quibuscumque non interdictis celebrando seu alias se illis immiscendo misericorditer dispens. . . . . diem (?) vero citationis huiusmodi et quidquid super premissis duxeritis faciendum nobis per vestras (etiam litteras harum seriem continentes?) studeatis sollicite intimare. Quod si non omnes hiis exequendis. . . . . . . ea nichilominus exequantur. Datum Avinione III, (sic) nov . . . . . ."

Nell'indice posto in fine del volume questo documento è indicato nel modo seguente: "CCCXVII — littera suspensionis fraternitatis Laicorum Urbis. Dat. Avinione II non. octobris anno quinto."

Nè terminano qui i documenti vaticani che alla romana fraternita si riferiscono. Dello stesso Giovanni XXII​60 si conserva nei regesti avignonesi un'altra epistola diretta ai rettori della fraternita, dei quali nel pontificio documento sono ricordati i nomi. Essi sono i seguenti:

N. . . . priore di s. Pietro, Giovanni de Saracenis priore della basilica lateranense, Bartolomeo Mansella, della basilica di s. Maria Maggiore, Angelo di Pietro Matteo, di s. Cecilia, maestro Giovanni, rettore di s. Giorgio ad velum aureum, Bernardo, canonico di s. Angelo, Giacomo Nizi, di s. Lorenzo in Damaso, Landone, di s. Marco, Giacomo del Cancelliere, di s. Maria in Aquiro, Giovanni Cavallini, di s. Maria Rotonda, Tomaso, di  p31 s. Nicola de' Funari, N. . . . rettore di s. Maria de publico. Da che risulta che 12 erano i rettori della fraternita.

Il papa in questa lettera pontificia tratta della creazione di detti rettori, i quali e per consuetudine e privilegio apostolico speciale, aveano giurisdizione nelle cause ecclesiastiche. Il papa ricorda come alla creazione di detti rettori tutta la città si dividesse in tre parti, in ciascuna delle quali si dovessero determinare quattro chiese, e da ognuna di queste scegliersi un chierico a rettore, con che venivano appunto ad essere 12 i rettori di tutta la fratellanza. Decreta poi il papa che i rettori in detta carica ultra biennium non perdurent, ed infine si proibisce assolutamente ai medesimi, edicto perpetuo, ne de usurarum et matrimoniorum iudeorum intromittant.

"Romana Fraternitas (MMLXI)

"Dilectis filiis. . .priori Basilice principis Apostolorum et Ioannis de Sarracenis Lateranensis, Bartolomeo Mansella Sancte Marie Maioris, Angelo Petri Mathei Sancte Cecilie, magistro Iohanni Sancti Georgii ad velum aureum, Bernardo presbitero Sancti Angeli, Iacobo Nizi Sancti Laurentii in Damaso, Landoni Sancti Marci, Iacobo de Cancellario Sancte Marie in Aquiro, Iohanni Caballini Sancte Marie Rotunde, Thome Sancti Nicolai de Funariis canonicis ac . . . Rectori Sancte Marie de publico ecclesiarum de Urbe fraternitatis romane Rectoribus salutem.

"Dudum de conditione Rectorum fraternitatis romane qui de causis ad ecclesiasticum forum spectantibus de consuetudine vel privilegio apostolico speciali cognoscunt ac de iurisdictione que eis competebat de consuetudine vel privilegio supradictis desiderantes plenarie informari Venerabilibus fratribus Nostris. . . . Nepesino tunc nostro in urbe vicario ac . . . Viterbiensi episcopo et quondam A. abbati Monasterii Sancti Pauli de urbe nostris dedimus litteris in mandatis quod ipsi vel duo eorum de officio dictorum Rectorum et de spectantibus ad illud, de consuetudine vel privilegio memoratis, nec non de tempore creationis ipsorum et de ecclesiis et eorum nominibus a quibus debebant vel consueverant assumi et de personis que ad illud exercendum ydonee viderentur, de hiis quoque in quibus foret dictum officium reformandum, et etiam de circumstantiis universis qualiter insuper per nos esset in talibus providendum, et quomodo super his procedi hactenus fuerat consuetum, curarent diligentius indagare et quecumque super premissis et singulis invenirent fideliter in scriptis redacta  p32 cum earumdem litterarum serie sub sigillis eorum nobis quantocius intimarent ut ex relatione ipsorum super hiis plenius informati, quae super hoc agenda per nos et reformanda forent ac etiam ordinanda, actore deo securius, agere et ordinare uti ius valeremus, dictique episcopus Viterbiensis et Abbas in executione mandati huiusmodi absque dicto episcopo nepesinoº prout ex forma dictarum litterarum nostrarum poterant procedentes de premissis omnibus et singulis diligenter indagarunt, ea que super hiis invenerunt fideliter in scriptis redacta una cum depositionibus testium quos super hiis receperunt sub sigillis eorum nobis fideliter intimarunt. Quia igitur ex eorum relatione comperimus quod quantum ad creationem dictorum Rectorum pertinet, tota Urbs dividitur in tres partes, de quarum qualibet quatuor ecclesie eligi debent, ac de unaquaque ipsarum est unus clericus eligendus pro Rectore fraternitatis praedicte in creatione vestra? qui estis de tribus partibus memoratis, modum volentes similem observare, vos de quibus laudabilis nobis testimonia perhibentur auctoritate presentium in Rectores fraternitatis assumimus supradicte."

"Verum quia de hiis que ad iurisdictionem vestram et eorum qui vobis in dicto succedent officio et durationem eiusdem officii pertinent ex attestationibus nobis missis per inquisitores predictos diversos reperimus deposuisse diversa, de fratrum nostrorum consilio auctoritate presentium ordinamus, quod deinceps officium vestrum et aliorum Rectorum dicte fraternitatis qui erunt pro tempore a tempore creationis vestre, et eorum qui futuris temporibus creabuntur ultra biennium non perdurent, teneamini tamen vos et successores vestri Rectores fraternitatis predicte qui erunt pro tempore ante finem dicti bienni per quatuor menses certificare nos et successores Nostros Romanos pontifices per nuntium et literas speciales de mense et die quo dicti biennis finis instet vobis, insuper ac Universis Rectoribus dicte Fraternitatis qui pro tempore fuerint edicto perpetuo prohibemus, ne de usurarum et matrimoniorum iudeorum seu iudeos quocumque modo tangentibus et heretice pravitatis causis litibus vel questionibus, nec non de ecclesiis intitulatis seu commendatis eiusdem fratribus nostris S. R. E. cardinalibus et personis ipsorum seu de capellis et parochiis ipsarum ecclesiarum, ac clericis et parochialis eorum vos aliquatenus intromittatis aut etiam intromittant."

"Vobis quoque ac ipsis de aliquorum excessibus vel alias ex officio inquirendi omnem interdicimus potestatem."

 p33  "Decernentes irritum et inane si secus super hiis contigerit attemptari."

"Datum Avenione nonis iunii anno IX."​61

Nel pontificio documento si accenna dunque al modo con cui si eleggevano i rettori della fraternitas; ed ecco la ragione delle tre partite in cui erano classificate le chiese della città, giusta il catalogo del Signorili e dell'anonimo del codice di Torino. Questa divisione era stabilita per le elezioni alle quali concorreva tutto il clero distribuito in tre parti. Come dopo tutto ciò si può dubitare di quello che ho altrove accennato, doversi ravvisare nel camerlengo del clero di Roma un Rector romanae fraternitatis? Anche oggi il clero diviso in due categorie, dei canonici e dei parroci a turno, per ciascun anno sceglie il camerlengo fra i tre presentati dal card. vicario del papa; e fra i privilegî e gli ufficî del suddetto camerlengo, principalissimo è quello appunto di prender parte alle solepnitates circa corpora defunctorum, percepire porzione della cera e delle spettanze parrocchiali dei funerali. Inoltre dodici parroci della città compongone anche adesso in Roma la congregazione segreta del collegio parrocchiale, e dodici altri formano la categoria dei parroci prefetti, numero il quale corrisponde appunto a quello dei dodici rettori della fraternita.

