URL breve per questa pagina:
bit.ly/HUECHIintro1


[ALT dell'immagine: Una gran parte del mio sito è inutile se tenete escluse le immagini!]
mail: William Thayer [Link to an English help page]
English

[ALT dell'immagine: Link ad un'altra pagina di questo sito]
Aiuto
[Collegamento al livello immediatamente superiore]
A monte

[ALT dell'immagine: Link alla pagina principale del sito]
Home
precedente:

[ALT dell'immagine: (link alla precedente sezione)]
indietro
Questa pagina Web riproduce una parte di
Le Chiese di Roma nel Medio Evo

di Christian Hülsen

pubblicato da Leo S. Olschki
Firenze
MCMXXVII

Il testo è nel pubblico dominio.

seguente:

[ALT dell'immagine: (link alla seguente sezione)]
avanti

Capitolo II

Degli autori che hanno trattato delle chiese di Roma

Le ricerche scientifiche sulle chiese di Roma non cominciano prima della metà del secolo XVI. Quando gli studiosi del Rinascimento già di tempo si erano occupati con grande zelo della Roma antica, la Roma medievale restava ancora negletta. È vero che circa il 1440 Flavio Biondo diede, in fine al terzo libro della sua Roma Instaurata, un breve ragguaglio sulle chiese romane, e che nei libri degli astigrafi del secolo XVI, Francesco Albertini (1510. 1516), Andrea Fulvio (1527), Bartolomeo Marliani (1534. 1546), Lucio Fauno (1549) ed altri si trovano sparse non poche notizie sulle chiese. Ma esse in generale sono di pocta entità per le nostre ricerche e si basano in gran parte sul vecchia tradizione mirabiliano e sui libretti delle Indulgenze (sopra p. XXI sg.).

I. Il volumetto di Gio. Batt. Pauliani De Iobileo et indulgentiis libri tres (Romae apud Valerium et Aloisium Doricum fratres, anno 1550. 255 pp. 8) sta in mezzo fra i cataloghi dei secoli precedenti e le ricerche moderne. L'autore nel terzo libro dà, sotto il titolo: de sanctissimis reliquiis Urbis Romae, et regionibus et de eorum nominibus (p. 220‑251) un elenco di 102 chiese disposte in quattro parti: la prima sub veillo Lateranensis (rioni Monti, Pigna, S. Eustachio); — la seconda sub vexillo ecclesiae S. Petri (rioni Borgo, Ponte, Parione); — la terza sub vexillo S. Mariae Maioris (parte dei Monti, rioni Trevi, Colonna, Campo Marzo); — la quarta sub vexillo S. Pauli (rioni Ripa S. Angelo, Regola). Le chiese registrate sono quasi tutte ben note, e perciò raramente è stato necessario citare l'opera nella nostra parte seconda.

II. Della vita e delle opere di Onofrio Panvinio (1529=1568) non è qui il luogo di esporre a lungo; si vedano, intorno ai suoi studî sull'antichità cristiana, il De Rossi, Roma Sotterranea I p. 10 sg. ed i la basilica del Perini, Onofrio Panvinio e le sue opere, Roma 1899. Le sue collettanee sulle chiese di Roma sono contenute specialmente nei codici vaticani latini 6237. 6773‑6781. 7010 (cf. Mai Spicilegium Romanum IX p. 180; Forcella Manoscritti relativi alla storia di Roma I p. 75; Kehr Göttinger Nachrichten 1903 p. 16). Il Panvinio stesso poco ha pubblicato dei materiali da lui raccolti; soltanto dopo la sua morte venne alla luce il libretto De praecipuis Urbis Romae sanctioribusque basilicis, quas septem ecclesias vulgo vocant, Roma 1570. Nel medesimo anno fu divulgata la versione italiana del Lanfranco: ambedue sono state ristampate più volte.

III. Contemporanee al Panvinio sono due opere che basta qui menzionare brevemente:

L'Antichità di Roma, sito, imperatori, famiglie, statue, chiese, corpi santi, reliquie, pontefici e cardinali di essa del Rev.mo Frate Luigi Contarino dj Ordine dei Cruciferi. In Venezia appresso Francesco Ziletti. 1575. 118 pp. 8 (prima edizione Napoli 1569).

Marci Attilii Serrani de septem Urbis ecclesiis una cum earum reliquiis, stationibus et indulgentiis. Romae apud heredes Antonii Bladi anno Iubilaei 1575. 160 pp. 8.

Ambedue si basano in gran parte sulle vecchie guide, e raramente contengono notizie utili per le nostre ricerche.

IV. L'Anonimo Spagnuolo, autore del codice Chigiano I, V, 167 (v. sopra p. XX) si è interessato specialmente nelle iscrizioni antiche e moderne esistenti circa il 1570 nelle chiesa di Roma. Ma non di rado egli aggiunge brevi notizie sopra le chiese da lui visitate: queste notizie, in lingua spagnuola, eccettuate poche che sono in latino, si riferiscono llo stato architettonico delle chiese, alle rendite e alle case da esse possedute. Nell'elenco seguente ho accolto soltanto le chiese corredate di siffatte notizie, senza tener conto di quelle ove l'autore ha copiate delle iscrizioni: di queste ultime, del resto, il Forcella ha fatto ampio uso per la sua raccolta delle iscrizioni delle chiese ecc. (v. più sotto).

f. 5 S. Agostino
f. 10 v. S. Trifone
f. 11 S. Stefano in piscinula
f. 12 S. Antonio presso S. M. Maggiore
f. 23 S. Gio. Battista dei Genovesi
f. 24 S. Bonosa
f. 24 v. S. Margarita ad scalas
f. 25 v. S. Lorenzolo in Trastevere
f. 33 S. Gesù (casa professa)
f. 39 v.-41 S. Eustachio
f. 74‑76 SS. Trinita (dei Pellegrini)
f. 91 v. S. Maria della concepcion nel monte Citorio
S. Cruz nel monte Citorio
f. 95 S. Teodoro
f. 101 v. S. Lazaro sotto Monte Mario
f. 101 v. S. Salvatore de primicerio
f. 102 v. S. Simone e Giuda
f. 103 v. S. Eligio degli orefici
f. 104 S. Maria in cardetto
f. 104 v. S. Maria in tufella
f. 105 v.-106 S. Salvatore in statera
f. 125 v. S. Iuan evangelista in aino
f. 126 S. Andrea Nazareno
f. 129 v. S. Salvador a las bothegas obscuras
f. 133 v. S. Stefano del Cacco
f. 134 S. Cosmo de la pigna
f. 142 v. S. Rocho
f. 148 v. S. Nicolao in porcilibus
f. 150 S. Biasio de l'anello
f. 174 v. S. Spirito in Sassia
f. 178‑179 v. S. Maria della Pace
f. 184‑184 v. S. Maria dell'anima
f. 185 v. S. Adriano
f. 186 S. Sergio e Bacco
f. 187 S. Agata in Subura
f. 187 v. S. Lorenzo in Panisperna
f. 188 S. Giuliano (in Esquilino)
f. 188 v. S. Eusebo
f. 191 S. Pudentiana
f. 195 Monastero della Trinidad de S. Franc. de Paula
f. 205 v. S. Tommaso degli Spagnuoli
f. 206 S. Caterina nel rione Regola
f. 206 v. S. Maria de cerqua
f. 232‑232 v. S. Prisca
f. 247 S. Marta (rione Pigna)
f. 247 v. S. Maria in Campo Carleo
f. 248 S. Lucia in montibus
f. 248 v. S. Eufemia
S. Salvatoris in Subura
f. 255 S. Matteo in Merulana
f. 256 S. Andrea in Quirinali
S. Hieronymo
f. 257 v. S. Silvestro dei Teatini
f. 261 v. S. Maria Candellora in reg. S. Angeli
f. 262 v.-263 S. Maria delle gratie
f. 263 v. S. Anastasia
f. 266 v. S. Salvatoris in porticu
f. 268 S. Pietro in Montorio
f. 270 v. S. Maria trans Tiberim
f. 271 v. S. Rufina
S. Agatha
s. Maria in cacabaris
f. 272 v. S. Trinitatis Anglorum
f. 273 S. Brigida
f. 277 v. S. Biagio della Pagnotta
f. 279 v. S. Giovanni de' Fiorentini
f. 286 v. S. Maria in Aventino
S. Alexio
f. 287 S. Maria Traspontina
f. 288 v. S. Alò de ferrari
f. 289 S. Giovanni Decollato
f. 289 v. S. Maria Aegyptiaca
f. 289 v. S. Maria Magdalena in Campo Martio
f. 290 S. Simeone
f. 292 S. Ambrosio reg. S. Angeli
f. 295 S. Mariae de puritate in Burgo
S. Georgio in Velabro
f. 299 v. S. Balbina
f. 300 S. Pedro in Vaticano
f. 300 v. S. Maria in Dominica
f. 301 S. Vitale
f. 301 v. SS. Pietro e Marcellino
f. 311-312 S. Giovanni dei Fiorentini
f. 312 v. S. Cecilia reg. Pontis
f. 317 S. Lorenzo in Damaso
f. 318 v. S. Aneglo in burgo
f. 319 S. Maria in Monterone
f. 322 S. Marco
f. 323 v. S. Lorenzo della scesa
f. 325 S. Marcello
f. 327 v. S. Maria de los angelos
f. 329 v. S. Susanna
f. 330 S. Andrea in monte Citorio
f. 330 v. S. Macuto
f. 331 v. S. Maria in Via Lata
f. 332 S. Nicola ai Cesarini
f. 333 v. S. Maria in Aquiro
f. 334 Nra. Sra. de la piedad
f. 334 v. S. Maria in treve
f. 335 S. Stefano de trullo
f. 365‑378 S. Maria arae coeli
f. 388 v. S. Maria del popolo
f. 389 v. S. Maria de miracoli
f. 394 S. Maria Magdalena de las convertidas
f. 394 v. S. Maria in via
f. 395 v. S. Gregorio (in Coelio)
f. 396 S. Maria in macello martyrum
f. 396 v. S. Andrea in portogallo
S. Spiritus in regione montium
f. 398 v. S. Costanza
f. 399 v. S. Ursula
f. 400 S. Rocho
S. Hieronymo degli schiavoni
f. 405 v. SS. Apostoli
f. 407 S. Marcello
f. 409 v. S. Maria in Vallicella
f. 409 v. S. Catharina de Senis reg. Regulae
S. Maria de grotta penta
f. 410 S. Barbara
f. 410 v. S. Ivo (hospital)
S. Gregorio in reg. Campi Martis prope Tyberis ripulam
f. 424 S. Lorenzo fuori
f. 424 S. Pudentiana
f. 427 v. S. Nicolo de funari
f. 428 Sancta Trinita (mon. di S. Francesco)
S. Maria rotunda
f. 430 v. S. Sma de Monserrato
f. 432 v.-432 S. S. Biasio in Campitello (ante scalas arae celi)

