[ALT dell'immagine: Una gran parte del mio sito è inutile se tenete escluse le immagini!]
mail: William Thayer [Link to an English help page]
English

[ALT dell'immagine: Link ad un'altra pagina di questo sito]
Aiuto
[Collegamento al livello immediatamente superiore]
A monte

[ALT dell'immagine: Link alla pagina principale del sito]
Home
precedente:

[ALT dell'immagine: (link alla precedente sezione)]
indietro
Questa pagina Web riproduce una parte di
Il Foro Romano — Storia e Monumenti

da Christian Hülsen

pubblicato da Ermanno Loescher & Co
Editori di S. M. la Regina d'Italia
1905

Il testo, le piante e le immagini in bianco e nero sono nel pubblico dominio.
Le foto a colori sono © William P. Thayer.

seguente:

[ALT dell'immagine: (link alla seguente sezione)]
avanti

 p29  III. L'esplorazione scientifica del Foro
dal secolo XV al secolo XX.


[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 6. Il Foro circa il 1490.

L'aspetto del Foro verso la fine del secolo decimoquinto è rappresentato in un bozzetto di un'artista di quel tempo, bozzetto ora esistente nella biblioteca dell'Escuriale. Il Foro si scorge dalla pendice del Campidoglio, sotto il Tabulario; l'artista ha rappresentato con preferenza i monumenti antichi, tralasciando la maggior parte di  p30 quelli medievali, p. es. la chiesa dei Ss. Sergio e Bacco, la quale dovrebbe comparire nel primo piano fra l'arco di Severo e il tempio di Saturno. Attraverso l'arcata centrale dell'arco, si vede un edifizio con trabeazione dorica, segnato con poche linee: cioè l'angolo occidentale della basilica Emilia, demolita al principio del secolo decimosesto (v. n. XXI). Più in fondo, comparisce la parte inferiore di una torre medievale, la quale, con le fortificazioni attigue, nasconde quasi il tempio di Faustina.

Al tempo di Giulio II e di Leone X, il Foro serviva come cava di pietre, e tra i distruttori dei monumenti antichi vengono menzionati artisti di prim'ordine. Nella celebre lettera a papa Leone X tramandataci da Baldassare Castiglione, e attribuita a Raffaello, è palese la tendenza a conservare i monumenti antichi romani, specialmente  p31 quelli del Foro, ed anche a restaurarli nell'originale, o a ricostruirli sul disegno. Ma questo lodevole progetto di un artista geniale non potè sopprimere gli abusi fin allora generalmente tollerati, nè vincere le esigenze pratiche della grande attività edilizia di quel tempo. E infatti furono allora saccheggiati gli avanzi della basilica Emilia e della basilica Giulia; il tempio di Vesta, l'atrio delle Vestali, i templi di Saturno e di Vespasiano fornirono materiali per costruzioni moderne.

[image ALT:
missingALT
	]

Fig. 7. Il Foro nel 1536.