Dal Decreto emanato ai 5 aprile 1707 dal card. Carpegna vicegerente di Clemente XI quando riordinò lo statuto medesimo, si raccoglie doversi distinguere antiquas laudabilesque consuetudines Cleri Romani quoad Camerarii munus et officia funeralia da ciò che si riferisce ad faciendam cleri disciplinam, civiumque mores componendos. Quanto alla prima parte, fu compilato uno statuto nel 1384 con decreto del cardinale di s. Marcello vicario di papa Urbano VI ipso clero, ut moris est, convenientes in Ecclesiae Domnae Rosae, quae s. Catharinae de Rosa ad Funarios esse fertur, e ne fu fatta conferma da Giovanni abbate di s. Paolo vicario di papa Bonifacio IX in Ecclesia s. Laurentii in Damaso coram omnibus de corpore ipsius cleri occasione processionis Rogationum congregatis, ai 23 maggio 1392; sotto il pontificato di Niccolò V nel 1452 vi furono aggiunte alcune costituzioni. Per la parte disciplinare fu pubblicato uno statuto nel 1431 da Daniele vescovo di Parenzo vicario di papa Eugenio IV, confermato poi dal papa stesso a richiesta di Gaspare arcivescovo di Conza successore di mons. Daniele nel Vicariato di Roma: altri articoli vi furono aggiunti sotto il pontificato  p34 di Pio II da Francesco di Padova vescovo di Feltre vicario di quel papa, de consilio Camerarii et Consiliariorum totius Cleri Romani in Collegiata Ecclesia sancti Eustachii synodaliter congregati. Insomma nel codice di questi statuti si vedono annesse come costituzioni alcune disposizioni antichissime su tal materia. Questo codice conteneva anche quaedam alia pro rebus rite, recteque gerendis per Camerarios Cleri eorumque consiliarios pro tempore. Nel pontificato di Paolo V per ordine del cardinale Garcia Millini vicario di Roma, tolto tutto ciò che non era più in uso e tutto ciò a cui per la parte disciplinare era provveduto dai sacri canoni e dal Concilio di Trento, si fece del detto codice la pubblicazione a stampa nel 1618 per tutte le cose, ad Camerarii Cleri officium et funerum iura spectantia, tamquam eiusdem Romani Cleri iura municipalia. Al tempo di Innocenzo XII nel 1701, consultata la congregazione Praefectorum Cleri Urbis, sentito il giudizio della S. Visita Apostolica, dietro domanda fattane al papa ai 18 marzo 1699 dal camerlengo del clero e deputata per la revisione dell'antico statuto una commissione composta di mons. vicegerente, aliorumque gravium virorum, ne fu fatta una seconda edizione coll'aggiunta delle nuove disposizioni e dichiarazioni. Nel pontificato di Clemente XI agli 11 di gennaio 1702 fu intimata una commissione dei cardinali Acciaioli, Carpegna, Colloredo, Bichi e Sperelli, e dei prelati Bottini arciv. di Mira, promotore della Fede, De Zauli vescovo di Veroli vicegerente, Paracciani uditore SSm̃o, De Toti segretario della S. Congregazione della Visita e Filippucci Votante di Segnatura come segretario di questa commissione, a cui successe don Niccola Cuggiò segretario del Vicariato. Questa commissione consultò reverendos Parochos, ac Populi Romani defensores ab eodem Sanctissimo ad hunc effectum deputatus, e poi a dì 13 luglio 1704 discusse le ragioni et voce et scripto acceptas e venne ad alcune decisioni: però per desiderio delle parti fu di nuovo intesa Sua Santità, che dispose fosse di nuovo ascoltato il sentimento del camerlengo don Gaetano Ivones, dei parrocchi e dei deputati suddetti: fatto tutto ciò, si ottenne l'approvazione SSm̃o vivae vocis oraculo. Dopo di che finalmente si fece la pubblicazione del nuovo statuto col decreto appunto dei 5 aprile 1707.

Una terza edizione fu fatta a tempo di Clemente XII con decreto del card. Guadagni vicario in data 10 febbraio 1735 aggiungendovisi le ordinanze ultime date da Innocenzo XIII e Benedetto XIII e i decreti di varie Sacre Congregazioni. Altra edizione fu compilata sotto Pio IX con decreto del card. Patrizi vicario in data del 6 dicembre 1862 modificando lo statuto  p35 a seconda delle più recenti interpretazioni e disposizioni date dalle Sacre Congregazioni in proposito e secondo le limitazioni fatte alle facoltà e diritti del camerlengo dal medesimo pontefice. Finalmente una recentissima Appendix con dichiarazioni e modificazioni vi è stata fatta con decreto dell'Em̃o Parocchi in data 1o luglio 1887. Da tali statuti (edizione 1735) si raccoglie che tutto il Clero doveva intervenire in cotta ai funerali del camerlengo che morisse in officio (cap. I, § X) e che il camerlengo aveva il posto dignore anche a preferenza di canonici, eccettuate le Patriarcali e le insigni Collegiate (cap. II, § I). Questi doveva intervenire non solo alle processioni del Corpus Domini, della Sede Vacante ecc., ma doveva presiedere alle Congregazioni dei Prefetti del clero di Roma, alle discussioni dei casi morali, all'esame de' testimoni per lo stato libero nei matrimoni, rivedere ed approvare le liste di spese pei funerali. A lui inoltre spetta di giudicare sommariamente sulle questioni che possono sorgere negli accompagni funebri (cap. II, §§ IVV). Così le discussioni mensili fra i parroci dei casi morali si dovevano fare nella chiesa della Sapienza, e ciò per decreto della Visita Apostolica 29 dicembre 1660 in luogo della Chiesa di s. Tommaso in Parione nella quale si erano fino allora tenute (cap. II, addizione al § VI, in cui è detto che il camerlengo deve destinare fra i parroci il risolvente e gli oppositori per la discussione de' casi morali). In caso poi di dispareri insurgentibus Cleri necessitatibus, egli doveva intimare delle adunanze di esso clero servendosi dei mandatarî del Vicariato (ibi, § VII). Alle processioni prendevano parte avanti ai parrochi anche i Rectores Ecclesiarum, iuxta ordinem eorum antianitatis (ibi, § VIII). Il camerlengo deve prender parte agli accompagni funebri quando sex Cruces seu Corpora Ecclesiarum vi intervengano (ibi, § IX), ed egli doveva procurare di non mancare per poter colla sua autorità dirimere contentiones quae non raro suboriri solent (ibi, § X). Che se egli era intimato ad intervenire, non potevasi poi escludere per nessuna ragione, ne Clervs totvs ex personae Camerarii deludi videatur (ibi, § XI) ". . . Cathecvmeni, Orphani, etc. et Laicorvm confraternitates. . . . pro singvlis Corporibvs sev Ecclesiis vel partitis compvtentvr" (ibi, § XII). Dallo stesso documento ricavasi che i cadaveri di coloro che morivano impenitenti si dovevano seppellire in un apposito cimitero situato a Muro Torto (cap. III, § XXX in additione). Vi si prescrive che i parrochi debbono fare per ogni accompagno funebre la nota dei preti che vi possono prendere parte, e chiunque osasse introdursi senza essere stato messo in nota  p36 sarà la prima volta interdetto dal prender parte ai funerali e se recidivo sarà esiliato da Roma (cap. V, §§ XIIXIII). In queste note debbono preferirsi i preti o cappellani conviventi nella chiesa parrocchiale e in quella in cui si seppellisce (ibi, § XIV). Cura gli emolumenti prestabiliti: Pro intimandis Confraternitatibus et dimidium iulii pro qualibet partita praestabitur (cap. VI, § XXII).

Ora da tutte queste parte dell'antico statuto mi sembra potersi concludere che esso proviene in parte da quello della Romana Fraternitas, di cui nel medesimo si scorgono ancora le tracce istoriche. Vi troviamo infatti le partite, almeno riguardo al nome, e rapporto alla ricostituzione in ente morale di quei preti che ora accompagnano i defunti ne abbiamo documenti certi. Il suo titolo è: "Istituto Ecclesiastico dell'Immacolata Concezione" che fu approvato con decreto dell'Em̃o Patrizi vicario 23 gennaio 1846. Ma la storia della romana fraternita del clero, che vengo ora ricostruendo colla scorta dei documenti vaticani che veniamo pubblicando non cessa qui; poichè nei regesti di Alessandro IV (a. 1254‑1261), si tratta ancora della nostra fraternitas, a proposito di dissidî avvenuti in occasione della solenne processione il giorno di s. Marco.

Duplice era il motivo di quelle discordie insorte fra il capitolo della basilica vaticana e la fraternita, e l'uno si riferiva alle insegne delle croci e delle bandiere della confraternita, l'altro al presbiterio, come risulta dal seguente documento edito nel Bollario della basilica vaticana,​62 e del quale, per essere troppo prolisso, non produco il testo intero, ma solo la parte che più all'argomento nostro si riferisce.

"Rectoribus Romane Fraternitatis et Clero Urbis,

"Iurgia litium quibus turbatur in clero nonnumquam unanimitas ecclesiastice unitatis libenter apostolice sedis cura studiosa dissolvit, eaque veluti pestiferos caritatis fraterne langores sane pacis consilio medicatur ut in obsequis munerum divinorum que oportet ordinabiliter suaviterque disponi, contentionis zelus sinceritatem non inficiat ministrorum, et ministerii dissensionis tumultuatio non corrumpat. Utique sane super hoc vigilantie nostre desudare debet attentio, et quantum posse sinit humana fragilitas procurare, ut in tranquillitate concordie patri luminum devota sacerdotalis militie agmina famulentur. Super vos autem tanto instantius hec sollicitudo  p37 nos urget, quanto propinquius nos affectioni nostre cureque subnectit iniunctum nobis officium apostolice servitutis, quantoque singularius ecclesie oculi ex omnibus partibus suis deberent mores vestros velut quedam salutaris conditionis exemplaria intueri. Sane dudum inter vos ex parte una et dil. fil. Capitulum Bas. Princip. Ap. de Urbe ex altera, super Crucibus insignis et vexillis portandis ad eandem Basilicam in processione que in festo S. Marci fieri consuevit et denariis qui ecclesiis monasteriis et capellis vestris pro salario quod presbyterium vulgariter dicitur, exhibentur, questione suborta, et super hoc nonnullis testibus hinc inde coram deputato a nobis auditore productis, per depositiones eorundem testium non potuit plene ad partium intentionem liquere etc. Dat. Anagnie XII kal. maii an. sexto."

