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XXI. Riprendendo il nostro giro sul Foro interrotto al Comizio, rechiamoci a visitare gli avanzi della
Fig. 49. Moneta di Lepido.
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p81 La basilica del tempo imperiale (di quella repubblicana rimangono soltanto alcune parti delle fondamenta, innestate con quelle dell'edifizio più recente) è divisa in tre parti: il portico, le taberne e la sala principale.
Dall'area del Foro, quattro gradini conducono ad un ripiano lastricato di marmo bianco, e da questo due altri gradini menano al portico. La facciata del portico, per la sua architettura perfettamente uguale a quella della basilica Giulia posta dirimpetto (vedi anche le imagini sui plutei di Traiano, fig. 35. 36), consisteva in due piani sostenuti da grandi pilastri con mezze colonne addossate, tutte di marmo bianco. Sull'angolo orientale, presso il tempio di Faustina, una specie di padiglione saliva circa quattro metri dinanzi la fronte. Il pianterreno aveva quattordici arcate d'ingresso e sopra gli arci stava un cornicione dorico con bucranî e patere nelle metopi (vedi fig. 50).
Fig. 50. Avanzi della Basilica Emilia circa il 1480.
(Da un disegno di Giuliano da Sangallo). |
Nel portico giacciono parecchi frammenti di una cornice ornata a foglie di acanto, che faceva parte delle decorazioni interne della basilica; merita di confrontare i pezzi originali dell'edifizio del tempo di Augusto con altri provenienti da un restauro forse del secolo secondo o terzo che gli stanno accanto, e che appariscono di fattura assai meno accurata. Il portico non dava adito, come nella basilica Giulia, direttamente alla sala centrale, si accedeva a questa mediante una porta p110 situata nel mezzo delle taberne, sull'asse trasversale dell'edifizio, di cui è ancora al posto la soglia di marmo. A destra e a sinistra di questa porta si trovano sei stanze quasi quadrate (tabernae) prive di comunicazioni fra loro e che, come quelle dietro la sala centrale della basilica Giulia, servivano probabilmente da uffizi. Sull'estremità di queste taberne si trovano scale che conducono al piano superiore.
Fig. 51. Pianta della Basilica Emilia.
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La sala principale (alla quale si accede ora per un ponte di legno sopra un canale antico) è larga m. 29, lunga più di 70. La navata laterale, che sta immediatamente dietro le taberne, è larga m. 5: sul lato opposto erano, come si rileva tanto dagli avanzi della basilica, quanto della Forma Urbis (v. sopra p. 19, fig. 4), non una, ma due navate. Le gallerie che circondavano la nave centrale erano sorrette da colonne invece che da pilastri, come nella basilica Giulia, e dei fusti di queste colonne, ch'erano di marmo africano ed avevano un diametro di m. 0.85, rimangono moltissimi frammenti. Sopra le colonne ricorreva un cornicione di lavoro assai fino: in alcuni pezzi dell'architrave danneggiati dal fuoco si vedono frammenti di un'epigrafe: . . . . . PAVL . . . . . RESTI . . . . ., la quale si riferisce forse al restauro del console Paolo nel 34 o 14 av. Cr. Le navate laterali non erano a volta, come quelle della basilica Giulia, ma con soffitti di legno; le colonne del piano superiore, anch'esse di marmo africano, avevano soltanto un diametro di m. 0,55. Anche del cornicione dell'ordine superiore si sono trovati frammenti di lavoro finissimo. L'ingresso principale della sala doveva essere dal lato occidentale verso la Curia; dal lato opposto, verso il tempio di Faustina, era l'abside, di cui sarà fra poco cominciato lo scavo.
Il pavimento della navata centrale, composto di grandi lastre di marmo colorato (giallo, cipollino, portasanta) p111 mostra in molti punti le vestigia del fuoco: innumerevoli pezzetti di ferro e di bronzo vi sono attaccati, e fra essi molte monete (conservate per la maggior parte nei magazzini del Museo), che sono, per quanto si può riconoscere dai conii, posteriori a Costantino. L'edifizio adunque fu una volta distrutta da un incendio, facile a svilupparsi a cagione dei soffitti di legno delle navate laterali e sopratutto della grande intravatura che copriva la nave centrale. Secondo le monete ritrovate, questa distruzione avvenne nel quinto secolo d. C., probabilmente quando, durante il saccheggio di Alarico, anche la Curia e il Secretarium furono divorati dalle fiamme (v. p. 21). p112 Nel restauro dell'edifizio compiuto poco tempo dopo sotto Onorio il pavimento danneggiato non fu tolto, ma invece, come nella casa delle Vestali (v. n. XXXIII), ne fu posto immediatamente sopra, quasi a contatto, un altro più rozzo. In questa maniera si intende come le vestigia dell'incendio, le monete, ecc. siano così bene conservate.
Fig. 52. Costruzioni medievali nella Basilica Emilia.