Un periodo importante per il Foro è il regno di papa Paolo III (1534‑1550). Per l'ingresso dell'imperatore Carlo V in Roma nell'anno 1536 in quest'anno è disegnata la veduta di Martino Heemskerck, fig. 7) dopo la disfatta dei Barbareschi di Tunisi, il Papa fece costruire in suo onore una via trionfale che passava sotto gli archi  p32 antichi del Foro e della Sacra Via, dall'arco di Tito fino a quello di Severo in linea diretta. Le fortificazioni medievali presso S. Lorenzo furono demolite; il suolo fu spianato e rialzato. Il numero di "duecento case e due chiesa distrutte" menzionate nella descrizione dell'ingresso dell'Imperatore data dal Rabelais, non si riferisce solamente, come hanno voluto alcuni, all'area del Foro, ma a tutta la Via Trionfale, fino al ponte S. Angelo. Nel tempo stesso le rovine del Foro ricevevano grave danno tanto dal rapido progredire della edificazione di S. Pietro in Vaticano, quanto dalla costruzione del sontuoso palazzo del cardinale Alessandro Farnese presso il Campo di Fiore. La decade 1540‑1550 ha forse nociuto più ai monumenti antichi di Roma, che i due secoli precedenti riuniti insieme. I ricercatori di materiali rovistarono allora il terreno presso i templi di Saturno e di Vespasiano, presso l'arco di Severo, dinanzi S. Adriano, nella basilica Emilia, vicino al tempio dei Castori, sul luogo ove sorgevano il templum Divi Iuli e la Regia, e sulla Sacra Via, dall'arco dei Fabii fino a quello di Tito, e lo fecero così spietatamente, che anche tra i contemporanei si elevarono voci contro queste "cose molto orrende". Fu conservato, è vero, qualche frammento di architettura che, per la bellezza del lavoro, poteva servire ad ornamento di qualche cortile o villa; ai frammenti dei Fasti consolari e trionfali rinvenuti nel 1546 presso la Regia fu dato perfino un posto d'onore nel palazzo dei Conservatori sul Campidoglio; ma questi casi erano isolati: la maggior parte dei marmi, dei travertini e delle altre pietre antiche che si trovavano serviva per la costruzione di opere moderne, o peggio finivano nelle fornaci di calcina. Quanto gli uomini di quel tempo fossero lontani dal pensare a scavi ordinati a scopo prettamente scientifico, lo dimostra un esempio caratteristico. Nel 1553 nelle vicinanze della colonna di Foca, fu scoperto il rilievo  p34 di Curzio (v. p. 4), e fu notato che sulla parte più alta della base — fin là arrivava lo strato di terra — si vedevano alcune lettere, ma nessuno degli archeologi, per i quali la colonna da lungo tempo era rimasta un enigma, si prese la pena di scoprire, continuando di pochi palmi lo scavo, il segreto del monumento; persistendo invece a chiamarla la Columna Maenia, o un avanzo del ponte di Caligola.

Il Foro, coperto da quel profondo strato di ruderi, si prestava assai bene alle congetture dei topografi e degli archeologi. È notevole che gli eruditi del secolo decimoquinto, Biondo e i suoi seguaci, partendo da un concetto abbastanza giusto della posizione del Foro, lo mettevano "fra i due archi trionfali" (di Severo e di Tito); e la descrizione del Foro contenuta nella topografia di Bartolomeo Marliani (1544) è un lavoro così pieno di sagacia e di critica che merita ogni lode per quel tempo. Ma nella metà del secolo decimosesto una teoria nuova fu proposta dal napoletano Pirro Ligorio valente architetto (la villa d'Este in Tivoli è il suo capolavoro), ma nell'archeologia dilettante ambizioso, che cercava di nascondere le grandi lacune del suo sapere con numerose e sfrontate falsificazioni. Egli ragionava così: il Comizio ove Romolo e Tito Tazio avevano fatto la pace, era situato secondo Dionisio tra il Campidoglio e il Palatino; il Comizio e il Foro avrebbero dovuto perciò cercarsi nella valle, dove sono la chiesa e l'ospedale della Consolazione mentre le grandi rovine, i templi e le colonne visibili tra i due archi trionfali, avrebbero appartenuto alla Sacra Via. Si iniziò allora una vivace polemica sostenuta con grande pertinacia dalle parti contendenti, come lo dimostra il seguente brano di uno scritto del Marliani contro il Ligorio (topographiae Urbis haec nuper adiecta, R. 1553): "Ciò che io ho stabilito sul Foro", dice il Marliani, "è la verità verissima; e se il padre Romolo in persona si levasse su dalla tomba a dirmi ch'egli aveva costruito altrove il suo Foro, io gli risponderei: o Romolo, tu sei passato sul fiume Lete, e perciò hai dimenticato il sito della tua città, tanto da sragionare come lo Strepsiade (Ligorio)". Nonostante questa invidiabile fiducia nella sua opinione, il Marliani fu sopraffatto dal Ligorio, il quale pure difendeva la sua opinione con grande sicumera, e mediante una quantità di monumenti ed iscrizioni da lui falsificate.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]

Fig. 8. Il Foro nel 1575.​a1

Quale fosse l'aspetto del Foro circa il 1575, apparisce da un'incisione di Stefano Dupérac (fig. 8): il tempio di Saturno era interrato fino alle basi delle colonne, quello di Vespasiano fino alla metà dei fusti. Il cumulo delle macerie e dei ruderi saliva fino al piano inferiore del Tabulario: l'unica arcata aperta serviva da portone d'ingresso per le stalle del Senatore.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]

