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L'area fra il Niger Lapis e la chiesa di S. Adriano è l'ultimo avanzo dell'antico Comizio: quest'area nella massima parte era lastricata con travertini, negli strati inferiori si vedono molti resti di mura di tufo. Vi si distingue una grande costruzione a semicerchio, forse avanzo delle fondamenta dei rostri dell'ultimo tempo della Repubblica, effigiati sulla moneta di Palikano (v. fig. 22). Più sotto, altri piccoli gradini di tufo possono credersi in relazione con la tribuna più antica. Di aspetto più arcaico ancora è un muro composto di piccoli p96 quadretti alquanto irregolari di tufo, nel quale si è voluto riconoscere un muro di divisione tra il Comizio ed il Foro.
La parte dell'area che più si avvicina alla Curia, è lastricata di marmo; dove il lastricato del marmo confina con quello di travertino, si vede una fontana con la vasca in forma di gran piatto, e che ha nel mezzo il posto per una base ottangolare. Questa base sorreggeva probabilmente un grande vaso a forma di cantaro, dal quale cadeva l'acqua le cui traccie si scorgono chiaramente sulla superficie del piatto.
Vicina al margine dello scavo (presso f) è una grande base di marmo, con iscrizioni sui quattro lati. Essa dapprincipio aveva sorretta una statua di Antonino Pio, erettagli dai capi del collegio di falegnami (fabri tignuarii) di Roma il 1o agosto 154, come attestano la data sul lato posteriore e la lunga lista di nomi sul lato sinistro. Più tardi sulla base venne posto un gruppo, probabilmente di bronzo, rappresentante Marte con Romolo e Remo, che fu dedicato dall'imperatore Massenzio il 21 aprile 308, giorno anniversario della fondazione di Roma. È probabile che questo gruppo fosse vicino al lapis niger, cioè il lastricato nero superiore, il quale sembra messo lì apposta per ricordare il vetusto "sepolcro di Romolo", da lungo tempo nascosto sotto terra.
Dinanzi l'arcata destra dell'arco di Severo si vede sulle lastre di travertino (presso e) il basamento di una statua equestre, innalzata, secondo l'iscrizione, all'imperatore Costanzo dal prefetto della città, Nerazio Cereale (352‑353). L'Imperatore nell'epigrafe viene celebrato come restitutor urbis et orbis, extinctor pestiferae tyrannidis: quest'ultima frase allude alla vittoria di lui sull'usurpatore Magnenzio (352).
Vedi: Jordan I, 2, 261. 318‑322; Huelsen, R. M. 1893, 79‑94. 1902, 32‑39; Vaglieri 102 sgg.; Boni, Atti del Congresso storico, 547‑550; CIL. VI, 1158 (= Dessau 731). 33856.
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Pagina aggiornata: 14 apr 01