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Lunedì al mio arrivo in autobus a Scheggino, il mio fonino a funzionato — sebbene ci fosse una cabina e ho anche una scheda telefonica — e ho chiamato l'agriturismo; in circa 3 minuti la metà marito della squadra mi dava il passaggio; altri 3 minuti, nella mia stanza: tre mezzi letti, una vista molto piacevole che ho potuto realmente godere soltanto ieri mattina quando ho avuto il sole e un cielo azzurro; una grande stanza da bagno con una buona doccia calda. Mi sono seduto sul fondo della doccia fingendo che fosse una vasca da bagno — anche se, conscio che questo era una piccola azienda familiare, non ho fatto scorrere l'acqua troppo a lungo [. . .]
Comunque, la cena un mix di buono (anche molto buono) e di assai mediocre. Antipasti: un crostino di qualcosa che assomigliava a funghi o tartufi, e chissà forse lo era, ma certo non ne aveva il sapore: sia oleoso che stranamente acetoso, una stonatura; salsicce meravigliose — i loro maiali, l'uomo stesso aveva fatto le salsicce, carne color vino rosso profondo con grandi lardini bianchi, veramente eccellenti; un po' di buon prosciutto, i maiali pure produzione loro e presumibilmente parenti, poverini. Tortellini, pasta molto buona, casareccia, la salsa di pomodori etc. passabile. Come secondo, meglio dimenticarlo (e dimenticato quasi lo è già) dimenticato: una "bistecca", fette di carne anemica, manzo apparentemente troppo cotto, lardellato con pancetta per provar di darli un po' di grasso (à la française), troppo salato. Dessert, una crostata alla marmellata casareccia, OK. Una specie di limoncello, con latte o, forse, panna: buono. Letto.
Il panorama dalla mia finestra quando mi alzai la mattina e mi furono dati cieli blu. |
Mi alzai ieri mattina, e un altro giorno in cui non ho "fatto" la distanza che pensavo fare. Avevo progettato camminare a Cerreto Borgo, non molto lontano: non l'ho fatto, arrivando soltanto a Piedipaterno, eppur la strada fra Piedipaterno e Cerreto era giusto un pezzo di strada; niente di mancato tranne la continuità evidenziata in giallo sulla mia pianta dell'Umbria.
Sono partito un po' in ritardo, alle 9 — buona prima colazione — e naturalmente sono tornato indietro sui miei passi per vedere Scheggino, di cui lunedì avevo soltanto visto una cabina di telefono bagnata (in quale ho atteso, usando però il mio fonino per fare la chiamata) —
Il Nera a Scheggino,
scorrendo al S verso Terni |
Ho lasciato Scheggino in ritardo non so come; un giorno splendido: fresco ma cieli azzurri — e sono arrivato a S. Anatolia ancora più tardi che non pensavo, perché mi sono fermato allo "stabilimento" — ognuno sa che cosa vuol dire, non c'è bisogna aggiungere nulla — il centro di confezione dei tartufi Urbani. Entrandovi, un qualunque edificio degli anni 60 o 70, la fragranza dei tartufi; stranamente, non nella stanza d'attesa, in cui mi siedi un po' aspettando che un giovanotto molto serio, forse 24‑enne, di nome Carlo, possibilmente l'erede della famiglia, apparvi con due libri che la sig.ra Chiappini all'agriturismo mi aveva mostrati (sui tartufi naturalmente: l'uno soltanto di ricette, l'altro un tartufularium di scienza e gastronomia e storia). Mentre aspettavo, ho fatto una revisione di traduzione sia sul francese che sull'inglese del loro depliant principale: il primo aveva un paio di errori, l'altro era considerevolmente più difettoso. Ho presentato le mie correzioni scritte, e sono stato piacevolmente sorpreso di ricevere gratis i miei due libri: un tasso molto buono per una revisione di traduzione di circa 20 minuti.
S. Anatolia di Narco si trova a circa 3 km; la cosa principale è che assolutamente non v'era in nessun posto sulla strada principale nè un segnale stradale ad indicare S. Anatolia: tutto il resto (Norcia, Cascia, Spoleto, Perugia) ma non la minima parola su S. Anatolia al punto critico nè prima, in cui dovete scegliere quale senso da andare. Vedete il posto sulla vostra destra, bada, e munito di piante e della mia immagine mentale della zona ne sospettavo altrettanto, ma ciò rimane che non ero sicuro.
Il discreto paesino di Sant'Anatolia di Narco, da circa 1 km al sud. |
S. Anatolia, 4 chiese: come di consueto, press'a poco. Alla mia terza si aprirono le porte: S. Maria delle Grazie — infatti non sembrava che si aprirebbe nulla quando vi arrivai: sotto impalcatura, e m'aspettavo ad essere rifiutato all'entrata — invece non successe così. Due restauratori, un uomo e una donna, da un appaltatore DeFeo, non soltanto mi permisero d'intrare, ma ancora mi diedero un riassunto sugli affreschi, bagnarono le due iscrizioni romane, mi tennero le penne lunghe 14cm che mi danno la scala mentre ne scattavo delle foto — difficile, e non m'aspetto a troppo, perché su di una pietra rossa della zona — e generalmente sono stati molto, molto disponibili; ed io, corrispondentemente, riconoscentissimo, confusissimo, prolississimo e lentissimo . . .
L'esterno poco promettente (Set 2000) di S. Maria delle Grazie; e
un campione dell'interno.
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Immagini con bordi conducono ad informazioni: più spesso il bordo più ampie le informazioni. (Dettagli qui.) | ||||||
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Pagina aggiornata: 4 feb 03