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Le Chiese di Roma nel Medio Evo

di Christian Hülsen

pubblicato da Leo S. Olschki
Firenze
MCMXXVII

Il testo è nel pubblico dominio.

seguente:

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 p159 

I II Hlm

A1. S. ABBACYRI DE MILITIIS

Cenc. 78 (S. Abaciro): den. XII; id. lit. 51 (cappella S. Abaciri): den. XII — Paris. 331 (senza cognome) — Taur. 8 (S. Pacere de Militiis que est capella papalis): habet IIII clericos — Sign. 160 (SS. Cyri et Io.).

Chiesa già esistente sulla pendice occidentale del Quirinale verso il Foro Traiano. Il papa Anacleto II, con bolla del 24. aprile 1130, concedette alla basilica dei XII Apostoli beati Abbacyri ecclesiam positam intra parochiam (SS. Apostolorum) in loco qui dicitur Biberatica (Panvinius presso Mai Spicil. Rom. IX p. 505; Jaffé-Lowenfeld 8375; Kehr IP. I p. 72 n. 4). Quasi contemporanea a questa è la menzione nell'Ordine di Benedetto Canonico p. 143 ed. Mabillon (cf. Jordan Topogr. II p. 665; Lanciani Mon. dei Lincei I, 539); il papa venendo da S. Basilio ascendit per montem iuxta militias Tiberianas, descendit per S. Abbacyrum, et transiens ante SS. Apostolos ecc. Verso la fine del sec. XII la chiesa pagava annualmente unum marabotinum alla basilica lateranense (Cencius I, 8 II, 109 ed. Fabre-Duchesne; cf. il passo della suddetta bolla di Anacleto: solitum qui ex ea nostro Lateranensi palatio singulis annis solvebaturº byzantium). Alcuni beni appartenenti alla chiesa situati fuori la porta Nomentana vengono ricordati in un documento dell'archivio di S. Prassede del 16. agosto 1209 (Fedele Arch. soc. romana XXVIII, 1905 p. 87 n. 51). Era cappella papale, e deve essere stata di qualche riguardo nel sec. XIII: nei regesti dei papi di quel secolo spesso si ricordano archipresbyteri ecclesiae SS. Cyri et Iohannis de Urbe, come incaricati di commissioni speciali (Reg. Gregorii IX I p. 427 n. 670: 16. giugno 1231; p. 557 n. 932: 26. ottobre 1232; — Innocentii IV I p. 5 n. 20: 16. luglio 1243; p. 21 n. 96: 2. settembre 1243; p. 466 n. 3095: 4. luglio 1247; p. 526 n. 3503: 18. dicembre 1247; II p. 248 n. 5353: 14. luglio 1250; p. 258 n. 5408: 16. febbraio 1251; III p. 229 n. 6582: 4. giugno 1253; p. 339 n. 7105: 8. dicembre 1253; — Alexandri IV: I p. 116 n. 278: 14. marzo 1255; p. 212 n. 707: 13. agosto 1255). Nicola IV per una bolla del 1. aogsto 1289 (I p. 238 n. 1140) diretta dilectis filiis archipresbytero et capitulo ecclesiae nostrae Sanctorum Cyri et Iohannis in Militiis de Urbe le concedette delle indulgenze. La chiesa viene registrata ancora, col nome di S. Abbacyri in via Bibaretica, nel Volumen antiquarum rerum basilicae  p160 XII Apostolorum compositum par G. Volaterranum a. 1454 (v. sopra p. 130), ma sembra che sia abbandonata poco più tardi: manca nel catalogo del 1492, nella Tassa di Pio IV ed altri cataloghi del secolo XVI. L'edifizio però rimaneva ancora in quei tempi. Andrea Fulvio (Topographia lib. II f. Giovanni ed. 1527), dopo aver descritto l'emiciclo orientale del Foro Traiano, dice: in altero cornu visitur profunda alla chiesa vetusta aedis S. Albicyri. Similmente scrive il Severano (cod. Vallicell. G, 26 f. 15 v.): S. Abbaciro fu nel Foro Traiano nel discendere dal Monte Bagnanapli in una punta del Portico di detto Foro (Traiano), del quale si vedono li vestigii nel descendere dal Monte detto Bagnanapoli a mano manca sotto al monastero di S. Caterina di Siena, dove in luogo basso si vede una fabrica come un mezo cerchio, era l'antica e profonda chiesa di S. Abaciro (un altro e più breve passo, del medesimo autore, cod. Vallicell. 16 f. 11 è ripetuto dall'Armellini p. 181). Il nome corrotto di S. Pacera, che già si trova nel catalogo di Torino, perdurava anche nel sec. XVI. Un "documento dell'Archivio Vaticano" riportato senza indicazione esatta dall'Armellini l.c. dice: L'accasamento detto di S. Pacera posto a Monte Bagnanapoli, sotto il quale è la chiesa di S. Pacera, fu venduto dai Sigg. Molari alli Sigg. Vittori li 20 di marzo 1533 per gli atti di D. Berardi, nel quale istromento fu presente D. Didaco Diel benefitiato di detta chiesa (presso l'Armellini il millesimo per errore di stampa è 1833, ma il notaio ricordato, come gentilmente mi insegna il ch. Pio Franchi de' Cavalieri, non può essere altro che Dominicus Berardus, che si trova in funzione dal 1505 al 1554; cf. A. Françoisº, Elenco di notaii che rogarono atti in Roma dal sec. XIV all'anno 1886, Roma 1886). Finalmente il Martinelli p. 383 sg. ne riferisce come segue: SS. Pacerae et Salvatoris ecclesia erat sub monastero S. Catherinae Senensis in principio ascensus collis qui dicitur Bagnanapoli, et adhuc a sinistris in ingressu amplace portae cernitur aedificii antiqui magna pars. Eius iura translata fuerunt ad ecclesiam sanctae Mariae Campi Caroli Leonis et postea ad altare S. Nicolai in eadem ecclesia. Haec legimus in Bulla Sixti V quae incipit: decet et rationi consonum etc. data an. 1585 Kal. Mai. Dalle testimonianze surriferite risulta che la chiesa si trovava sotto il Quirinale presso l'estremità settentrionale del grande emiciclo del Foro trn, nel sito dell'odierno Palazzo Roccagiovine o del palazzo antiguo già Ceva (Nolli n. 107). Non può essere stata però nel mezzo dell'emiciclo, ove la pone il Lanciani FUR. f. 22, neppure sull'altura del fabbricato come suppone il Bartoli (Cento disegni di Roma antica, tav. XLI), essendo gli autori concordi di chiamare  p161 la chiesa profunda. Il Grimaldi (presso Martinelli 332) ed altri confondono questa chiesa con S. Salvatore delle Milizie. — V. anche S. Abacuc (fra le chiese apocrife).

Lonigo Barb. f. 17 v., Vallicell. f. 26; Martinelli 332. 335. 383; Adinolfi II, 31 sg.; Armellini 1 92 2 179; Kehr IP. I p. 73.

I Mi

A2. S. ABBACYRI TRANS TIBERIM

Paris. 334.

Le memorie di questa chiesuola, scomparsa dopo il sec. XV, si congiungono con quelle della traslazione dei corpi dei due santi Ciro e Giovanni da Alessandria a Roma. Il Martinelli (Primo trofeo della S. Croce p. 112) da un lezionario della chiesa di S. Maria in Via Lata tolse la notizia (cf. anche Bosio Roma Sotterranea p. 173) che i due monaci i quali, al tempo d'Innocenzo I (402‑417), portarono i detti corpi a Roma, hospitati sunt Transtiberim apud Theodoram religiosam viduam. Quest'ultima avrebbe posti i santi corpi nella chiesa da lei edificata sulla Via portuense (v. SS. Cyri et Iohannis), mentre una parte della casa ove furono custoditi temporaneamente, veniva trasformata in chiesa. Forse con ragione il Martinelli (p. 116) riferisce a questa chiesa le parole di Giovanni Diacono nel vita di Gregorio Magno c. 91: cumque presbyter monachus Lucido episcopo tam dirum nuntium revelare timeret, tacere autem penitus non auderet, monasterio se tandem pproripuit et ad domum episcopi non longe a flumine Tiberi, regione septima (trad. ultima, che pare corrotto da VIIma) iuxta basilicam Cyri et Ioannis positam, somnium nunciaturus accessit. È ricorda pure (sotto il nome SS. Cyri et Iohannis) nei Libri indulgentiarum dei sec. XIV e XV (sopra p. 147 n. 34). Per il sito esatto è pregevole la notizia data dal Martinelli l.c: "fu ritrovata una porta di marmo, nel cui architrave era scritto a lettere maiuscole DOMUS SANCTORUM CYRI ET IOANNIS". Dopo il secolo XV non viene più ricordata.

Martinelli R. exº ethnica sacra 355, Primo trofeo della S. Croce (1655) 111‑117; Armellini 1 96 2 179.

— S. ABBACYRI VIA PORTUENSI v. S. Cyri et Iohannis.

 p162 

A3. S. ABBACYRI IN XENODOCHIO VALERIORUM

Chiesuola mentovata solamente nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) c. 81 (cf. sopra p. 10 n. 115), ove si parla di doni fatti all'oratorium S. Abbacyri qui ponitur in xenodochio qui appellatur a Valeriis. Su quel xenodochium situato presso il celebre palazzo della gente Valeria sul monte Celio vicino alla basilica di S. Stefano cf. De Rossi Studî e documenti VII, 247 sg.; Gatti bull. comun. XXX, 1902, 145 sg.; Duchesne LP. II p. 46 not. 108; Kehr IP. I p. 43. 156. Pare che sia scomparsa già prima del mille.

Lonigo Barb. f. 17 v., Vallicell. f. 26 (dal LP.); Armellini 1 93 2 124.

II Lk

A4. S. ABBACYRI ET ARCHANGELI AD ALEFANTUM

Il cognome di questa chiesuola ricorda il nome classico dell'Elephas herbarius nella regione ottava presso il Foro Olitorio (Jordan Top. I, 2, 476; Lanciani Mon. dei Lincei I, 510), e da ciò la situazione viene fissata approssimativamente. La sola menzione sicura di essa si trova nella biografia di Gregorio IV (827‑844; LP. CIII c. 12): simili modo feciat et aliam vestem de fundato . . . . . . in ecclesia beati Abbacyri atque Archangeli ad Alefantum.​a Si potrebbe supporre che la chiesa fosse costruita poco prima di quel pontificato e che fosse succeduta a quell'altare sancti Abbacyri in diaconia sancti Archangeli ricordato nella biografia di Leone III c. 108: della relazione che correva fra il culto dei due santi e la diaconia di S. Angelo rende pure testimonianza un passo curioso nella cronaca del monaco Benedetto del Monte Soratte (Monumenta Germaniae Scr. III p. 715). Ivi si riportano parecchi miracoli accaduti a Roma nel 921 e fra essi: in aecclesia vero Sancti Angeli iuxta flumen Tyberis, in qua sita est aecclesia sancti Abbaciri et Iohannis e sancte Barbare, fores eiusdem ecclesiae per totum ferme diem clausae fuerunt, ita ut nec violenter nella chiesa letaniis † qui visus aliquis illa die reserari potuissent. Non viene più mentovata dopo il Mille, e ne tacciono affatto i cataloghi: ciò non ostante il Bosio credette di ravvisarne le vestigia ancora a tempo suo. "Questa chiesa dei SS. Ciro e Giovanni — dice egli (Roma Sotterranea p. 174) — credo che sia quella che ne rimangono i vestigii appresso il ponte di santa Maria, nella riva del Tevere, dietro la chiesa di santa Maria in Portico, dove, in altri tempi, essendo noi andati in compagnia dell'Ugonio, dalle pitture che fin'all'hora vi rimanevano, raccogliemmo esser detta chiesa dedicata in honor di questi santi". Il  p163 sito descritto dal Bosio corrisponde alla chiesa di S. Lorenzo de Mondezariis: e potrebbe darsi che il culto sul santo martire si sia sostituito a quello dei due santi alessandrini. È erronea l'asserzione dell'Armellini che la chiesa sia ricordata nel catalogo di S. Pio V; ivi (v. sopra p. 104 n. 268 a) si menziona "una chiesa rovinata incontro S. Salvatore (e non S. Maria) in Portico"; e molto meno ha a fare con essa il nome di S. Maria in Cyro, che l'Armellini per una strana confusione vuole apporre ad essa (v. sotto M n. 11).

Lonigo Barb. f. 6. 17 v., Vallicell. f. 8 v.26 (dal LP.); Martinelli 288; Armellini 1 95 2 563.

II Lo

A5. SS. ANDON ET SENNEN

Cenc. 138: den. VI — Paris. 296 Taur. 188 (Adon et Sennene): habet I sacerdotem — Sign. 256 (Adon et Sennen).

La più antica menzione di questa chiesuola la trovo in un documento del 1127 nell'Archivio di S. Maria Nova (Fedele Arch. soc. romana XXIV, 1902, p. 181 n. XLV), ove si descrive una casa "posita Rome in Caldararii inter hos fines: a primo latere tenet ecclesia sancte Marie Nove, a secundo latere est ortus heredes de Repleta, a tertio latere tenet ecclesia sancte Adon Ssannes, a quarto latere est via publica". La chiesa esisteva ancora, sebbene in istato ruinoso, verso la metà del sec. XVI: il Lanciani (Storia degli scavi II, 245) ha pubblicato (dagli atti del notaro Amadei prot. 25 f. 83, Arch. di Stato a Roma) un documento del 3. giugno 1545, col quale il rector ecclesiae Sanctorum Abdon et Sennen prope Amphitheatrum vulgariter dicto Coliseo concede ad un tale Pompilio Scorzolini la licenza ad laborandum seu effodiendum et cavandum totum terrenum circum circa ipsius ecclesiae. . . . . . sub meniis vinee Sancte Marie Nove, excepto edifitio seu meniis semidirutis ipsius ecclesie, ut apparet, quibus meniis seu edificio semidiruto nullo modo per decem palmos se appropinquare debeat, ut ne detur occasio ruinandi. Da queste testimonianze, confrontate con l'ordine topografico dei cataloghi, si deduce che la chiesa era situata fra l'anfiteatro e S. Maria Nova, là dove sorgeva il colosso di Nerone; e con ragione l'Armellini ha rilevato che il luogo dove fu edificata la chiesa ha stretta relazione con la leggenda dei due celeberrimi subreguli persiani, martirizzati nella persecuzione di Decio: raccontano gli atti, che i loro corpi furono gettati ante simulacrum Solis, cioè il colosso di Nerone. La chiesa ritorna ancora nel catalogo del 1492 (sopra p. 70 n. 63) ed in  p164 quello di S. Pio V (sopra p. 98 n. 86): poco dopo deve essere stata totalmente abbattuta. Il del Sodo non la menziona più, ed al tempo del Martinelli la sua memoria era tanto scomparsa, ch'egli la ricorda soltanto negli Addenda "ex Panvin. mscr. in Bibl. Vat.", cioè dal Vat. 6780.

Lonigo Barb. f. 1, Vallicell. f. (dal Cencio); Severano Vallicell. G, 26 f. 23‑26, G, 16 f. 15. 16; Martinelli 449; Armellini 1 96 2 523.

I Dc II Kg

A6. S. AEGIDII

Cenc. 70: den. VI — Paris. 322 Taur. 101: habet I sacerdotem — Sign. 202.