Fig. 9. Il Foro nel 1650 veduto dal Campidoglio.​a2

Nei secoli decimosettimo e decimottavo gli scavi del Foro furono quasi completamente abbandonati: il terreno si credeva esaurito come cava di pietre, ed infatti sarebbe stato necessario di scavare più profondamente per trovare ancora marmi ed altri materiali utili per le costruzioni moderne. Dall'arco di Tito fino a quello di Severo, l'area del Foro, sulla quale stavano poche case isolate, botteghe di scalpellino, ecc., era attraversata da un doppia fila di olmi, i quali nelle incisioni di Livino Cruyl (fig. 9. 10) del 1650 presentano una considerevole grandezza. Presso le tre colonne del tempio dei Castori era stata collocata nel 1565 una grande tazza di granito la quale serviva di abbeveratoio per il bestiame e che nel 1817 divenne la fontana monumentale di Monte Cavallo. Sulla scienza topografica intanto esercitavano grande influenza le teorie di Ligorio, confermate vieppiù da Alessandro Donati (1638) e da Famiano Nardini (1660) con ragionamenti eruditi, ma scarsi di valore critico. Così il luogo preciso ove era il Foro Romano cadde in profondo oblìo.  p38 Nel viaggio in Italia di W. Goethe il nome del Foro Romano non è ricordato nemmeno una volta. Quando il poeta, dal palazzo del Senatore "ammirava al tramonto del sole il grandioso panorama che si stendeva sul lato sinistro del Campo Vaccino, dall'arco di Severo sino al tempio della Pace" (febbraio 1787), e diceva addio alla città eterna in una notte illuminata da splendida luna nell'aprile 1787, "passeggiando (queste sono le sue parole) nella solitaria Via Sacra dall'arco trionfale di Settimio Severo sino al Coliseo" non sospettava nemmeno quanta storia si nascondesse sotto questi ruderi.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 10. Il Foro nel 1650 veduto dall'Arco di Tito.

Un nuovo periodo per l'esplorazione del Foro Romano comincia verso la fine del secolo XVIII, dopo che l'intuizione geniale del Winckelmann ebbe aperti nuovi orizzonti all'archeologia. Il primo scavo con scopi puramente scientifici fu eseguito nel 1788 dall'ambasciatore svedese in Roma, C. F. v. Fredenheim. Egli scoprì una parte della basilica Giulia, e suppose di aver ritrovato una parte dei portici, che, secondo le teorie del Nardini che egli seguiva, dividevano l'area del Foro dalla Sacra Via. Le vicende politiche degli anni seguenti, nei quali l'antico Foro fu scelto anche per luogo di feste repubblicane (v. fig. 11), impedirono per qualche tempo il progredire delle esplorazioni. Ma nel principio del secolo XIX, Carlo Fea, nominato commissario delle antichità nel 1801, si accinse a sgombrare, mediante scavi estesi e metodici, tutta l'area del Foro. Al Fea, il quale occupò quell'ufficio per più di trent'anni, spetta il merito di aver distrutto per sempre gli errori inveterati dei secoli XVIIXVIII, stabilendo la vera posizione del Foro e dei suoi monumenti principali.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 11. Festa repubblicana sul Foro.
"Alla perpetuità della Repubblica — 27. Piovoso anno VII repubblicano" (= 15. febbraio 1799).

I lavori cominciati dal Fea con uno scavo intorno all'arco di Severo nel 1803, furono continuati anche sotto il governo francese. Allora i templi di Saturno e di Vespasiano vennero liberati dalle case moderne loro addossate;  p40 fu scoperta la facciata del Tabulario, e la base con l'epigrafe della colonna di Foca tornò finalmente alla luce (1811). Il prefetto francese De Tournon aveva l'intenzione di congiungere il Foro col Colosseo e il Palatino creando così una specie di Passeggiata archeologica; il piano di questo progetto (pubblicato nelle Études statistiques sur Rome del De Tournon, tav. 23) mostra però che il livello scelto per questa passeggiata sarebbe stato assai superiore a quello antico, di modo che le parti inferiori dei monumenti sarebbero state sepolte invece che poste in luce. Di gran valore archeologico è l'esatto rilievo del Foro, eseguito dall'architetto Caristie nel 1811 (pubblicato nel 1821).

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 12. Il Foro nel 1824.

