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Cap. I
 

Questa pagina riproduce una parte di
Aquila

pubblicato nella Serie "Italia artistica"
Bergamo, 1929

Il testo è nel pubblico dominio.

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Cap. II
(2a Parte)

 p19  II. — Fra la tradizione romanica e la gotica
(inizio)

Le origini dell'Aquila risalgono a quell'oscuro periodo dell'evo medio che successe alle invasioni e devastazioni barbariche. Essa sorse dopo la distruzione delle antiche città che in quella zona si estendevano, Amiterno e Forcona, Foruli e Peltuino e Corfinio e Aveja. . . . Sembra fosse uno degli ottantasei castelli, che poi divennero leggendariamente novantanove, nati da questo forzato rinnovamento, anzi, forse, il più popoloso; e nell'anno 969 papa Giovanni XIII e l'imperatore Ottone I lo visitarono: onde verso il mezzo del secolo XIII assorbì gli altri, col consenso di Corrado, figliolo del grande Federico II, che tanta orma impresse nella vita dell'Italia meridionale. E per riferimento al numero dei castelli la città venne divisa in rioni, con altrettante chiese e piazze e fontane. Ma il suo sviluppo fu subito arrestato dal sacco e rovinio delle milizie di Re Manfredi, nel 1259, successore di Corrado. La discesa in Italia di Carlo d'Angiò ne determinò la risurrezione (1265), chè gli Aquilani si schierarono per il monarca francese in odio alle persecuzioni patite da Manfredi. Da quel momento tennero sempre per gli angioini, de' quali non furono proprio soggetti ma quasi alleati, vigile e salda scolta di confine.


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Pianta della Città dell'Aquila

Un'immagine più grande, dove l'indice dei monumenti è più o meno leggibile, si può consultare qui (568 KB); si aprirà in un altro pannello.

(Fot. Carli)

L'importanza della città dovè accrescersi considerevolmente, anche se la sua popolazione non arrivò, come si vuole, a 60.000 abitanti: nel 1294, il giorno 28 o 29 di agosto, in S. Maria di Collemaggio fu incoronato Papa Celestino V, alla presenza  p20 di Carlo II d'Angiò, di altri dignitari della corte e di immenso popolo. Papa e Re concessero in questa occasione, e anche in seguito, larghi benefici al popolo. Roberto d'Angiò, succeduto a Carlo, fu anch'egli prodigo di favori all'alta città. Nel 1314, spodestato Roberto per la venuta in Italia di Enrico VII, l'Aquila venne attaccata dai Ghibellini di Rieti ma senza serî risultati.

Lotte con Amatrice, Rieti, Posta, Fossa ecc. furono i consueti episodi che caratterizzarono la vita medievale, senza assurgere a particolare significazione. Più grave si delineò la divisione dei cittadini (1337) al seguito di due famiglie, Pretatti e Camponeschi, i quali, a traverso varie vicende, finirono col trionfare, finchè il proprio capo nel 1354 non cadde per tradimento ordito da Filippo di Taranto. Pestilenze, carestie, invasioni di compagnie di ventura l'afflissero, ma più la ripresa della guerra civile nel 1367 che si prolungò per molti e molti decennî. Nella contesa per il regno di Napoli fra i d'Angiò e i Durazzo, gli aquilani tennero fede ai primi, onde Luigi d'Angiò, calando in Italia passò per l'Aquila, ov'ebbe l'appoggio dei Camponeschi, insidiati  p21 dagli Orsini, che costrinsero questa potente famiglia ad abbandonare la città, nella quale pertanto ritornarono, riaffermandosi, nel 1391; l'anno appresso abbandonarono gli Angioini per schierarsi dalla parte dei durazzeschi divenuti ormai preponderanti.

L'Architettura. — La città assestatasi quando gl'ideali romanici si esaurivano nei centri maggiori sotto l'incalzare delle correnti gotiche riflette nei primi edifici monumentali l'uno e l'altro indirizzo artistico. In Abruzzo erano affluite correnti diverse, dalla lombarda alla benedettina più imponenti, dalla cosmatesca che moveva da Roma all'araba e alla bizantina che penetravano dalla Campania e dalle Puglie. Fin dalle prime espressioni artistiche esso appare aperto ad influenze molteplici, ma non accolte pedissequamente, anzi segnate di un'impronta locale, se pure non dominate in modo da determinare una manifestazione con svolgimento unitario, organico.