Chiesa tuttora esistente nella Via di Porta Angelica. Il nome occorre spesso nei documenti relativi al palazzo ed al parco fondati da papa Nicola III nel territorio vaticano (Fabre-Duchesne Liber Censuum II p. 43‑59). Ivi comparisce come testimonio un Nicolaus rector ecclesiae sancti Egidii extra portam Viridariam (p. 54 n. 22 del 9. giugno 1278; p. 43 n. 1. 2. del 20. febbr., p. 45 n. 4 del 6. marzo, p. 48 n. 9 del 31. maggio 1279); si menzionano vigne poste in proprietate ecclesiae S. Egidii extra portam Viridariam (p. 45 n. 3 del 6. marzo 1279); non di ardo si parla di terreni appartenenti in parte alla chiesa positae extra portam Auream in monte Geretulo (p. 43 n. 1. 2 del 20. febbr. 1279; p. 49 n. 12. 13 del 30. april 1278; p. 50 n. 14 del 1. maggio, n. 15 del 4. maggio 1278; p. 51. 52. n. 16. 17. 18 del 4. maggio, p. 52 n. 19 del 9. maggio 1278; p. 53 n. 21 del 7. giugno 1278) ovvero extra portam Viridariam in monte Geretulo (p. 47 n. 7 del 11. aprile 1279; n. 8 del 7. maggio 1279; p. 48 n. 9 del 31. maggio 1279; p. 48. 49 n. 10. 11 del 28. maggio 1279) oppure extra portam Auream in monte S. Egidii seu in monte Geretulo (p. 54 n. 22 del 9. giugno 1278; cf. p. 54 n. 23 in plano montis S. Egidii et in monte Geretulo; p. 59 n. 30 in monte sancti Egidii). Alla chiesa stessa però non si appongono mai, come vollero il Torrigio (Grotte Vaticane 2 375) ed il Terribilini (cod. Casanat. 2179 f. 254) seguiti dall'Armellini, i cognomi ad montem Geretulum e iuxta portam Auream. La chiesa venne unita alla basilica di S. Pietro da Bonifacio VIII con bolla del 27. aprile 1300 (Bullar. Vatic. I, 226; Potthast 24945).

Del Sodo Vallicell. f. 77, Vatic. p. 85; Panciroli 1 305 2 517; Lonigo Barb. f. 19, Vallicell. f. 28; Martinelli 51; Alveri II, 321; Forcella VI, 313‑318; Armellini 1 224 2 788; Angeli 127.

 p165 

A7. S. AGAPITI AD VINCULA

Monastero ricordato nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 45: monasterium S. A. qui ponitur ad vinculam, e c. 78 (cf. sopra p. 9 n. 93): monasterium S. A. qui ponitur iuxta titulum Eudoxiae e probabilmente anche in quella di Stefano IV (816‑817, LP. XCIX) c. 3: monasterium ubi supra, precede ecclesia beati Petri apostoli ad vincula. L'Adinolfi lo pone, senza ragione plausibili, nei pressi delle cosidette Sette Sale. È molto probabile invece l'opinione del Duchesne, che il monastero abbia dato il cognome alla chiesa di S. Maria in monastero situata sulla Piazza di S. Pietro in Vincoli (cf. più sotto M n. 61).

Lonigo Barb. f. 1 v., Vallicell. f. 2; Martinelli 334; Adinolfi II, 115; Armellini 1 101 2 213; Duchesne LP. II p. 41 n. 63, cf. p. 51 n. 7.

A8. S. AGATHAE IN CAPUT AFRICAE

Nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) c. 79 viene mentovato un oratorium S. Agathae qui ponitur in Capud Africi (cf. sopra p. 9 n. 100). La situazione approssimativa si ricava dal cognome classico della strada del Capo d'Africa sul versante Nord del Monte Celio (Gatti Annali dell'Instituto 1882 p. 192‑220; Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 239). Dopo il mille non viene più mentovato; la bolla di Onorio III del 1221 (Reg. a. V f. 113, p. 536 n. 3285 ed. Pressuti) citata dall'Armellini per provare l'esistenza di un monastero presso la chiesa, si riferisce invece a S. Maria in Tempore (v. sotto M n. 88).

Lonigo Barb. f. 2, Vallicell. f. 2 (dal LP.); Armellini 1 104 2 504; Duchesne LP. II p. 45 not. 95.

A9. S. AGATHAE AD COLLES IACENTES

Secondo il Libro Pontificale (C c. 18) il papa Pasquale I (817‑824) construxit monasterium in honore ss. Agathae et Caeciliae iuxta ipsius ecclesiam in loco qui dicitur Colles iacentes, in quo et monachorum . . . congregationem pro quotidianis laudibus in praefato titulo S. Caecilia die noctuque. . . . decantandis constituit. Da questo passo si ricava il sito approssimativo, ma non vi è mezzo per precisarlo, mancando ogni altra testimonianza.

Martinelli Imago b. Mariae vindicata (1642) p. 10, Roma ex ethn. sacra 334; Armellini 1 104 2 669; Kehr IP. I p. 124 n. 3.

 p166  II Gn

A10. S. AGATHAE IN DIACONIA ovvero DE CABALLO

Cenc. 45 (senza cognome, ma fra le diaconie): den. XVIII - Paris. 295 (S. Agati in diaconia) — Taur. 17 (de Caballis): diaconi cardinalis, habet IIII canonicos — Sign. 151 (de Caballo).

La diaconia di S. Agata è ricordata per la prima volta nel biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 45. 75. 109; cf. sopra p. 7 n. 61); la situazione, sul lato meridionale dell'Alta Semita, viene indicata dall'Anonimo Einsidlense (v. il mio commentario nelle Dissertazioni dell'Accademia Pontificia Ser. II vol. IX p. 398 sg.). Nella cronaca del monaco Benedetto di Monte Soratte (Mon. Germ. Scr. vol. III p. 715) è raccontato un miracolo accaduto nel 921 in ecclesia sancte Agathe que nuncupatur diaconia. Un ortus cum casalino in regione caballi marmorei fere ante ecclesiam S. Agathae in diaconia viene ricordato in una bolla di Celestino III del 2 ottobre 1192 (Bullar. Vatic. I p. 75; Jaffé-Lowenfeld 16923; Kehr IP. I p. 109 n. 3). Da una bolla d'Innocenzo III del 4. giugno 1205 (Potthast 2531; Migne PL. CCXV p. 657; cf. Kehr IP. I p. 65 n. 4) risulta che la chiesa nel principio del sec. XIII fu soggetta al titolo di S. Susanna, e che ad essa apparteneva la chiesuola di S. Salvatore de Cornutis. Un Lucas clericus S. Agathae de caballo è menzionato in un istormento del 1291 nell'archivio di S. Pietro in Vincoli (Adinolfi II p. 51 n. 7). È registrata pure nel catalogo delle diaconie di Giovanni Diacono e Pietro Mallio (sopra p. 127 n. 16) col nome di S. Agathae in equo marmoreo. Dopo il scXV scompare; può essere che sia identica un la "chiesa rovinata nella vigna delli Giannucci" annoverata nel Catalogo di S. Pio V (sopra p. 97 n. 31): sulla vigna Ginucci v. Lanciani FUR. f. 16, stor. degli scavi III, 180 e le mie osservazioni nel Rheinisches Museum 1894, 398. Erroneamente così l'Armellini come il Duchesne (Mélanges de l'École franç. VII p. 235. 238) ed il Kehr identificano l'antica diaconia con la basilica supra Suburam, mentre tanto l'Itinerario dell'Einsidlense quanto l'ordine topografico dei cataloghi dimostrano che era affatto diversa.

Armellini 1 101 2 201; Kehr IP. I p. 64.

A11. S. AGATHAE DE SUBURA ovvero IN MONASTERIO

Cenc. 51 (monasterium S. A.): sol. II, id. lit. 8 (monasterium S. A.): sol. III — Paris. 294 (S. Agati in monasterio) — Taur. 173 (S. A. de Subura): habet VI clericos — Sign. 237 (senza cognome), rel. 47 (S. Agnete)

 p167  Basilica antichissima costruita o ristorata da Flavio Ricimero circa il 470. Il cognome per lo più è de Subura, o più propriamente super Subura (LP. XCVIII, Leo III, 795‑816, c. 56, 76, 90, cf. sopra p. 8 n. 68; CIII, Gregor. IV, 827‑844, c. 28); il nome di S. Agata dei Goti, oggi più usitato, non occorre in documenti medievali. Il monastero annesso, da cui trae il cognome, fu edificato da Gregorio II (715‑731; LP. XCI c. 10). Un presbiter Nicolaus sancte Agathe in ministerio comparisce in un documento dell'archivio di S. Maria Maggiore del 3. luglio 1212 (Ferri Arch. soc. romana XXVIII, 1905, p. 24 n. 26) fra i rectores Romanae fraternitatis. Papa Nicola IV con bolla del 13. dicembre 1289 (p. 336 n. 1844 ed. Langlois) concesse delle indulgenze alla chiesa in honorem S. Agathae et S. Sebastiani constructa. Esiste tuttora sul posto antico.

Del Sodo Vallicell. f. 100, Vatic. p. 43; Panciroli 1 174 2 276; Lonigo Barb. f. 2, Vallicell. f. 2 v.; Martinelli Diaconia s. Agathae in Subura descripta, R. 1638, Roma ex ethn. sacra 51; Bruti vol. 18 (to. XVII) f. 434‑450 (ital.), vol. 12 (to. XI) f. 306‑314 e vol. 8 (to. VII) f. 68‑84 (= l. X c. 8) (lat.); Severano Vallicell. G, 26 f. 64 v.‑73 v., G, 16 f. 32‑36; Lubin p. 327; G. Laurenti Storia della diaconia cardinalizia e monastero abbaziale di S. Agata alla Suburra (R. 1797); Nibby 32‑37; Forcella X 341‑354; Armellini 1 102 2 201; Marucchi 375; Angeli 5; Kehr IP. I p. 64. • Titi 273.

A12. S. AGATHAE DE TEMPULO

La sola biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 79, cf. sopra p. 9 n. 103) ricorda l'oratorium S. A. martyris qui ponitur in monasterio Tempuli. Secondo la leggenda della sacra imagine della Madonna di SS. Sisto e Domenico pubblicata dal Martinelli (Imago B. Mariae Virginis, etc. Romae 1635; Imago B. Mariae Virginis. . . . . vindicata, 1643) da due codici "vetustissimi", il fondatore del monastero Tempulus sarebbe stato residente in urbe in loco videlicet qui tunc temporis vocabatur Sanctae Agathae in Turri, nome di località che si ripete per la chiesa di S. Cesario (v. sotto C n. 12) e pare sia stato proprio alla regione tra S. Sisto Vecchio ed il bivio dell'Appia-Latina. Il nome della chiesa o dell'oratorio (ecclesia vel aula) di S. Agata sarebbe stato poi, per i molti miracoli operati dall'imagine, cambiato in S. Maria. V. più sotto S. Maria in Tempore.

Lonigo Barb. f. 2, Vallicell. f. 2 v. (dal LP.); Armellini 1 366 2 519; Duchesne LP. II p. 45 not. 97.

 p168  I Lh

A13. S. AGATHAE TRANS TIBERIM

Cenc. 94: den. VI — Taur. 391: habet I sacerdotem — Sign. 72.

Chiesa tuttora esistente nella Via della Lungaretta presso la Piazza Romana. La tradizione riferita della Panciroli, dal Martinelli ed altri, che fosse consacrata da papa Gregorio II (715‑731) si fonda sul passo del Liber Pontificalis XCI c. 10, il quale invece riguarda S. Agata de Subura. La chiesa nel sec. XII era soggetta a S. Crisogono, come risulta dalla bolla di Callisto II del 17. aprile 1121 (Jaffé-Lowenfeld 6901: Kehr IP. I p. 125 n. 5; cf. sopra p. 130); essa viene ricordata anche nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris (sopra p. 58 n. 136) ed in altri cataloghi dei sec. XV (78 n. 282) e XVI (p. 88 n. 28; p. 105 n. 285; p. 111 n. 162).

Del Sodo Vallicell. f. 68 v., Vatic. p. 44; Panciroli 1 178 2 602; Lonigo Barb. f. 2 v., Vallicell. f. 3; Severano Sette Chiese p. 312, Vallicell. G, 26 f. 58v., G 16 f. 30; Martinelli 51; Nibby 37; Forcella IX, 471‑478; Armellini 1 103 2 688; Angeli 6.

I II Gh

A14. S. AGNETIS DE AGONE

Cenc. 234 (S. A. Agonis): den. VI — Paris. 303 (de cripta Agonis) — Taur. 133: habet I sacerdotem — Sign. 90, id. rel. 65.

Basilica antichissima tuttora esistente in Piazza Navona, menzionata già verso la fine del sec. VIII, nell'Itinerario Einsidlense (v. sopra p. 4). Secondo una epigrafe ora sparita (Forcella IX p. 513 n. 10007; Kehr IP. I p. 95 n. 1) papa Callisto II la rinnovò e consecrò il 28 gennaio 1123. Nella bolla di Urbano III del 1186 viene annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso (sopra p. 132 n. 1: de griptis Agonis).

Del Sodo Vallicell. f. 131, Vatic. p. 45; Panciroli 1 180 2 785; Lonigo Barb. f. 3, Vallicell. f. 3 v.; Severano Vallicell. G f. 74 v.-80, Vallicell. G, 16 f. 37‑39; Martinelli 51. 334. 451; Ciampini de Vicecancellario 154; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 275; Nibby 38 sg.; Forcella IX, 511‑518; Armellini 1 10 2 383; Marucchi 416; Angeli 15 sg.; Kehr IP. I p. 93. • Titi 130‑132.

A15. S. AGNETIS AD DUO FURNA

Oratorio e monastero antichissimo situato non lungi dalla basilica di S. Prassede. Gregorio II (715‑731) locò ad esso parecchi beni situati nel  p169 patrimonio dell'Appia (Deusdedit lib. III c. 239; Liber Censuum ed. Fabre-Duchesne I p. 352; Jaffé-Ewald 2215; Kehr IP. I p. 53 n. 1). Nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 78, cf. sopra p. 9 n. 94) è ricordato l'oratorium S. Agnetis qui ponitur in monasterio qui appellatur Duo Furna. La celebre iscrizione di Pasquale I in S. Prassede (Davanzati S. Prassede 293; Duchesne LP. II, 64; Kehr IP. I p. 50 n. 1) attesta che quel papa il 20 luglio 817 pose i corpi dei santi Alessandro, Evenzio e Teodulo in oratorio b. Christi virginis Agnetis, quod sursum in monasterio sursum est. Anche la biografia del medesimo pontefice (LP Che c. 10) attesta: fecit in iam dicto monasterio (S. Praxedis) oratorium beatae Agnetis Christi martyris mira pulchritudinis exornatum. Nel Museo Lateranense è conservata una iscrizione incisa, nel sec. XII o XIII, in un cippo antico (De Rossi, Il Museo epigrafico Po-Lateranense, Roma 1877, tav. I, cf. p. 106): Deo ad honorem beator(um) m(artyrum) Agnetis v(irginis) et Alexandri p(a)p(ae) obtulit frater (così, non aram è sulla lapide, come mi conferma il ch. Marucchi) Marcus abbas m(onasterii) huius sancte Prassedi. Un documento del 996‑999 nell'Archivio di S. Prassede Fedele Arch. soc. romana XXVII p. 43 n. 2) porta fra i nomi dei sottoscrittori anche quello di un Iohannes archipresbiter monasterii Sanctorum Christi martyrum Laurentii atque Hadriani nec non et sanctarum Christi virginum Praxedis et Agnetis qui appellatur Duas Furnas. Un'altro del 18 agosto 1091, del medesimo archivio, ricorda un Deodatus cardinalis tituli Sanctarum Praxedis et Agnetis qui appellatur Duas Furnas, que sunt possite prope ecclesia Beate Marie semper virginis qui ponitur ad Presepel. (Fedele c. p. 63 n. 10). Nei cataloghi ili nome di S. Agnese non figura punto: ciò non ostante il monastero e la cappella hanno esistito finanche nel secolo XV e nel XVI. Una bolla di Niccolò V del 15. marzo 1452 (de Angelis, Storia della Basilica Liberiana p. 71; Ferri Arch. soc. romana XXX, 1907 p. 162 n. 219. 220) unisce la chiesuola di S. Agnese alla mensa capitolare di S. Maria Maggiore: e pure nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 96 n. 15) è ricordata S. Agnese nella Piazza di santa Maria Maggiore. Il sito si può determinare, dai testi suindicati, con abbastanza precisione nella parte orientale del monastero di S. Prassede. È erronea l'opinione ripetuta perfino dal Duchesne LP. II p. 44 not. 91 che fosse identico con S. Agnese a Piazza Navona.

Lonigo Barb. f. 2, Vallicell. f. e; Martinelli 52. 334. 415; Armellini 1 105 2 236; Fedele, Arch. della soc. romana XXVII (1904) p. 28; Kehr IP. I p. 53.

 p170  II Fo

A16. S. AGNETIS EXTRA MUROS

Paris. 304 (foris muros) — Taur. 21: habet XL moniales — Sign. 351, id. rel. 104.