V. Francesco Del Sodo fiorentino, canonico di S. Maria in Cosmedin, non si è segnalato, per quanto mi consta, per pubblicazioni letterarie. Egli era amico del Panciroli (v. più sotto p. XXXV) e del Torrigio, il quale lo menzione parecchie volte nella sua Storia di San Giacomo in Borgo (Roma 1649) p. 23. 27. 29. 33. 78. 82 come uno dei socî eminenti dell'Arciconfraternita di S. Giacomo. Nella chiesa di S. Giacomo a Scossacavalli il del Sodo pose nel 1588 un epitafio a suo fratello Agostino morto nell'età di 18 anni (Forcella VI p. 289 n. 1016); in un'altra iscrizione della medesima chiesa (Forcella l.c. p. 290 n. 1019) egli viene ricordato fra gli executores testamentarii di un benefattore della confraternita. Lo stesso Torrigio ha apposto alla paina 127 del codice Vaticano, ove si parla della Compagnia dei Fiorentini di San Giovanni Decollato, la nota marginale: di questa compagnia era l'avvocato, il quale habitava appresso la Chiesa Nuova dalla banda che guarda Monte Giordano, nel vicolo.

L'opera del Sodo sulle chiese di Roma ci è pervenuta in due recensioni assai diverse. La prima, contenuta nel codice autografo Vallicelliano G. 33 di fogli 219 in-4. porta il titolo: Compendio delle Chiese con le loro fondationi, con consegrationi et titoli di Cardinali, delle parocchie con il battesimo e senza, delli Hospitali reliquie et Indulgentie di tutti i luoghi pii di Roma, nuovamente posto in luce dal R. M. Francesco del Sodo Canonico di S. Maria in Cosmedin detta Schola Greca. Nella dedica a Don Pietro Orsini vescovo di Spoleto l'autore elogia lo zio defunto di lui, il cardinale Flavio Orsini († 18. ottobre 1581). L'opera fu compiuta sotto Gregorio XIII, il quale nel testo più volte viene nominato come reggente, ma pare sia stata cominciata poco prima del 1575, perchè nella prefazione ai lettori (f. 5 v.) l'autore dice di aver "ago delle opere tanto grate ad Iddio che furono fatte questo anno santo del 1575". Sui margini del testo non di rado sono segnati avvenimenti del pontificato di Sisto V. L'opera comincia con le nove chiese principali (f. 6‑60); poi vengono le altre, in tutto 297, in ordine topografia (v. più sotto p. 114‑123 e p. XX).

La seconda redazione si trova nel codice già dell'Archivio Vaticano Miscell. arm. VI tom. 73, recentemente trasferito nella Biblioteca Vaticana e segnato cod. lat. 11911. È copia di mano di scrivano, eseguita, come sembra, sulla fine del sec. XVI o nel principio del XVII, Il titolo è il medesimo del Vallicelliano, senonchè al nome dell'autore è aggiunto (di mano del Torrigio) fiorentino, ed alla fine il millesimo 1575. Sono identiche pure la dedica al vescovo Orsini (p. 1‑3) e la prefazione (p. 3‑7), con il ricordo delle opere eseguite nell'anno santo 1575. Ma del resto l'opera è assai diversa, essendo le chiese disposte in ordine alfabetico. Questa seconda redazione è fatta sotto il pontificato di Sisto V (1585‑1590). I passi che nel codice Vallicelliano sono aggiunti in margine, qui si trovano inseriti nel testo, e parecchie chiese distrutta al tempo di Sisto V sono omesse. Le due ultime notizie che ho trovate sono l'una sul margine di p. 177, relativa alla cappella Altemps in S. Maria in Trastevere (1589) l'altra sul margine di p. 222, ove si parla di S. Maria in Vallicella: l'anno 1590 alli 11. di febraro la santita di papa Sisto quinto li concesse li capi delli santi Papia e Mauro . . . . quali furono traslati nobilmente dalla chiesa di S. Adriano al Foro Romano. Dopo la serie delle chiese, seguono alcuni fogli bianchi, poi, sui fogli 184‑186 le indulgentie quotidiane alle chiese principali; f. 186 Stazioni . . . . di giornate incerte; f. 186 v. Stazioni con indulgentie del Advento; f. 188 v. Stazionii di tutta la quaresima; f. 190 Indulgentie sino all'ottava di Pasqua; f. 193 dopo la Pasqua di resurrezione; f. 195‑233 Stazioni ed indulgentie e feste di tutto l'anno segnati mese per mese. Il Del Sodo, come racconta il Panciroli (1 166, cf. più sotto p. XXXV sg.) "spinto dall'affetto verso delle chiese di Roma le haveva visitate tutte, et in ciascuna d'esse celebrando il santo sacrificio della messa, haveva in iscritto pigliato tutte quelle informazioni, che puote, e composto un libro, secondo l'ordine delle lettere, con disegno di mandarlo alla luce abbellito che l'avesse alquanto". La sua opera infatti ha conservato non poche notizie relative al tempo suo e provenienti da autopsia. Che il libro non abbia veduto la luce, si spiega probabilmente col fatto che l'autore verso la fine della sua vita mise tutte i suoi materiali a dispozione del Panciroli (v. p. XXXV sg.).

Il codice vaticano fu posseduto dal Torrigio, il quale ne fa menzione nella Storia di S. Giacomo in Borgo p. 2 e nei Trofei di S. Pietro p. 116. Il volume passò poi, con altro libri del Torrigio (p. es. il Vatic. 7752, Forcella Manoscritti I p. 125), alla Congregazione dei Benedettini di S. mauro a Roma. Lo Zaccagni p. 402 lo cita come "Franciscus del Sodo florentinus ms. apud Ciampinium"; con la biblioteca del Ciampini passò finalmente alla vaticana. Oltre al Torrigio, se ne sono serviti il Severano (v. p. XLII) e largamente il Terribilini (v. più sotto).