L'attività edilizia nel primo fiorire dell'Aquila si svolse fervida. Lo attestano tuttora gli edifici superstiti, quasi tutti religiosi, come dovunque in questo periodo, malgrado che le manomissioni e i rimaneggiamenti consueti, oltre all'imperversare delle forze occulte della natura, ne abbiano scemato il prestigio ed offuscati i caratteri. Le costruzioni furono erette in una bella pietra che assume calda tonalità rossiccia, quasi di rame affocato. Si levano tuttora le fronti delle chiese, benchè con parti rinnovate, spesso ricomposte dopo un crollo, e talvolta non rialzate secondo il primitivo  p22 orientamento. Invece gl'interni risultano radicalmente rimaneggiati nel periodo barocco. Così che si può appena intravedere che fu adottata la planimetria, comune in Abruzzo, delle basiliche benedettine a tre navi coperte di travature e scompartite da pilastri e che più frequente fu anche la pianta ad una sola navata, della quale si vedono esemplari anteriori al 1254 intorno all'Aquila, quali S. Paolo a Prata d'Ansidonia, S. Vittorino (1170), la chiesa di Ofena (1196). Le facciate non furono precedute da nartece o da protiro, disposizioni che pur si riscontrano in molte chiese abruzzesi. Il coronamento orizzontale, che diviene peculiare delle chiese della regione traverso una interessante serie di trasformazioni di quello basilicale, è chiaramente definito. Permane in esso l'aspetto proprio delle facciate chiesastiche d'Abruzzo, di muraglia austera e possente innalzata a protezione dell'organismo costruttivo che visibilmente sopravanza. Tuttavia presentano proporzioni modeste, sono distinte in due corpi orizzontalmente, mediante un sottile fregio, talvolta avvivato da fogliame, e non di rado sono anche tripartite verticalmente per mezzo di due pilastrini che, fiancheggiando il portale, si spingono fino al coronamento. Gli elementi di animazione  p24 sono quelli consueti alle chiese abruzzesi, portale e rosone. Il portale addentrandosi a semisquadro si anima di fasci di pilastri alterni a colonne dal fusto liscio, attorto o a spirale, sormontate da capitelli a decoro vegetale continuo, in modo da costituire una fascia sulla quale grava l'architrave, mentre in corrispondenza delle colonne e dei pilastri son voltati gli archivolti che ne ripetono di regola struttura ed ornamentazione, salvo quello esterno che si riveste di fogliame. Un altro portale si apre in ciascun fianco, di più sobria linea e decorazione. Nei rosoni si profusero mirabili finezze ornamentali d'intaglio. Portali e rosoni furono ligi nelle forme ai modi romanici, nella resa dei motivi ornamentali francamente gotici. Le absidiº si girarono frequentemente triple, al pari che nelle chiese benedettine (presso l'Aquila va ricordata S. Maria di Bominaco, 1180 c.) e poligonali. La torre campanaria s'immiserì in una cella bipartita che s'impostò sopra una delle ali.

Forse la più antica chiesa, fra le molte conservate in parte, è quella dedicata a S. Pietro di Sassa, rilevante per la sobria eleganza del sistema di animazione della facciata. Le sue origini si riportano al 1256, però il compimento della fabbrica si  p25 ebbe trent'anni dopo. La fronte fu ricostruita in seguito a rovina e probabilmente non venne rialzata secondo l'originario orientamento. È bipartita orizzontalmente mediante un esile fregio; il rosone è privo della ruota, il cerchio è mascherato da foglie sottili, aguzze e ricurve, analoghe a quelle che fregiano l'archivolto esterno del portale. Questo è iscritto entro una riquadratura e consta di due pilastrini alterni a due colonne. I capitelli a sinistra di chi guarda figurano i simboli degli Evangelisti, quelli a destra allegorie bestiarie; al disopra dei capitelli esterni si vedono leoni che stringono la preda fra gli artigli, consuete figurazioni romaniche. La resa plastica è piuttosto grossolana, confusa. L'indirizzo è romanico-gotico.


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Chiesa di S. Pietro di Sassa

(Fot. Carboni)

Assai più importante è la chiesa di S. Maria di Collemaggio, che è da considerare non soltanto come uno de' più rappresentativi monumenti dell'Aquila, ma altresì fra i più significativi dell'intera regione, come uno di quelli in virtù de' quali essa partecipa al movimento artistico nazionale. Sorge in uno scenario straordinariamente  p26 suggestivo, in mezzo al più imponente panorama di monti che l'Aquila dispieghi, slargato, allietato nei primi piani da ondulati tappeti verdi, fra i quali sembra alzarsi come un altare, a propiziare i genî dei monti e gli spiriti del cielo infinito, sorridendo di lontano nel pittoresco risalto dicromico dei materiali costruttivi i quali determinano un broccato sontuoso che prelude al Palazzo Ducale di Venezia.


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Chiesa di S. Maria di Collemaggio

(Fot. Alinari)

Le origini di questo santuario sono illuminate da una vaga leggenda che nella sua sostanza ideale si ripete per molte altre chiese. L'Eremita del Morrone, prima di ascendere al soglio pontificio col nome di Celestino V, riposando nella località di Collemaggio, ebbe la visione di un'aerea scala per la quale apparivano e dileguavano parvenze angeliche, mentre al sommo, entro un raggiante velario di nubi, dominava la Vergine, che ingiunse al suo fedele di elevare in quel luogo un tempio a Lei sacro. I lavori cominciarono nell'ottobre del 1287; la cerimonia della consacrazione si svolse probabilmente il 25 agosto 1288, la costruzione fu proseguita anche dopo tal data. La facciata appartiene al secolo XIV per l'accentuato predominio delle forme ogivali, anzi per il maggior portale e per i rosoni alla seconda metà del secolo, se non anche al principio del successivo.