Basilica antichissima, registrata fra quelle di fondazione costantiniana nel Liber Pontificalis (XXIII, Silvester I, 314‑335, c. 23), dedicata da Costantina figliuola di Costantino, come attesta l'iscrizione monumentale ora perduta (De Rossi IChr. II, 1 p. 44). È ricorda pur nelle biografie di Liberio (352‑366; LP. XXXVIII c. 6), d'Innocenzo I (401‑417, LP. XLII c. 7), di Bonifacio I (418‑422, LP. XLIII c. 3), come nelle Geste inter Liberium et Felicem (a. 364; Coll. Avellana p. 4 ed. Guenther). Papa Simmaco (498‑514; LP. LIII c. 10) la ristorò, Adriano I (772‑795; LP. XCVII c. 85) e Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 46. 80; cf. sopra p. 9 n. 111) la distinsero con doni. Un documento del secolo decimo (?) pubblicato dal Kehr Göttinger Nachrichten 1900 p. 140 la ricorda sotto il nome di S. Agnetis et Constantiae, quae ponitur in confinio Agielli Via Salaria (cf. IP. I p. 159 n. 1). Pasquale II con bolla dell'11. maggio 1112 (Kehr Göttinger Nachrichtenl.c. p. 156, IP. I p. 159 n. 2) vi collocò un monastero di monache, sostituendole ai clerici qui minus religiose vivebant.

Del Sodo Vallicell. f. 112, Vatic. p. 44; Panciroli 1 183 superiore 312; Lonigo Barb. f. 2 v., Vallicell. f. 3; Martinelli 52; Bruti vol. 18 (to. XVII) f. 470‑486 (ital.), vol. 13 (to. XII) f. 2v.-14, vol. 8 f. 277v.-296 (= lib. XI c. 13) *lat.); Lubin 328; Nibby 43 sg.; Forcella SI, 347‑361; Armellini 1 672 2 857; Marucchi 2 469 sg.; Angeli 7‑14; Kehr IP. I p. 158. • Titi 293‑294.

II En

A17. S. ALBERTI

Taur. 160 (hospitale S. A.): habet IV servitores — Sign. 227.

Chiesa ed ospedale già situati nell'Esquilino fra S. Maria Maggiore e S. Pudenziana. Nei secoli XV e XVI appartenne all'Arciconfraternita del Gonfalone, nel cui archivio (ora trasferito all'Archivio Vaticano) si trovano molte carte relative ad essa. Dalle piante contenute nel "Libro delle piante delle Chiese ecc. . . . dell'Arciconfraternita. . . . fatto lano 1584") (f. 2v. 4v. 6v. 8v.) si desume che la chiesa con la sua casa e l'ospedale col giardino occupavano un'isola stradale corrispondente alla parte inferiore della moderna Piazza di S. Maria Maggiore. Questa isola, disegnata, ma con proporzioni arbitrarie, sulla pianta del Bufalini, aveva verso NOv. la "strada che dalle Terme Diocleziane passando innanzi la chiesa  p171 di S. Potenziana va diritto a Subura" (= Via Urbana); a SOv. la "strada (ora soppressa; era parallela alla moderna Via Ruinaglia) in faccia la Chiesa di S. Potentiana, che per il monte salisce a S. Maria Maggiore", verso Est una "strada (anch'essa non più esistente) che dalla porta della Vigna dell'Illmo. Cardinale Montalto va a S. Maria Maggiore". L'ospedale e la chiesa si trovavano accanto alla Via Urbana; la chiesa aveva l'ingresso verso la "strada in faccia S. Potentiana". Sull'altro angolo, della Via Urbana e della "strada che dalla porta di Vigna Montalto va a S. Maria Maggiore" esisteva un oratorio, pur dedicato a S. Alberto, più spazioso della chiesa stessa. Con queste indicazioni convengono quelle sulla grande pianta prospettica di Mario Kartaro (Rocchi piante icnografiche tav. XV bis) e sulla pianta della Villa Massimo annessa all'opera del marchese Vittorio Massimo: Notizie istoriche della V. M. (Roma 1836) tav. III (cf. p. 24 e 239). Il catalogo di S. Pio V la registra sotto il nome sbagliato di S. Roberto (sopra p. 96 n. 26). Fu distrutta sotto Sisto V, come attesta il Lonigo: "haveva questo santo una chiesa dedicata al nome suo nel monte Esquilino alla vigna di Papa Sisto per salire a S. Maria Maggiore, la quale sendo già vecchia et vicina a ruinare, per allargare la piazza et per fare più agevole la salita, fu dal medesimo Pontefice gittata a terra l'anno di Christo 15. . (sic), e dell'entrata fu eretta una cappellania in S. Maria Maggiore".

Del Sodo Vallicell. f. 102 v. (è ommessa nel Vatic.); Fanucci opere pie lib. III c. 3 p. 200; Lonigo Barb. f. 3, Vallicell. f. 4; Severano Vallicell. G, 26 f. 126, G, 16 f. 56 v. (dal Sodo); Martinelli 335; Adinolfi II, 232; Ruggero L'Arciconfraternita del Gonfalone p. 81‑88; Armellini 1 107 2 190; G. Ferri Arch. della soc. romana XXVII (1904) p. 167 sg.

I Ok

A18. S. ALEXII

Cenc. lit. 14 (monasterium S. A.): sol. III — Paris. 329 Taur. 261 (monasterium S. A.): habet monachos V — Sign. 332, rel. 37.

Chiesa e monastero antichissimo (sebbene le tradizioni che ne riportano l'origine sino al secolo quarto siano infondate), dedicata in origine al martire Bonifazio (Catal. Salisburg. sopra p. 3 n. 21; LP. XCVIII., Leo III, 795‑816, c. 29. 75: diaconia s. B.; cf. Duchesne II p. 39 n. 42). Il culto di S. Alessio venne aggiunto soltanto nel sec. X. Benedetto VII nel 977 la concedette al metropolita greco Sergio; i monaci basiliani ch'erano con lui diedero alla contrada il nome di Blachernae, dall'omonima  p172 di Costantinopoli. Così in un documento del 13. giugno 1173 (Nerini p. 411; Monaci p. 395 n. 22) viene detto venerabile monasterium SS. Bonifatii et Alexii quod situm est in Apentino in loco qui vocatur Blacernae, e similmente in altre carte dei sec. XII e XIII. Esiste tuttora sul posto antico, in vetta all'Aventino.

Del Sodo Vallicell. f. 133 v., Vatic. p. 41; Panciroli 1 185 2 641; Lonigo Barb. f. 3, Vallicell. f. 4; Severano Sette Chiese 368 sg., Vallicell. G, 26 f. 127v., G, 16 f. 57v.; Martinelli 54; Bruti Vol. 17 (to. XVI) f. 101‑108 (ital.), vol. 12 (to. XI) f. 75 v.-82 (lat.); Lubin 328; Nerini De templo et coenobio SS. Bonifacii et Alexii (R. 1752); Nibby 59 sg.; Forcella VII, 353‑372; Armellini 1 108 2 585; Duchesne Mélanges de l'École franç. X (1890) p. 227 sg.; G. B. Lugari, Dissertazioni dell'Accad. pontificia di Archeologia Ser. II vol. 5 (1893) p. 1‑50; Marucchi 196; Angeli 23‑27; A. Monaci, Regesto dell'abbazia di S. Alessio, Arch. soc. romana XXVII (1904) 351 sg., XXVIII (1905) 151 sg. 395 sg.; Kehr IP. I 115. • Titi 65.

— S. AMBROSII DE MAXIMA v. S. Mariae de Maxima.

II Le

A19. S. AMBROSII IN VATICANO

Taur. 111: habet I sacerdotem — Sign. 204.

Chiesa o cappella appartenente all'antica basilica di S. Pietro, segnata sulla pianta dell'Alfarano colla lettera X, al lato nord dell'edifizio. Il Severano narra che era "quasi sul luogo dove è hora la Cappella Gregoriana; nel cavar i fondamenti della quale l'anno 1571 si trovò la detta chiesa (di S. Ambrogio) ò li vestigi suoi con bellissime colonne quest con mosaico nel nicchio, con un altare e confessione sotto di esso" ecc. È menzionata pure da Pietro Mallio nella descrizione della Basilica Vaticana, n. 94 (De Rossi IChr. II, 1 p. 218).

Severano Sette Chiese p. 73, Vallicell. G, 16 f. 59; Armellini 1 110 2 742.

I II Mm

A20. S. ANASTASIAE

Cenc. 24: sol. II — Paris. 361 Taur. 246: titulus presbyteri cardinalis, habet VI clericos — Sign. 323, rel. 41.

Basilica antichissima, le cui origini forse rimontano alla prima metà del sec. quarto. Già papa Damaso l'aveva deco con pitture (v. l'iscrizione presso De Rossi IChr. II, 1 p. 150), i suoi titolari compariscono fra i sottoscrittori del sinodo romano del 499 (sopra p. 124) e la sua  p173 posizione gerarchica fu specialmente elevata nel periodo bizantino, dal sec. VII al IX. Papa Leone III (795‑816) la restaurò e la arricchì di doni (LP. XCVIII c. 4. 37. 74), e similmente fece Gregorio IV (827‑844; LP. CIII c. 21). Una iscrizione d'Innocenzo II dell'a. 1140 è pubblicata dal Kehr Göttinger Nachrichten 1900 p. 167. Esiste tuttora sul posto antico appiè del Palatino.

Del Sodo Vallicell. f. 128, Vatic. p. 46; Ugonio Stazioni 61; Panciroli 1 190 2 706; Lonigo Barb. f. 3 v., Vallicell. f. 4 v.; Severano Sette Chiese 342, Vallicell. G, f. 59 v.-74; Martinelli 54; Bruti vol. 17 (to. XVI) f. 45‑64 (ital.), vol. 12 (to. XI) f. 36‑49 (lat.); Cappello Notizie dell'antico e moderno stato della chiesa di S. Anastasia (R. 1722); Crescimbeni L'Istoria della basilica di S. Anastasia (R. 1722); Nibby 73 sg.; Forcella X, 33‑54; Armellini 1 111 2 532; Duchesne Mélanges de l'École franç. VII (1887) 388‑413; Angeli 29‑32. • Titi 78‑79.

A21. S. ANASTASII AD AQUAM SALVIAM

Paris. 245 (de foris) — Taur. 317: habet abbatem et monachos presentes XV — Sign. 350, rel. 100.

Monastero antichissimo, menzionato già nel sec. VIII (v. il Catalogo Salisburgese sopra p. 4 n. 31), più vote ricordato nel Liber Pontificalis (XCVII, Hadrian. I, 772‑795 c. 51; XCVIII, Leo III, 795‑816 c. 38. 75; CIII, Gregor. IV, 827844, c. 28), e nei Libri Indulgentiarum (sopra p. 143), tuttora esistente, sotto il nome di S. Vincenzo ed Anastasio, presso le Tre Fontane sulla Via Ostiense.

Panvinius de septem ecclesiis 85; Del Sodo Vallicell. -, Vatic. p. 343; Panciroli 1 801 2 658; Severano Sette Chiese 411, Vallicell. G, 16 f. 74 v.; Lonigo Barb. f. 8. 60 v., Vallicell. f. 5. 90 v.; Martinelli 317; Nibby 755; Forcella XII, 313‑324; I. Giorgi Il regesto del monastero di S. Anastasio ad Aquas Salvias Arch. della soc. romana I (1877) 49‑77; Armellini 1 755 2 940; Kehr IP. I p. 170 sg.

II Kh

A22. S. ANASTASII DE ARENULA

Cenc. 163 (ariole): den. VI, id. lit. 49 (cappelle S. A. areule): den. XII — Paris. 248 (de aureula) — Taur. 344 (senza cognome): habet I sacerdotem — Sign. 23.

Chiesa già situata non lontano dal Ponte Sisto chiamata generalmente S. Vincenzo ed Anastasio della Regola (Nolli n. 746), demolita per i lavori del Tevere poco prima del 1888. Viene annoverata fra le filiali  p174 di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1186 (sopra p. 132 n. 26). È ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 65 n. 89; p. 67 n. 4) e in altri cataloghi del sec. XV (p. 75 n. 176) e XVI (p. 88 n. 25; p. 101 n. 176). Secondo il Martinelli sarebbe stata già chiamata in piscinula; ma egli non adduce prove, e neppure io ne ho trovate. Se poi l'Armellini aggiunge che "era appellata anche ma più raramente S. Anastasio Vidae, nome di cui non trovo l'etimologia: — egli ripete un errore ridicolo del Lonigo, il quale, trovando in qualche copia inesatta del catalogo del Cencio i due aritcoli susseguenti (117. 118) S. Nicolao de Marmorata — S. Anastasio vide, prese l'ultima parola per un cognome, mentre non è altro che la particola indeibidem.

Del Sodo Vallicell. f. 122, Vatic. p. 349 (Ss. Vincenzo ed Anastasio dei cuochi); Panciroli 1 801 2 749; Lonigo Barb. f. 8. 60 v., Vallicell. f. 5 v. 90v.; Martinelli 55; Ciampini de Vicecancellario 158; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 332; Nibby 755; Forcella XI, 223‑232; Armellini 1 113 2 428.

A23. S. ANASTASII DE MARMORATA

Cenc. 117: den. VI — Paris. 249 Taur. 255: habet I sacerdotem — Sign. 328.

Chiesa scomparsa dopo il sec. XV: era situata presso la Scola Greca, non lungi da S. Stefano rotondo (il cosidetto Tempio di Vesta, v. più sotto S n. 90).

Lonigo Barb. f. 3, Vallicell. f. 5 v. (S. Anastasii Vidae; cf. l'articolo precedente); Armellini 1 114 2 607.

A24. S. ANASTASII DE PINEA

Cenc. 194: den. VI — Paris. 246 Taur. 143: habet I sacerdotem — Sign. 178.

Chiesuola scomparsa dopo la metà del sec. XVI, già situata, come le altre che portano lo stesso cognome (S. Iohannis, SS. Quadraginta, S. Stephani) fra la Minerva e la Via Papale. Il Martinelli cita un "testamentum nob. viri Andreae Vallerani de regione Pineae an. 1348 15. Iulii, in quo fit mentio dictae ecclesiae, cui reliquit hortos quosdam in loco qui dicebatur Palatium et Comitissa." È registrata ancora nel catalogo del 1492 (sopra p. 76 n. 209) e nella Tassa di Pio IV (sopra p. 88 n. 24). L'Anonimo Spagnuolo (sopra p. 109 n. 112) la ricorda, fra due altre chiese col cognome in pigna, sotto il semplice nome di S. Anastasia (sic), aggiungendo:  p175 a S. Maria, levata; queste ultime parole significano che la chiesa fu tolta ed unita in qualche modo con S. Maria sopra Minerva. Manca nei cataloghi del 1555, di S. Pio V e del Sodo.

Lonigo Barb. f. 8, Vallicell. f. 5 (dal Cencio); Martinelli 336; Armellini 1 113 2 469.

A25. S. ANASTASII DE PUTEO PROBAE

Paris. 250.

Di questa chiesuola, che secondo il cognome si dovrebbe cercare sulla pendice occidentale del Viminale (v. più sotto S. Mariae de Puteo Provae) non si fa menzione esplicita in altri cataloghi o documenti. Bisogna notae però, che Giraldo Cambrense nel catalogo da lui epitomato (cf. sopra p. 18) ha trovato sei chiese dedicate a S. Anastasio, conforme al numero esistente nel catalogo parigino. Il catalogo di Torino poi (sopra p. 33) registra:

ecclesia Sancti Andree de Puteo Probe
Sancte Marie de Puteo Probe
Sancte Marie de Puteo Probe

Il Promis e l'Armellini omettono affatto la seconda chiesa di S. Maria, il Falco la registra in nota, ma riguarda l'articolo come ripetizione erronea. A me sembra più probabile che il copista abbia sbagliato, mettendo due volte il nome di S. Mariae, mentre una volta doveva esser S. Anastasii.

I Fm

A26. S. ANASTASII DE TRIVIO

Cenc. 108: den. VI — Paris. 247 (de Truno) — Taur. 42: habet sacerdotem et clericum — Sign. 139.