VI. Giulio Rossi (Iulius Roscius) di Orte, canonico di S. Maria in Trastevere, sulla vita e gli scritti del quale si vedano l'eritreo Pinacoteca II p. 16 n. 3 ed il Fontanani Antiquitates Hortanae p. 307‑310, ha pubblicato a Roma, nel 1585, Icones operum misericordiae, e nel 1587 gli affreschi del Pomarancio in S. Stefano rotondo sotto il titolo Triumphus martyrum in templo D. Stephani in Caelio monte expressus, nel 1590 la pianta-veduta di Roma con le sette chiese edita presso gli eredi Duchet (v. Archivio della soc. romana 1915 p. 10 not. 1). Il Boissard, il quale spesso lo cita nella sua opera Antiquitates Romanae appiccicando al nome onesto del Rossi le sue proprie falsificazioni (v. il mio articlo nei Comptes rendus de l'Académie des Inscriptions 1905 p. 544 sg.) dice, nella prefazione alla pars IV: Roscius vir optimus a Pontifice legatus missus ad Rhaetos in via defunctus est Mediolani et in aede S. Carpophori sepultus. La notizia del Boissard viene confermata da Filippo Decio compatriota del Rossi, il quale pubblicando nel 1596 gli Emblemata militaria di costui, narra ch'egli morì dum ad Helvetios religionis studio proficisceretur. Nel codice vaticano Regin. lat. 2070, che contiene le note di Pomponio Ugonio al Liber Pontificalis, si legge, al f. 515 un epitafio metrico per il Rossi (Iulii Roscii Hortini tumulus); sono dodici distici, dei quali basta ripetere qui il settimo e l'ottavo:

Sancta fides testis, pro qua cum sanguine vitam

Haereticos inter fundere promptus erat.

Ibat ad Helvetios, fregit Parca invida currum

Et media Insubrum iussit in urbe mori.

Del Rossi la Biblioteca Vaticana possiede nel codice lat. 531 f. 1‑32 un opuscolo intitolato Ad Xystum V pontificum maximum de restaurando Hortino ponte antiquissimo Iulii Roscii Hortini narratio (Forcella Manoscritti riguardanti la stori di Roma I p. 57 n. 192). Del medesimo autore sono le collettanee conservate fino a poco nell'Archivio Vaticano Miscell. arm. VI tom. 37, ora cod. Vatic. lat. 11904. È un volume di 58 fogli in-4 che porta il titolo: Descriptio aliquot ecclesiarum Romanarum auctore Iulio Roscio Hortino e contiene, a f. 1‑4 notizie sui cemeterî cristiani, a f. 5‑15 una descriptio priscae urbis Romae (con la data: 1585 die 1. Jan.), ch'è di poco valore, poi a f. 16‑49 notizie sopra una quarantina di chiese, con speciale riguardo alle reliquie, finalmente f. 53‑58 v. una dissertazione de loco carceris Tulliani. Siccome le chiese sono tutte ben conosciute e (ad eccezione di S. Trifone) ancora esistenti, non ho creduto necessario di citare il codice del Rossi nella seconda parte del mio lavoro: tuttavia un elenco di esse non sarà inutile per coloro che si occupano di questa materia.

f. 16 S. Sabina
f. 18 v. S. Giorgio in Velabro
f. 19 v. SS. Giovanni e Paolo
f. 21 S. Trifone
f. 21 v. S. Pietro in Vincoli
f. 23 v. S. Anastasia
f. 25 S. Lorenzo in Panisperna
f. 26 SS. Apostoli
f. 27 S. Maria Navicella
f. 27 v. S. Clemente
f. 29 v. S. Balbina
f. 30 v. S. Cecilia
f. 32 S. Maria in Trastevere
f. 33 v. S. Vitale
f. 34 S. Pietro e Marcellino
f. 35 S. Marco
f. 36 v. S. Sisto
f. 38 SS. Cosma e Damiano
f. 38 v. S. Lorenzo in Lucina
f. 39 S. Susanna
f. 40 SS. Quattro Coronati
f. 40 S. Silvestro
f. 40 v. S. Martino ai Monti
f. 41 v. S. Eusebio
f. 41 v. S. Nicola in Carcere
f. 42 S. Crisogono
f. 43 S. Quiricio e Giulitta
f. 43 S. Marcello
f. 44 S. Apollinare
f. 44 S. Stefano in Celio monte
f. 45 S. Giovanni a Porta Latina
f. 45 v. S. Prisca
f. 46 S. Maria Rotonda
f. 47 v. S. Pancratio

VII. Il Martinelli nella sua Roma ex ethnica sacra non di rado, per le chiese non più esistenti, si riferisce ad un Auctor anni 1587, del quale egli tace il nome. Dal Martinelli molti autori, anche recenti, hanno ripetuto tali notizie, supponendo le concepite nell'anno 1587. Esse in gran parte sono singolari e di autenticità dubbia, ma tuttavia vennero accolte quasi senza riserva, perchè protette dal nome del Martinelli. Dopo parecchie ricerche sono riuscito a stabilire che la fonte del Martinelli non è altro che la seconda edizione del libro Roma, di Giorgio Fabricio da Chemnitz pubblicato dopo la morte dell'auth a Basilea nel 1587. In questa edizione è aggiunto, a p. 236‑295, un capitolo de templis sanctorum, cum selectis aliquot recentioribus epitaphiis, che manca nella prima edizione stampata, pure a Basilea, nel 1550. Il Fabricio si era occupato di quella seconda edizione nel 1567, come si rileva dal passo nella prefazione p. 1: nuperrime scripsit Onophrius (Panvinius) eremita, qui hunc meum libellum ante annos septemdecim editum legit, et ex eo multa de verbo in suam Urbem (ciò la Ubrs Roma pubblicata a Venezia nel 1558) trastulit; ma egli morì nel 1571 senza poter mettere alla luce il suo nuovo lavoro. Il Fabricio era stato a Roma nel 1542 e 1543 (v. le sottoscrizioni all'Iter Romanum primum et secundum aggiunte alla Roma), e negli anni seguenti non tornò più dalla Germania alla città eterna: quindi il millesimo 1587 a torto si congiunge con le notizie da lui date. Per quelle addizioni alla seconda edizione, egli sembra essersi servito di collettanee compilate durante il suo soggiorno a Roma nel 1542 sg.; fra le fonti dalle quali ha attinto è la Topographia di Bartolomeo Marliani (1534), del quale era amico. Altre notizie provengono da fonti sconosciute e poco degne di fede. Per quale ragione il Martinelli abbia celato il nome del Fabricio sotto quell'anonimo, non mi riesce ben chiaro. È vero che le opere del Fabricio furono messe, dal concilio di Trento, sul Index librorum prohibitorum, ma ciò non ha impedito il Martinelli di registrare, a p. 433, l'edizione d l1587 fra gli auctores qui de antiquitatibus Urbis scripserunt. — Dell'opera del Fabricio si sono serviti largamente, senza però indicare la loro fonte, Lorenzo Schrader nei suoi Monumenta Italiae (Helmaestadii 1592) e Franciscus Schottus nel suo Itinerarium Italiae stampato per la prima volta ad Anversa nel 1600 (io ho citato qualche volta l'edizione italiana escita a Padova nel 1654), aumentando ambedue spesso gli errori del catalogo del Fabricio. Ne offrono un esempio caratteristico le chiese apocrife attribuite a S. Leonardo (più sotto p. 516).