La processione a cui si accenna nell'epistola di Alessandro IV, è la celeberrima delle litanie maggiori che si faceva il giorno di s. Marco: la quale prendeva le mosse dalla chiesa di s. Lorenzo in Lucina e per la via Flaminia giungeva alla basilica vaticana. In quel lunghissima processione si faceano in origine quattro diverse fermate o stazioni: la prima era ad s. Valentinum, ossia sul cimitero di quel martire e presso la basilica che su quello sorgeva al 1o miglio della via Flaminia; la seconda stazione era ad pontem Molvium, cioè Milvio, oggi detto dal volgo corrottamente ponte Molle; la terza era ad Crucem, cioè presso una chiesa situata alle pendici di monte Mario, nel luogo detto la Farnesina, entro l'odierna villa Madama, chiesa che ricorda la croce apparsa a Costantino; e finalmente l'ultima stazione era in atrio sancti Petri; in ciascuna delle quali stazioni si recitavano quattro distinte preci che il Bosio trovò in due antichissimi codici manoscritti di orazioni della basilica di s. Pietro,​63 orazionali editi dal ven. card. Tommasi. Il libro pontificale nella biografia di Leone III (a. 795‑816), ricorda questa processione come già solenne in Roma ed alla quale interveniva il papa stesso. Nel secolo decimosecondo, l'itinerario fu cambiato perchè la processione non più da s. Lorenzo in Lucina, ma da s. Marco procedeva direttamente a s. Pietro, come si ricava dall'Ordo romanus di Benedetto canonico e di Cencio Camerario.​64

Il Liverani​65 pubblicò al codice vaticano 5560 pag. 4‑7 un placito di papa Onorio II (a. 1124‑1130) in cui si definisce  p38 una controversia di precedenza tra la basilica di s. Marco e quella dei ss. XII Apostoli, dopo il giudizio emesso dai rettori della nostra fraternita. Ecco infatti il titolo del placito papale di quel codice: Iudicium et decretum rectorum fraternitatis maioris de dignitate crucis eiusdem fraternitatis contra ecclesiam s. Marci pro ecclesia Apostolorum comprobatum per dominum Honorium pp. II, anno III sui pontificatus, anno autem domini 1127. Dal quale documento non solo risulta l'antichità della suddetta istituzione, ma apprendiamo pure che essa ebbe anche il nome di Fraternitas maior, e si conferma che alla medesima si rimettevano tutte le controversie private fra le chiese diverse e le denunzie delle scomuniche. Infatti nel Bollario vaticano (t. 1o) si trova una Bolla di Alessandro IV, in cui Rectoribus Urbis si ordina di denunziare diebus dominicis et festivis excommunicatos Philippum Paparonis, Ioannem Caputii presbyterum romanum, Andream Buccabelle, Laurentium Leonardium de Gualguanis, Paulum Partimedalla, et Iacobum Azonis, perchè non solo eransi ricusati di venire alla processione di s. Marco, ma avevano impedito agli altri d'intervenirvi per la solita questione del presbiterio e delle insegne. La Bolla incomincia Super orta olim, e porta la data Anagni secundo nonas iunii Pontific. ann. VI. Fin dall'epoca di Giovanni XXII, però, cominciano nel seno della Fraternitas a manifestarsi abusi, per i quali quel papa si vide obbligato ad ordinare al suo vicario di porvi remedio. Ciò risulta dal seguente documento dell'archivio d'Avignone: Mandatum Angelo episcopo Viterb. Pape in Urbe vicario quatenus contra nonnullos clericos Rectores Fraternitates clericorum Urbis qui pretextu officii huiusmodi Rectorie nonnullos excessus commisisse noscuntur quorum functio ad Pontificem specialiter pertinet, imperat et regebat.​66

Del resto sarebbe qui impossibile riassumere quanto troviamo nei documenti papali circa questa associazione così importante del medio evo, giacchè molti altri sulla nostra fraternita abbiamo nelle bolle di Innocenzo IV,​67 di Urbano IV,​68 di  p39 Clemente IV, ecc. Ma da quelli che abbiamo qui per la prima volta posti in luce si deduce con sufficiente chiarezza la storia e l'indole della medesima.

IV.
Di alcuni cataloghi delle chiese di Roma dal secolo XII al XVI

Il più antico ed importante catalogo delle chiese di Roma è quello che fu compilato da Cencio Camerario, poi Onorio III, nel suo celebre Liber Censuum.

La origine di questo famoso libro risale all'epoca di Lucio III che ne affidò l'incarico ad un chierico della Chiesa romana di nome Albino.​69 Quell'ampio catalogo fu scritto nel 1192 dal maestro della Camera apostolica il famoso Cencio Savelli, camerlengo della Chiesa romana, durante i pontificati di Clemente III e di Celestino III, il quale alla sua volta elevato alla sede di s. Pietro prese il nome di Onorio III (1216‑1227). In quel codice il Camerario registrò le rendite della Chiesa proveniente dai contributi di tutta la Cristianità, i quali, benchè assai tenui, pure producevano una somma grandissima, colla quale il papa provvedeva agli interessi di Roma e della Chiesa. L'originale esiste ancora sotto il numero 8486 nella Vaticana, contiene la tavola delle diocesi di tutta la Chiesa con i censi che doveano alla sede romana.​70 Un ho antico esemplare della prima metà del secolo XIV è negli archivî della S. Sede (Arm. XV, 1).

In quel prezioso codice non solo troviamo trascritti i contratti degli affitti fino all'ottavo e nono secolo, ma eziandio le donazioni ed i privilegî accordati dai re franchi, ed i trattati stipulati con i Normanni. Ivi pure si contiene l'Ordo romanus, cioè il rituale della Chiesa romana contenente l'ordine delle cerimonie e dei riti adoperati in occasione delle solenni processioni papali, dei possessi pontificî, delle feste principali ecclesiastiche, di quelle che si facevano per l'elezione e per la consacrazione del papa o dei vescovi, e le solennissime per la coronazione dei re e degli imperatori.

A questo rituale vien dato nel codice di Cencio il nome Ordo Romanus, e tutto il libro porta il titolo: Incipit liber censuum Rom. eccl. a Centio Camerario compositus secundum  p40 antiquorum patrum Regesta et memoralia diversa. Anno Incarnation. Domini MCXCII, Pont. Celestini pp. III, an. II.​71

Il Mabillon​72 pubblicò parecchi di questi ordines, tra i quali di sommo interesse è da reputare per la storia dei riti sacri quello di Benedetto canonico di s. Pietro, ai tempi d'Innocenzo II.

Ora nell'Ordo di Cencio v'ha esattamente notato il presbiterio che nelle principali solennità dell'anno il papa assegnava a tutte le chiese della città, le quali per questo troviamo ivi catalogate. Denominavasi presbiterium una largizione di denaro che Roma papale nella sua grandiosità soleva fare più volte nell'anno nelle feste religiose; distribuzioni in denaro che erano una delle caratteristiche speciali della città eterna; alle quali aggiungevansi talvolta quelle dei viveri. Così, per es., a tutti gli addetti alla corte pontificia, fino al pontificato di Pio VII, toccava più volte all'anno la parte di palazzo, la quale più anticamente comprendeva o l'intero vitto o parte di quello; uso che richiama alla mente la costumanza romana della distribuzione delle sportule osservata anche dai cristiani nelle loro agapi e quella dell'offerta delle primizie per gli alimenti del clero. Nelle liste delle spese giornaliere del palazzo pontificio, troviamo fino a tutto il secolo XVI, le note dei numerosi provvisionati familiari di palazzo, ai quali oltre la paga in denaro si dava tutto il vitto, ovvero tutto il companatico. Ad altri si distribuiva questo ogni mese, uso che si teneva anche con tutti i corpi morali della città, per esempio col collegio universitario, ai componenti del quale si fornivano perfino le legna; coi membri dei sodalizî religiosi, la distribuzione della cera e del peperino ecc.

Ma per tornare al nostro presbiterio, uno dei più solenni era quello che distribuivasi nel secondo giorno di Pasqua, giorno in cui aveva luogo la festa degli archi e dei turiboli.​73 La ricorderò brevemente, valendomi delle parole stesse del rituale.

All'alba di quel giorno, cioè del lunedì dopo la Pasqua di resurrezione, il papa preceduto da tutti gli ordini palatini, discendeva nel portico vaticano, ai piedi del quale trovava un cavallo non faleratum, e si conduceva nell'interno della basilica. Quivi celebrata solennemente la messa, s'avviava con tutta la corte al Laterano. Non appena il papa era salito in sella, che i siniscalco, il quale lo seguiva, gettava fra la moltitudine più  p41 manate di danaro, onde agevolare la strada alla processione papale; ut sic multitudo populi qui impedimentum prestat Domino Pape removeri possit denariis ipsis colligendis intendens. Giunti la processione ed il papa presso la torre di Stefano di ser Pietro, che era sul principio del Parione, luogo che corrisponderebbe vicino Monte Giordano, uno dei curiali del papa, che s'era già da prima su quella torre allogato, dall'alto della medesima gettava nuovo denaro per la stessa cagione, e questo getto si rinnovava non lungi di là ad palatium Cenci Musce in punga (sic) in via de papa. Dinanzi alla chiesa di s. Marco si rinnovava per la quarta volta il gettito del denaro sopra la moltitudine, e poi un'altra aveva luogo dinnanzi la chiesa di s. Martina presso al foro, dal cui palazzo annesso uno della curia gettava nuovo denaro. Presso la torre di ser Pietro nel Parione, gli ebrei colla loro schola acclamavano al papa, ed un rabbino alla testa della sinagoga presentava al papa il rotolo del Pentateuco misteriosamente velato, ed il papa preso il rotolo lo restituiva al rabbino porgendoglielo a rovescio dicendogli che egli onorava la legge, ma nel tempo stesso riprovava l'intelletto e la caparbietà degli ebrei che aspettavano il futuro Messia; dopo di che il camerlengo donava al rabbino 20 soldi provvisini.