Questa chiesa viene annoverata (senza cognome) fra le filiali di S. Silvestro in Capite già nella bolla di Giovanni XII dell'8. marzo 962 (v. sopra p. 137 n. 7). È menzionata pure nel Liber Anniversariorum del Salvatore (p. 54 n. 33: S. Anastasiae), del Gonfalone (sopra p. 60 n. 22, p. 63 n. 36) ed in altri cataloghi del sec. XV (p. 71 n. 74) e XVI (p. 88 n. 13). È ricordato anche presso l'Anonimo Spagnuolo (p. 112 n. 225: S. Vincenzo y Anastasia), nonchè fra i filiali della basilica dei SS. Apostoli (p. 129 n. 1). Dal secolo XVI in poi suol appellarsi S. Vincenzo ed Anastasio; con questo nome è registrato nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 99 n. 99) ed esiste tuttora sulla Piazza di Trevi.

 p176  Del Sodo Vallicell. f. 83, Vatic. p. 349; Panciroli 1 802 2 374; Severano Vallicell. G, 16 f. 75; Martinelli 56; Bruti vol. 19 (to. XVIII) f. 694‑700 (ital.), vol. 13 (to. XII) f. 150 v.-154 e vol. 9 f. 245‑252 (= i. XIV c. 1) (lat.); Nibby 757; Forcella IX, 269‑296; Armellini 1 112 2 287; Angeli 599 sg. • Titi 328.

A27. S. ANDREAE AD ALMONEM

La bolla di Gregorio VII, che conferma al monastero di S. Paolo fuori le mura i suoi beni (Coppi Diss. dell'Accademia Pontificia XV, 1864, p. 214; Kehr IP. I p. 168 n. 16; v. sopra p. 135) annovera anche: molas duas in fluvio Almonis suptus pontem cum ecclesia S. Andreae. Ma nulla si sa di preciso sul sito e le vicende di quel santuario.

II Gh

A28. S. ANDREAE DE AQUARIZARIIS

Taur. 131 (de Aquariçariis): habet sacerdotem et clericum — Sign. 91.

Chiesa annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1186 (sopra p. 133 n. 64: S. A. de incaricariis). Un Nicolaus rector ecclesiae sancti Andree de Acquarizariis sottoscrive un documento del 4. maggio 1278 inserito del Liber Censuum (II p. 51 n. 17 ed. Fabre-Duchesne). L'Armellini cita, da un censuale della basilica Vaticana dell'anno 1380, il nome di un Georgius Georgi de regione Pontis et parochia S. Andreae de aquariciariis. Sotto il portico della chiesa era dipinta una Madonna detta la Madonna della Virtù, la quale, percossa con sassi da alcuni giuocatori, secondo si raccontava, spicciò vivo il sangue. Questo fatto, accaduto sotto Sisto IV, commosse tutta la città, e fu cagione che il papa fece voto di fabbricare nel medesimo luogo una nuova chiesa alla Vergine, se la pace fra i principi cristiani fosse mantenuta. Infatti la nuova chiesa fu edificata con architettura di Baccio Pintelli, e le fu dato il nome non di S. Maria della Virtù, ma di S. Maria della Pace. Secondo il Lonigo, il vicino oggi detto della Pace prima si chiamava degli aquarecchiari; si può sospettare quindi che la chiesa di S. Andrea avesse la fronte verso quella parte, vale a dire ad orientale. V. anche S. Maria de aquarichariis. Viene ricordata col nome di S. Andrea de acquarecciariis nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris (sopra p. 55 n. 67), con quello di S. A. de [a]qua. . .thari nel catalogo del 1492 (p. 74 n. 147).

Panciroli 1 546 supr 484; Lonigo Barb. f. 5, Vallicell. f. 7; Martinelli 232. 336; Ciampini de Vicecancellario 161; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 250; Armellini 1 123 2 369.

 p177  II Kn

A29. S. ANDREAE DE ARCU AUREO

Cenc. 255 (arcus auri): den. VI — pari137 — Taur. 199: habet I sacerdotem — Sign. 278.

Chiesa scomparsa dopo il sec. XV, già situata sulle rovine del Foro di Nerva, là dove esisteva, sino al principio del sec. XII, un arco di passaggio chiamato arcus Aur(e)ae (v. chiesa Röm. Mitt. 1907, 429‑433). Il Lanciani Bull. comun. 1901 p. 41 cita un documento del 24. novembre 1387 (Arch. Capit. not. Vendettini protoc. 785), ove è menzionato un presbiter Gregorius rector ecclesiae Sancti Andree de archu aureo rgis montium. Non può essere identica, come credono l'Armellini ed il Duchesne (Mél. de l'École française XXV, 1905, p. 149) con S. Andrea de Potugallo.

Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 5 v.; Armellini 1 128 2 142.

II Ep

A30. S. ANDREAE IN ASSAIO ovvero IN EXAIOLO​31

Cenc. 212 (S. Adriano in assaio sanctae Mariae Maioris): den. VI — Taur. 150 (hospitale S. Andreae in assai): habet III servitores — Sign. 214 (in assaggio).

Il monastero di S. Andrea in Exaiolo viene ricordato per la prima volta in un documento del 998/999 nell'archivio di S. Prassede (Fedel Arch. soc. romana di stor. patr. XXVII, 1904, p. 43 n. II), al quale sottoscrivono un archipresbiter monasterii S. Andreae apostoli nec non proto­martyris Stephani qui vocatur Exaiulo, ed un presbiter del medesimo monastero. Benedetto VII con bolla del 8. febr. 1024 concedette a Riccardo abate di Fulda monasterium S. Andreae apostoli quod Exaiuolo (vocatur) u178 quod situm est iuxta ecclesiam S. Mariae quae a praesepe (Jaffé-Lowenfeld 4057; Migne PL. CXXXIX, 1633). Questa donazione venne poi confermata da Giovanni XIX (a. 1031; Jaffé.-L. 4090), Benedetto IX (a. 1042/45, J.-L. 4118), Leone IX (a. 1049; J.-L.4170: Exaiulum), Vittore II (a. 1057; J.-L. 4364), Alessandro II (a. 1064; J.-L. 4557), Callisto II (a. 1122; J.-L. 6972), Innocenzo II (a. 1137; J.-L. 7844), Eugenio III (a. 1151; J.-L. 9439). Nel sec. XIII ridivenne filiale di S. Maria Maggiore, come risulta dalle bolle di Celestino III del 4. gennaio 1192 (sopra p. 135) e d'Innocenzo IV del 19. marzo 1244 (Ferri Arch. soc. romana di stor. patr. XXVIII, 1905, p. 34 n. XLV). Ivi presso fu costruito, circa la metà del sec. XIII, l'ospedale di S. Andrea chiamato de Piscina ovvero piscinula (v. più sopra p. 190): ma il nome antico de assa(g)io si mantenne ancora nei sec. XIV e XV, come dimostrano il catalogo di Torino e quello del Signorili. Il significato del cognome in exa(g)iolo rimane oscuro.

Panciroli 1 215 2 245; Martinelli 340; Ferri Arch. soc. rom. XXVII, 1904, 161‑167; Kehr IP. I p. 56; Duchesne Mélanges de l'École franç. XXVII, 1907, p. 488 sg.

II Ig

A31. S. ANDREAE DE AZANESI ovvero IOHANNIS ANCILLAE DEI

Cenc. 275 (Iohannis ancille Dei): den. VI — Paris. 131 (de Livazesi) — Taur. 333 (de Açanesi): habet I sacerdotem — Sign. 8 (de Azanasti).

Chiesuola demolita nel 1573 per edificarvi l'ospedale degli Aragonesi presso S. Maria di Monserrato. Viene annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1186 (v. sopra p. 132 n. 18) sotto il nome S. Andreae a domo Iohannis ancillae Dei. In una bolla di Celestino III del 2. ottobre 1192 si confermano al monastero di S. Maria domnae Rosae certi terreni al miglio VIII della Via Cornelia: fra i confinanti sono casales iuris monasterii sancti Andreae apostoli Ancillarum Dei (Bullar. Vatic. I p. 75; Schiaparelli Arch. soc. romana XXV, 1902. p. 345 n. 79; Kehr IP. I p. 109 n. 5). Nei sec. XV e XVI si chiamava de Nazarenis ovvero Nazareni (Liber Anniversariorum sopra p. 55 n. 81 [Nazarettis], p. 65 n. 81; catal. a. 1555 p. 80 n. 16; Tassa di Pio IV p. 88 n. 22; Anon. Hisp. p. 106 n. 8). Nel catalogo di S. Pio V è ricordata sotto il nome di S. Andrea a Corte Savella (sopra p. 102 n. 189), mentre quello del 1492 (p. 74 n. 168) la chiama semplicemente S. Andrea. Il Lanciani (storia degli scavi I, 163) cita un documento  p179 nell'Archivio Capitolino (Patenti, protoc. II c. 478), secondo il quale Mario Mellini e Raffaele Casali maestri delle strade nel 1514 "pro dirigenda quadam via sita in regione Arenule inter ven. ecclesiam Sti. Andree in Lazaria et domum dni. Bernardi Mocari (questa casa, secondo un altro atto del 6. luglio 1530, era situata in Regione Arenulae in via recta Curie de Sabellis [= Via Giulia]; ivi, prot. III c. 123 v.) per directum usque ad flumen Tiberis, dirui et demoliri mandaverunt quandam domum existentem in capite dicte vie versus flumen sub proprietate monialium ste. Aure" (la strada corrisponde ai moderni vicoli della Barchetta e S Eligio). Negli atti della visita delle chiese sotto pi5 (Arch. Vat. miscell. arm. VII vol. 2 f. 31) si legge: "S. Andrea Nazareno appresso Corte Savella, oggi si chiama anche S. Buonhomo perchè vi è la compagnia dei calzettari . . . . la parocchia è finitima e vicinissima a S. Giovanni in Ania et a S. Catterina". Il Severano not che "S. Andrea detto Nazareno, hoggi S. Maria di Monserrato, nella quale fu rinchiusa l'anno 1575". Da ciò si rileva che la chiesuola era situata sull'angolo della Via Giulia e del Vicolo della Barchetta, dietro S. Maria di Monserrato. — Il cognome de Organasti riferito dall'Armellini non è che una forma erronea nel codice Bruiano del catalogo signoriliano; l'altro cognome de Ania gli viene attribuito dal medesimo autore per mera confusione con S. Giovanni in Aino.

Del Sodo Vallicell. f. 117 v. (Nazareno), (nel Vatic. è omessa); Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6; Severano Vallicell. G, 26 f. 152v.; Martinelli 338; Ciampini de Vicecancellario 159; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 311; Armellini 1 126 2 418.

II Ep

A32. S. ANDREAE CATA BARBARA PATRICIA ovvero IUXTA PRAESEPE

Questo santuario antichissimo fu dedicato, per munficenza del nobile Goto Flavio Valila, a tempo di papa Simplicio (468‑483) in un edifizio profano, cioè una sala riccamente decorata del palazzo di Giunio Basso console ordinario del 331 d. Cr. Nella biografia di Simplicio (468‑483; LP. XLVIII c. 1) CHECK THIS, ELSEWHERE XLIX è detto monasterium iuxta S. Mariam maiorem positum S. Andreae apostoli, quod Barbarae nuncupatur. Secondo il Duchesne (al LP. I p. 487) la fondatrice sarebbe "Barbara, corrispondente  p180 ed amica di Gregorio il Grande. Nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) è ricordata una volta (c. 71, v. sopra p. 6 n. 16) come ecclesia S. Andreae quae ponitur iuxta praesepem, un'altra volta (c. 91) S. Andreae cata Barbara patricia. Accanto alla chiesa, prima del mille, fu fondato il monastero S. Andreae in Exaiuolo, poi in Assaio (v. sopra n. 30), che nei secoli seguenti ebbe più importanza e notorietà, mentre l'antica basilica di Giunio Basso divenne fatiscente ed abbandonata. I cataloghi dei sec. XII-XV non ricordano più il nome di Barbara. L'edifizio viene descritto, nel 1450 da Giovanni Rucellai (Arch. soc. romana di stor. patria IV, 574; Lanciani storia degli scavi I, 62) con le parole: "una chiesetta nel cortile di Sancto Antonio meza scoperta, che se n'è fatto pollaio, fasciate le mura di belle tavole di marmi et con belle tarsie et fogliami di marmi et musaichi et altre gentilezze". La decorazione fu studiata trenta anni più tardi da Giuliano da Sangallo, il quale ne ha lasciato disegni preziosi, sebbene non esenti da supplementi arbitrarî. Circa il 1650 Benedetto Mellini f. 215 (295) sf. ne dà una descrizione, che credo utile di pubblicare qui, perchè indica il sito dell'edifizio più esattamente delle altre: "Dallo spedale per una porticella a mano destra si passa al convento (di S. Antonio), nel quale in capo al cortile si vedono per fianco i vestigii della chiesa di S. Andrea detta in Barbara . . . . . . . Questo vestigio di chiesa è volto a settentrionale, piglia il lume ad orientale da tre finestroni arcuati, che sono gli antichi del tempo del gentilesimo: altri tre finesteoni haveva ad occidentale, ma furono già murati e dipintivi sopra historie sacre. Ha nelle pareti, et alle teste, alcune figure profane di marmi orientali commessi, un leone, che sbrana un cervo, un leopardo che uccide un bue, e simili fiere selvagge, e per questi si scorge da alcuni archivolte di finestroni e da molti frammenti nel muro, questo edifizio era tutto riportato di marmi orientali. Vi si scorgono ancora vestigii di pitture sacre, S. Pietro, S. Paolo ed il loro martirio, la sepoltura di S. Pietro e pitture simil di goffissima maniera, le quali stimo sieno del tempo di Leone III, di cui si legge l'ultima restauratione di questa chiesa. La tribuna era di mosaico" (segue il passo sopra i gammadia stampato dal Ciampini Vet. Monumenta I p. 98 sg.). Verso la fine del sec. XVII furono ancora rilevati i bei disegni dei musaici nel codice Windsor Mosaics f. 91‑94 (Lanciani bull. comun. 1895 p. 181 sg.; quei del cod. Vittora f. 42. 43 sono semplici copie dal Sangallo Barberin.), pubblicate poi nelle Picturae Antiquae di Pietro Sante Bartoli; del medesimo tempo sono le brutte incisioni presso il Ciampini Vet. Monumenta I tb. 24. 24. Degli avanzi della decorazione, alcuni frammenti furono portati via nel  p181 sec. XVIII, altri nel sec. XIX, ed oggi sul posto, secondo che dice l'Armellini, "non restano che nude e rovinose pareti entro il già monastero di S. Antonio, che era ridotto a granaio del monastero".

Panciroli 1 215 2 245; Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 5; Martinelli 340; Bened. Mellini Arch. Vat. miscell. arm. VI vo. 38 f. 215‑219 (298‑302); Bruti vol. 7 (to. VI) f. 177‑193 (= l. IX c. 1); Adinolfi II, 220; De Rossi bull. crist. 1871 p. 5 sg.; Armellini 1 115 2 815;º Marucchi bull. comun. 1903 p. 89‑104. Ferri Arch. della soc. romana XXVII, 1904 p. 161; Duchesne Mélanges de l'École franç. XXVII, 1907, p. 487 sg.; Calvi Bibliogr. 48; Huelsen nell'edizione del libro di Giuliano da Sangallo p. 47.

II Hm

A33. S. ANDREAE DE BIBERATICA ovvero IUXTA SS. APOSTOLORUM

Cenc. 160: S. A. inde (segue S. Laurentio Beberatice), id. lit. 27 (monasterium Biberatice): sol. II — Paris. 120 (de Veneratica) — Taur. 2 (monasterium S. A. de B.): habet XV monialesº — Sign. 205 (in Liberatica).