VIII. Pompeo Ugonio romano, professore di retorica nell'Arciginnasio della Sapienza e bibliotecario del cardinale Ascanio Colonna, ottenne un canoniato alla basilica Vaticana il 23. novembre 1573, e morì il 28. arpile 1614 (Cancellieri de secretariis IV p. 1735). Le sue opere a stampa (enumerate nella Bibliografia romana dell'Amati 1880 p. 236; cf. Iani Nicii Erythraei Pinacotheca I p. 163; Mandosi, Biblioteca Romana cent. III n. 37 vol. I p. 169 sg.) consistono quasi esclusivamente in discorsi tenuit nell'Arciginnasio fra il 1586 ed il 1601. Per i studj nostri è importante soltanto la Historia delle stationi di Roma che si celebrano la quadragesima, dove oltre le vite dei Santi, alle chiese de' quali è statione, si tratta delle origini, fondationi, riti, restaurationi, reliquie e memorie di esse chiese, antiche e moderne. Roma 1588. 320 pp. 8. Il codice Barberino-Vaticano lat. 1993 (volume in 4o di fogli 130) contiene delle collettanee per aggiunte e correzioni al libro stampato; vi è, fra altro, a f. 47 una epistola Henrici Costeri ad P. Ugonium con la data del 1. gennaio 1600; a f. 45. 46 una copia oppositionum factorum operi de stationibus Urbis, a f. 97‑129 una breve risposta alle opposizioni fatte all'opera delle stazioni. Una lettera di Fioravante Martinelli, che si trova in capo al volume, non attribuisce gran valore a questo zibaldone: ed ha ragione. — Un altro codice Barberino-Vaticano (lat. 1994; volume di 365 ff. in 4o) contiene l'abbozzo di un'opera, alla quale l'autore voleva dare il titolo: Theatrum Urbis Romae ovvero Compendium rerum mirabilium Urbis Romae,º ovvero Monumenta sacra et profana Romanae urbis. Sono collettanee poco ordinate e di difficile lettura, che si riferiscono più alle antichità che ai monumenti moderni. — La Biblioteca Oliveriana di Pesaro possiede, come gentilmente mi avvisa il collega Prof. Leonardo Olschki, un apografo del catalogo signoriliano secondo l'esemplare colonnese (v. sopra p. XI) con numerose note marginali dell'Ugonio. — Il Torrigio (Sacri trofei p. 194) encomia l'Ugonio "per la sua segnalata dottrina bene conosciuta da Pontefici, ed i particolare da Clemente VIII, che gli fece assegnare la parte nel Palazzo Apostolico", e per prova riferisce un biglietto con la data del 23. dicembre 1603 (ripetuto presso Cancellieri de secretariis IV, p. 2029), nel quale si ordina al "canovaro comune" di dare "un boccale di vino per giorno al Sig. Pompeo Ugonio delli due che haveva Pietro Morini segretario della Stampa Vaticana, atteso che l'altro se li fa dare in Cantina secreta". L'originale di quel curioso documento si trova nel volume Barber. stamp. V, XV, 8, che è un esemplare delle "Stationi" con numerose aggiunte manoscritte dell'autore.

IX. Fra Sante Slinori da Monte San Savino, dell'ordine di S. Agostino e professore in Teologia, pubblicò nel 1588, presso l'editore Girolamo Franzini a Venezia, le Stationi delle chiese di Roma per tutta la quaresima, con una breve narratione e consecratione di esse, e delle reliquie che in quelle sono, con le vite di tutti li santi e sante (altre edizione Roma, Franzini 1595). Il medesimo prese parte alle edizioni delle Cose maravigliose dell'alma citta di Roma emesse dal Franzini nel 1588 e nel 1595 (V. Schudt, Giulio Mancini p. 118. 119 e 33). L'autore tratta di 141 chiese, quasi tutte ancora esistenti e per ciò non l'ho citato per i singoli monumenti. Ambedue i volumi sono notevoli però per le numerose incisioni in legno (ripetute poi in molte pubblicazioni del Franzini, v. Ashby nella rivista Roma, 1923, asc. 9. 10) rappresentanti facciate di chiese che in gran parte oggi sono rimodernate.

X. Ottavio Panciroli, canonico nella cattedrale di Reggio sua patria, si nomina come autore nel titolo del libro: I tesori nascosti nell'alma citta di Roma, raccolti e posti in luce, pubblicato in Roma presso Luigi Zannetti nel 160. L'opera è dedicata al cardinale di Ascoli (Girolamo Berneri, 1540‑1611). Nella lettera posta dopo la dedica e diretta al dottore Vincenzo Fossa suo cognato, l'autore si dice nipote del celebre giureconsulto Guido Panciroli. Il volume contiene 968 pagine e tratta di 313 chiese disposte in ordine alfabetico. Oltre alle descrizioni delle singole chiese, il libro contiene parecchi trattati d'indole generale: Del giubileo dell'anno Santo p. 33‑72; delli Cimiterii o grotte della città di Roma, sì di fuori come dentro p. 72‑88; delli Titoli e Diaconie e Vescovati delli Cardinali p. 88‑109; delle Stationi e lor antichità p. 109‑126; delle Sette Chiese e lor origine p. 126‑133; delli Rioni di Roma e loro Chiese p. 133‑161; delle Chiese di Roma in generale p. 161170; delle Chiese di Roma distinte in diversi ordini p. 808‑832; delle reliquie delle Chiese di Roma p. 833‑912; delle indulgenze nelle Chiese di Roma p. 913‑954.

Il Panciroli, nella lettera al dott. Fossa (p. 6 sg.) racconta di aver cominciato la sua opera nel 1598, ad istigazione di "uno del suo sangue" venuto a Roma, per il quale egli avrebbe pigliato tanta riverenza e rispetto ch'egli si risolse di seguitare con ogni attentioneº i suoi consigli. "Perciò — prosegue l'autore — havendomi egli comandato, ch'io andassi visitando tutti questi luoghi santi di Roma e notarvi quello che mi pareva degno di consideratione, ed havendolo io esseguito con tutta quella diligenza che mi è stato possibile, egli dapoi mi ha più volte istantamente essortato di ridurre le cose osservata in forma di questa opera". Il Panciroli poi confessa di dovere molto a Francesco del Sodo, che aveva messo a sua disposizione tutte le sue fatiche, e del quale fa l'elogio a p. 15 e specialmente a p. 166. Ma la pubblicazione del libro incontrò delle difficoltà, alle quali egli accenna nella lettera p. 11 sg. Fra Sante Solinori e l'editore Fanzini sembra che si siano opposti, riferendosi alla bolla di Sisto V loro accordata nel 1587, nella quale si vietva di ripetere l'opera di Fra Sante in italiano e in altre lingue nonchè templa in eo opere expressa tam ligneis quam aeneis formis aut alias quomodolibet incidere exculpere seu alias repraesentare. Il Panciroli si difende facilmente dall'accusa di avere imitato l'opera di Fra Sante, rilevando che questi trattò soltanto di 141 chiese, mentre la sua opera ne contiene più del doppio e che vi sono molte correzioni ed aggiunte ai singoli articoli. Quanto alle illustrazioni, l'affare sembra un poco differente. Il Panciroli, oppure il suo editore, ebbe forse l'intenzione di corredare il volume d'incisioni imitate da quelle del Franzini, ma ne furono impediti per riguardo della bolla di Sisto V. Indi nasce il fatto curioso che le poche illustrazioni inserite nell'opera del Panciroli rappresentano esclusivamente monumenti antichi, il Circo Flaminio, gli Orti di Mecenate, il Mausoleo di Augusto, tutte riprese da quelle del Franzini del 1588, ma nessuna raffigura una chiesa. Il Panciroli (p. 12) dà come motive ch'egli "non sarebbe tanto bene inteso, trattandosi di antichità delle quali non si ritrova più vestigio alcuno".

La seconda edizione porta il titolo: Tesori nascosti dell'alma citta di Roma, con nuovo ordine ristampati et in molti luoghi arricchiti da Ottavio Panciroli Canonico nella Cated. di Reggio sua Patria. Quest'opera oltre alcuni Trattati, dell'Anno Santo, e modo di visitare le quattro Chiese, contiene tutte le Chiese di Roma distinte per Rioni, con le Reliquie, & Indulgenze perpetue che in esse vi sono. SI sono aggionti tre Indici, uno delle Chiese, l'altra delle Reliquie, il terzo dell'Indulgenze. In Roma, per gli Heredi d'Alessandro Zannetti, 1625, Ad instanza di Fabritio David in Parione all'Insegna del Popolo Rom(ano). Il volume è di 848 pagine numerate, alle quali seguono altre 64 non numerate, contenenti gli indici: però essendo la stampa più serrata della prima edizione, il testo è assai più ricco. La dedica al cardinale Ascoli, le lettere al dott. Fossa e quella ai lettori sono omesse, vi è invece una dedica degli stampatori Zannetti a Donna Costanza Barberini, cognata di Urbano VIII: si ha l'impressione che l'opera abbia veduta la luce dopo la morte dell'autore. Sono omesse pure le piccole incisioni rappresentanti antichità. Nella parte speciale (p. 52‑847) sono dse (kmk viene detto a p. 52) 350 chiese, invece delle 313 dell'edizione precedente (delle quali dieci nel frattempo mancarono). Esse uXXXVII non si trovano più disposte in ordine alfabetico, ma topografico, e le correzioni ed aggiunte sono numerose, il libro si presente come un'opera nuova. Il lavoro del Panciroli, basato sopra spogli diligenti della letteratura cristiana e di documenti antichi, nonchè sull'autopsia dei monumenti, supera di gran lunga i suoi predecessori e torna utile anche oggi.