In tutta la strada percorsa dal papa dal Vaticano al Laterano, e che perciò dicevasi via pape, e che noi romani anche oggi chiamiamo e chiameremo via papale, erano stati innalzati archi d'onore a spese ed a cura dei cittadini appartenenti alle classi nobili di Roma, e nel tempo stesso clerici omnes romani appartenenti a tutte le chiese della città, agitando dei turiboli fumanti d'incenso si presentavano al papa: ed in premio di tale onore reso al papa, si distribuivano a quei primari cittadini 35 libbre e mezza di provvisini, ed ai chierici 13 libbre e mezza della stessa moneta.

Giunto poi il papa nel Laterano, e deposito regno, cioè la tiara, entrava nel palazzo accompagnato dal primicerio e dal secondicerio, poi di là condottosi nel triclinio leoniano aveva luogo il convito, finito il quale il papa scendeva nella annessa basilica, dove celebrati i tre vesperi et propinato clareto, gustato cioè del vino così appellato, ad propria revertebatur.

Eco ora il catalogo delle chiese compilato dal Camerario, ai chierici delle quali si assegnava dal papa il presbiterio in solidi e in denari.​74

 p42 
(pp43‑44)  → Ho omesso qui il testo del catalogo di Cencio Camerario riprodotto dall'Armellini alle pp42‑45, essendo quello stabilito dal Mabillon nel Seicento, testo senza apparato critico ed evidenziando parecchi errori di lettura.

Il testo che ho preferito includere nel mio sito è quello stabilito dal Duchesne nell'Ottocento, riprodotto con apparato da Christian Hülsen: vi rimando il gentile lettore.

 p45  Catalogo delle chiese di Roma
compilato nel sec. XIV dall' Anonimo di Torino

Nella biblioteca dell'Università di Torino v'ha una miscellanea del secolo XIV, la quale portava già il numero d'ordine 749 D. III, che oggi è stato cambiato in E. V. 17. Questa miscellanea contiene opuscoli e trattati ascetici di varie mani, legati insieme che formano in tutto 93 fogli.​75 Al principio però v'è un quinterno di 16 fogli di scrittura larghissima, ove sono registrate tutte le chiese, le cappelle e i monasteri della città di Roma. Questa compilazione appartiene certamente al secolo XIV non inoltrato. Ciò risulta evidentemente dalla forma dei caratteri coi quali il catalogo è scritto.

Il mio amico il ch. signor Enrico Stevenson giuniore crede che questa compilazione sia stata però fatta sopra documenti officiali cioè di curia preesistenti, ed in parte aggiornati, in parte omessi dal compilatore, il quale avverte che le sue affermazioni possono perciò non essere più conformi al vero. Il catalogo torinese però non sembra l'originale di chi ridusse l'elenco, ma sembra copia di amanuense poco perito, poichè nello scritto v'hanno molti errori. Una seconda mano, di poco però posteriore alla forma, aggiunse o nel testo o in margine al codice molte correzioni.

Ora, per dare qui un cenno sul valore di questo prezioso documento romano, piacemi di notare che impropriamente gli conviene il nome di semplice elenco di chiese. Esso è una vera statistica del clero secolare e regolare di tutta la città. In questa specie di censimento ecclesiastico di Roma è infatti esattamente notato il numero dei preti e dei chierici addetti a ciascuna  p46 chiesa o cappella, quello dei monaci e delle monache rinchiuse nei monasteri, e pesino quello delle persone, servitores, addette agli ospedali, i quali pure sono tutti recensiti. V'ha ricordata pure una serie di addette a talune cappelle col nome inaudito di garabaitae, nome del quale confesso affatto il significato.​b Forse si deve ad una classe di mansionari ed eremiti di alcuni santuarî mezzo deserti. — Ipotesi, sulla quale non insisto punto e che propongo come una congettura qualunque.

Il catalogo delle chiese è poi distribuito in tre partite, e l'estensore del documento esplicitamente dichiara che questa partizione è in ordine alla fraternitas romana, e come egli scrive, secundum Rectores et Fraternitates Urbis.

Dopo le cose che ho raccolto intorno a quella celeberrima associazione, è facile l'intendere ora la ragione di questa triplice partita. Tre chiese davano il nome all'epoca dell'anonimo compilatore del censimento a ciascuna partita, poichè la prima dicevasi Duodecim apostolorum, la seconda Sanctorum Cosme et Damiani, la terza Sancti Thome, la quale ultima vedemmo essere considerata come chiesa caput romane fraternitatis. Apprendiamo pure dal nostro codice taurinense che ciascun gruppo dei quattro rettori avea due officiali subalterni chiamati nuntii, e che l'amanuense scorrettamente appella nuczuli, addetti alla fraternitas in quel modo forse e per quello scopo con cui sono addetti gli odierni mandatari alle nostre confraternite.

Il Papencordt​76 e poi l'Urlichs pubblicarono questo catalogo,​77 ma l'uno e l'altro dei detti autori lo dettero incompletamente, ed il secondo riboccante di scorrezioni in guisa che nella publ dell'Urlichs invece di fraternitates, leggiamo paternitates, e pochi nomi di chiese sono rettamente trascritti: basti l'esempio di quelli dei ss. Abdon e Sennene che nel catalogo suddetto si trasformano in Adonensis et Geonensis. Tutto ciò io osservo, non per muoverne rimprovero all'Urlichs, ma solo per dimostrare la necessità di una pubblicazione corretta, la quale possa riuscire di qualche giovamento agli studiosi della storia di Roma nel medio evo.

Egli è perciò che mi accingo a pubblicar di nuovo questa statistica, la quale può considerarsi in certa guisa inedita. E qui sento il dovere di rendere pubbliche grazie al sullodato signor Stevenson, alla cui cortesia debbo il testo esatto del  p47 codice che dal ch. amico fu dal documento originale conscienziosamente trascritto e collazionato. Da un attento esame del quale raccoglie lo Stevenson che il catalogo taurinense non è completo, poichè alla fine dell'ultimo foglio cominciava un altro catalogo di edifizî, di persone o d'altro che non possiamo indovinare: infatti, compito l'elenco delle chiese, il compilatore scrisse Iste sunt. . . . . Ciò mi fa sospettare che quel lavoro contenesse un vero censo della città di Roma dei secoli XIIIXIV, ed in qualche modo si riferisse alla celeberrima descriptio Urbis composta tra il 1344 e il 1347 e che il De Rossi attribuisce al famoso tribuno Cola di rienzo.​78

Dalle parole poi colle quali l'anonimo conchiude il suo lavoro si dimostra quanto deplorevoli fossero le condizioni materiali ed edilizie della città manomessa dalle fazioni ed abbandonata dal papa. Ivi si dice che molte chiese sunt funditus destructe, et multe alie (sic) in parietibus, tectis, hostiis et aliis rebus necessariis ad cultum divinum deficerunt et deficiunt tota die, pro malitia servientium, quarum reparatione infinitus thesaurus non sufficiet ad reparandum ut prius fuerunt. Infatti Martino V (1414‑1431) trovò Roma caduta nel più orribile squallore: Urbem Romam adeo diruptam et vastam invenit ut nulla civitatis facies in ea videretur. Collabentes ordines domos, collapsa templa, desertas vias, cenosam et oblitam urbem. Laborantem rerum omnium caritate et inopia.​79

L'estensore del catalogo, ad alcune chiese, ospedali e monasteri apposa ora una M, ora una P, ora ambedue le lettere, volendo con questo indicare qualche cosa in ordine a quei luoghi che io non valgo a decifrare. Qui termino il mio preambolo e vengo alla pubblicazione del prezioso codice.

→ Al testo del catalogo di Torino riprodotto dall'Armellini alle pp47‑59 qui sopra descritto, testo senza apparato critico ed evidenziando parecchi errori di lettura, ho preferito includere nel mio sito quello più dettagliato ed accurato, con alcune note, riprodotto da Christian Hülsen: vi rimando il gentile lettore.

La recensione dello stesso catalogo dallo Stevenson, riprodotta dall'Armellini, si trova sul sito di Sesto Acuto.

 p59 

CATALOGO DELLE CHIESE DI ROMA COMPILATO DA NICCOLA SIGNORILI SEGRETARIO DEL SENATO ROMANO (a. 1417‑1431)

Questo elenco delle chiese di Roma, che si pubblica ora per la prima volta, tiene il secondo luogo per importanza storica, poichè ha un carattere ufficiale essendo opera di Niccola Signorili segretario del Senato romano al tempo di Martino V (a. 1417‑1431).

Il codice del Signorili ha per titolo De iuribus et excellentis Urbis Romae aggiunto ad una descriptio Urbis che il chiarissimo De Rossi fa derivare dal famoso tribuno Cola di Rienzo.​80

Uno dei codici del Signorili è conservato nell'archivio Colonnese ed è cartaceo in 4o gr. di fogli 61 scritti da ambe le facce. Non ha frontespizio ma soltanto un foglio bianco in pergamena, il che, siccome crede il De Rossi, trasse in errore il P. Casimiro dell'Aracoeli nelle sue Memorie storiche di quella chiesa,​81 dove quel dotto frate afferma di aver veduto l'originale del Signorili nell'archivio di casa Colonna, scritto in cartapecora. Nella prima pagina di quel codice la stessa mano che lo scrisse vi pose queste parole: Assit (sic) ad principio Sancta Maria meo.

