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La Chiesa
di S. Francesco

Questa pagina riproduce una parte di

Curiosità storiche trevane

di
Tommaso Valenti

pubblicato da F. Campitelli, editore,
Foligno, 1922

Il testo è nel pubblico dominio.

Questa pagina è stata attentamente riletta
e la credo senza errori.
Ciò nonostante, se vi trovate un errore, vi prego di farmelo sapere!

seguente:

[ALT dell'immagine: (collegamento alla parte seguente)]
Un letterato
a Trevi

 p139  Armi ed armati

[ da La Torre di Trevi,
Anno II N. 7 del 9 Aprile N. 8 del 23 Aprile 1899 ]

Ad uno studio interessante per la storia e per l'arte militare locale si presterebbero le molte memorie ed i numerosi documenti, che tuttora esistono, relativi alle armi, alle munizioni ed ai soldati di cui disponeva il nostro Comune nei secoli scorsi, per la difesa del suo territorio e della sua tranquillità, troppo spesso turbata dalle tristi vicende di quei tempi turbinosi, che richiedevano un'attiva vigilanza ed una, per quanto modesta, difesa.

Cominciando dalle armi, sappiamo che queste in origine si acquistavano dal nostro Comune per la difesa delle mura, dei torrioni che sorgevano lungo di esse, e delle torri che s'inalzavano o isolate nella campagna, come quella di Matigge, o nell'interno dei castelli, come quella di Cannaiola, di Fabbri, di S. Lorenzo, della Fratta, ecc.

 p140  Di tutte le armi, specialmente di quelle da fuoco, si faceva un dettagliato inventario, ogni volta che le prendeva in consegna il Segretario del Comune, o il Massaro a ciò destinato. Poichè la custodia delle torri era data ogni anno in appalto, al migliore offerente; cioè a chi lo assumeva per il minor prezzo; e nei verbali consiliari troviamo regolarmente registrati i relativi contratti. Il custode delle torri doveva far sempre buona guardia; chiamare aiuto quando occorresse ecc. Per lui garantiva uno o più fideiussori. In casi di guerre, anche la torre di piazza aveva la sua guarnigione. Per esempio ebbe 30 uomini di guardia all'epoca della guerra "del sale" nel 1540‑41, quando Paolo III mandò il suo esercito contro i Perugini, che si erano ribellati per l'aumento del prezzo del sale.

Il più antico degli inventari di armi che io abbia trovato nel nostro Archivio rimonta al 1442. In esso figurano: 5 bombarde — 1 spingarda — 3 balestre grosse in buono stato — 1 balestra doppia "aliquantulum rupta" — 2 balestre doppie, vecchie et grosse — 1 balestra nuova "rotta" (?!) — 2 stagne per caricare — 1 bastardello — 1 barile con un fondo, pieno a metà di salnitro vecchio — 2 barili di polvere per le bombarde — 3 taragoni (cioè specie di grossi scudi di cuoio o di legno, per soldati a piedi) — 1 balestra grosso comprata da un tal di Beroide.

 p141  È interessante notare che in fondo a questo inventario figurano 1 mannaia ed 1 mazza per far giustizia, per mazzolare i condannati.

Pochi anni appresso si riconobbe la necessità di aumentare le armi e le munizioni. E così il Consiglio, su proposta di ser Antonio Bartolucci, deliberò di acquistare nuove armi; e, cioè, 90 balestre (30 per terziero) di cui 30 con l'artifizio, del valore di 3 fiorini l'una, 30 con la girella per 2 fiorini, e 30 da un ducato d'oro; più 45 targoni (15 per terziero) e 50 lancie, almeno.

E gli aumenti nella provvista delle armi continuarono negli anni successivi, crescendo i pericoli e le turbolenze interne ed esterne. Infatti il 10 agosto 1469 fu deliberato l'acquisto di alcune ciarabottanespingarde; il 31 decembre 1475 fu ordinato a tutti coloro che erano allibrati per oltre 200 libbre di concorrere nella spesa per provvedere 20 corazzine per terziero.

Un curioso ed interessante documento troviamo nelle Riformanze del 1514, sotto la data del 26 marzo. È una convenzione e contratto che il Comune nostro stipulava con un tal Sebastiano di Gabriele, della Fratta di Perugia. Si dava incarico a costui di fabbricare 150 schioppetti, lunghi palmi 4½ e 50 archibugi. Ogni schioppetto che doveva essere "limatus et bene trapanatus", veniva provato. A tal fine si caricava  p142 con una doppia dose di polvere — "cum duobus caricaturis" — e la palla doveva forare la porta di una bottega, che era vicino a quella di "Tarquinio", il farmacista di quei tempi, oppure un'altra tavola di simile spessore. Se la prova non riusciva il Comune era in diritto di rifiutare lo schioppetto difettoso — scuppettum impotentem —.

50 archibusi dovevano essere anch'essi buoni "et atti a portar la palla" e forniti di anelli per la bacchetta — cum anulis a tergo pro bacchetta mittenda". E la fattura di queste armi veniva pagata — particolare curioso — a peso, in ragione di un carlino la libbra.

Nel 1578 volle il Consiglio introdurre una novità nelle armerie del Comune e deliberò di far istanza alli signori superiori affinchè dessero il permesso di acquistare un archibugio "a rota", cioè con uno speciale apparecchio per far sprizzare la scintilla dalla pietra del focile. E a tal fine si dette incarico d'interporre buoni offici ad alcuni trevani che risiedevano in Roma ed a Perugia.