Però nei decenni seguenti non mancarono critiche sulla seconda edizione ed accuse contro l'autore. Il P. Alegambe nella Biblioteca scriptorum societatis Iesu (Antwerpiae 1643) p. 189 dice: Hippolytus Pancirolus, natione Italus, obiit Tusculi die XIV martii anno salutis 1624. Edidit italice sub nomine Octavii Panziroli Thesauros absconditos Urbis Romae apud Aloysium Zanettum 1600 in 4o. Molto più estesamente riferisce di questo sospetto Gian Vittorio Rossi (Ianus Nicius Erythraeus) nella sua Pinacotheca III (1648) p. 203. Secondo lui, il gesuita Ippolito Pancirola (sic) avrebbe avuto l'idea di comporre un libro sulle chiese di Roma anno Iubilei iam appetente 1600. Ma, secondo le regole della Compagnia di Gesù, egli sarebbe stato obbligato a sottoporre il suo lavoro al giudizio di una commissione che l'avrebbe dichiarato luteum negotium ed indegno di essere pubblicato: anche il cardinale Bellarmino, al quale Ippolito si era rivolto, sarebbe stato della medesima opinione. QUINDI egli avrebbe proposto suo fratello, il canonico Ottavio, di far stampare il libro sotto il nome suo, e questi avrebbe accettato nella speranza di far quattrini: speranza che sarebbe stata delusa. Iacuitque — conchiuide il Rossi — ille lilber fere usque ad alterum Iubilei annum 1625; tum viri quidam eruditi susceptum illum delectum materia et stylo ita auxerunt ornaruntque, ut si Octavii Pancirolae nomen et titulum demas, vix agnoscas eundem esse, atque hodie nihil fere est libro isto celebrius, nihil quod emptorem magis inveniat. — Questa narrazione del Rossi, autore conosciuto ai contemporanei per la sua leggerezza e maldicenza (v. Madosi Biblioteca Romana II p. 251 sg.), messa in giro cinquanta anni dopo i ftti, mi pare non meriti fede. Tuttavia la baldanza del suo racconto ed il fatto ch'egli pure si vanta dell'amicizia personale del "Pancirola" [ALT dell'immagine: missing ALT] yyy

XVIII. Giovanni Antonio Bruzio (Brutius), nato a Sant'Angelo in Vado circa il 1610, morto come parroco di S. Dorotea in Trastevere il 12. ottobre 1692, non sembra essersi distinto per lavori letterarii pubblicati, sebbene egli abbia tenuto una cattedra di giurisprudenza e teologia nell'Università di Roma. Invece egli ha lasciato ventisette volumi di opere manoscritte, i quali furono acquistati per l'Archivio Vaticano da Clemente XI nel 1709 (v. più sotto). DI questi volumi, i primi 25 contengono materiali ed abbozzi per una grande opera intitolata: Theatrum Romanae Urbis sive Romanorum sacrae aedes. Come il Bruzio fosse mosse a compilare questo lavoro, viene raccontato da un contemporaneo nel volume 24 f. 2:

La causa e motivo che ebbe la buona memoria di Gio. Antonio Bruzio da S. Angelo in Vado nel Ducato di Urbino, parocho di S. Dorotea di scrivere diffusamente i seguenti volumi latini e volgari sopra l'Antichità, Chiese, Conventi, Monasteri, Collegi, Hospitali, Archiconfraternite, Compagnie ed altro di Roma, fu che la santa memoria di Alessandro VII per insinuazione di Mons. Luca Holstenio, Canonico di S. Pietro e primo Custode della Biblioteca Vaticanaº desiderava si facesse un ristretto delle opere pie di Roma e si stampasse per darlo a' forestieri che venivano a Roma, in particolare Tedeschi non cattolici o d'altre nazioni per levarli l'impressioni che apprendono da i discorsi di quelli che li menano a vedere la città et antichità, dalle pratiche che i medesimi pigliano, indecenti ad un nobile et vero Christiano . . . come nel tomo XXIII il medesimo ne discorre alla p. 20. 31. 39 (v. più sotto). E però si destinò una Congregazione di nobili e pii Signori, acciò si contentassero nell'arrivo d'essi forastieri di pigliarvi amicitia domestica, e marli in alcuni luoghi che in esso ristretto si accennasse, e il primo fu il Sig. Gioseppe Conti, al quale furnoº dati molti libretti della libreria di detto Mons. Holstenio d'ordine dell'Emo. Card. Barberino che trattavano di conversioni d'Heretici, e lettere contra di essi, ed anco destinò un sacerdote danese chiamato Federico Lucht, al quale diede un scudierato della sua famiglia acciò inviglasse di sapere l'arrivo de' forastieri, le loro qualità e causa de' loro viaggi, e trovandosi bisognosi de loro mantenimenti, li faceva sovvenire secreto modo; e per tal causa fu destinato il banchiere Luigi Greppi, anco di detta Congregazione.

Secondo questo racconto, il Bruzio dovette cominciare la sua opera fra il 1655, anno dell'avvenimento di Alessandro VII al pontificato, ed il 1661, anno della morte dell'Holstenio. Egli se n'è occupato per almeno venti anni; la sua opera rimane in tre forme diverse.

La prima recensione, scritta in italiano, è rappresentata dai volumi 16‑21 tom. XV-XX.​JJJ Essa è disposta per categorie, cioè:

   Vol. 16 (to. XV) Chiese, Conservatori e monasterii di monache (334 f.)

Vol. 17‑19 (to. XVI-XVIII) Chiese di canonici e regolari et altre del Clero Romano (843 f.)

Vol. 20 (to. XIX) Ospedali della città di Roma ed alcuni collegii (338 f.)

Vol. 21 (to. XX) Arciconfraternite e compagnie di Roma (346 f.)

Il testo contiene numerose e particolareggiate descrizioni dello stato moderno delle chiese, nonchè copie di molte iscrizioni moderne e di poche antiche. Per il tempo della compilazione sono notevoli dei passi come vol. 21 f. 261 (Spirito Santo dei Napoletani): edificarono una chiesa . . . . nella forma che veduta habbiamo sinon al maggio passato 1666; ed ivi f. 292 v. (S. Cosma e Damiano dei barbieri): Carlo Antonio Crocetti barbiere, console della medesima arte nell'anno presente 1666.

Ai prolegomeni dell'edizione italiana sembrano destinati i capitoli ora raccolti nel vol. 25 (to. XXIV). Io ne trascrivo soltanto alcuni titoli fra i più caratteristici:

   Del fine che debbono prefiggersi i pellegrini e chiunque viene a Roma per divozione, o per voto o per acquistare l'Indulgense (p. 1).

Del fine che debbono prefiggersi quelli che vengono a Roma per imparare le scienze e l'arti liberali (p. 15).

Del fine che debbono preporsi quei che vengono a Roma non solo per vedere anticaglie di Roma, ed appagare la curiosità erudita, ma anche come nemici della religione cattolica (p. 20).

Del fine che debbono preporsi quei che vengono a Roma per far pompa delle loro ricchezze (p. 24).

Delle cause perchè molti da parti lontane o transalpine venuti alla Santa Città di Roma finalmente ritornati a' loro paesi, pubblicano molti biasimi e vituperi della Corte di Roma (p. 31).

Seguono parecchi altri capitoli simili, in fine p. 65‑775:

   Del fine che debbono preporsi quelli che vengono in Roma per esercitarvi professione di lettere.

La seconda recensione, in lingua latina, è contenuta nei volumi 11‑15 (to. X-XIV). Il testo in generale corrisponde a quello italiano dei volumi 16‑21, se non che è spesso abbreviato; delle iscrizioni si notano soltanto le prime parole. Quale sia la relazione fra la prima recensione italiana e la seconda latina, si può riconoscere da quel saggio relativo alla chiesa di S. Cesareo in Via Appia, ch'io ho pubblicato nella Miscellanea Ehrle vol. II (1924) p. 400 sg.