Dei codici del Signorili abbiamo quattro esemplari principali ed un frammento; i quattro sono: 1o il Colonnese; 2o il  p60 Vaticano, legato a quella biblioteca dal card. Caraffa, n. 3536; 3o il Brancacciano nella biblioteca di Napoli (scansia prima, lett. C, numero 35); 4o un esemplare della biblioteca appartenente già ai signori Bruti in Roma ed altri. Un frammento è nel codice vaticano n. 7170, e tutti, eccetto il Colonnese, sono dei secoli XVIXVI.

Il codice colonnese è scritto nella prima metà del secolo XV, contemporaneo perciò del Signorili, d'onde l'opinione che sia l'originale stesso dell'autore, e che fu presentato a papa Martino V. Tuttavia non è veramente quello il codice originale del Signorili, e nè anche l'esemplare presentato al pontefice, sia perchè è poveramente legato e scritta su carta bambagina, sia perchè contiene gravissimi errori sopratutto nei nomi proprî, i quali mostrano la somma imperizia dell'amanuense. Il testo che qui si pubblica è quello del codice vaticano.

→ Al testo del catalogo di Torino riprodotto dall'Armellini alle pp60‑63 qui sopra descritto, testo senza apparato critico ed evidenziando parecchi errori di lettura, ho preferito includere nel mio sito quello più dettagliato ed accurato, con apparato critico, riprodotto da Christian Hülsen: vi rimando il gentile lettore.

 p64 

CATALOGO DI ALCUNE CHIESE DI ROMA ALLE QUALI LEONE X CONCEDETTE LA LARGIZIONE GRATUITA DEL SALE​82 (a. 1513‑1521)

Raphael episcopus Ostiensis Card. s. Georgii
D. Papae Camerarius.

Spectabilibus viris D. Iacobo de Oricello et Luce Archangeli de Aretio et sociis conductoribus salis ad grossum alme urbis salutem in domino auctoritate nostri camerariatus officii vobis per presentes mandamus quatenus de dicto sale detis et consignetis infrascriptis personis infrascriptas salis quantitates pro annua subventione et eleemosina eis dari solitas et primo:

Fratribus et Conventui Marie de Araceli R. IIII.
Fratribus et Conventui b. Marie super Minervam R. III.
Fratribus et Conventui s. Petri de Montorio R. III.
Fratribus et Conventui s. Honofrii R. III.
Fratribus et Conventui s. Francisci in Transtiberim R. II.
Fratribus et Conventui s. Apostolorum R. II.
Fratribus et Conventui s. Petri ad vincula R. II.
Fratribus et Conventui s. Marie de populo R. III.
Fratribus et Conventui s. Augustini R. III.
Fratribus s. Cecilie in Transtiberim R. I.
Fratribus et Conventui s. Crucis in Ierusalem R. I Sco. VI.
Fratribus et Conventui s. Pauli extra muros R. X.
Fratribus et Conventui s. Marie Nove R. II.
Fratribus et Conventui s. Silvestri de lauro R. III.
Fratribus et Conventui s. Laurentii extra muros R. I.
Fratribus s. Sebastiani extra muros R. I.
Fratribus s. Eusebii O. Celestinorum R. II.
Fratribus s. Mattei ord. s. Augustini R. I.
Fratribus s. Silvestri Montis Soractis R. o Sco. VIII.
Fratribus s. Stephani in Celio Monte R. I.
Fratribus s. Ieronimi de regione arenule R. II.
Fratribus s. Pauli heremite R. o Sco. II.
Fratribus s. Anastasii ad tres fontes R. I.
Fratribus s. Marcellis R. I.
Fratribus s. Marie de pace R. II.
Fratribus s. Crisogoni in transtiberim R. I.
Fratribus s. Iohannis et Pauli R. I.
Fratribus s. Sabine R. II.
Fratribus ss. Alexii et Bonifacii R. II.
Fratribus ss. Andree et Gregorii R. III.
Fratribus s. Clementis R. II.
Fratribus s. Martini in Montibus R. I.
Fratribus s. Susanne R. o Sco. II.
Fratribus s. Trinitatis R. I.
Fratribus s. Silvestri in capite R. o Sco. VIII.
 p65  Fratribus s. Pauli ordinis s. Hieronimi Albinensium R. II.
Fratribus s. Praxedis R. I.
Fratribus s. Silvestri de Monte Cavallo R. I.
Fratribus b. Marie de quercia de Viterbio R. II.
Hosp. Later. ad S. Sanctor. de Urbe R. X.
Hosp. s. Sp. in Saxia de Urbe R. VIII.
Hosp. s. Marie in porticu R. II.
Hosp. s. Iacobi Ispanorum R. I.
Hosp. s. Iacobbiº in Augusta R. II.
Hosp. s. Marie de Gratiis R. II.
Hosp. s. Brigide nationis dacie R. o Sco. IIII.
Hosp. s. Antonii natione Portugalie R. I.
Hosp. Miriaducis? R II.
Hosp. de Castronuovo R. o Sco. IIII.
Monialibus s. Silvestri in capite R. IIII.
Monialibus s. Cosmatis R. III.
Eisdem monialibus rubium unum aliud vigore mandati motu proprio fe. re. Iulii papae II R. I.
Monialibus prope domum s. Cosme et Damiani ord. s. Dominici R. o Sco. VI.
Monialibus s. Sixti R. II.
Monialibus s. Laurentii in panisperni R. II.
Eisdem unum ex gratia R. I.
Monialibus s. Ambrosii de Maxima R. I Sco. IIII.
Monialibus Montis Magnanapolis R. II.
Monialibus Turrispeculi R. III.
Monialibus s. Anne in Iulia R. II.
Monialibus s. Marie in insula R. I Sco. VI.
Monialibus s. Auree R. I Sco. VII.
Monialibus Manticellarum s. Augustini in domo de Martellutiis prope s. Laurentium in Lucina R. I.
Bizochis in monte Acetorio o s. Augustini videlicet Perpetue R. I.
Monialibus s. M. de Campo Martio R. II.
Ministre et sororibus in foro iudeorum s. Francisci R. II.
Monialibus de domo Sancte R. I.
Monialibus prope Urbanum quarum caput est Francisca R. o Sco. VIII.
Monialibus prope Templum Pacis quarum caput est Francisca R. o Sco. VIII.
Monialibus prope Templum Pacis quarum caput est Rogata R. o Sco. VI.
Monialibus Iacobe et Carole et sororibus R. o Sco. VII.
Monialibus s. Helisabeth de observantia in regione Pontis R. I.
Monialibus apud s. Andream videlicet Laurentie et sororibus R. o Sco. VII.
Mulieribus in domo Polidore in Transtiberim R. I.
Monialibus o. s. Francisci in ecclesia s. Iacobi delle morate R. I.
Monialibus et sororibus s. Trinitatis R. I.
Custodibus altaris principis apostolorum de Urbe R. o Sco. I.
Mulieribus prope turrim Martiam? R. I.
Monialibus et sororibus s. Dominici habitatoribus in domo Domni de Vetere R. o Sco. I.
Monialibus o. s. Francisci in domo Magonti? R. I.
Ministre generali monialium tertii ordinis R. III.
Bizochis s. Dominici habitatoribus in domo Ducisse Asculi prope ecclesiam s. Stephani de Quacco quorum caput est Francisca de Fano in regione Pinee R. o Sco. IIII.
 p66  Mulieribus religiosis reclusis in basilica s. Io. Lateranensis R. o Sco. II.
Bizochis s. Helisabeth in regione Pontis videlicet sorori Brigide et sociae R. o Sco. II.
Bizochis Spiritus Sancti prope Macellum de Corvo R. I.
Monialibus de pietate subter Capitolium R. I.
Bizochis s. Dominici prope s. Simeonem in regione Pontis quorum caput est Catharina R. o Sco. V.
Monialibus s. Euphemie R. o Sco. VI.
Mulieribus in domo Pauli de Mutis R. o Sco. VI.
Monialibus o. s. Dominici prope ecclesiam s. Martini quarum caput est Francisca R. o Sco. V.
Bizochis ord. s. Francisci apud s. Stephanum de Cacco R. o Sco. VI.
Bizochis videlicet sorori Magdalene et socie habitantibus in domo dñae Caterine in regione pontis R. o Sco. II.
Bizochis o. s. Dominici habitantibus prope Macellum de Corvo quarum caput est Seraphina R. o Sco. V.
Bizochis III ord. s. Francisci habitantibus domum dñe Catherine in campo Martio Sco. VI pro hac vice tantum.
Constituunt in totum summam rubrorum centum triginta. . . . . et scortia. . . . pro personarum et locorum predictorum elemosinis praesentis anni quae sic solute et consignate in vestris computis admittemus et admitti faciemus.
Datum Rome in Camera Apostolica die 1 mensis Xmbris 1514. Pontificatus Sanct. in Xro Patris Dni N. Leonis pape X anno II.