Dopo il ristabilimento del governo pontifico nel 1814, il Fea continuò gli scavi con maggiore intensità: tornarono allora alla luce la metà anteriore del tempio dei Castori, l'angolo occidentale della basilica Giulia e il principio della Sacra Via con i due basamenti di mattoni vicini alla colonna di Foca ecc. Dal 1818 i lavori furono sospesi per dieci anni e ricominciati nel 1827 sotto la direzione di Antonio Nibby. Tra il 1829 e 1834 fu dissotterrata tutta la pendice del Campidoglio e la sostruzione del Tabulario; gli scavi già fatti intorno all'arco di Severo, presso la colonna di Foca e la Sacra Via, vennero allargati e riuniti fra loro. I lavori eseguiti dal 1811 al 1836 sono rappresentati sulla bella ed esatta pianta di Giovanni Angelini e di Antonio Fea (1836‑1837). I risultati storici e topografici degli scavi sono esposti negli importanti lavori del Bunsen (1834 e 1835) e del Canina (Esposizione storica e topografica del Foro Romano, 1834. 1845) ancora più che nelle pubblicazioni originali del Fea, allora settuagenario (Indicazioni del Foro Romano, 1827). Un problema discusso da più secoli, cioè dove fosse posto veramente il Comizio e quale fosse la sua relazione col Foro, fu risoluto con molta sagacia da  p42 Teodoro Mommsen nel primo lavoro da lui scritto in Italia (1845).

Fino al 1848 gli scavi erano stati compiuti isolatamente, e parevano pozzi circondati da parapetti, ma il governo della Repubblica romana nel 1849 stabilì di rimettere il Foro completamente alla luce. Si cominciò con lo scavo della basilica Giulia: i lavori continuarono anche dopo il ristabilimento del governo pontificio, ma con maggior lentezza e solo fino al 1853, nel quale anno cessarono interamente e furono ripresi soltanto nel 1870.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 13. Il Foro nel 1871.

Il governo italiano continuò subito con grande energia l'escavazione intera del Foro. Pietro Rosa, già segnalatosi negli scavi del Palatino, fu chiamato a dirigerne i lavori, ed egli nello spazio di sei anni ne compì una parte considerevole. La basilica Giulia fu allora scoperta fina all'estremità meridionale; altri scavi furono eseguiti presso il tempio dei Castori, il tempio di Cesare e la colonna di Foca. Nel 1872‑73 fu scoperta l'area media del Foro e trovati gli Anaglypha Traiani; nel medesimo tempo fu cominciato lo scavo del tempio di Vesta. Le parti fin allora rimesse in luce — una più grande tra i Rostri ed il tempio di Cesare, un'altra più piccola attorno il Clivo Capitolino — sono rappresentate nell'opera di A. Dutert (Le Forum Romain et les Forums des Césars, Paris 1876, fol.).

Gli scavi furono continuati dal successore del Rosa, Giuseppe Fiorelli: dal 1878 al 1880, la Sacra Via dal tempio di Faustina sino alla basilica di Costantino tornò alla luce. Compiuti questi lavori, le comunicazioni stradali sul Foro, richieste dalle esigenze della nuova vita di Roma, erano limitate a due strade trasversali (una tra via Bonella e via della Consolazione, l'altra tra S. Lorenzo in Miranda e S. Maria Liberatrice): e perciò si rendeva assai difficile la continuazione degli scavi. Ma nel 1882, Guido Baccelli, allora ministro della pubblica istruzione, vinti  p44 tutti gli ostacoli, fece togliere le due strade; e per la prima volta tutte le rovine del Foro e della Sacra Via furono collegate in un insieme meraviglioso dal punto di vista artistico ed archeologico. Fra le scoperte di quel tempo primeggia la casa delle Vestali, esplorata nel 1882‑1883 sotto la direzione di R. Lanciani. Dopo il 1885, i grandi scavi furono un'altra volta sospesi per tredici anni; solamente si fecero alcune ricerche particolari presso i Rostri, la Regia, il tempio di Cesare e l'arco di Augusto.

[image ALT:
[ALT dell'immagine: missing ALT]
	]
Fig. 14. Il Foro nel 1881.