Nei singoli volumi si contengono le categorie seguenti:

   Vol. 11 (to. X) Sacrarum virginum et aliarum mulierum Romanae Urbis monasteria et contubernia (267 f.)

Vol. 12 (to. XI) e 13 (to. XII) Ecclesiae Romanae Urbis nec non collegia canonicorum et ceterorum presbiterorum alla chiesa virorum monasteria regularia quaecunque (327 e 303 f.)

Vol. 14 (to. XIII) Collegia xenodochia nosocomia et hospitalia Urbis (251 f.)

Vol. 15 (to. XIV) Archisodalitates et sodalitates Romanae Urbis (281 f.)

Il Bruzio poi ha cominciato una terza recensione della sua opera, pure in latino, ma in ordine topografico. Egli aveva diviso la sua opera in (almeno) quattro 'tomi', suddivisi poi in libri e capitoli: io per evitare malintesi, ho sostituito al vocabolo 'tomus' in questo senso l'altro 'pars'. I due primi volumi (to. I di f. 860) hanno il titolo speciale Prolusiones ad Theatrum Romanae Urbis e si compongono di una lunga serie di capitoli relativi alla topografia, storia ed amministrazione, specialmente della Roma antica, con grande sfoggio di erudizione oggi inutie. Il volume 3 (to. II di f. 549) dopo due capitoli de veteribus et de recentibus Romanae Urbis regionibus, comincia con la Regio Campitelli sive Capitoli (pars prima lib. II), e tratta, per quasi trecento fogli, della chiesa di S. Maria in Araceli (e del tempio di Giove Ottimo Massimo). I fogli 305‑549 (liber III) contengono il resto del Rione Campitelli. Segue nel vol. 4 (to. III, di f. 295) la Regio Montium seu etiam Campitelli (pars prima lib. IIII), vale a dire le chiese del Palatino e del Celio, colline prima attribuite al rione Campitelli, poi a quello dei Monti. Il vol. 5 (to. IV di f. 463) tratta in gran parte della basilica lateranense (pars II lib. V), segue da p. 392‑463, una continuazione della Regio Montium, (pars II lib. VI) relativa alle vicinanze del Laterano. I volumi 6 (to. V, di f. 309) 7 (to. VI, di f. 292) 8 (to. VII, di f. 301) continuano la descrizione del Rione Monti (pars II lib. VII-XI): vi è da segnalare il lungo capitolo dedicata alla basilica di S. Maria Maggiore (vol. 7 f. 1‑167 = pars II lib. VIII). Nel volume 9 (to. VIIII di f. 360) la descrizione del Rione Monti viene condotta a termine (lib. XII): segue a f. 141 la descrizione della Regio Trevii (lib. XIII). Il vol. 10 (to. IX, di f. 238) porta il titolo Regio Columnae (pars III lib. I) e abbraccia il rione intero. La coninuazione della parte III doveva comprendere i cinque Rioni Campo Marzo, Ponte, Parione, Regola, S. Eustachio: ma nulla di questi è conservato. Invece il vol. 22 (to. XXI, di f. 166) contiene una parte della Regio Pineae segnata pars IV lib. I, essa però è mancante in fine. Mancano pure completamente gli ultimi quattro Rioni, S. Angelo, Ripa, Trastevere e Borgo. Se queste parti siano perdute, o siano state mai scritte, resta dubbio, sebbene io ritenga più probabile quest'ultimo. Ciò non ostante l'opera fu presentata dall'autore alla censura, e nel principio del volume primo si trova l'approvazione per la stampa segnata dal benedettino Cornelio Margarini "ex monasterio S. Pauli die 8 novembris 1679".

Finalmente il volume 23 (to. XXII) contiene il principio di una quarta recensione, anch'essa in latino ed in ordine topografico, ma in forma più breve. Dopo una Admonitio ad lectorem (p. 1‑2) seguono le Prolusiones ad Theatrum Romae sacrum, che finiscono con due paragrafi de veteribus et recentibus Urbis regionibus. Segue (p. 58) la chiesa di Araceli (sino a p. 161) e poi, sino alla fine del codice (p. 171), poche altre chiese del Rione Monti. Il volume porta in parecchi fogli un Imprimatur del Maestro dei Sari Palazzi, Fra Raimondo Capisucchi, ma senza data.

Da questo rapido ragguaglio si vede che l'opera del Bruzio, nonostante la sua prolissità, è lontana dall'essere completa. Di non poche chiese si tratta in due o tre luoghi, mentre molte altre mancano affatto. Quanto al contenuto, il carattere apologetico e polemico non è tanto spiccante come si aspetterebbe dai passi sopra citati del volume 24. L'autore ha descritto, e questo è il suo merito speciale, gli edifizii sacri esistenti al tempo suo, con le opere d'arte in essi esposte, egli ha copiato molte iscrizioni e si è servito pure di documenti, per la maggiore parte però del tempo suo. Il valore del lavoro del Bruzio per il medio evo è relativo: nondimeno l'ho citato sempre, per indicare i materiali da lui raccolti, che possono servire per studi relativi anche ad epoche più recenti.

L'opera del Bruzio non ha incontrato quel successo che l'autore sperava. Narra il medesimo contemporaneo, del quale abbiamo citato il passo a p. XLVII (vol. 24 – to. XXIII f. 2 v.):

Persuadendosi l'autore suddetto di stamparli mediante qualche curioso o libraro, si come in tre romi vi è l'Imprimatur, non si trovò alcuno di volervi applicare. Havevo poi qualche pensiero di mandarli in Germania all'Imperatore, nè anche sortì. Nella sua morte li lasciò al canonico Matteo Egittii procuratore del Capitolo della Rotonda et della Compagnia fondata in S. Lucia alle Botteghe oscure, che ospitavano li poveri sacerdoti forastieri per alcuni giorni; donò in sua vita al Capitolo della Rotonda uno di detti tomi che discorre di detta chiesa, e la detta Compagnia a quali però passarono tutti gli altri tomi che hora si trova in Piazza Margana, dove si conservavano in una cassa. Discorrendo un giorno Tommaso de Giulii, Prefetto dell'Archivio secreto Vaticano, col Sig. D. Clemente de Rossi parroco di S. Salvatore in Campo, et uno delli Deputati, sentì da esso che volentiero sarebbero venduti i detti tomi per investire il prezzo e servirsi delli frutti in adempire le opere pe che l'Egittii haveva ordinate nel suo testamento. Il medesimo Giulii in occasione che il Papa venne con Mons. Bonaventura in Archivio, raccontò tutta la serie del fatto, subito applicò di volerli comprar lui per haver ben conosciuto l'autore come compatriota. Sentenda tal discorso Nro. Sig. subito ordinò al medesimo che andasse a pigliarli, e si comprassero e si pagorno scudi cento, benchè prima Mons. Ciampini li volesse pagare a detto procuratore scudi duecento, ma non li volle dare. Sapendo i canonici della Rotonda che Nro. Sig. havrebbe molto gradito di havere l'originale del tomo donato al di loro Capitolo per havere con esso tutto l'opera compita, fecero fare a proprie spese una copia, che si ritennero appresso di loro, e sotto il 9. di novembre 1709 mediante il Sig. Arciprete mandarono a donare a Nro. Sig. l'originale.

Il volume qui mentovato sulla Rotonda oggi è segnato 24 (questo. XXIII) e porta il titolo: Pantheon illustratum, opera posthuma pii alla chiesa eruditi viri Iohannis Antonii Brutii de civitate Sancti Angeli in Vado iuris utriusque et sacrae theologia professoris, rectoria parochialis ecclesia Sanctae Dorotheae de Urbe per annos 40 laudabiliter perfuncti, demum octogenarii et ultra die 12. octobris 1692 vita functi, post revisionem ac superiorum licentiam in optatam lucem edenda. L'opera tratta in due parti de aedificio ethnico (c. I-XX, f. 3‑102) e de Pantheo christiano (c. XXI-XLV, f. 104‑185).