CATALOGO DELLE CHIESE ESTRATTO DALLA PIANTA DI ROMA DEL BUFALINI (a. 1551)

Agatha s. Agata de' Goti
Agnes s. Agnese a piazza Navona
Agnes s. Agnese a porta Pia
Alexius
Aloysius s. Luigi de' Francesi
Ambrosius s. Ambrogio delle Missioni
Ambrosius s. Carlo al Corso
Anastasia s. Anastasia
Anastasius ss. Vincenzo ed Anastasio a Trevi
Andreas s. Andrea delle Fratte
Andreas s. Maria ad Nives
Andreas s. Andrea in catabarbara patricia
Andreas s. Andrea al Quirinale
Angelus s. Angelo in Pescheria
Angelus Borgo Angelico
Angelus Monte Giordano
Monast. s. Annae s. Anna de' Fornari
Antonius s. Antonio all'Esquilino
Antonius Via del Caravita
Antonius Portugallensium s. Antonio de' Portoghesi
Apollinaris
Apostoli ss. Apostoli
Augustinus
Balbina
Barbara
 p67  Bartholomaeus
Basilius Foro d'Augusto
Benedictus Terme Alessandrine
Benedictus s. Benedetto in Piscinula
Benedictus s. Carlo a' Catinari
Bernardus ss. Nome di Maria
Bibiana
Blasius s. Egidio in Trastevere
Blasius Via del Monte della Farina
Brigida Piazza Farnese
Caecilia Trastevere
Callistus Idem
C. P. Cappuccinorum Palazzo Nepoti-Mereghi, Ripresa dei Barberi
Monast. Castri Perusiae Ora Ufficii del Vicario
Catharina s. Caterina della Ruota
Catharina Piazza Rusticucci
Monast. s. Catharina s. Caterina de' Funari
Ciriacus s. Gallicano
Ciriacus Via Madonna de' Monti presso Tor de' Conti
Clemens
Monast. Convert. Ora delle Convertite
Cosma et Damianus (Via Sacra) Foro Romano
Cosimatus
Crucifixus Via Ostiense presso il fonte dell'Almone, a destra
Eccl. S. C. in Hierusalem
Egidius Via Angelica a destra
Eligius Presso s. Eligio de' Ferrari
M. Elisabeth Via de' Chiavari
Eufemia s. Eufemia
Eufemia Bambin Gesù
Eusebius
Eustachius
Felix Villa Medici
Franciscus s. Francesco a Ripa
Georgius in Velabro
Gregorius s. Gregorio de' Muratori (Via Leccosa)
Gregorius Al Celio
Gregorius s. Gregorio a porte Quattro Capi
Gregorius Palazzo della Cancelleria
Grisogonus
Hieronimus de Tebolis Tra le Vie del Corso e del Giardino
Hieronimus s. Girolamo delli Schiavoni
Hieronimus Via Monserrato
Iacobus s. Giacomo al Colosseo
Iacobus Casa Baldinotti (Via Frascati e sull'Appia Nuova)
Iacobus s. già in Settimiana
Iacobus Via delle Muratte a destra
Iacobus s. Giacomo a Scossa Cavalli
 p68  Iacobus Hispanorum s. Giacomo degli Spagnuoli
Ioannes s. Venanzio
Ioannes s. Giovanni della Pigna
Ioannes Id.
Decollatus s. Giovanni Calibita
Ioannes Id.
Ioannes Florentinorum Id.
Ioannes ante portaº Latinam Id.
Ioannes et Paulus Id.
Sacellum D. Ioannes Apostoli Tempietto di s. Giovanni in Olio
Baptist. Constantini
Basilica Constantini
Campus Sanctus
Sacellum s. Io. Bapt.
Hospitale S. Salvatoris
Scala Sancta
s. Giovanni in Laterano
Laurentius s. Lorenzo in Fonte
Laurentius s. s. Lorenzo fuori le mura
Laurentius s. Maria del Carmine
Laurentius in Lucina Id.
Laurentius in Panispernae Id.
Laurentius s. Lorenzo in Ianiculo poscia s. Egidio
Leonardus Presso piazza Mattei
Leonardus Lungara
Lucia s. Lucia della Tinta
Lucia Id. della Chiavica
Lucia Id. de Ginnasi
Lucia Corso, presso il palazzo Raggi
Lucia Id. in Selce
Maria Magdalena Id.
Marcellus Id.
Marcus Id.
Margarita Mura di Roma presso s. Giovanni e s. Croce in Gerusalemme
Maria Presso Monte de' Fiori
Maria s. Dorotea
Maria Presso s. Maria della Visitazione
Maria s. Maria delle Febri
Maria s. Maria in Monticelli
Maria s. Maria in Traspontina
Maria Piazza Margana (sotto i Corteggiani)
Maria s. Maria in Monserrato
Maria Torre de' Specchi
Maria in Trivio
Maria Aegiptiaca Id.
Maria Alteriorum s. Maria della Strada — Gesù
Maria de Angelis Id. alle Colonnacce
Maria de Anima Id.
Maria in Aracoeli
Maria in Aventino Priorato
Maria Busti Gallici Via del Colosseo
Maria de Campitellis
Maria in Campo Presso la via de' Serpenti
Maria in Cappella Id.
 p69  Maria Consolationis Presso la via de' Serpenti
Maria extra Tiberim Id.
Maria de Horto Id.
Maria Lauretana Id.
Maria ad Martyres Pantheon
Maria Minervae Id.
Maria Nova s. Francesca
Maria Orphanorum in Aquiro
Maria Populi Id.
Maria in Porticu Via Bucimazza
Maria Purificationis Banco s. Spirito
Maria Traspontinae Piazza Pia
Maria in Via Id.
Maria in Via Lata Id.
Maria ad Vincula La Navicella
Sacellum Mariae Tre Madonne (Monti Parioli)
Sacellum Mariae Angolo delle vie Prenestina e del Pigneto
Sacellum d. Mariae Via Tiburtina
Sacellum d. Mariae Via delle Sette Chiese presso s. Lorenzo e porta Maggiore
Martinus s. Martino ai Monti
Martinus Piazza del Monte
Mattaeus in Merulana
Mautus Id.
Michaelangelus ss. Michele e Magno in Borgo
Monasterium ss. Domenico e Sisto
Nereus Id.
Nicolaus s. Nicola de' Lorenesi
Nicolaus Degli Incoronati (piazza Padella)
Nicolaus Presso s. Nicola in Carcere
Nicolaus de' Prefetti
Nicolaus Via de' Lucchesi
Nicolaus Palazzo Massimo all'Aracoeli
Nicolaus a' Cesarini
Nicolaus Piazza Paganica
Nicolaus in Arcione
Onofrius s. Onofrio
Pantaleus Id.
Pantaleo Presso via Urbana
T. D. Pauli sull'Ostiense
Maria Pax s. Maria della Pace
Petrus Carcere Tulliano
T. S. Petri Gradus s. Petri
Fons s. Petri
Forum s. Petri
Petrus Marcellini Id.
Petrus in Montorio Id.
Petrus in Vincula Id.
Potentiana
Praxedes
Prisca
Quatuor
 p70  Resurrectionis Via di s. Vincenzo
Rochus Id.
Sabas Id.
Sabina Id.
Salvator Via Bucimazza
Salvator Via Bocca della Verità
Salvator s. Salvatore in Lauro
Salvator s. Salvatore ai Monti
Salvator Campo Carleo
Salvator Slita del Grillo
Salvator Terme di Costantino
Salvator s. Salvatore a ponte Rotto
Salvator s. Salvatore delle Coppelle
Schola Graeca s. Maria in Cosmedin
Sebastianus s. Andrea della Valle
Mon. s. Silvestri in Capite
Symeon s. Simone a piazza Lancellotti
Sixtus s. Sisto Vecchio
Spiritus in Sassia
Stephanus s. Stefano del Tulloº a piazza di Pietra
Stephanus s. Stefano delle Carrozze
Stephanus s. Stefano de' Mori
Stephanus s. Stefano del Cacco
Stephanus Rotundus
Susanna
Thomas
Thomas Angolo delle vie Giulia e Mascherone
Thomas in Parione
Thomas Degli Inglesi a Monserrato
Trifo Via della Scrofa
Trinitas Trinità de' Monti
Urbanus Campo Carleo
Valentinus Piazza Paganica
Vitalis Id.
Vitalis Id.

CATALOGO DELLE CHIESE SOTTO IL PONTIFICATO DI PIO IV (a. 1559‑1565)

Cotesto elenco fu ordinato dal papa Pio IV collo scopo di sopperire alle molteplici necessità dei poveri indigenti della città. Egli ordinò che ciascuna delle chiese fosse, secondo i proprî redditi tassata in modo proporzionato, onde concorrere al nobilissimo scopo. Il catalogo ha il seguente titolo:

 p71  TASSA DELLE CHIESE E BENEFICII DI ROMA PER LA SOVVENTIONE DELLE POVERI ALIAS MENDICANTI

→ Al testo del catalogo di Pio IV riprodotto dall'Armellini alle pp71‑75 qui sopra descritto, testo senza apparato critico, ho preferito includere nel mio sito quello più dettagliato ed accurato, con apparato critico, riprodotto da Christian Hülsen: vi rimanderò il gentile lettore quando l'avrò immesso.

 p75  CATALOGO DELLE CHIESE SOTTO IL PONTIFICATO DI S. PIO V (a. 1566‑1572)

Questo catalogo, ch'è pure inedito, l'ho trovato negli archivî del Vaticano, ed appartiene alle Acta Visitationis ordinato dal sommo Pontefice s. Pio V. È un documento doppiamente interessante, perchè le chiese sono distribuite secondo i varî rioni della città, ed è notato talvolta lo stato delle medesime, fra le quali ve ne hanno parecchie che si dicono ruinate.