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Uscendo dalla sala centrale, per la già mentovata porta di mezzo, s'incontrano gli avanzi di una costruzione medievale di massi di tufo grigio male collegati fra loro; si crede che siano avanzi di una chiesa o di una casa fortificata non anteriore al secolo settimo od ottavo d. Cr. Le lastre marmoree con ricco ornato di fogliami che sono affisse sulle pareti esteriori, non appartengono nè a questa costruzione, nè alla basilica. Esse coprivano nel medio evo un canale scavato sotto la strada dinanzi la basilica (un pezzo perfettamente simile conservato nel Museo Lateranense deve essere stato scoperto durante scavi anteriori di cui s'ignora la data). Un gran masso di marmo, preso dalle pareti della Regia, e con un importante frammento dei fasti consolari (v. n. XXXI), serviva come soglia in una porta di questa casa medievale (il marmo ora è riunito con gli altri nel Palazzo dei Conservatori).
In alcune delle "taberne" nella parte occidentale della basilica si trovano pavimenti di marmo composti di rettangoli, cerchi e piccole liste di giallo, porfido e serpentino; resti di pavimenti simili sono conservati in parecchie chiese di Roma, p. es. S. Maria in Cosmedin e S. Prassede, la cui decorazione rimonta ai secoli VII-IX; quindi anche quelli della basilica Emilia si dovranno ascrivere a quel periodo. In queste taberne, che ora servono da magazzini, si trovano frammenti di sculture, iscrizioni, ecc., fra i quali meritano di essere segnalati, per la loro bellezza, frammenti architettonici della basilica stessa (p. es. gli stipiti di una porta con ornamenti di acanto in rilievo assai basso).
p113 Dinanzi le taberne nella parte orientale notansi tre colonne di granito poste sopra basi cubiche di marmo bianco (rimesse ora in piedi): esse appartengono ai restauri del principio del sec. quinto d. Cr. Gl'intervalli fra queste colonne sono molto più ristretti di quello che fossero fra i pilastri primitivi (3,77 m. invece di 5,31 m.); la facciata, quindi, invece di quattordici grandi arcate, aveva circa venticinque intercolumni meno larghi (v. figure 53‑54).
Fig. 53. Facciata della Basilica Emilia, sec. I-IV.
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Fig. 54. Facciata della Basilica Emilia, sec. V-VI.
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Di questo colonnato forse faceva parte un frammento di epistilio trovato negli ultimi scavi e giacente p114 ora dinanzi i gradini della basilica; l'iscrizione che vi è incisa ricorda l'imperatore Onorio e il prefetto della città Aurelio Anicio Simmaco (418‑420 d. Cr.).
Dinanzi le colonne di granito vi è un gran cumulo di rovine, fra le quali, frammenti che appartenevano non soltanto alla basilica, ma anche ad altri edifizi vicini. I frammenti più notevoli sono di un'iscrizione monumentale con grandi e bellissime lettere assai bene conservate:
L·CAESARI·AVGuSTI F·DIVI·N· PRINCIPI IVVENTVTIS COS·DESIG CVM ESSET ANN·NAT·XIIII·AVG· SENATVS |
Questi blocchi appartenevano ad un monumento eretto dal Senato a Lucio Cesare, figlio adottivo di Augusto, nel 2 a. Cr., quando egli, giovanetto di quattordici anni, fu designato console ed ebbe nel medesimo tempo le cariche di princeps iuventutis e di augur. L'iscrizione è simile all'altra posta ad Augusto dalla plebs urbana, un frammento della quale, inciso con grandi e bellissime lettere, fu trovato in quell'edifizio dinanzi il tempio di Giulio Cesare creduto medievale (v. p. 125). Ove fosse il posto primitivo di queste epigrafi non si può dire con piena certezza.
Dietro questo cumulo di rovine, quasi sull'estremità della basilica, rimangono ancora in situ alcuni grandi blocchi di marmo, del piano inferiore del portico. Essi facevano parte del padiglione mentovato più sopra (p. 108); nell'angolo interno dei blocchi si vede un terzo di colonna con scanalature, mentre i lati esterni avevano pilastri pure scanalati.
Vedi: Cicero ad Att. IV, 16, 14; Varro l. l. VI, 4; Livius XL, 51; Plinius n. h. XXXV, 13. XXXVI, 102; Statius silv. I, 1, 22; Tacitus Hist. III, 72; Appian. bell. civ. II, 26; Plutarch. Caes. 29; Cassius Dio XLIX, 42. LIV, 24; Notitia reg. IV.
Jordan I, 2, 392; Huelsen, R. M. 1902, 41‑57; Vaglieri 83‑98; Boni, Atti del Congresso storico 566‑570. — Moneta di Lepido: Cohen-Babelon, Aemilia, n. 25.
Immagini con bordi conducono ad informazioni: più spesso il bordo più ampie le informazioni. (Dettagli qui.) | ||||||
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Pagina aggiornata: 16 dic 08