Per non lasciare incompleta la descrizione dei manoscritti bruziani, noto che il volume 26 (to. XXV) è occupato per la maggior parte da Iosephi Novi Perugini adversaria in varios auctores (più di 1100 pagine), e che nel vol. 27 (to. XXVI) si trova una dissertazione del Bruzio de iuribus sedis apostolicae in urbem Avenionensem et comitatum Venesinum, dn lettere dedicatorie al papa Alessandro VII ed a Giuseppe Maria Suares, vescovo di Vaisson. Nel medesimo volume sono altre produzioni del Bruzio, frammentarie e di poco conto, vi si trova pure (f. 30‑63) una copia manoscritta dell'opera di Carlo Padredio Lucchese: Roma misurata, con la distanza e notitie delle Nove Chiese ecc. (cf. Ranghiasci, Bibliografia dello Stato Pontificio p. 221 n. 598; Calvi, Bibliografia p. 38 n. 723).

I volumi del Bruzio recentemente, mentre il presente volume era in corso di stampa, furono trasferiti dall'Archivio segreto Vaticano, ove erano segnati Miscell. arm. VI vol. 1‑27, nella Biblioteca. Per facilitare le ricerche, aggiungo uno specchio delle segnature antiche e moderne:

Vol. 1 = To. I, p. 1 = Codice vaticano latino 11869
2 = I, p. 2 = 11870
3 = II = 11871
4 = III = 11872
5 = IV = 11873
6 = V = 11874
7 = VI = 11875
8 = VII = 11876
9 = VIII = 11877
10 = IX = 11878
11 = X = 11879
12 = XI = 11880
13 = XII = 11881
14 = XIII = 11882
15 = XIV = 11883
16 = XV = 11884
17 = XVI = 11885
18 = XVII = 11886
19 = XVIII = 11887
20 = XIX = 11888
21 = XX = 11889
22 = XXI = 11890
23 = XXII = 11891
24 = XXIII = 11892
25 = XXIV = 11893
26 = XXV = 11894
27 = XXVI = 11895

XIX. Lorenzo Zaccagni romano, nato nel 1657, morto il 26. gennaio 1712 (v. l'epitafio posto già nella chiesa di S. Giovanni Decollato presso Forcella VII, p. 65 n. 151), fu prefetto della Biblioteca Vaticana sotto Innocenzo XII e Clemente XI. Un elenco delle sue opere edite ed inedite si trova nella Bibliografia Romana (di Girolamo Amati), Roma, 1880 p. 251 sg.: vi si può aggiungere il Trattato dell'origine e progressi del sovrano dominio dei Sommi Pontefici (1702) contenuto nel codice Vatic. Regin. lat. 393 (Forcella Manoscritti IV, p. 224 n. 153). Egli compose un Ecclesiarum urbanarum ex Anastasio bibliothecario et aliis antiquis monumentis magnus catalogus, che si conserva nel cod. Vatic. lat. 7147. Il titolo dichiara bene il carattere dell'opera: il fondamento è uno spoglio diligente del Liber Pontificalis secondo l'edizione di Magonza 1550. Lo Zaccagni ha attinto inoltre molte notizie dagli astigrafi dei secoli XVXVI, nonchè da altre opere a stampa. Le fonti manoscritte, come è naturale, in gran parte sono codici tuttora esistenti nella Biblioteca Vaticana: si noti che il Vatic. 4265 è un libro d'Indulgenze, stampato in gran parte nell'edizione dei Mirabilia del Parthey (Berolini 1864; cf. anche sopra p. XXII), il Vatic. 2035 è un codice dei Mirabilia secondo la recensione di Martino Polono (Urlichs Codex topographicus p. 134); il Vatic 6311 è una copia della Roma restaurata di Flavio Biondo, senza speciale valore; il cod. Urbin. 410 (ora 984) è un altro esemplare del cosiddetto Anonimo Magliabecchiano. Egli si è pure servito di alcune fonti oggi non più accessibili, p. es. di qualche fascicolo delle collettanee del Panvinio de Cardinalibus (dalle quali egli cita spesso il testamento Iohannis Buccamatii cardinalis a. 1309) che sembrano perdute. Ma l'asserzione dell'Armellini che lo Zaccagni abbia "posto le mani sulle carte del Panvinio" è inesatta: il lavoro suo è originale ed indipendente. Siccome però è composto in gran parte da citazioni di opere ancora esistenti, mi sono astenuto dal citarlo costantemente. Il catalogo fu pubblicato, senza indicazione del codice, dal Mai Spicilegium Romanum tom. IX (1843) p. 384‑368.

XX. Gregorio Giacomo Terribilini, nato a Roma nel 1709, si fece ecclesiastico ed ottenne un beneficio in S. Lorenzo in Damaso nel 1727 (v. il documento inserito nel cod. Casanat. 2182 f. 169), poi una cappellania nella medesima basilica nel 1733. una segretario di Mgr. Enrico Enriquez, il quale, fatto nunzio a Madrid nel 750, lo condusse seco in Ispagna. Ritornò nel 1754, e nell'anno seguente andò coll'Enriquez, fatto cardinale e legato di Ravenna, in questa città; quivi morì il 22. marzo 1755 e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico (v. Cancellieri Piazza Navona 236).

Il Terribilini aveva raccolto un copioso materiale per la storia delle chiese di Roma: le sue schede dopo la sua morte vennero in possesso del Garampi, il quale, con disposizione testamentaria del 1792, le lasciò a Francesco Cancellieri, coll'obbligo ch'egli morendo le lasciasse alla Biblioteca Casanatense. Il Cancellieri eseguì la volontà del Garampi, ed oggi le schede del Terribilini si trovano nella Biblioteca Casanatense raccolte in 10 volumi segnati 2177‑2186 (già XX, XI, 1‑10). Si noti però che nel trasferimento dopo la morte del Cancellieri la divisione non fu fatta esattamente, dimodochè fra le schede casanatensi sono frammischiate non poche del Cancellieri, mentre dall'altra parte molte del Terribilini, oggi stanno nella Vaticana fra le carte del Cancellieri (v. più sotto p. LVII).

Le molte migliaia di schede incollate, in parte autografe, in parte di mano d'amanuensi, formano un prezioso materiale per ricerche, ma l'autore non ha nemmeno potuto incominciare a dare una forma letteraria al suo lavoro. Il Terribilini ha fatto larghi spogli del codice vaticano di Francesco del Sodo, e ha pur ricercato non pochi documenti degli archivi. Le copie d'iscrizioni, che occupano un gran posto, sono in parte ripetute dall'Anonymus Hispanus Chisiauusº (v. sopra p. XX e p. XXVII), che vien citato sotto il titolo di "Manoscritto Panfili", altre dalla silloge perduta di Giovanni Capocci (v. il mio articolo nei Sitzungsberichte De Rossi Bayrischen Akademie 1920 n. 15 p. 48 sg.). Inoltre egli ha raccolto molte notizie relative allo stato delle chiese a tempo suo, a scavi archeologici ecc., che tuttora sono pregevoli. Sono invece di poca utilità gli spogli da libri stampati, che occupano una gran parte delle collettanee.

I volumi casantensi in gran parte si occupano di chiese la cui fondazione è posteriore al termine del io lavoro, cioè il 1425, e perciò li ho citati soltanto quando mi pareva necessario. Invece darò qui uno specchio dei volumi II-X, che contengono le schede relative alle singole chiese disposte in ordine alfabetico (il volume primo contiene spogli da autori antichi e moderni su Roma, in gran parte oggi inutili).

   Vol. II (cod. 2178) S. Adriano (f. 3) — S. Austerius (f. 188). Segue una lunga dissertazione sulla Confraternita degli Agonissanti (f. 189‑269).

Vol. III (cod. 2179) S. Balbina (f. 2) — S. Francesco a Ripa (f. 300‑307).

Vol. IV (cod. 2180) S. Galla (f. 1) — S. Grisogono (f. 347‑351). Quasi la metà del volume è occupato dall'articolo: S. Giacomo Scossacavalli (f. 36‑217), il quale per la maggior parte consiste in un lungo libello (di 64 capitoli) contro un curato di S. Giacomo, composto circa il 1707‑1709.

Vol. V (cod. 2181) interamente dedicato a S. Giovanni in Laterano (f. 1‑390).

Vol. VI (cod. 2182) S. Ignazio (f. 1) — S.Lucia della Tinta (f. 328‑332). La maggior parte del volume si riferisce a S. Lorenzo in Damaso (f. 43‑269): vi si trovano (f. 58‑61) note sulla bolla di Urbano III del 1186 (v. sopra p. 132 sg.), ed a f. 193‑269, stampati relativi alla basilica.

Vol. VII (cod. 2183) S. Maguto (f. 1) — S. Maria della Pace (f. 432 v.). Vi è da segnalare il lungo articolo sopra S. Maria Maggiore (f. 331‑429).