→ Al testo del catalogo di Pio V riprodotto dall'Armellini alle pp75‑82 qui sopra descritto, testo senza apparato critico, ho preferito includere nel mio sito quello più dettagliato ed accurato, con apparato critico, riprodotto da Christian Hülsen: vi rimanderò il gentile lettore quando l'avrò immesso.

 p82  CATALOGO DELLE CHIESE PARROCCHIALI DI ROMA NEL SECOLO XVI​83

Del rione di Ponte
S. Biagio delle Pagnotte unito a s. Pietro
S. Giovanni delli Fiorentini Rettore et Capp. della Compagnia
Ss. Celso et Giuliano Rettori li Canonici
S. Maria in Traspontina Rettori li Frati
S. Maria in Posterula R. M. Gregorio Formicino
S. Biagio della Tinta Rett. M. Vincenzo Galletto
S. Apollinare Rettori li Canonici
S. Niccolò in Agone Rett. M. Attilio Cecio
S. Maria della Pace Rett. li Frati
S. Biagio delle Fosse Rett. M. Bartholomeo Aronio
S. Cecilia in Monte Iordano Rett. M. Baldassarre de Bustis
S. Simone et Giuda Rett. M. Benedetto Egio
S. Salvatore de Primicerio Rett. M. Titio Chermadio
 p83  Del rione di Parione
S. Agnesaº in Agone R. M. Hercole Marcorio
S. Pantaleo unito con s. Eustachio
S. Maria Grotta penta R. M. Anastasio Corona
S. Barbara R. M. Lorenzo Richeza
S. Lorenzo in Damaso R. li Canonici
S. Stephano in Pisciola R. M. Nicolò Aragonia
S. Maria in Vallicella R. M. Franc. Claudio di Cathomy
S. Thomaso in Parione R. M. Stephano Suisio
Del rione della Regola
S. Niccolò Incoronato R. M. Gio. Maria Burghesi
S. Giovanni in Aima R. M. Titio Chermadio
S. Andrea Nazareno R. M. Sinibaldo di Benedettis
S. Caterina in Catinaria unita a s. Pietro
S. Thomaso della Catena R. M. Gio. Pietro de Baii
S. Salvatore in Unda unita con ss. Apostoli
S. Benedetto alla Regola R. M. Franc. Agnino
S. Salvatore in Campo R. li Monaci dell'Abbatia di Farfa
S. Martinello R. M. Pierleone Altini
S. Maria in Monticello R. M. Filippo Farsetti
S. Pavolo della Regola R. M. Iustiniano Iustiniani
Ss. Vincenzo et Anastasio R. Cappellano della Compagnia dei Cochi
S. Stefano della Regola R. M. Rocco Brancaleone
S. Thomaso al capo delle Mole R. M. Marcello Thesauri
S. Salvatore in Cacabaro R. M. Thomaso della Febre
S. Maria in Cacabariusº R. M. Francesco Ralli
S. Maria in Publico R. M. Cardinale di S. Croce
S. Anna R. il Cappellano delle Monache
S. Benedetto in Clausura R. M. Benedetto Bueio
Del rione di Trastevere
S. Pietro in Vaticano R. liCanonici
S. Iacobo Scossa cavallo R. il Cappellano della Compagnia
S. Spirito in Sassia R. li Cappellani dell'hospedale
S. Leonardo R. M. Iacobo Fantuccio
Ss. Dorotea et Silvestro R. Alberto Bertone
S. Giovanni della Malva R. M. Giovanni Barone
S. Biagio de Curte alli Velli R. M. Gio. Pietro Verallo
s. Lorenzolo R. M. Iacobo Ticchinelli
s. Maria in Trastevere R. li Canonici
S. Rufina R. M. Quirico Corso
S. Grisogono RR. li Frati
S. Agatha R. M. Michelangelo Fiorentino
S. Bonosa R. M. Vincenzo Muti
S. Salvatore de' Cortili (sic) R. M. Aurelio Forti
S. Benedetto in Pescivola R. M. Lorenzo Gallo
S. Salvatore al Ponte di s. Maria R. M. Domenico Siciliano
S. Andrea della Scafa R. M. Augustino Morosio
S. Cecilia R. il Cappellano delle Monache
 p84  Del rione di Ripa
S. Maria in Vincis R. M. Pietro de Camerino
S. Niccolò in Carcere RR. li Canonici
S. Maria in Porticu R. M. Francesco Sigolli
S. Maria Egitiaca R. M. Filippo fam. del Card. di Pisa
S. Gregorio a ponte Quattro Capi R. M. Bartolomeo
S. Bartholomeo in Insula RR. li Frati
S. Colavita R. il Cappellano delle Monache
Del rione di S. Angelo
S. Angelo in Pescaria RR. li Canonici
S. Maria in Candelora R. Gio. Tommaso Campana
S. Salvatore in piazza Giudea R. M. Domenico Rinaldi
s. Ambrogio de Massonis R. il Cappellano delle Monache
s. Catherina delli Funari R. M. Capp. della Comp. de' Funari
S. Valentino R. M. Gio. Antonio Burrolino
S. Leonardo R. M. Pompilio Nari
Del rione di Campitelli
S. Biagio in Campitello R. M. Filippo de Bartholomeis
S. Andrea delli Funari R. M. Guglielmo Franzese
S. Niccolò delli Funari R. Domenico Castelluccio
S. Maria de Corte R. Stefano Parisi
S. Giovanni de Mercato R. il Capp. della Comp. delli Neofiti
S. Maria in Campitello R. M. Sebastiano Benincasa
Del rione della Pigna
S. Lucia alle Botteghe oscure R. M. Verallo
S. Salvatore alle Botteghe oscure R. M. Ottavio Capizucco
S. Marco R. li Canonici
S. Maria della Strada RR. li Theatini
S. Stefano del Cacco RR. li Frati Silvestrini
S. Maria sopra Minerva RR. li Frati
S. Giovanni delle Pigne R. Nicolò Martinelli
Ss. Cosmo et Damiano R. Fabio de Torre
Ss. Quaranta R. M. Santo Mariscotto
Del rione delli Monti
S. Vito RR. li Frati di s. Giuliano
S. Prassede RR. li Monaci
S Martino RR. li Frati
S. Giovanni de Carupulo R. M. di Bagnavia
S. Salvatore in Suburra R. M. Bartholomeo cantore già di Pio IIII
Ss. Sergio et Bacco R. M. Frangerio Antonichio
S. Agatha Titolo di Mons. Rocco Crispo et è parrocchia
S. Salvatore a Torre sicura R. M. . . . . .
S. Panthaleon R. Modesto Brica
S. Chirico RR. li Canonici
S. Salvatore a Torre de Militia R. Alessandro Centelli
 p85  S. Andrea in Monte cavallo RR. li Theatini
S. Salvatore in Monte cavallo RR. li Frati di s. Hieronimo
S. Maria in Campo Carleo R. M. Ant. Casoleno
S. Martina unita a s. Adriano
S. Lorenzuolo R. Gio. Batt. Honorati
S. Bernardo R. Fabio de Torre
Del rione di Trevi
Ss. Apostoli RR. li Frati
S. Maria in via lata RR. li Canonici
S. Marcello RR. li Frati
S. Anastasio R. D. Matteo Labiola
S. Giovanni della Ficoccia R. M. Rodolfo Franzese
S. Nicolò a capo case unita a s. Marcello
Del rione di Colonna
S. Maria in Trevio RR. li Frati Cisterc.
S. Andrea delle Fratte R. M. Iacomo de Guasui
S. Maria in Via RR. li Frati
S. Stefano del Trullo unito alla Comp. de' Pazzi
S. Maria in Aquiro R. il Capp. dell'Orfanelli
S. Maria Rotonda RR. li Canonici
S. Salvatore delle Cuppelle R. Gio. Francesco Ottopono
S. Mauto unito a s. Pietro
S. Nicolò de Forbitori RR. li Monaci Camaldolesi
Del rione di C. Marzo
S. Lorenzo in Lucina RR. li Canonici
S. Nicola de' Perfetti R. Brancadoro Brancadori
S. Ivo B. il Capp. della Comp. de' Bertini
S. Biagio in Montecitorio unita alla Comp. di s. Ambrogio
S. Lucia della Tinta R. M. Bartholomeo Silio
S. Trifone RR. li Frati di s. Augustino
Del rione di S. Eustacchio
S. Lodovico delli Franzesi R. il Capp. delle nat. franzese
S. Eustacchio RR. li Canonici
S. Maria Monterone R. Ilario Vergario
S. Nicolò de Molini R. Desiderio Pansiera
S. Nicolò de' Cesarini R. Gio. Batt. Silio
S. Biagio de Annulo R. Adriano Gratioso
S. Sebastiano in via papae R. Hortensio Lanciloculo
S. Agnese fuori di Roma mon. dell'ordine dei Frati di san Pietro in Vincoli

 p86  CATALOGO DELLE CHIESE PARROCCHIALI DI ROMA NELL'ANNO 1569​84

Tutte le chiese parrocchiali di Roma per procura aveano il fonte battesimale e per tutto il secolo decimosesto a fundatione erano fra di loro indipendenti, non essendovi mai stato verun segno di soggezione e di figliazione una dall'altra.

Nel 1569 Roma era diminuita di popolazione, e quasi deserta, e ciò non ostante v'erano allora 132 parrocchie, delle quali precisamente le minori erano scarse di parrocchiani, pochissimo frequentate e portico indecentemente tenute.