Chiesa e monastero situato sul versante ovest del Quirinale, nell'area dell'odierno Palazzo Colonna. Il monastero S. Andreae quod ponitur iuxta SS. Apostolorum è menzionato già nella biografia di l3k) c. 77, cf. sopra p. 9 n. 90. Il monastero del sec. XIII era abitato da monache benedettine: una bolla di Gregorio IX del 26 ottobre 1232 (I p. 557 n. 932 ed. Auvray) incarica l'arciprete di S. Abbaciro delle Milize con la visitazione di esso; un'altro di Urbano IV del 31. ottobre 1263 (I p. 206 n. 431 ed. Guiraud) si riferisce all'elezione di una abbadessa; una terza di Giovanni XXII del 1317 (a. II fol. 355 lib. I) citata dall'Armellini ricorda il monasterium S. Andreae de Beveratica de Urbe ordinis S. Benedicti. Fra Giocondo ed altri epigrafisti della fine del sec. XV ntoano che l'urna sepolcrale dell'imperatore Tiberio si trovava in ore cuiusdam putei posti apud S. Andream infra palatium S. Apostoli (CIL. VI, 885): ma forse già in quel tempo la chiesa era profanata ed abbandonata. Manca nel catalogo del 1492; dei cataloghi del sec. XVI soltanto quello di 1555 (sopra p. 80 n. 177) la registra sotto il nome di S. Andreae prope sanctos Apostolos regione Trivii. Il sito corrisponde alla parte orientale dell'odierno Palazzo Colonna: si tenga a mente che la basilica degli Apostoli in tempo antico aveva la facciata rivolta verso la Via Biberatica (della Pilotta).

Lonigo Barb. f. 5, Vallicell. f. 7v.; Martinelli 336; Adinolfi II, 24; Armellini 1 114 2 261; Duchesne al LP. II p. 45 not. 88.

 p182  II FGo

A34. S. ANDREAE DE CABALLO ovvero DE EQUO MARMOREO

Cenc. 307 (de caballo; ignota et sine clericis): den. VI — Paris. 125 (de caballo) — Taur. 16 (de caballis): habet sacerdotem et clericum — Sign. 148 (de equo marmoreo).

Chiesa situata sul lato sud dell'Alta Semita, non lontano dai colossi di Monte Cavallo. La sua posizione, indicata sulla pianta del Bufalini e del Dupérac, corrisponde a quella dell'odierna chiesa di S. Andrea sul Quirinale. Viene menzionata anche nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris (sopra p. 53 n. 21) col nome di S. A. de caballo, nel catalogo del 1492 (p. 69 n. 3), nella Tassa di Pio IV (p. 87 n. 5), nel catalogo di S. Pio V (p. 96 n. 3) ed in quello dell'Anonimo Spagnuolo (p. 107 n. 29) come S. Andreae in monte Caballo, nel catalogo del 1555 (p. 80 n. 13) come S. A. in Quirinali.

Del Sodo Vallicell. f. 109 v., Vatic. p. 30; Panciroli 1 194 2 325; Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 6 (de caballo), Barb. f. 5 v., Vallicell. f. (di Montecavallo); Martinelli 58; Bruti vol. 18 (to. XVII) f. 530‑534 (ital.), vol. 13 (to. XII) f. 47 v.-55 e vol. 8 (to. VII)º f. 200 v.-210 (= l. XI c. 4) (lat.); Adinolfi II 271; Armellini 1 118 2 184.

— S. ANDREAE IN CLIVO SCAURI v. S. Gregorii in Clivo Scauri.

II Fk

A35. S. ANDREAE DE COLUMNA

Cenc. 148: den. VI — Paris. 123 Taur. 39: habet sacerdotem et duos clericos — Sign. 122.

La prima menzione di questa chiesuola si trova nelle bolle di Agapito II del 955 e di Giovanni XII del 962, per le quali viene soggetta alla basilica di S. Silvestro in Capite (Federici Arch. soc. romana XXII 1899, 269; Kehr IP. I p. 83 n. 6. 7; sopra p. 137). La chiesa è ricordata pure nella celebre iscrizione del 1119 relativa alla proprietà della colonna per il monastero di S. Silvestro (Forcella IX p. 79 n. 149) nonchè in un documento del 16. febbraio 1217 nell'archivio di S. Silvestro in Capite (Federici l.c. p. 531 n. 73). Un Petrus Simeonis clericus S. Andreae de Colupna sottoscrive ad un documento del 1252 nell'archivio di S. Silvestro (Ferri Arch. della soc. romana XXIII, 1900 p. 90 n. 113). Un diario romano pubblicato dal Muratori Antiq. Ital. III, 391 raccontando la piena del Tevere del 1345, dice che l'acqua pervenne "fino a S. Andrea de Colonna dove sta la granna colonna". È registrata pure nei Liber  p183 Anniversariorum (sopra p. 54 n. 39, p. 60 n. 27, p. 64 n. 43). Il catalogo del 1555 (sopra p. 80 n. 14; da esso dipende il Martinelli p. 449: 'ex ms. Panvinii in bibl. Vatic.') la dce distrutta sotto Paolo III, e con ciò conviene la notizia nella Tassa di Pio IV (sopra p. 88 n. 15): S. A. di colonna, cappella di S. Maria in Via. Manca nei cataloghi di S. Pio V, dell'Anonimo spagnuolo e del Sodo. A torto quindi sostengono gli autori moderni che fosse atterrata da Sisto V per dare alla Pia Colonna una forma più regolare. Il Bruzio dice che era situata "prope columnam in ipsa platea in latere septentrionali".

Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6; Martinelli 336; Bruti vol. 10 (to. IX) f. 136 (= tomb. III lib. I c. 14); Adinolfi II, 359; Armellini 1 119 2 312.

II Ghi

A36. S. ANDREAE DE FORDIVOLIIS

Paris. 129 (in domo fecl'uolie) — Taur. 82 (de Fordivoliis): habet I sacerdotem — Sign. 103 (de Fordognolis).

Chiesa mentovata per la prima volta in un documento del 1011 nel Regestum Farfense (V p. 54 n. 657) relativa ad una casa dentro le rovine delle Terme Neroniane-Alessandrine cum curte quae est ex alia parte domus quae est ante portam Sci. Andreae. Nella bolla di Urbano III del 1186 (v. sopra p. 133 n. 57) viene annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso con il nome di S. A. a domo Fortis Boliae. Il cognome della chiesa è derivato da una famiglia nobile romana: l'epitafio di un Simon Fordivolla del 1330 esistito in S. Maria de Cellis, poi in S. Luigi dei Francesi, è pubblicato dal Forcella III p. 5 n. 1; l'Adinolfi cita un istrumento dell'Archivio del Salvatore, ove è ricordato un Giovanni di Simone di Fordivolis (arm. VIII mazzo IV n. 60); un Franciscus Fardevollia comparisce in una bolla di Bonifazio VIII del 18 aprile 1301 (vol. III p. 100 n. 4096 ed. Digeard); altre notizie si possono cavare dal Repertorio dello Jacovacci cod. Ottobon. 2550 f. 238. Quel nome però viene stroppiato in maniera curiosa dagli scrittori dei sec. XVI e XVII: lo Ciampini chiama la chiesa S. Andreae de Foremontis, alias de Sordivolis, il Lonigo S. Andreae de Ultrovilla. Quest'ultima forma si trova in documenti ufficiali relativi alla fondazione di S. Luigi dei Francesi. Nella bolla di Sisto IV del 2 aprile 1478 (La Croix, Mémoire historique sur les Institutions de France à Rome, Paris 1868 p. 170; cf. Spezi Bull. arch. comun. 1905 p. 98 sg.) si concede al nuovo santuario anche la chiesa Sancti Andreae de Oultrevoille (Fordivolla), in due altri documenti pubblicati dal Lacroix l.c. p. 176. 177 è ricordata 'Sancti Andreae de Oultrovoille alias de Fordevoille'.  p184 Forse quel cognome non è altro che una traduzione male intesa di foris villa. — Per la situazione è d'importanza un documento del 13. giugno 1492 (not. Taglienti protoc. 1728 f. 146, Arch. di Stato a Roma) pubblicato del Lanciani Storia degli scavi II, 231. Vi si tratta della vendita di alcune case spettanti alla famiglia dei Jacobelli, situati ad est del moderno Vicolo dei Matriciani, fra la contrata scorticlariae e la platea saponaria (Piazza di S. Luigi dei Francesi), confinati, fra altro con l'ortus Sancte Marie de Cellis, quae nunc dicitur Sancti Ludovici. La domus viene dichiarata libera a et servitute praeterquam introitus et exitus per partem anteriorem seu principalem ad ecclesiam seu cappellam S. Andree de Frandivolis iuxta inclaustrum dictorum domorum seu palatii. Da ciò risulta che la chiesuola non stava accanto alla strada, ma nell'interno del blocco ora occupato dallo stabile di S. Luigi dei Francesi (Nolli n. 809). Con questo concorda la descrizione del Lonigo: "era dietro S. Lugi de Francesi nel cortile de' Matrecciani". Ma ne segue pure che non è esatta l'asserzione che la chiesuola fosse distrutta sotto Sisto IV per la fabbrica di S. Luigi o dell'annesso ospedale. Pare invece che sia stata profanata nel principio del sec. XVI: manca nel catalogo del 1492 ed in tutti quelli del sec. XVI. Errano l'Adinolfi e l'Armellini identificandola con S. Andrea de aquarizariis.

Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 7; Ciampini de Vicecancellario 158; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 389; Adinolfi II, 422; Armellini 1 121 2 370 (de Fordivoliis) 2 441 (de Ultrovilla).

II Fp

A37. S. ANDREAE DE FRACTIS

Taur. 313 (monasterium S. A. de F.): habet moniales XVIII — Sign. 217, rel. 11.

Questo monastero, fondato circa il 1270 dal cardinale Ottobono arciprete di S. Maria Maggiore (cf. il documento del 8. giugno 1272 presso Ferri Arch. soc. romana XXX, 1907, p. 126 n. 68, nel quale fra i testimoni si trova il pictor Cimabovis di Florentia) succedette in qualche modo a quello più antico di S. Andrea in Massa Iuliana. Per la situazione è decisivo l'ordine topografico del catalogo di Torino, il quale lo registra insieme con S. Giuliano a S. Vito, vale a dire vicinissimo a S. Andrea in Massa Iuliana. Può essere che l'Adinolfi abbia ragione sospettando (sebbene senza addurre prove) che la moderna chiesa della Concezione col suo Conservatorio (Nolli n. 42) ne segni il posto. Nicola IV con bolla del 27. gennaio 1290, accordò alla chiesa diverse indulgenze  p185 (Reg. p. 349 n. 1462 ed. Langlois); è ricordata pure nella bolla di Benedetto XI del 9. gennaio 1304 (Reg. p. 706 n. 1163 ed. Grandjean). Viene mentovato spesso in documenti dell'Archivio di S. Maria Maggiore (Ferri l.c. p. 129 n. 72 del 1276; p. 131 n. 75 del 1285; p. 132 n. 67 del 1286; p. 143 n. 102 del 1307; p. 147 n. 119 del 1326; p. 150 n. 140 del 1376); oltracciò l'Armellini p. 300 cita da Regesto di Urbano V (1362‑1370; tom. XXII p. 468) una bolla relativa al monasterium monialium S. Andreae de Fractis. . . . ordinis S. Augustini, ch'egli riferisce erroneamente a S. A. delle Fratte presso S. Silvestro. Sotto Eugenio IV fu unito a S. Paolo fuori le mura (Ferri lcc p. 158 n. 199, p. 159 n. 200 del 27 marzo e del 12 luglio 1433), mentre i beni passarono alla mensa capitolare di S. Maria Maggiore. Ciò non ostante viene registrato ancora nel catalogo del 1492 (sopra p. 69 n. 18): S. A. de la Frata accanto a S. Prassede. Per error il De Angelis (Basilicae S. Mariae Maioris descriptio, R. 1621 p. 57) ed il Fedini (vita di S. Bibiana, R. 1627 p. 59) credettero di riconoscere gli avanzi dello spazio del monastero di S. Antonio.

Lonigo Barb. f. 5 v., Vallicell. f. 8 v.; Adinolfi II, 226‑228; Armellini 1‑2812; Ferri Arch. della soc. romana di stor. patria XXVII, 1904, p. 166 sg.; Duchesne Mélanges de l'École franç. XXVIII, p. 489 sg. • Titi 342‑343.

II Kl

A38. S. ANDREAE DE FUNARIIS

Cenc. 81 (funariorum): den. VI — Paris. 135 (de Finianis) — Taur. 383: habet sacerdotem et clericum. — Sign. 63.

Chiesuola tuttora esistente nella Via di Tor de' Specchi, sotto la pendice settentrionale del Campidoglio. Al nome suddetto, col quale viene appellata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 57 n. 114, p. 66 n. 114, p. 68 n. 46), nel catalogo del 1492 (p. 76 n. 220), nella Tassa di Pio IV (sopra p. 88 n. 27), nel catalogo di S. Pio V (p. 103 n. 229) ed in quello dell'Anonimo Spagnuolo (sopra p. 109 n. 117), si sostituiscono nel sec. XVI due altri, S. Andrea in Vincis e S. Andrea in Mentuza. Ambedue sembrano invenzioni degli astigrafi, dal marliani (l. IV c. 2 f. 75 ed. 1534) e Fauno (l. II, c. 2; l. III, c. 6) in poi: il primo viene derivato "dalli vinci o vimini che qui nascevano, oppur delli legami de salici che per questa piazza d'herbaggi (il Forum holitorium) si ritrovavano sempre sparsi" (Panciroli) ma il Foro olitorio in verità era abbastanza lontano dal sito della chiesa, ed il cognome pare piuttosto ripetuto, ma senza ragione, da quello della chiesuola vicina di S. Maria in  p186 vincis, derivato però dal nome della famiglia dei Guinizi (v. più sotto M n. 50). Il secondo viene, per una falsa erudizione, messo in relazione col tempio di Matuta in foro Boario (Huelsen Diss. dell'Accademia Pontificia Ser. II vol. VI. 1897, p. 270), il quale però era pure lontano dalla chiesa.

Del Sodo Vallicell. f. 143, Vatic. p. 30 (S. A. in Vincis); Panciroli 1 199 2 63 (S. A. in Vinchi); Lonigo Barb. f. 5 v., Vallicell. f. 8 (de funariis) e Barb. f. 5 v., Vallicell. f. 8 v. (in Vinciis, alias S. Andrea in Mentuccia); Martinelli 57 (S. A. de Mentuza) e 364 (S. Laurentii in Mantuccia alias Matita, nunc S. A. in Vinchi); Bruti vol. 3 (to. II) f. 383 v.-388 (= lib. III c. XXXII; S. A. in Vincis); Armellini 1 125 2 555; Angeli 42.

I II Em

A39. S. ANDREAE INFRA (H)ORTOS

Cenc. 151 (S. A. de curtis): den. VI — Paris. 122 Taur. 35: habet sacerdotem et clericum — Sign. 143.

Chiesuola tuttora esistente a piè del Pincio (Collis hortorum) sotto il nome di S. Andrea delle Fratte. Nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris porta il nome di S. Andree inter ortos in Pincis (v. sopra p. 54 n. 46), nel catalogo del 1492 (p. 72 n. 94) S. A. in horto; invece nel Liber Anniversariorum S. Mariae in Porticu (sopra p. 58 n. 20) viene già detta S. Andrea delle Fratte, e così pure nel catalogo di S. Pio V (p. 106 n. 314). Il catalogo del 1555 (p. 80 n. 12) la dice S. Andreae in capite domorum de regione Trivii, la Tassa di Pio IV (p. 88 n. 17) S. Andrea capo le case. Erra l'Armellini riferendo a questa chiesa una bolla di Urbano V (1362‑1370) che in verità si riferisce al monastero di S. A. de Fractis presso S. Maria Maggiore.

Del Sodo Vallicell. f. 41 v., Vatic. p. 29 (S. A. alle fratte); Panciroli 1 192 2 386; Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 6 v. (d ortis), Barb. f. 5 v., Vallicell. f. 8 v. (delle fratte); Martinelli 56; Bruti vol. 10 (to. IX) f. 12 v.-25 (= lib. i c. 2. 3), vol. 13 (to. XII) f. 167‑171 (lat.), vol. 19 (to. XVIII) f. 712‑720 (ital.); Nibby 77; Forcella VIII p. 213‑254; Adinolfi II, 354 sg.; Armellini 1 119 2 299; Angeli 32; Calvi Bibliografia 48.