Vol. VIII (cod. 2184) S. Maria ad martyres (f. 1‑47) — S. Michele e Magno (f. 357‑359).

Vol. IX (cod. 2185) S. Nereo e Achilleo (f. 1) — S. Rufina e Seconda (f. 190).

Vol. X (cod. 2186) S. Saba (f. 1‑4) — S. Urbano (f. 232).

Il "Diario manoscritto del Terribilini (degli anni 1744. 1745. 1747) nell'Archivio Vaticano", pubblicato dall'Armellini nella sua Cronachetta mensuale (Ser. V an. XXIV, 1890) si trova nel cod. vatic. lat. 12502 (già Arch. Vat. Miscell. arm. XV vol. 44) f. 136‑154. Il molto zibaldone contiene parecchi fascicoli autografi del Terribilini, p. es. fasc. XXII (f. 217‑265): note sui senatori o caporioni di Roma, fasc. XXIII (f. 266‑287): notizie di varie famiglie di Roma, fasc. XXXVI. XXXVII (f. 516‑523): Ecclesiae urbis a Nicolao Seniorile descriptae sub Martino papa V, fasc. XXXVIII (f. 524‑535): Ex bulla Urbani papae III anno 1186. Vi sono oltracciò parecchi spogli da libri editi, Albertini, Fulvio, Mazochi ecc., che non hanno valore.

XXI. Pierluigi Galletti romano (1724‑1790; v. Paoli, Notizie spettanti alla vita e le opere dell'abata Pie Luigi Galletti, Roma 1793), monaco benedettino, è da nominare qui come autore di parecchie opere sulla storia ed amministrazione ecclesiastica di Roma medievale, nelle quali, sebbene non trattino di singole chiese a guisa di monografia, sono contenuta moltissime notizie interessanti per il tema nostro (del Vestararo della Romana Chiesa, Roma 1758; Del primicerio della Santa Sede Apostolica, Roma 1776); più importante ancora sono le sue raccolte delle iscrizioni medievali e moderne esistenti a Roma (Inscriptiones Venetae infimi aevi Romae extantes, Romae 1757; Inscriptiones Romanae infimi aevi R. e., Romae 1759, e vol.; Inscriptiones Bononienses . . . . Romae 1759; Inscriptiones Piceni sive Marchiae Anoconitanae . . . . Romae 1761; Inscriptiones Pedemontanae . . . . R. 1766). I materiali raccolti per la continuazione di quell'opera si conservano nei codici vaticani 7904‑7921 (si veda l'elenco presso Forcella, Iscrizioni I p. XI e Manoscritti I p. 139‑142 n. 409‑429). Il Galletti aveva perscrutato diligentemente molti archivi di Roma, tanto quello vaticano quanto quelli delle singole chiese (se ne vedono le indicazioni nella Bibliografia del Calvi). Questi spogli, sebbene resi in gran parte superflui, per i secoli dell'alto medio evo, da pubblicazioni moderne, restano sempre utili per i secoli dopo il Trecento. Delle vaste collettanee del Galletti, che occupano incirca duecento volumi (cod. Vatic. lat. 7854‑8066) si veda l'elenco presso Forcella, Manoscritti I p. 133‑180 n. 364‑562.

Contemporaneamente al Galletti, Giuseppe Garampi da Rimini (1725‑1792), prefetto dell'Archivio Vaticano dal 1757 al 1772, fatto cardinale nel 1785 (v. Morooni, Dizionario XXVIII p. 169‑172; Palmieri, Viaggio in Germania ecc. del Cardinale Garampi, Roma 1889) raccolse enormi materiali per un'opera intitloata Orbis Christianu: fra queste collettanee vi sono anche documenti, sebbene non molti, relativi alle chiese urbane (v. p. es. sopra p. XXIII). Egli possedette pure le schede del Terribilini, come fu notato sopra p. LIV. Dopo la sua morte, le sue collettanee pervennero per la massima parte all'Archivio Vaticano, ove formano un fondo speciale (v. Kehr, Göttinger Nachrichten 1900 p. 392).

XXII. Francesco Cancellieri Romano (nato il 10. ottobre 1751, morto il 29. dicembre 1829 spiegò, come tutti sanno un'attività straordinaria in ricerche e pubblicazioni intorno alla Roma antica, medievale e moderna: si veda il Catalogo di tutte le produzioni letterarie edite ed inedite dell'abate F. C. Roma 1827. 1846 e l'articolo di Giuseppe Tomassetti nella Bibliografia Romana (di G. Amati) I, Roma 1880, p. 48‑66. Le sue opere maggiori De secretariis basilicae Vaticanae (Romae 1788), la Storia dei solenni possessi de' Sommi Pontefici (1802), la monografia sulla Piazza Navona (1811) sono piene di notizie utili per le materie nostre. È pregevole poi la sua monografia sulla chiesa di S. Maria in Iulia (1823; v. p. 340 n. 52). Fra le sue schede ora conservate nella Biblioteca Vaticana, specialmente nei codici 9156‑9200 (Forcella Manoscritti I p. 279‑288 n. 790‑821), vi sono le seguenti dissertazioni inedite relative a chiese urbane:

   Vat. lat. 9160: Le terme Diocleziane illustrate con le chiese ivi erette di S. Ciriaco e della Madonna degli Angeli.

Vat. lat. 9161: Descrizione delle chiese di S. Bernardo con l'altra annessa di S. Caterina v. e m. fondata da Caterina Nobili Sforza.

Vat. lat. 9168: Descrizione della chiesa di S. Apollinare antica e moderna.

Vat. lat. 9172: Memorie del culto di S. Lorenzo e della sua prima basilica presso il Teatro di Pompeo.

Vat. lat. 9175: Atti del martirio di S. Agnese e della sua chiesa antica e moderna nel Circo Agonale.

Vat. lat. 9176: Storia della ven. Arciconfraternita del Gonfalone . . . . con la descrizione della chiesa di S. Lucia alla chiavica.

Vat. lat. 9675: Memorie della Basilica di S. Paolo divise in XXX dissertazioni.

Oltre a ciò, i codici 9163‑9167 (Forcella I p. 281 sg. n. 796‑800) contengono, sotto il titolo di "Collectana de ecclesiis Urbis Romae" notizie storiche, tratte, fra altri, dai manoscritti di Francesco del Sodo ecc., ma specialmente moltissime epigrafi, in parte copiate dall'autore sugli originali, in parte riprese da libri editi. Le chiama sono disposte in ordine alfabetico: il codice 9163 contiene le lettere A-F, il 9164 G-L, il 9165 la sola lettera M, il 9166 N-R, il 9167 S-Z. Che in queste collettanee sono inserite molte schede del Terribilini, fu notato più sopra a p. LIV. Ho citate le schede del Cancellieri quando occorreva, ma non costantemente.

XXIII. Chiudo questa serie degli autori che hanno scritto sulle chiese di Roma col nome di Antonio Nibby. Il primo volume della sua opera postuma Roma nel 1838, parte moderna (Roma 1839) è dedicato interamente alle chiese. Vi si raigona di tutte le chiese allora esistenti, disposte in ordine alfabetico. Il Nibby è stato uno dei primi a servirsi con critica dei documenti medievali: le sue notizie storiche sono in parte nuove e pregevoli. Dal suo libro dipende una grande parte degli articoli sulle chiese nella Beschreibung Roms di Bunsen e Platner, e l'Armellini non di rado ha copiato letteralmente interi passi dal Nibby. Per i periodi del Rinascimento e del Barocco il Nibby ha desunto molto dalle guide dei secoli precedenti, specialmente dalla Descrizione topografica e istorica di Roma moderna di Ridolfino Venuti (Roma 1767, 4 vol. 8). Nelle note bibliografiche del mio lavoro ho citato costantemente l'opera del Nibby.

*
* *

Col libro del Nibby ci siamo avvicinati ai tempi moderni, sui quali basterà un rapido ricordo bibliografico.

Il grande sviluppo degli studj di archeologia cristiana nella seconda metà del secolo passato, sviluppo dovuto principalmente all'opera geniale di G. B. de Rossi, è stato

[ALT dell'immagine: missing ALT] PAGINA INCOMPIUTA — IN ALLESTIMENTO


[image ALT: Valid HTML 4.01.]

Pagina aggiornata: 22 giu 07