Il card. Giacomo Savelli, in quel tempo Vicario di Roma, per ovviare a detti inconvenienti, trasferì il fonte battesimale alle parrocchie più insigni e più frequentate con suo decreto delli 23 agosto 1569 in tempo di s. Pio V, segnato lett. A per la ragione ivi espressa: "Multis de causis expedire visum est baptismales fontes a minoribus ecclesiis quae ob populi infrequentiam minus celebres sunt, ad insigniores ac primarias Urbis ecclesias transferri ut maiori cultu, atque ornatu pro rei ipsius sanctitate salutare hoc regenerationis nostrae sacramentum ministretur." Per il che per l'amministrazione e custodia di detto s. fonte, scelse 24 parrocchie, a ciascuna delle quali soggettò le altre parrocchiali. "Quoad baptismum tantum usus: 24 Parrocchiales ecclesias designamus in quibus Baptismi Sacramentum conferri volumus, plerisque autem eorum habita in primis titulorum et fidelium commoditates ratione quoad baptismum tantum attinet alias parrocchiales attribuendas."

Il detto cardinal Vicario privò del fonte le chiese minori nella seguente forma: "Omnibus et singulis Parochiarum urbis et suburbiorum Rectoribus, iis dumtaxat exceptis, quos nunc ad baptizandi munus eligimus quorum nomina infrascripta sunt edicimus, ne in posterum sacrum baptizandi officium in earum ecclesiis, excepta necessitatis causa, exerceant, et exerceri faciant et permittant, qui secus fecerint, meritis poenis et aliis arbitrio nostro mulctabuntur."

 p87  CHIESE PRESCELTE

S. Giov. Laterano con i suoi limiti.

S. Pietro in Vaticano a cui si assoggettano: s. spirito in Sassia — s. Leonardo in Settignano — s. Giacomo Scossa Cavalli — s. Maria Traspontina.

Ss. Lorenzo e Damaso Si assoggettano: s. Agnese a Navona — s. Andrea Nazareno — s. Barbara — s. Benedetto alla Regola — s. Benedetto de Clausura — s. Biagio de Annulo — s. Biagio della Fossa — s. Ambrogio de Maxima — s. Caterina in Catinaria — s. Cecilia a Monte Giordano — s. Leonardo — s. Maria in Vallicella — s. Maria in Cacaberis — s. Maria in Publicolis — s. Maria in Candelora — s. Maria di Grotta pinta — s. Martinello — s. Maria in Monticello — s. Giovanni in Ayna — s. Nicolò Incoronato — s. Nicolò de' Cesarini — s. Nicolò dei Cavalieri — s. Nicolò in Agone — s. Paolo Arenule — s. Salvatore in Cacaberis — s. Salvatore in Onda — s. Salvatore in Campo — ss. Simone e Giuda — s. Simone Profeta — s. Salvatore in Primicerio — s. Stefano a' Vaccinari — s. Stefano in Piscinola — s. Tommaso in Parione — s. Tommaso della Catena — s. Tommaso alle Mole de' Cenci — ss. Vincenzo e Anastasio — s. Valentino.

S. Maria in Trastevere. Si assoggettano: s. Biagio de Curtibus — s. Giovanni della Malva — s. Dorotea — s. Rufina — s. Lorenzo Lorenzolo.

S. Maria della Rotonda. Si assoggettano: s. Andrea de' Funari — s. Biagio alle scale d'Aracoeli — ss. Cosma e Damiano — ss. 40 Martiri — s. Maria de Curte — s. Maria in Campitelli — s. Maria de Strada — s. Lucia alle Botteghe oscure — s. Nicolò de' Funari — s. Lorenzo — s. Salvatore alle Botteghe oscure — s. Giovanni della Pigna — s. Stefano del Cacco.

S. Nicolò in Carcere. Si assoggettano: s. Maria in Vincis — s. Maria in Porticu — s. Maria in Portia — s. Maria Egiziaca — s. Lorenzo.

S. Maria in Via Lata.

S. Eustacchio. Si assoggettano: s. Maria in Monterone — s. Sebastiano in Via Papae — s. Pantaleo.

S. Angelo in Pescaria. Si assoggettano: s. Gregorio a Ponte — s. Bartolomeo all'Isola — s. Giovanni Calibita.

S. Celso.

S. Lorenzo in Lucina. Si assoggettano: s. Biagio in monte Accettorio — s. Salvatore delle Coppelle — s. Lucia della Tinta — s. Maria in Posterula — s. Biagio della Tinta — s. Ivo.

Ss. Quirico e Giulitta. Si assoggettano: s. Salvatore delle Milizie — s. Martina — s. Pantaleo

 p88 S. Apollinare.

S. Maria della Pace.

S. Maria sopra Minerva si assoggetta s. Macuto.

S. Marcello. Si assoggettano: s. Andrea delle Fratte — s. Giovanni di Ficoccia — s. Maria in Via — s. Maria in Trivio — s. Maria in Aquiro — s. Nicolò in Arcione — s. Nicolò de' Forbitoribus — s. Stefano del Trullo — ss. Vincenzo e Anastasio a Trevi — s. Andrea a Monte Cavallo.

S. Martino ai Monti. Si assoggettano: s. Prassede — ss. Sergio e Bacco — s. Giovanni de Carapullo — s. Salvatore in Suburra — s. Salvatore alle Tre Immagini.

S. Grisogono. Si assoggettano: s. Agata — s. Bonosa — s. Salvatore de Cortibus — s. Cecilia — s. Andrea de Schachis — s. Benedetto in Piscinula — s. Salvatore in Ponte.

S. Agostino si assoggetta s. Trifone.

S. Maria del Popolo si assoggetta s. Andrea al Popolo.

Ss. XII Apostoli. Si assoggettano: s. Maria in Campo Carleo — s. Bernardo a Colonna Traiana — s. Salvatore in Monte Cavallo.

S. Luigi de' Francesi.

S. Giovanni de' Fiorentini si assoggetta s. Giacomo della Pagnotta.

CATALOGO DELLE CHIESE PARROCCHIALI DI ROMA NELL'ANNO 1625

S. Andrea delle Fratte
S. Andrea in Vincis a Torre dei Specchi
S. Angelo al Torrione
S. Angelo in Pescaria
S. Agnese in Navona
S. Apollinare
S. Agostino
S. Apostoli
S. Benedetto in Trastevere al ponte
S. Benedetto alli Catinari
S. Basilio a Monte Citorio
S. Basilio alle scale d'Aracoeli
S. Biagio alla Fossa vicino alla Pace
S. Biagio della Pagnotta in strada Giulia
S. Bartolomeo in Isola
S. Carlo a' Catinari
S. Caterina della Rota
S. Cecilia in Trastevere
S. Celso in Banchi
S. Dorotea passato Ponte Sisto
S. Eustachio
S. Giovanni Laterano
S. Giovanni de' Fiorentini
S. Giovanni in Ayno
S. Giovanni della Malva
S. Giovanni Mercatello
S. Gregorio a Ponte 4 Capi
S. Grisogono in Trastevere
S. Iacomo Scossa Cavalli
S. Ivo alla Scrofa
S. Lorenzo in Damaso
S. Lorenzo in Lucina
S. Luigi dei Francesi
 p89  S. Lazaro fuori di porta Angelica
S. Lucia della Tinta
S. Lucia alle Botteghe Scure
S. Martino alli Monti
S. Marcello
S. Marco
S. Maria in Campo Carleo
S. Maria in Campitelli
S. Maria in Equirio morte Maria Grotta pinta
S. Maria Monterone
S. Maria Monticelli
S. Maria sopra Minerva
S. Maria dell'Orso morte Maria della Pace
S. Maria del Popolo
S. Maria in Portico
S. Maria del Pianto
S. Maria in Publicolis
S. Maria della Rotonda
S. Maria di Scola Greca
S. Maria in Via
S. Maria in Via Lata
S. Maria in vallicella
S. Maria in Traspontina
S. Maria in Trastevere
S. Nicola in Carcere
S. Nicola a' Cesarini
S. Nicola in Campo Martio
S. Nicola a Capo le Case
S. Nicola dell'Incoronati
S. Nicola in Navona
S. Nicolò a Torre dei Specchi
S. Nicolò alle Fosse
S. Pantaleo a Pasquino
S. Pietro in Vaticano
S. Prassede ai Monti
S. Salvatore in Campo
S. Salvatore delle Coppelle
S. Salvatore in Corte
S. Salvatore a Ponte s. Maria
S. Salvatore in Primicerio
S. Salvatore in Suburra ai Monti
S. Sergio e Bacco
S. Simone
S. Simone e Giuda
S. Spirito in Saxia
S. Stefano in Pescinola
S. Stefano del Cacco
S. Stefano a Strada Pia
S. Tomaso alli Cenci
S. Tomaso in Parione
Ss. Vincenzo ed Anastasio sul Tevere
Ss. Vincenzo ed Anastasio di Trevi.

CHIESE COL FONTE

S. Angelo in Pescaria
S. Agostino
Ss. Apostoli
Ss. Celso e Giuliano
S. Crisogono
S. Eustachio
S. Giovanni Laterano
S. Giovanni de' Fiorentini
S. Lorenzo in Damaso
S. Lorenzo in Lucina
S. Maria della Pace
S. Maria del Popolo
S. Maria sopra Minerva
S. Maria Rotonda
S. Maria in Via
S. Maria in Via Lata
S. Maria in Trastevere
S. Maria ai Monti
S. Marcello
S. Marco
S. Nicola in Carcere
S. Pietro in Vaticano
S. Prassede
S. Quirico.


Note dell'autore:

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Pagina aggiornata: 23 ago 20