— S. ANDREAE (A DOMO) IOHANNIS ANCILLAE DEI v. S. Andreae de Azanesi.

A40. S. ANDREAE prope S. Mariae Antiquae

Il solo biografo di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) c. 83 menziona un oratorium S. Andreae ubi supra (preced S. Maria Antiqua). Anche gli scavi recenti non hanno portato alla luce nessun vestigio di quel santuario.

Duchesne al LP. II p. 46 not. 109.

 p187  II Fp

A41. S. ANDREAE IN MASSA IULIANA

Cenc. 212 (S. Adriano in massa Iuliana s. Maria maioris): den. VI — Paris. 121 (de Massa vill',).

La località detta Massa Giuliana corrisponde al capo del Clivus Suburanus ed ai pressi di S. Vito e S. Giuliano a sud-ovest di S. Maria Maggiore (v. più sotto S. Scolastica). Il monasterium S. Andreae q. app. Massa Iulian viene ricordato per la prima volta nella biografia di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) c. 77 (v. sopra p. 8 n. 82). Un documento del 998‑999 nell'archivio di S. Prassede porta la firma di un archipresbiter monasterii S. Andreae apostoli, qui appellatur Massa Iuliana, ed accanto a lui di due preti del monastero di S. Andrea in Exaiuolo (Fedel Arch. soc. romana XXVII, 1904, p. 43 n. 2). Nel Regestum Sublacense viene ricordato più volte (p. 25 n. 10, Giovanni XVIII, a. 1005; p. 43 n. 15, Benedetto VIII, a. 1015; p. 60 n. 21, Leone IX a. 1051) senza cognome, ma come vicino a S. Vito e S. Scolastica, ciò che toglie ogni dubbio sull'identificazione. La bolla di Celestino III del 4. gennaio 1192 (Ferri Arch. soc. romana XXVII, 1904, p. 452 n. 22; v. sopra p. 135) concede a S. Maria Maggiore fra altre chiese quella di S. A. in Massa Iuliana. Dopo il sec. XIII pare sia stata abbandonata: vi succedette, come sembra, il monastero di S. Andrea de Fractis.

Panciroli 1 215 2 245; Lonigo Barb. f. 4º, Vallicell. f. 5; Martinelli 340; Adinolfi II, 219; Armellini 1 115 2 815; Ferri Arch. soc. romana XXVII, 1904, p. 161‑167; Kehr IP. I p. 56; Duchesne Mélanges de l'École franç. XXVII, 1907, p. 488 sg.

A42. S. ANDREAE DE MESU PORTICU

Paris. 132.

Chiesa d'altronde affatto sconosciuta, che si crederebbe situata nel Borgo non lunghi dalla Piazza Scossacavalli, over era le metà della Portica di S. Pietro: non mi è probabile l'identificazione proposta dal Fabre con S. Andrea in S. Pietro.

A43. S. ANDREAE MILONIS SARACENI

Cenc. 287: den. VI.

Chiesuola di posizione affatto ignota. Il medesimo cognome Milonis Saracei s'incontra anche per una chiesa di S. Biagio. I Saraceni (Sargoni, Sarazani; cf. Jacovacci cod. Ottobon. 2553 f. 338‑341) erano del Rione della Pigna; Marcantonio Altieri (Nuptiali p. 15 ed. Narducci) li  p188 annovera fra quelle "della Pelliciaria et l'altra conioncta de Preta delli Pesci", vale a dire presso le Botteghe oscure e le case dei Cesarini (Adinolfi Via Sacra p. 8 sg.; Gregorovius Geschichte der Stadt Rom VIII p. 717; Marchetti-Longhi Memorie dei Lincei ser. 5 vol. XVI, 1921, p. 696 sg.).

Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 6v. (dal Cencio).

II Fi

A44. S. ANDREAE DE MORTARARIIS ovvero DE MARMORARIIS

Cenc. 109 (de mortarariis): den. VI — Paris. 136 (de moreterraciis) — Taur. 64 (de marmorariis): habet III clericos — Sign. 108 (de mortarariis).

La più antica menzione di questa chiesa si trova in una bolla d'Innocenzo II (1130‑1143), confermata con altra del 7. maggio 1194 da Celestino III Jaffé-Lowenfeld p. 170 n. 95; Kehr IP. I p. 89 n.10 cf. p. 87 n. 2), nella quale essa viene conceduta al monastero di S. Maria in Campo Marzo. Il monastero possedeva nel popolo di S. Andrea 17 case (Martinelli 202; versione latina della bolla del 1194). Lo Zaccagni p. 460 cita una bolla d'Innocenzo IV del 1243 (an. 1 ep. 695) ove è ricordata. Una bolla di Nicola IV del 3. agosto 1290 (I p. 494 n. 2991 ed. Langlois) concede delle indulgenze alla chiesa di S. Andrea de mortarariis, quam Coelestinus papa propriis manibus consecravit. Il Lonigo riferisce che "Nicolò V l'anno ottavo del suo pontificato (1454‑5) ad instanza del Cardinale Alano d'Avignon la concesse alla nazione di Brettagna, et Callisto III gli la confermò; poi fu questa chiesa molt'anni sono ruinata et in quel luogo fu fabbricata la chiesa di S. Ivo". Per l'anno preciso quando fu disfatta la chiesa di S. Andrea e costruita la nuova di S. Ivo, non trovo documenti; ancora il catalogo del 1492 registra nel rione di Campo Marzo, tanto la chiesa di S. Ivo (sopra p. 72 n. 110) quanto, fra S. Lucia della Tinta e S. Trifone, una di S. Andrea (ivi n. 96), chiesa difficilmente si può credere diversa da quella dei marmorarii. Il cognome della chiesa secondo il Monti (Buonarroti Ser. II vol. X 1875, p. 167) deriva "dagli scarpellini (fabbricatori di mortai della pietra) che anticamente dovevano essere in que' dintorni, come ci fanno sospettare molti marmi e tronchi di colonne dissotterrati nelle circostanze della chiesetta de quali non pochi si sono ora trovati in questa sua ultima distruzione". Il medesimo autore attribuisce all'ottavo o nono secolo il "saldo e grazioso campanile rimasto dall'antica chiesa dopo la  p189 costruzione di quella di S. Ivo, e rovinato anch'esso soltanto nel 1875". Dalle testimonianze suddette si rileva che la chiesa di S. Andrea era situata fra la Via (e Piazza) della Scrofa ed il Vicolo della Campana.

Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6; Martinelli 133. 193. 337; Armellini 1 121 2 295 2 330.

II Jkl

A45. S. ANDREAE DE PALLACINA

Cenc. 207 (in Pallacina): den. VI — Paris. 127 (de Palatina) — Taur. 146 (de Paracera): habet sacerdotem et clericum — Sign. 181 (de Palatina).

Il cognome di questa chiesuola ricorda, come quello della vicina chiesa di S. Lorenzo in Paracera, l'antichissimo vicus Pallacinae, che congiungeva l'estremità nord del Circus Flaminius con il principio della Via Lata (Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 556 not. 136). L'Armellini cita "dal Galletti, cod. Vat. Θ tom. IX" (forse cod. Vat. 7930) un documento del 1272, ove sarebbe chiamata S. Andreae in Paracina. Il Panciroli attesta, che il sito che ora abbraccia la chiesa del Gesù e la Casa Professa, "era prima diviso in due isole di case, dove erano due chiese parrocchiali: una di S. Andrea Apostolo, l'altra di S. Maria detta della Strada", che ambedue furono distrutte per la costruzione dello splendido santuario nuovo. Da ciò si fissa il sito della chiesa di S. Andrea con abbastanza esatezza. Un documento del 1401 (Archivio di Sancta Sanctorum, Mare Magnum f. 149; Marchetti-Longhi p. 702) la chiama S. Andrea delle Pontiche, nome a cui corrisponde quello di S. Andrea delle Botteghe oscure nella Tassa di Pio IV (sopra p. 38 n. 28). Nel sec. XVI viene detta anche S. Andrea della Fratta che occorre in un documento del 1552 nell'archivio capitolare di S. Marco (Dengel Palast und Basilika S. Marco, Roma 1913 p. 84 n. 95) ed in un breve di Paolo III relativo alla fondazione della Casa professa dei Gesuiti (Polanco Mon. hist. soc. Iesu Chron. I, 110; Orlandini Hist. soc. Iesu p. I l. IV p. 192) non sembra altro che un malintesa invece di S. A. della Strada. Verso la fine del sec. XIV vicino alla chiesa sorse una pia casa di donne religiose (domus congregationis religiosarum pinzocharum Theutonicarum quarti ordini S. Francisci in parochi S. Andreae di regione Pineae apud domos illorum de Rubeis et palatium S. Marci: not. Pacificus de Pacifics prot. ad ann. 14623, arch. di Stato; si veda anche Dengel l.c. p. 4 n. 14 e p. 21 n. 50). Ne  p190 era diverso il monastero S. Andrea de Lauro menzionato nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 102 n. 211): nè il cognome de Lauro spettò alla chiesa parrocchiale.

Panciroli 1 333 2 841; Lonigo Barb. f. 5, Vallicell. f. 7; Martinelli 118. 341; Armellini 1 125 2 463; Marchetti-Longhi Memorie dei Lincei Ser. V vol. XVI p. 702 sg.

II Me

A46. S. ANDREAE APUD S. PETRUM

Taur. 112 (S. A. in ecclesia S. Petri): habet I sacerdotem.

Santuario antichissimo al lato sud della basilica vaticana, dedicato da papa Simmaco (498‑514; LP. LIII c. 6) nelle mura di un mausoleo romano. Spesso mentovato nel Liber Pontificalis venne disfatto per la costruzione della nuova basilica circa il 1590.

Lonigo Barb. f. 5, Vallicell. f. 7; Martinelli 341; Cancellieri de secretariis 1153 sg.; Armellini 1 122 2 737.

A47. S. ANDREAE DE PISCINULA iuxta S. Mariae Maioris

Ospedale situato ad oriente di S. Maria Maggiore, presso S. Andrea cata Barara e S. Andrea in assaio, fondato circa la metà del sec. XIII dal Cardinale Pietro Capocci (v. l'iscrizione Forcella XI p. 127 n. 246). La più antica menzione (perchè il passo della vita di S. Francesco presso Wadding Ann. Min. I c. 17 fu erroneamente messo in relazione con il santuario esquilino; v. più sotto p. 200 n. 66) si trova nella bolla di Martino IV dei 30. aprile 1287 (p. 139 n. 324 ed. Soehné), il quale affidò a Goffredo cardinale di S. Sabina curam hospitalis S. Andreae siti prope eckm S. Mariae Maioris de Ubre. Sulle prime vicende dà ampio ragguaglio la bolla di Nicola IV del 23. dicembre 1289 (IV p. 350 sg. n. 1997 ed. Langlois). Ivi è detto (p. 356)" sane dudum curam hospitalis S. Andree de Piscina de urbe, prope Sancte Marie Maioris ecclesiam constituti, dilecto filio nostro Iacobo Sancte Marie in vai lata diacono cardinali (è Giacomo Colonna, cardinale di quella diaconia dal 1278 al 1318) duximus committendam. . . . qui. . . . nobis exposuit. . . .quod per frtres hospitalis vestri Sancti Antonii Viennensis diocesis hospitali prefato utilier et salubriter consuli poterat. . . . praesertim cum bone memorie Petrus Capotius Sancti Georgii ad velum aureum diaconus cardinalis (1244‑1259) hospitalis memorati Sancti Andree fundator voluerit et in suo etiam, ut asseritur, ordinaverit testamento fratres eiusdem hospitalis Sancti Antonii ad dicti hospitalis Sancti Andree servitium deputari. Il papa quindi  p191 nella suddetta bolla (cf. anche l'altra del giorno seguente diretta al cardinale Colonna, p. 357 n. 1998 ed. Langlois) istituì nell'ospedale di S. Andrea ad reformationem ipsius gli Antoniniani di Vienna, i quali nel 1308 eressero ivi una chiesa sotto il nome del loro santo protettore. Lo spedale di S. Andrea fu conceduto da Celestino V alla basilica di S. Maria Maggiore (bolla del 1. ottobre 1294 presso Ferri, Arch. soc. romana XXX, 1902, p. 141 n. 95). Secondo il Ferri (Arch. XXVII, 1904, p. 166) è ricordato pure nel testamento di Iacopo Arcione del 1309 (cf. Arch. XXVII, 1904, p. 144 n. 103) ed in un documento del 1369 (ivi p. 149 n. 131). Anche il testamento del cardinale Gio. Buccamazza del 1309, citato dallo Zaccagni p. 387 lo chiama hospitale S. Andreae iuxta S. Mariam Maiorem. Invece l'antico nome di hospitale S. Andreae in assaio ritorn ancora nel catalogo di Torino (sopra p. 32 n. 150). Ma dopo il sec. XIV, il nome di S. Andrea sparì e vi si sostituì quello di S. Antonio, il quale si è conservato sino ai tempi moderni (v. più sotto p. 200).

Bosio Roma sotterranea 1. III c. 47 p. 416; Martinelli 336; Adinolfi II, 221‑223; Duchesne Mélanges de l'École française XXVII (1907) p. 490.

A48. S. ANDREAE DE PISCINULA trans Tiberim

Paris. 138 (de pisciola) — Sign. 317.

Chiesuola nella regione trasteverina, vicina a S. Benedetto de Piscinula e S. Salvatore de pede Pontis. Il Fabre (Mélanges de l'École franç. VII, 1887, -443) la volle identificare con S. Andreae de Clavis del catalogo torinese (v. n. 51); cosa impossibile, perchè quest'ultima chiesa ricorre nel catalogo Parigino sotto il nome di S. Andreas a Savo.

A49. S. ANDREAE DE PUTEO PROBAE

Cenc. 154 (putei de Proba): den. VI — Paris. 134 (de Puto probo) — Taur. 168: habet I sacerdotem — Sign. 234 (S. A. ibidem, segue S. Mariae in puteo Probe).

Chiesa già situata nel rione dei Monti, nella contrada detta Pozzo di Proba (v. Adinolfi II p. 97 sg. e più sotto S. Mariae de puteo Probae), cioè fra S. Vitale e S. Sergio de Subura. Il sito non si può precisare; è un errore grossolano dell'Armellini di volerla identificare con S. Andreae de aquarizariis.

Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6 v.; Armellini 1 124 2 369.

 p192  — S. ANDREAE DE RENATI v. S. Luciae de Renati.

A50. S. ANDREAE DE SANCTOCEL'AR

Paris. 126.

Non saprei emendare il cognome di questa chiesa: la congettura più ovvia che sia de scorticlariis non si può accettare, perchè l'unica chiesa di S. Andrea situata nella regio scorticlariorum è registrata nel catalogo parigino sotto il nome di S. Andreae de Domo fecl'uolie (v. sopra p. 183 n. 36). Un S. Andreae Cyriaci monasterium citato dallo Zaccagni p. 388 (in libro Eugenii IV in arch. secr. sign. n. 2703 fol. 291) non so se abbia esistito dentro la città di Roma. Forse si ha da intendere S. Andrea de aquarizariis (sopra n. 28).

II Mik

A51. S. ANDREAE DE SCAPHIS

Cenc. 87 (trans Tyberim): den. VI — Paris. 133 (a Savo) — Taur. 241 (de Clavis): habet I sacerdotem — Sign. 319 (de schiaffis).

Il nome di questa chiesuola è derivato dalle piccole barche teverine. Nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris (sopra p. 58 n. 14) è chiamata S. Andrea de scafis, in quello di S. Maria in Portico (sopra p. 59 n. 58) Sancto Andrea delli scaphi, nella Tassa di Pio IV (sopra p. 88 n. 32) S. A. delli Schachi nel rione di Trastevere. L'Anonimo Spagnuolo (sopra p. 110 n. 159) la registra sotto il nome di S. Andrea delle scaphe, il Del Sodo (sopra p. 115 n. 27) sotto quello di S. Andrea delli scacchi, il Lonigo sotto quello di S. Andrea in Trastevere detta hora e Scaffis. Nel catalogo di S. Pio V (p. 105 n. 289) sta sotto il semplice nome di S. Andrea. La parrocchia fu unita da Gregorio XIII con quella vicina chiesa di S. Salvatore in pede pontis (bolla del 25. febbraio 1574 citata del Martinelli p. 300); un documento del 20 dicembre 1578 pubblicato dal Lanciani Storia degli scavi III p. 224 (dagli Atti del notaio Guidotti, prot. 3653 c. 898‑900) parla delle "parochiales ecclesiae S. Salvatore in pede pontis senatorii et S. Andreae de scafis regionis Transtiberine invicem unitae". L'edifizio divenne, nel 1575, oratorio della Compagnia del SS. Sacramento di S. Cecilia e passò nel sec. XVIII alla Compagnia dei Vascellarii. Esiste tuttora sull'angolo della Via dei Vascellari e la Via dei Salumi (Nolli n. 1110).