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Chiesa di
S. Maria di Collemaggio
— Portale Maggiore

(Fot. Alinari)

 p27  La facciata, pur conservando il carattere di grandioso antemurale a coronamento orizzontale proprio delle chiese d'Abruzzo, e nella quale si può cogliere riferimento al Duomo di Todi, assume straordinaria sontuosità per la veste lussureggiante e la monumentalità rigogliosa dei portali, soprattutto il maggiore, oltre che dei rosoni finamente e riccamente intagliati. Il pittoresco fondo a broccato inspirato alle ardenti fantasie arabe, è ottenuto mediante il materiale costruttivo, pietra bianca e rosea, disposto in modo da disegnare forme geometriche, ed è avvivato dalla notazione cromatica dei portali, rosso vivo venato di bianco il maggiore, roseo-gialli i laterali. I portali presentano la consueta struttura romanico-gotica, con accentuazione ogivale, chè se si tolgono gli archivolti a pieno centro, non solo il modo di rendere la decorazione ma anche gli elementi son gotici. Si noti nell'archivolto esterno del portale di destra il vago motivo dei calici floreali innestati l'uno nell'altro, e raccordati nel mezzo da una figura umana che si altera in motivo ornamentale, mentre il portale di sinistra s'anima nel partito romanico dei girali inscriventi rose. L'accentuazione gotica diviene più spiccata nel portale mediano il quale di romanico non presenta che l'inflessione degli archivolti e qualche reviviscenza ornamentale. I larghi stipiti sono rivestiti di due ordini di nicchiette a frontoni, tra guglie — venti complessivamente — che ospitavano statuine della maniera di Tino da Camaino, delle quali nove sono conservate, comprese tre acefale; l'archivolto esterno si fregia dell'allegoria, amata dai primi decoratori cristiani, dei fedeli aranti la vigna del Signore, quello più interno di figure angeliche  p28 succedentisi giro giro. Si determina in tal modo un organismo sontuoso ma non sovraccarico, anzi più grandioso per le pause che intercedono fra l'uno e l'altro motivo decorativo.


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Chiesa di
S. Maria di Collemaggio
— Portale di sinistra e rosone

Chiesa di
S. Maria di Collemaggio
— Portale di destra e rosone

(Fot. Alinari)

Il rosone maggiore è a doppia ruota con raggi a colonnine tortili biforcantisi in modo da inscrivere coppie di archetti trilobi: questo nascere di forme da forme, il movimento delle colonnine a spirale e degli archetti trilobi conferisce all'insieme un mirabile brio, un fantasioso balenio, elegantemente contenuto dall'incorniciamento a foglie ricurve. Il rosone che si schiude sopra il portale di sinistra ha forme romaniche in più snella e austera struttura di raggi lisci facenti capo ad archetti a tutto sesto che risultano voltati negli intervalli di un'altra serie di archi ad essi contrapposti, basati sull'incorniciamento a ritagliato fogliame gotico ma piatto, con vago motivo diº rosette a borchie nel cerchio esterno. L'altro portale è nettamente gotico, analogo al maggiore, benchè semplificato.


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Chiesa di
S. Maria di Collemaggio
— Rosone sopra il Portale Maggiore

(Fot. Alinari)

 p29  Oltre che per la bellezza del rivestimento e dei particolari d'animazione, la facciata di S. Maria di Collemaggio è anche notevole per la visione monumentale organica e semplice. La distinzione in tre corpi ne amplia il respiro e la linea, l'inferiore tutto animato dai portali fra i quali grandeggia solenne il mediano, con mensole sorreggenti originariamente statue aggettanti fra i portali, il corpo superiore, vago di leggiadre pause, scompartito in tre facce, raggiante nell'ampio rosone cui rispondono nel fregio che intercede fra l'uno e l'altro corpo, in corrispondenza dei portali minori, due altri rosoni, forse con disposizione analoga a quella della originaria fronte di S. Giusta di Bazzano, ma sospinto a straordinaria significazione.

Il portale che si disegna nel fianco sinistroº presenta caratteri analoghi a quello dell'ala sinistra in facciata, ma è più accentuatamente romanico. Nell'ornato a rosoni che incorona l'archivolto esterno si possono cogliere rispondenze con l'ambone di Bominaco.


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Chiesa di
S. Maria di Collemaggio
— Portale nel fianco destroº

(Fot. Alinari)

 p30  L'interno è snaturato da un barocco privo di gusto, però la pianta originaria si coglie intera, grandiosa come quella delle basiliche cristiane, a tre navi accusate all'esterno dalla sovrelevazione della mediana, con vasta crociera e coro profondo. Originariamente la divisione delle navate era determinata mediante possenti colonne cilindriche sulle quali impostavano le otto arcate di valico, le navi dovevano essere coperta a capriate, poichè è da escludere non solo la copertura a vôlte, ma anche quella a cassettoni inusitata nel periodo romanico-gotico. Anche la cupola è opera tarda, non originaria. Il fondo del coro si disegna poligonale.


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