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Il Foro Romano — Storia e Monumenti

da Christian Hülsen

pubblicato da Ermanno Loescher & Co
Editori di S. M. la Regina d'Italia
1905

Il testo, le piante e le immagini in bianco e nero sono nel pubblico dominio.
Le foto a colori sono © William P. Thayer.

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 p162  XXXII. Templum Vestae


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Quell'avanzo rotondo di opera a sacco, circondato alla base da alcuni filari di blocchi di tufo, è la sostruzione del celeberrimo tempio di Vesta.

Vesta, la dea del focolare domestico, fra le divinità della Roma arcaica è una delle più caratteristiche. Ma mentre il culto domestico dell'età posteriore, specialmente dell'impero, sparì al confronto di quello dei penati, il culto invece del focolare pubblico, sacro alla Vesta publica populi Romani Quiritium, si mantenne sino agli ulti tempi dell'impero occidentale e sopravvisse finanche alle prime vittorie del cristianesimo. Nell'interno del tempio, che non conteneva alcun simulacro, le vestali custodivano il fuoco sacro, il quale ogni primo di marzo, primo giorno dell'anno romano antichissimo (detto anno di Numa) veniva riacceso con particolari cerimonie.  p163 Oltre all'altare, si trovava nel tempio il penus Vestae, luogo chiuso con tappeti (forse una nicchia nella parete), ove erano conservati alcuni simboli misteriosi che stimavansi pegni della potenza romana: fra essi viene specialmente menzionato il Palladio che Enea, come si credeva, aveva salvato dalle fiamme di Troia.


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Fig. 85. Rilievo rappresentante il tempio di Vesta.
(Galleria degli Uffizi, Firenze).

L'ingresso al tempio era severamente proibito a tutti gli uomini, ad eccezione del Pontefice Massimo: anche le donne non potevano entrarvi che durante la festa delle Vestalia (7‑15 giugno). Il tempio fu distrutto parecchie volte da incendi, p. es. nel 241 e 210 av. Cr.; poichè allora la costruzione dell'edifizio, che imitava l'antica casa rustica italiana con pareti di vimini e tetto di paglia, forniva abbondante materiale alle fiamme. Ma anche nell'età imperiale, il  p164 tempio, costruito tutto di pietra e di metallo, più volte rimase gradementeº danneggiato, p. es. nel terribile incendio sotto Commodo (191 d. Cr.). Settimio Severo e Giulia Domna lo restaurarono e i pezzi di architettura venuti alla luce negli ultimi scavi per la maggior parte appartengono appunto a quel restauro. Nel 394 l'imperatore Teodosio fece chiudere il tempio; nell'ottavo e nono secolo l'edifizio deve esser caduto in rovina, perchè molti de' suoi pezzi furono trovati in un muro medioevale tra il lacus Juturnae e il tempio dei Castori. Al tempo del rinascimento nulla più si sapeva sul vero sito del tempio; quindi il nome "tempio di Vesta" fu attribuito o alla chiesa di S. Teodoro sotto il Palatino, oppure, con assai minore esattezza, al piccolo tempio rotondo presso il Ponte Rotto. Soltanto agli scavi recenti del 1872, 1882 e 1901 si deve la notizia precisa del luogo e della costruzione del santuario.


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Fig. 86. Monete di Augusto e di Giulia Domna.

Il tempio si ergeva sopra una sostruzione rotonda ornata di pilastri; il diametro era di m. 4. La porta d'ingresso guardava verso oriente; alcuni gradini, le cui fondamenta veggonsi tuttora sul posta, conducevano al portico circondante la cella. Questo portico era assai angusto e serviva soltanto di ornamento; gl'intercolumni erano chiusi da cancelli di bronzo, come si vede dalle monete e dai rilievi antichi. In molti pezzi dei fusti delle colonne si scorgono ancora i buchi che sostenevano le aste dei cancelli. Gl'intercolumni dinnanzi la porta della cella erano chiusi mediante porte di legno, le cui imposte  p165 stavano fisse sopra sporgenze di marmo tuttora visibili in alcuni dei fusti.


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Fig. 87. Pianta del tempio di Vesta.

Il cornicione del tempio era decorato con rilievi rappresentanti istrumenti di sacrifizio ed insegne sacerdotali; il cornicione, i lacunari del portico e il fregio interno della cella, erano di un sol pezzo di marmo lungo quasi tre metri. In tal maniera le colonne del portico e il muro della cella uniti insieme, formavano un appoggio sufficiente per la cupola abbastanza larga (v. fig. 88). Generalmente si  p166 vuole che la cupola nel mezzo avesse un occhio rotondo: ma le rappresentanze che ci danno le monete, fanno più presto credere che quest'occhio fosse sormontato da una specie di camino di bronzo, forse in forma di un gran fiore, il quale proteggeva l'interno dalle intemperie.


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Fig. 88. Costruzione del tempio di Vesta.

Dal lato posteriore (b, fig. 93: vicino a b presso w sta l'ingresso alla cucina della casa delle Vestali) si può penetrare nell'interno delle fondamenta. Quivi gli scavi  p167 recenti hanno portato in luce nel centro un pozzo trapezoidale, al quale si è voluto dare il nome di favissa (ripostiglio per arredi sacri e votivi fuori d'uso): la situazione di questo pozzo dimostra che il sacro focolare  p168 non stava esattamente nel centro della cella. Il pozzo serviva forse per riporvi provvisoriamente le ceneri del fuoco sacro che poi, insieme con l'altra spazzatura del santuario, una volta all'anno (il 15 giugno, ultimo giorno delle Vestalia), venivano portate in un apposito luogo presso il Clivo Capitolino, e quindi gettate nel Tevere.


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Fig. 89. Tempio di Vesta.

E poichè nel tempio non esisteva un simulacro della dea, così durante l'impero fu edificata lì accanto un'edicola per una statua, sorretta da due colonne (il fusto di travertino a sinistra è moderno, come anche il pilastro laterizio a destra). Secondo l'iscrizione dell'architrave, l'edifizio fu restaurato nel principio del secondo secolo d. Cr. dal Senato e dal popolo, col pubblico denaro. Accanto ad esso, pochi gradini di travertino danno accesso alla casa delle Vestali.

Vedi: Varro pr. Gellio XIV, 7, 7; Livius epit. 19; Horatius sat. I, 9, 8; Dionys. II, 66; Ovid. fast. VI, 265; 437‑454; trist. III.I.27; Tacitus ann. XV, 41; Plinius n. h. VII, 141; Plutarch. Numa 11; Herodian. I.14.1; Cassius Dio LXXII, 24; Orosius IV, 11; Notitia reg. VIII.

Jordan I, 2, 293; 421‑423; Auer, Denkschriften der Wiener Akademie 1888, II, 209‑228; Lanciani 225‑228; Boni Noti d. scavi 1900, 159‑191, Atti del Congresso storico 525‑530; Huelsen, R. M. 1902, 86‑90; Vaglieri 55‑69. Le monete: Dressel Zeitschrift für Numismatik 1899, 20‑31.


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Pagina aggiornata: 4 feb 09