Del Sodo Vallicell. f. 67, Vatic. p. 29; Fanucci opere pie lib. III c. 37; Panciroli 1 199 2 614; Lonigo Barb. f. 5, Vallicell. f. 7 v.; Martinelli 58. 300. 341; Bruti vol. 21 (to. XX) f. 178 v. (ital.), vol. 15 (to. XIV) f. 136 v. (lat.); Alveri 399; Piazza opere pie 495; Forcella XII, 283‑285; Armellini 1 127 2 276; Angeli 42.

 p193  II Jo

A52. S. ANDREAE DE SUBURA ovvero DE VICULO Cenc. 265 (de Subura): den. VI — Paris. 130 (de Sebura) — Taur. 171 (de Subura): habet I sacerdotem — sign 241 (de viculo).

Una iscrizione tuttora esistente nella chiesa di S. Salvatore ai Monti (Forcella IX p. 393 n. 806) attesta che questa chiesuola fu dedicata nel 1046: TEmPORIBVS DNI. CLEMenTIs SECVnDO PAPAE MenSE DECEmBER DIES IIII InDICTtione IIIIDECIMA DEDICATIO ISTIVS ECCLesiE AD HONOREm SCI. ANDREE. Secondo il Lonigo, sarebbe stata chiamata anche de Torre Secuta (sulla Torre Secura ovvero de Subura v. Adinolfi II 88 e più sotto S. Salvatore de Subura). Nel sec. XV, al nome de Subura si sostituì quello de Viculo; così è chiamata anche nei Liber Anniversariorum (sopra p. 53 n. 26, p. 63 n. 19), e nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 97 n. 37), mentre il catalogo del 1492 (sopra p. 70 n. 40) la registra sotto il semplice nome di S. Andrea e l'Anonimo Spagnuolo (sopra p. 100 n. 132) conserva l'antico cognome in Subura Nella Tassa di Pio IV (sopra p. 87 n. 3) il cognome è corrotto in de Vinculo, ciò che diede occasione alla congettura poco felice del Martinelli (ripetuta come certa dall'Armellini) che sia identica con una basilica S. Andreae quae appellatur Eudoxiae che sarebbe ricordata nella biografia di Leone III (per la vera lezione v. sopra p. 6 n. 16, 17). Secondo lo stesso Martinelli, fu per ordine della visita del 1564 unita alla vicina chiesa di S. Salvatore in Subura. Dalle testimonianze surriferite si rileva che la chiesa si deve cercare all'angolo della Via Baccina e Via dei Serpenti incirca.

Panciroli 1 753 2 204; Lonigo Barb. f. 4 v., Vallicell. f. 6 v.; Martinelli 337; Armellini 1 124 2 213.

A53. S. ANDREAE IUXTA S. SUSANNAM

Un documento del sec. XI, forse di Benedetto IX (1033‑1048), pubblicato dal Kehr Göttinger Nachrichten 1900 p. 141 (cf. IP. I p. 159 n. 1) conferma al monastero di S. Agnese e Costanza, fra altri beni domum magnam tegulatam in integro cum terra in qua olim fuit ecclesia S. Andreae et parietinas omnia posita Romae regione tertia iuxta venerabilem titulum S. Susannae. L'Armellini, il quale ha conosciuto quel documento per mezzo di una comunicazionedi G. B. De Rossi, che la desunse dalle schede del Monsacrati, volle identificare la chiesa con S. Andrea de caballis: ciò che mi sembra poco probabile, tanto per la distanza, quanto per il fatto che la chiesa presso S. Susanna era in rovine già nel sec. XI.

Armellini 2 184.

 p194 

A54. S. ANDREAE DE UNDA ovvero DE HISPANIS

Cenc. 160 (inde): den. VI — Paris. 128 Taur. 340: habet I sacerdotem — Sign. 21.

Chiesa situata nel rione Regola, vicina a quella tuttora esistente di S. Salvatore de Unda e S. Thomae de Hispanis, che oggi si chiama S. Petronio dei Bolognesi. Nel catalogo del Cencio, la particella inde ripete il cognome della chiesa precedente, cioè S. Thomae de Hispanis, e pare infatti che la chiesa abbia portato anche questo titolo: nella bolla di Urbano III per S. Lorenzo in Damaso del 1186 (sopra p. 132 n. 21) troviamo un S. Andreae de Hispanis appunto nelle medesime vicinanze. L'Armellini cita, dal regesto di Urbano V (1362‑1370) tom. XXII fol. 10 una collatio canonicatus et praebendae ecclesiae SS. Laurentii et Damasi de Urbe. . . . permutationis causa in canonicatum et praevendam ecclesiae S. Andreae de Unda. Dopo il sec. XV non viene più menzionata.

Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6 (dal Cenci); Martinelli 337; Armellini 1 127 2 411.

II Gk

A55. S. ANDREAE DE URSO ovvero DE URSA

Cenc. 149 (de Ursa): den. VI — Paris. 124 (de Urso) — Taur. 50 (de Urso): habet I sacerdotem — Sign. 123 (de Ursa).

Chiesa del rione Colonna, che, secondo l'ordine topografico dei cataloghi, si deve cercare ad ovest di Piazza Colonna. Il sito più accuratamente che in altri documenti viene descritto nel testamento di una certa Angela moglie di Leonardo mandatario, che l'Adinolfi cita dall'Archivio diS. Angelo al corridoio (proto­colli dal 1511 al 1596, p. 24 n. 5). Ivi si parla di una casa "posta nel Rione di Colonna nella piazza detta de Preta, cui da un lato sono le case di Lodovico de Cancellieri cittadino romano, da un altro lato sta la casa del detto Eusebio di Orte, dietro è la via pubblica e la chiesa di S. Andrea delli Orzi e la casa de' Cerretani, avanti corre la via publica e chiamata la piazza de Preita". Da ciò si rileva che la chiesuola era situata nell'isola di case fra Piazza di Pietra a la odierna Via della Colonna. Un Ranaldus rector ecclesiae S. Andreae de Urso è fra quelli che sottoscrivono nel 1277 la conferma della bolla di Agapito II (955) per S. Silvestro in Capite (Federici Arch. soc. romana XXII, 1899 p. 290. 291; Kehr IP. I p. 83 n. 6). Il cognome della chiesa nel Liber Anniversariorum S. Salvatoris (sopra p. 54 n. 47) è de Ursis, in quelli del Gonfalone (p. 60 n. 29, p. 64 n. 45) delli orçidel orzo, nel Catalogo del 1492 (sopra p. 71 n. 84) de Urzo, nella Tassa di Pio IV (sopra p. 88 n. 16) de Ursi, nel Catalogo del 1555  p195 (sopra p. 80 n. 15) Ursorum; in quello di S. Pio V (sopra p. 106 n. 308) porta il semplice nome di S. Andrea. Il Martinelli riferisce che la chiesa "erat apud hospitale dementium, cui cum alio S. Stephani de Trullo fuit unitum. Fuit ordinatum rectoribus hospitalis, quod reparetur, et serviat primo coemeterio hospitalis dementium. Credimus fuisse quod nostris temporibus dicebatur S. Ursual d. hospitalis". Quest'ultimo si riferisce alla Compagnia di S. Orsola, istituita nel 1599 nella chiesuola di S. Maria della Pietà (volgarmente detta dei Pazzarelli), trasferita poi a S. Orsola sulla Piazza del Popolo, e finalmente, dopo la distruzione di quest'ultima nel 1660 (vi succedette la chiesa della Madonna dei Miracoli), a S. Orsola e Caterina a Torre dei Specchi (Fanucci Opere Pie di Roma l. 3 c. 52; Panciroli 2 457; Piazza Opere Pie 433). — Il cognome de Ursis, secondo l'Adinolfi, ricorda la famiglia dei Bocacci di Orso, i quali avevano le loro case ivi presso.

Lonigo Barb. f. 4, Vallicell. f. 6 (dal Cencio); Martinelli 341; Adinolfi II, 383; Armellini 1 120 2 307.

A56. S. ANDREAE ET BARTHOLOMAEI iuxta Lateranum

Monastero fondato da Onorio I (625‑634 CHECK THIS, ELSEWHERE 628; LP. LXXII), restaurato da Adriano I (772‑795; LP. XCVII c. 68), ricordato pure nella biografia di Leone III (795‑816 ELSEWHERE 816; LP. XCVIII c. 76). Si crede che fosse situato là dove ora esiste la cappella di S. Andrea nello spedale Lateranense (Nolli n. 12).

Panvinius de VII ecclesiis 106; Panciroli 1 193 2 127; Lonigo Barb. f. 5 v., Vallicell. f. 7 v.; Martinelli 57; Bruti vol. 5 (to. IV) f. 456‑463 (= lib. VI c. 12); Adinolfi I, 262 sg.; Armellini 1 118 2 115; Duchesne al LP. I p. 327 n. 21, II p. 43 n. 80; Kehr IP. I p. 33.

I Di

A57. S. ANGELI DE AUGUSTA

Cenc. 253 (de Agusto): den. VI — Paris. 109 Sign. 113.

Chiesuola menzionata già nella bolla di Agapito II (951) e Giovanni XV (962) per S. Silvestro in Capite (Federici Arch. soc. romana XXII, 1899 p. 268; sopra p. 137), ove la situazione viene precisata dalle parole: (confirmamus vobis) mtem qui appellatur Augusto cum ecclesia S. Angeli in cacumine ipsius montis. La chiesa dunque stava, come la omonima sul Mausoleo di Adriano, in cima al monumento. Dopo il sec. XV non viene più ricordata.

Lonigo Barb. f. 6, Vallicell. f. 9; Armellini 1 132 2 325.

 p196  II Ef

A58. S. ANGELI DE CASTRO S. ANGELI

Taur. 92: non habet servitorem.

Chiesuola fondata, asserisce il Martirologio di Adone, da un papa di nome Bonifazio, che si crede generalmente Bonifazio IV (608‑615). Ecclesiam S. Michaelis nomine constructam — dice Adone — dedicavit, in summitate circi, criptatim mio opere altissime porrectam; unde et idem locus in summitate sui continens ecclesiam, inter nubes situs vocatur. Similmente Liutprando di Cremona (lib. III c. 12) racconta come l'ecclesia quae in eius (munitionis) vertice videtur. . . . dicatur S. Angeli ecclesia usque ad caelos. Deve quindi essere diversa dalla modernamente cappelletta di S. Angelo che dà nel "cortile delle Palle" (Borgatti Castel S. Angelo 121. 186). Dopo il sec. XIV non viene più menzionata.

Fea Dissertazione sulle rovine di Roma (pr. Winckelmann, Storia delle arti del disegno III) p. 387; Nibby Roma antica II, 500; Armellini 1 128 2 774; Borgatti Castel S. Angelo 38 sg.

I II Kk

A59. S. ANGELI IN FORO PISCIUM

Cenc. 44 (piscium ven[a]lium): den. XVIII — Paris. 108 (de piscivendulis) — Taur. 375: diaconi cardinalis, habet VIII clericos — Sign. 51, rel. 91.

Diaconia antica, le cui origini rimontano al secolo ottavo. Una iscrizione del 755 o del 770 (Duchesne LP. I p. 514 n. 2) attesta che in quell'anno fu aedificata a fundamentis dal primicerio Teodoto, zio di Adriano I. È menzionata dall'Anonimo di Einsiedeln (sopra p. 4 n. 7), spesso anche nel Liber Pontificalis e nei cataloghi dei sec. XV-XVI. Esiste tuttora sul posto antico, fra gli avanzi dei propilei della Porticus Octaviae.

Del Sodo Vallicell. f. 124 v., Vatic. p. 24; Panciroli 1 204 2 730; Lonigo Barb. f. 6, val 9; Severano Sette Chiese p. 3 sg., Vallicell. G, 16 f. 79 v. sg.; Martinelli 60; Nibby 95 sg.; Forcella IV, 99‑113. XIII, 402; Armellini 1 131 2 561; Marucchi 422; Angeli 44; Calvi Bibliografia 49.

A60. S. ANGELI IN IANICULO

Cenc. 178 (in Iannuculo): den. VI — Paris. 112 (in Genuculo) — Taur. 400 (in Ianniculo): habet I sacerdotem.

Chiesuola già esistente sull'altura del Monte Gianicolo, non lontana da S. Pietro in Montorio, ricorda fra le filiali di S. Maria in Trastevere nella bolla di Callisto II del 1123 (sopra p. 135 n. 7). Se il Signorili non la registra, dipende dal fatto che il suo catalogo è mancante in quella parte. È ricordata ancora nel Catalogo del 1492 (sopra p. 79  p197 n. 289) sotto il nome di SS. Angeli in Ginocchio, ma poco dopo deve essere stata abbandonata. Una lapide esistente al tempo del Panciroli e del Martinelli a S. Dorotea presso Porta Settimiana, trasportata nel 1731 a S. Maria in Trastevere (Forcella IX p. 362 n. 74, cf. vol. II p. 344 n. 1057) offre l'iscrizione: Lapis hic, super quo visi sunt Angeli genuflexi in martyrio divi Petri, de ruinis S. Angeli in Geniculo erutus a Iuliano de Datis loci huius antistite pietati nostrae expositus An. Iubilei M. D. Così al S. Angelo in Gianicolo, per una etimologia popolare, si erano sostituiti i Santi Angeli in gionocchio. Manca nei cataloghi del sec. XVI, ed il Lonigo per errore l'annovera fra quelle esistenti "a' tempi nostri".

Panciroli 12 598 (s. v. S. Dorotea); Lonigo Barb. f. 6 v., Vallicell. f. 9; Martinelli 342; Armellini 1 129 2 661.

II Gf

A61. S. ANGELI DE RENICZO ovvero DE DOMO EGIDII DE POCO

Paris. 110 (de Tenuco) — Taur. 125 (senza cognome): habet I sacerdotem — Sign. 78 (de Reniczo).

Chiesa annoverata, sotto il nome di S. A. a domo Egidii de Poco, fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1186 (sopra p. 133 n. 11). Il Lonigo, citando questa bolla (nel cod. Vallicell.), la chiama S. Angeli in domo Egidii de Roto, onde l'Armellini asserisce che si chiamasse pure "S. Angelo de Rota, forse dal prossimo Mausoleo", ed il Lanciani sul foglio 14 della sua Forma Urbis Romae, gli ascrive il nome di S. Angeli de Rota (Amphitheatri?), prendendone argomento per l'ubicazione dell'Amphitheatrum Statilii Tauri sotto il prossimo Monte Giordano: congetture che si debbono abbandonare dopo stabilita la vera lezione del cognome (v. Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 595 not. 98). Lo Zaccagni (p. 396 s.v. S. Celsi) e l'Adinolfi (Canale di Ponte p. 78) citano una bolla di Onorio III del 20. maggio 1218, secondo la quale la chiesa sarebbe sottoposta a S. Celso: ma tale documento non occorre nell'edizione del Pressuti. Nel sec. XV e XVI il nome fu cambiato in S. Angeli de Miccinellis, da una famiglia romana (sulla quale si trovano notizie presso Iacovacci cod. Ottobon. 2551 f. 977‑992; cf. anche li Nuptiali di Marcantonio Altieri passim); il cognome venne corrotto in varî modi (S. A. in Macerello nella Relazione della cavalcata di Leone X di Gio. Giac. Penni presso Cancellieri Storia dei solenni Possessi p. 77; in Mincinello, in Mozzarell: Fanucci Opere Pie lib. III p. 21) Il catalogo del 1492 (sopra p. 73 n. 134) per isbaglio la  p198 chiama S. Andreae in monte Iordano. Nell'anno 1523 la chiesa fu concessa ad una compagnia di laici sotto il nome di S. Giuliano; ciò non ostante il vecchio nome durò fino alla seconda metà del Cinquecento (catalogo del 1555, sopra p. 80 n. 21: S. Angeli prope montem Iordanum regione Pontis; catalogo di S. Pio V, p. 100 n. 125: S. Angelo in Monte Giordano — della Compagnia di S. Giuliano). Soltanto più tardi i nuovi padroni cambiarono il nome della chiesa dedicandola al loro protettore. Esiste tuttora sotto il nome di S. Giuliano nella Via dei Banchinui, presso Monte Giordano.