Fanno parte della storia, dirò così, militare di Trevi, le spedizioni che il Comune dovette in più volte fare di soldati e di guastatori — gli odierni Zappatori — ed in diverse occasioni. Tra le altre, quando Paolo III ordinò la costruzione della Rocca Paolina di Perugia. Il Comune  p143 di Trevi dovette mandare, a più riprese, alcuni gruppi di guastatori o guastaroli, a sue spese. E quando credette che l'aggravio finanziario fosse eccessivo per il popolo trevano, il Consiglio pensò di mandare una Commissione a Perugia a parlamentare col Cardinale Legato, per essere esonerato dall'invio di altri guastatori. Per tutta risposta il Cardinale fece imprigionare gl'inviati del Comune; e ci volle del bello e del buono per poterli liberare!

Interessante è il notare che gli aumenti delle armi nel Comune corrispondono specialmente ai momenti di maggiore inimicizie con gli Spoletini, alla fine del '400 ed al principio del '500. Ma la storia di quegli avvenimenti è troppo lunga ed importante per potere essere qui accennata. Spero poterlo fare in altra occasione e con maggior diffusione.

Le forniture di armi, come è naturale, decaddero di numero e d'importanza mano mano che la tranquillità subentrava ai periodi di guerre intestine. E così nel '700 non troviamo più che alcuni pezzi di bronzo e varie balestre con alcune spingarde, pochi moschetti, sacrali1mortaletti: in tutto 75 pezzi.

 p144  Ora — naturalmente — tutto è distrutto o scomparso.

Ma dopo detto brevemente delle armi di cui il nostro Comune era fornito nei tempi andati, viene di conseguenza la necessità di parlare degli armati che di esse usavano.

La storia di Trevi presente un non comune interesse anche sotto l'aspetto, dirò così, militare, come in tutti, o quasi, i Comuni d'Italia, ai tempi delle turbolenze civili, e delle scorrerie ed incursioni dei vicini invasori e devastatori. Non troveremo certamente nelle nostre storie trevane quei fatti d'armi strepitosi e spantevoli che colorarono in rosso le vie di tante città italiane nel corso dei secoli; ma ciò nonostante, anche Trevi ha avuto la sua milizia, regolata da certe disposizioni statutarie, e che in più occasioni in paese e fuori, seppe rendere segnalati servigi.

Di questa milizia, dei suoi ordinamenti, delle sue operazioni, dirò brevemente.

La Rubrica 9 dello Statuto vetustiore trevano è dedicata appunto all'ordinamento militare. L'ordine e la tranquillità di Trevi erano affidati a 300 uomini, o più, secondo i bisogni. Il comando  p145 di questa truppa era affidato a tre Gonfalonieri, detti anche VessilliferiCapitani dei 300. Si eleggevano ogni anno alla fine di decembre, ed entravano in carica il 1o gennaio. La elezione era fatta dai Priori e dal Consiglio dei XVIII, che li sceglievano tra i più competenti di ciascuno dei Terzieri.

Compito di questi armati era l'impedire i delitti ed i maleficii in genere e conservare pacifica la terra di Trevi. Dipendevano in tutto e per tutto dai Priori e dal Podestà, che potevano espellerli e surrogarli con altri ove occorresse.

Il 1o gennaio di ciascun anno tutti gli armati si adunavano sulla Piazza del Comune, con la loro bandiera; e, toccando il Vangelo, giuravano dinanzi al Podestà di accorrere ai suoi cenni e di obbedirgli di giorno e di notte, specialmente quando suonasse la campana ad sturmumad arma.

In caso di mancanza vi era una multa di 100 libre di denaro per i Vessilliferi, 10 per i ConstabiliConnestabili, e 40 per i Soldati. Un quarto delle multe andava al Podestà; il resto al Comune.

Constabili era eletti dai Vessilliferi, ed avevano ai loro ordini 25 uomini per ciascuno; in tutto erano, dunque, 12.

Chi avesse voluto impedire in qualche modo  p146 ai soldati di accorrere al suono della campana, che li chiamava all'armi, era punito con la multa di 200 libre di denaro. Il Podestà che non avesse applicate tali multe, incorreva da parte sua, in un'altra multa di 100 libre, da ritenersi sul suo stipendio.

Il luogo dove si adunavano i soldati si chiamò la Custodia, sotto il qual nome s'indicavano anche gli stessi soldati. Questi venivano scelti da deputati speciali, tanti per Terziero. Dovevano essere atti a portare e maneggiare ogni sorta di armi.

Vessilliferi dovevano essere armati di tutto punto, con la celata, la ventriera, la spada, i bracciali, i cosciali e gli schienali, come prescrive lo Statuto.

La truppa era così ripartita: 75 Balestieri, con balestre, verretoni, celate, bracciali e schienali; 75 Pavesari, con pavesi e scudi, rotelle, spade, bracciali e schienale; 75 Lancieri, con lance lunghe, celate, bracciale e schienale; e altri 75 con celate, bracciali, rotella (piccolo scudo) e ventriera.

Al numero ordinario dei soldati si aggiungeva, quando se ne sentiva il bisogno, un uomo per foco. A questo servizio della custodia, erano obbligati tutti gli uomini del Comune. Si faceva eccezione per quelli del Castello di S. Giovanni e per tutti coloro che erano di guardia  p147 nei loro Castelli. Per qualunque atto dovessero redigere, ebbero nel 1358 un Notaio a loro disposizione e veniva ogni anno eletto dal Consiglio dei XVIII, e si chiamò il Cancelliere della custodia. In seguito tale carica fu assegnata dal Cancelliere delle Riformanze, o Segretario del Consiglio.


Nota dell'autore:

1 SacraleSacro era un'arma da fuoco più piccola della spingarda, che si caricava con proiettili di ferro di 12 libbre, e si chiamava anche Quarto cannone (Vedi: la Pirotechnia del S. Vannuccio Biringuccio; Venezia, 1549).


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Pagina aggiornata: 29 mar 16