Il recentissimo periodo degli scavi del Foro comincia nel 1898, allorquando la direzione venne affidata a Giacomo Boni. I risultati ottenuti nelle esplorazioni di questi ultimi sei anni superano di gran lunga, per numero e per importanza, quelli dei periodi precedenti. L'area del Foro in questi sei anni è stata raddoppiata: e, ciò che più importa, le esplorazioni non si sono fermate al livello dell'epoca imperiale, ma spinte più profondamente hanno messi in luce monumenti arcaici di sommo valore storico. D'altra parte furono studiati con cura non solamente gli avanzi del periodo classico, ma anche i monumenti della decadenza, i quali hanno fornito materiali preziosi per la storia di quei tardi tempi di Roma. Le fasi principali di questa recentissima campagna archeologica sono le seguenti:

1898, dicembre: Sterro della fronte del tempio di Cesare, con l'altare; scavi presso il tempio di Vesta, il Clivo Capitolino e l'arco di Severo.

1899, 10 gennaio: Ritrovamento del lapis niger (strato superiore). Febbraio-aprile: Scavi presso la Regia, il tempio di Faustina e la Sacra Via.

Fine di maggio: Scoperta del sacello e della stela arcaica sotto il lastricato nero.

Estate: Sterro del Clivus sacer dinanzi la basilica di Costantino, della fronte della basilica Emilia e di una parte delle tabernae.

 p46  Ottobre-novembre: Scavi nell'Atrium Vestae; ritrovamento di un ripostiglio di monete d'oro.

Dicembre: Scoperta del Comizio e della parte occidentale della basilica Emilia.

1900, gennaio-marzo: Scoperta del Comizio e della Regia.

Primavera: Demolizione di S. Maria Liberatrice, ritrovamento del Lacus Juturnae e della basilica di S. Maria Antiqua.

Autunno: Scoperta della parte posteriore del tempio dei Castori e della parte superiore (orientale) della Sacra Via.

1901: Continuazione degli scavi di S. Maria Antiqua e del Templum Divi Augusti; ritrovamento dei cunicoli sotto il lastrico del Foro; sterro dell'angolo sud-ovest dell'Atrium Vestae.

Novembre-dicembre: Sterro della Sacra Via presso l'arco di Tito.

1902, primavera: Scoperta di case private (cosidetto Carcere) presso la chiesa dei Ss. Cosma e Damiano.

Aprile: Ritrovamento della prima tomba arcaica presso la Sacra Via.

Estate ed autunno: Proseguimento dello scavo della necropoli arcaica; scoperta di edifizi privati (horrea) a mezzogiorno del Templum Divi Augusti.

1903: Continuazione degli scavi nella necropoli arcaica.

Giugno: Ritrovamento della base di Domiziano nel mezzo della piazza.

Autunno: Scavi nella basilica di Costantino.

1904, gennaio: Scavi presso l'arco di Augusto.

Marzo: Scoperta delle fondamenta del monumento di Domiziano con i vasi arcaici.

Giugno: Ritrovamento del Lacus Curtius.

Autunno: Scavi presso il Clivus sacer, tra l'arco di Tito e la porta Mugonia (non ancora compiuti).

Nei prossimi anni sarà compiuto lo scavo della basilica Emilia, isolata la Curia (S. Adriano) e continuati gli scavi presso il templum Divi Augusti fino allo sterro completo del versante settentrionale del Palatino. Sarebbe molto desiderabile che anche gli avanzi del Foro di Cesare (via Marmorelle, via Marforio) e gli strati sottostanti appartenenti al Comizio repubblicano fossero esplorati,  p47 esplorazione che quasi necessariamente si congiungerà con il rettificamento del versante settentrionale del Campidoglio, sotto il monumento a Re Vittorio Emanuele II.

È in via di formazione un "Museo del Foro Romano" nei locali dell'ex-convento di S. Francesca Romana. Ivi saranno raccolte statue, rilievi, terrecotte, iscrizioni, monete, vasellame ecc., rinvenuti negli ultimi scavi del Foro o in quelli anteriori. Al Museo sarà unita una biblioteca di consultazione ed una raccolta di disegni, incisioni e fotografie relative agli scavi e alle ricostruzioni del Foro Romano. Queste raccolte nel tempo stesso che saranno speciale attrattiva per i visitatori, diverranno materiale importantissimo di ulteriori ricerche per gli scienzati.


Nota di Thayer:

a1 a2 Nell'edizione stampata, entrambe le Figure 8 e 9 appaiono rovesciate. Ho il piacer di ringraziare Charles Stouffer per l'acuta correzione, ormai provveduta qui.


[ALT dell'immagine: HTML 4.01 valido.]

Pagina aggiornata: 31 ott 17