Del Sodo Vallicell. f. 136, Vatic. p. 138 (S. Giuliano); Panciroli 1 389 2 488; Lonigo Barb. f. 6, Vallicell. f. 9; Martinelli 59. 133. 342; Ciampini de Vicecancellario 161; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 299; Forcella XI, 263‑279 (S. Maria del Soccorso); Armellini 1 132 2 363.

I Rr

A62. S. ANGELI IN VIA APPIA

Taur. 276 (S. Archangeli): non habet servitorem. — Sign. 346.

Questa chiesuola, secondo l'ordine topografico dei cataloghi, si deve cercare nnlt da S. Sisto vecchio; ed ivi, in una vigna di proprietà dei principi Pallavicini e Rospigliosi (Lanciani FUR. f. 46), esiste un'oratorio medievale con l'imagine dell'arcangelo Gabriele nella nicchia di fondo. Secondo una tradizione locale, vi sarebbero stati venerati anche i Santi sette dormienti di efeso. Papa Clemente XI nel 1710 rinnovò la venerazione di essi e restaurò l'edifizio ridotto ad uso profano (Cassio corso delle acque II p. 28). Il monumento è brevemente descritto nelle Note per la pianta del Nolli p. 49 ed. De Rossi; il Séroux d'Agincourt fece disegnare gli avanzi delle pitture (cod. Vatic. 9844‑9849). Esse furono eseguite per ordine di un Beno che potrebbe essere il medesimo Beno de Rapiza da cui furono fatti eseguire gli affreschi nella chiesa sotterranea di S. Clemente (sec. XI-XII).

Armellini Scoperta di un antico oratorio presso la Via Appia dedicato all'Arcangelo Gabriele ed ai Sette Dormienti (Roma 1875), Chiese 1 142 2 596.

I Nl

A63. S. ANNAE DE MARMORATA

Cenc. 199: den. VI — Paris. 362 Taur. 257: habet moniales IIII.

Chiesuola situata sotto l'Aventino, verso il fiume. Il luogo è segnato sulla pianta del Bufalini f. HJ presso l'angolo dell'odierno Vicolo di S. Sabina; la chiesa è accennata pure, ma senza il nome, sulle piante  p199 del Pinardo (Rocchi tav. IV) e sulla grande prospettiva di Mario Kartaro (ivi tav. XVI), mentre sulla pianta del Maggi-Maupin si legge ascritto il nome errato di S. Angelo. Nel sec. XVII fu chiamata anche S. Maria; circa il 1650 passò alla compagnia de' Calzettari. Dedicata di nuovo a S. Anna e riedificata sul medesimo posto nel 1745, ivi esiste tuttora (Nolli n. 1048).

Del Sodo Vallicell. f. 130v., Vatic. p. 43 (a piè del Priorato); Panciroli 1 210 (S. Anna) 2 636 (S. Maria a piè dell'Aventino); Martinelli 187 (S. Mariae sub Aventini radicibus); Nibby 98; Forcella XII, 287‑292; Armellini 1 133 2 606; Angeli 47.

II Lm

A64. S. ANTONII iuxta S. Mariae Antiquae

I Mirabilia Urbis Romae c. 24 (II p. 635 ed. Jordan; Urlichs Codex topographicus 109. 121) dopo aver menzionato la Cannapara, riferiscono: iuxta eam domum fuit palatium Catilinae, ubi fuit ecclesiae S. Antonii, iuxta quam est locus qui dicitur infernus, eo quod antiquor tempore ibi eructuabat et magnam perniciem Rome inferebat (ubi est ecclesia S. Antonini cod. Vat. 4265, ubi nunc est ecclesia S. Antonii cod. Praf., ambedue appartenenti a recensioni posteriori). Presso quel luogo, vale a dire dietro la chiesa di S. Maria libera nos a poenis inferni, gli scavi recenti hanno fatto tornare alla luce gli avanzi di un piccolo santuario, rinchiuso nell'atrio della basilica di S. Maria Antiqua, che fu deco con affreschi rappresentanti scene della vita di S. Antonio primo eremita. La chiesuola deve essere stata abbandonata già prima del mille; nondimeno un ricordo se ne era conservato fino alla metà del sec. XII.

Marucchi Nuovo Bull. cristiano VI, 292; Rushforth Papers of the British School at Rome 1 (1902) p. 10. 95; de Grueneisen Sainte Marie Antiqua p. 97, 98, 495; Wilpert Die römischenº Mosaiken und Malereien p. 717 sg.

II EFr

A65. S. ANTONII iuxta S. Mariae Maioris

Sign. 218.

Chiesa profanata dopo il 1870, ma tuttora esistente sul lato orientale della Piazza di S. Maria Maggiore. Fu costruita, presso l'antico ospedale di S. Andrea in Piscinula, nel principio del sec. XIV (v. sopra p. 191). L'Armellini cita un documento dell'Archivio della Basilica Vaticana, del 1441 (Petr. Instrum. pag. 9), nel quale si parla di una domus posita in regione Pineae, cui ab uno latere est res ecclesiae S. Antonii maioris de Urbe: bisognerebbe riscontrare se quel cognome, d'altronde sconosciuto,  p200 sia veramente nel testo, oppure sia da intendersi S. Antonii [S. Mariae] Maioris. L'edifizio fu restaurato nel 1481 da un prete Constantius Guillelmi; l'iscrizione relativa a questo restauro (Forcella XI, 128, 248) fu dal Ferri (Arch. soc. romana XXVIII, 1904, p. 161) erroneamente messa in relazione con S. Andrea cata Barbara. La chiesa è pure menzionata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 53 n. 4, p. 63 n. 9) e nei cataloghi del sec. XV e XVI.

Del Sodo Vallicell. f. 107, Vatic. p. 39; Panciroli 1 213 2 245; Lonigo Barb. f. 7, Vallicell. f. 10; Martinelli 60. 340; Bruti vol. 7 (to. VI) f. 177‑193 (= lib. IX c. 1); Nibby 101; Forcella XI p. 123‑132; Adinolfi II, 221; Armellini 1 134 2 813; Angeli 50.

A66. S. ANTONII prope SS. Petri et Marcellini

Taur. 294: non habet servitorem.

Secondo l'ordine topografico del Torinese, nel quale precedono S. Nicolai de Formis e S. Sergii de Formis, e segue SS. Petri et Marcellini, questa chiesuola si deve credere situata sul Celio presso l'acquedotto claudiano e difficile dall'altra presso S. Maria Maggiore. Forse ad essa si riferisce il passo nella biografia di S. Francesco d'Assisi scritta da S. Bonaventura (lib. I c. 31; Wadding Annales Minorum ad a. 1210 c. IX p. 62): quem inventum iuxta Lateranum in hospitali S. Antonii, quod postea locupletavit et auxit Ioannes Columna. . . . presbyter cardinalis tituli S. Praxsedi ab Honorio III creatus. Lo spedale di S. Antonio presso S. Maria Maggiore non esisteva, sotto quel nome, nè ai giorni di S. Francesco nè di S. Bonaventura. V. l'articolo precedente.

II Fh

A67. S. APOLLINARIS

Cenc. 215: den. XVIII, id. lit. 40: den. XVIII — Paris. 309 Taur. 85: est capella papalis, habet VIII clericos — Sign. 86, rel. 61.

Chiesa menzionata già nelle biografie di Adriano I (772‑795; LP. XCVII) c. 61, di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 72, cf. sopra p. 6 n. 25), nonchè nell'Anonimo Einsidlense (sopra p. 4 n. 9). Nella cronaca del monaco Benedetto di Monte Soratte (Mon. German. Scr. vol. III p. 716) all'anno 946 viene mentovata una cella infra civitatem Romam non longe ab aecclesia sancti Apolinaris in templum Alexandrini (s'intendano le terme neroniane-alessandrine). Ricorre pure nei libri Anniversariorum (sopra p. 55 n. 65, p. 60 n. 40, p. 64 n. 57) e nei cataloghi dei sec. XV-XVI. Esiste tuttora sul posto antico.

 p201  Del Sodo Vallicell. f. 159, Vatic. p. 30; Panciroli 1 221 2 473; Lonigo Barb. f. f. 7v., Vallicell. f. 11; Severano Vallicell. G, 16 f. 82; Martinelli 63; Nibby 106; Forcella VII p. 513‑530; Adinolfi Torre dei Sanguigni 77 sg.; Armellini 1 136 2 345; Angeli 54 sg.; Calvi Bibliografia 51.

II Lf

A68. S. APOLLINARIS AD PALMATA

Chiesa antichissima nel portico di S. Pietro, fondata da papa Onorio I (625‑63*), il cui biografo narra (Lib. Pont. LXXII c. 3): fecit basilicam beati Apollinaris martyris in urbe Roma in porticu beati Petri quae appellatur ad Palmata a solo, ubi dona multa largitus est. Il luogo è segnato sulla pianta dell'Alfarano; il Grimaldi (presso Martinelli) la descrive così: erat in loco ubi nunc est stabulum cum pluribus domibus pertinentibus ad archipresbyteratum S. Petri, iuxta scalas Basilicae, quae domus insulam faciunt ante forum: ab uno latere vicus tendens ad S. Officium, ab alio via tendens ad portam Terrionis, retro via publica S. Spiritus. Fu distrutta nei lavori per la nuova facciata di S. Pietro, probabilmente nel 1610‑1611, quando si demolì il palazzo dell'archipresbyterato, la loggia della benedizione e la cappella di S. Maria in Turre (Orbaan Jahrb. der preuss. Kunstammlungen XXXIX, 191, Beiheft p. 86, 87, 105).

Lonigo Barb. f. 7v., Vallicell. f. 11v.; Severano Sette Chiese 49; Martinelli 342; Armellini 1 138 2 739.

I Tst

A69. S. APOLLINARIS AD PORTAM APPIAM

Paris. 310 (S. A. a porta Acie).

Chiesa scomparsa dopo il sec. XIII, ma menzionata in parecchi documenti dell'archivio di S. Maria Nova. Una carta del 31 genn. 1166 (Fedele Arch. soc. romana XXVI, 1903, p. 33 n. 93) descrive una vinea posita infra hanc. . . . civitatem a porta Appia ad sanctum Apolenarium (cf. le indicazioni corrispondenti nei documenti del 14 febbr. 1188, l.c. p. 81 n. 129 e del genn. 1192, p. 91 n. 137: infra urbem ad portam Apiam ad sanctum Apollinarium). Ne risulta che fu nella vicinanza immediata della porta di S. sebbene: ma non è possibile indicare il sito con esattezza.

Martinelli 344; De Rossi Roma Sotterranea I. 233 sg.; Armellini 1 706 2 892; Tomassetti Campagna romana I (1910) p. 41.

II GHm

A70. SS. APOSTOLORUM

Cenc. 6: sol. II — Paris. 308 Taur. 1: titulus presbyteri cardinalis habet VIII canonicos — Sign. 167, rel. 75.

 p202  Titolo antichissimo detto originariamente SS. Philippi et Iacobi, fondato da Giulio I (337‑352; LP. XXXVI c. 2), spesso ricordato nel Liber Pontificalis, nonchè nei cataloghi dei sec. XV e XVI. Esiste tuttora, sebbene con orientamento diversa: la basilica di Giulio aveva l'ingresso verso la Via Biberatica (Via della Pilotta), là dove è l'abside della basilica attuale.

Ugonio stazioni f. 78 sg.; Del Sodo Vallicell. f. 85v. 86, Vatic. p. 25; Panciroli 1 225 2 346; Lonigo Barb. f. 22, Vallicell. f. 32v.; Martinelli 64; B. Malvasia Compendio storico della Basilica dei SS. XII Apostoli (R. 1665); Bruti vol. 9 (to. VIII) f. 78‑139 (= lib. XII c. 5. 11), vol. 13 (to. XII) f. 176v.-197 (lat.) = vol. 19 (to. XVIII) f. 728=768 (ital.); Nibby p. 108 sg.; Forcella II, 221‑298. 543 sg. XIII p. 405‑410; Adinolfi II, 16 sg.; Armellini 1 139 2 249; Marucchi 390; Angeli 55‑59; Grisar Rom 691 sg.; Kehr IP. I p. 70; Calvi Bibliografia 51. • Titi 313‑316.

A71. S. ARCHANGELI DE PALATIO LATERANENSI

narra il biografo di Leone III (795‑816; LP. XCVIII) c. 92 (all'anno quindicesimo, 810): fecit in patriarchio Lateranense oratorium a fundamento in honore beati Archangeli. Il piccolo santuario viene ricordato pure nella biografia di Pasquale I (817‑824: LP. C) c. 29: dopo il mille non se ne fa più menzione. Durante la costruzione del palazzo di Sisto V fu trovato un frammento d'iscrizione: . . . . ita Petri ad honorem archangelorum Leo tertius papa fieri iussit (Rasponi de basil. Lateran p. 358; Grimaldi Vat. 6438 p. 39). È diverso dalla cappella di S. Michele Arcangelo nello spedale Lateranense (Armellini 2 112).

Lonigo Barb. f. 6, Vallicell. f. 9 (dal Liber Pont.); Duchesne al LP. II p. 47 not. 118.

— S. ARCHANGELI IN VICO PATRICIO v. S. Euphemiae.

II Hf

A72. S. AURAE CASTRI SENENSIS

Sign. 19.

Chiesuola con monastero di monache, che nei sec. XV e XVI si sostituì al santuario più antico di S. Austerio (v. più sotto). Il sito (ma senza nome) è segnato sulla pianta del Bufalini f. AB. Un documento del 1386 che menziona la chiesa è citato dal Lanciani Storia degli scavi IV p. 63, un altro del 1456 dalº Bicci (Famiglia Boccapaduli p. 615: S. Aurae de regione Harenulae). Una domus sub proprietate monialium S. Aurea presso S. Andrea degli Azanesi viene mentovata in un documento del 1513 (v. sopra p. 179). La chiesa è registrata pure nei cataloghi  p203 dei sec. XV-XVI (sopra p. 74 n. 167, p. 80 n. 30, p. 102 n. 191, p. 119 n. 156). Nel 1572 fu concessa alla nazione dei Napolitani, i quali, demolita la vecchia chiesa, ne costruirono una nuova sotto la denominazione di Spirito Santo, che tuttora esiste.

Del Sodo Vallicell. f. 117, Vatic. p. 302 (Spirito Santo, già S. Aura); panq 775 2 758; Fanucci opere pie l. IV c. 16; Lonigo Barb. f. 57, Vallicell. f. 84v.; Severano Vallicell. G, 16 f. 85v.; Martinelli 346; Armellini 1 236 2 423.

II Hf

A73. S. AUSTERII DE CAMPO SENENSI

Cenc. 232 (S. Eusterii, senza cognome): den. VI — Paris. 328 (S. Eusterius, senza cognome) — Taur. 332 (S. Eusterius de c. S.): habet I sacerdotem — Sign. 8 (S. Austerii, senza cognome).

Chiesuola annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1186 (sopra p. 132 n. 16: S. Austerii). Dall'ordine topografico dei cataloghi si rileva che era situata nei pressi della Via Giulia, non lontano da S. Nicola de furcis, S. Giovanni in Aino e S. Andrea degli Azanesi. Al santo ostiense Austerio, ovvero Asterio (Martyr. Hieronym. XIII kal. Novembr. p. 133 ed. Duchesne) nel sec. XV si sostituì la santa, pure ostiense, Aura: il catalogo Signoriliano ripette per errore ambedue i nomi.

Ciampini de Vicecancellario 162; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 310; Armellini 1 236 2 423.


Nota di Thayer:

a Vedi l'articolo Elephas Herbarius nel Topographical Dictionary del Platner.


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