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 p1003  Salinae

Articolo di James Yates, M.A., F.R.S.,
alle pp1003‑1004 di

William Smith, D.C.L., LL.D.:
A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, Londra, 1875.

SALI′NAE, (ἁλαὶ, ἁλοπήγιον; Varr., de L. Lat., VIII.25, ed. Spengel). Sebbene gli antichi conoscessero il salgemma (Herod. IV.181‑185; ἅλες ὀρυκτοί, i.e. "sale fossile", Arr., Exped. Alex., III, 4 pp161, 162, ed. Blan.), e sebbene ottenessero il sale tanto da qualche lago dell'entroterra (Herod., VII.30) quanto da sorgenti naturali o saline (Cic., Nat. Deor., II, 53; Plin., H. N., XXXI, 7 s.39‑42), e ne trovassero non piccole quantità in alcuni litorali dove si era cristallizzato per il calore del sole senza intervento umano (ἅλες αὐτόματοι, Herod., IV, 53; Plin., l.c.), tuttavia ne ricavavano la maggior parte dalla gestione di stabilimenti costruiti sulla riva del mare, che era naturalmente adatta allo scopo perché così bassa e  p1004 uniforme da venir facilmente invasa dal mare (maritimae areae salinarum, Col., de Re Rust., II, 2), o persino da essere un acquitrino salmastro (ἁλυκὶς) o una pozza marina (λιμνοθάλαττα, Strab., IV, 1 § 6, VII, 4 § 7; Caes., Bell. Civ., II, 37). Allo scopo di contribuire all'evaporazione naturale, venivano scavati laghetti poco profondi di forma rettangolare (multifidi lacus), divisi l'un l'altro da setti di terra. L'acqua di mare veniva fatta entrare attraverso canali aperti per lo scopo e poi richiusi da chiuse. [Cataracta] Nell'acqua che passava da un laghetto all'altro la concentrazione di sale aumentava (Rutil., Itin., I, 475‑490). Quando l'acqua si riduceva a una soluzione salina (coacto umore), veniva chiamata dai Greci ἅλμη, dai Latini salsugosalsilago, e dagli Spagnoli muria (Plin., l.c.). In questo stato essa era usata dagli Egizi per salvare il pesce (Herod., II, 77), e dai Romani, allo stesso modo, per conservare in salamoia le olive, il formaggio e la carne (Cat., de Re Rust., 7, 88, 105; Hor. Sat. II, 8, 53). Da muria, che sembra una corruzione di ἁλμυρὸς, "(molto) salato", i viveri che vi venivano conservati furono chiamati salsa muriatica (Plaut., Poen., I, 2, 32 e 39). Mentre l'acqua salsa che veniva lasciata nei laghetti cristallizzava, l'uomo affidato alla cura di esse e perciò chiamato salinator (ἁλοπηγὸς), tirava fuori il sale per deporlo su dei cumuli (tumuli) sopra il terreno per prosciugarlo (Manilius, V, 690;º Nican., Alex., 518, 519). In Attica (Steph. Byz.), in Gran Bretagna (Ptol.), e da qualche altra parte, diversi luoghi, in conseguenza dei loro stabilimenti, hanno assunto il nome di ἉλαὶSalinae.

Durante tutto l'impero romano le raffinerie di sale normalmente erano di proprietà pubblica e venivano date in affitto dall'amministrazione ai migliori offerenti. Si dice che le prime saline siano state fatte costruire da Anco Marzio ad Ostia (Liv., I, 33; Plin., H. N., XXXI, 41). Sembra che i pubblicani che appaltavano questi stabilimenti vendessero il sale, uno dei beni più indispensabili, a prezzo molto alto, per cui i censori Marco Livio e Gaio Claudio (204 a.C.) fissarono il prezzo al quale coloro che prendevano in affitto le saline erano obbligati a vendere il sale. A Roma un moggio di sale, in conformità a questa disposizione, era venduto a un sestante, mentre in altre parti d'Italia il prezzo era più alto e vario (Liv., XXIX, 37). Le saline in Italia e nelle provincie erano molto numerose; nei paesi conquistati, però, qualche volta venivano lasciate in possesso ai precedenti padroni (persone o città) che dovevano pagare a Roma soltanto un canone d'affitto fisso, ma la maggior parte di esse veniva appaltata dai pubblicani. (Burmann, Vectigal. Pop. Rom. p90, &c.)


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Pagina aggiornata: 21 apr 18