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Il Foro Romano — Storia e Monumenti

da Christian Hülsen

pubblicato da Ermanno Loescher & Co
Editori di S. M. la Regina d'Italia
1905

Il testo, le piante e le immagini in bianco e nero sono nel pubblico dominio.
Le foto a colori sono © William P. Thayer.

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 p67  VI. Tempio di Saturno


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Di questo tempio rimangono ancora otto colonne di granito non scanalate sopra una altissima base di travertino.

Il tempio di Saturno, dopo quello di Giove Capitolino, era il più antico santuario della Roma repubblicana. Esso fu dedicato dal console Tito Larcio il 17 dicembre 498 a. Cr.: ma si credeva  p68 che sul medesimo posto avesse esistito un'ara più antica, già dedicata da Ercole a Saturno. La festa della dedicazione, i Saturnalia, divenne una delle feste più popolari di Roma. Il tempio fu restaurato nel 42 a. Cr. da Munazio Planco, con il bottino preso ai popoli alpini (Rauraci, ecc.). Fin dai primi tempi della Repubblica, il tempio servì per custodirvi il pubblico tesoro (aerarium Saturni); e per questo scopo l'edifizio fu mantenuto anche dopo l'abolizione del culto pagano. Nel principio del secolo decimoquinto, secondo la testimonianza di Poggio (v. sopra p. 29), una gran parte della cella era ancora in piedi, e, distrutta questa, il rimanente del tempio rimase sepolto (fig. 8, p. 33) fino al 1811, anno in cui venne in parte scavato dal Valadier, e più completamente poi nel 1834‑1837 dal Fea.

Al tempio ricostruito da Planco appartengono probabilmente le grandi sostruzioni di travertino, che contenevano le celle e le camere a volta destinate a rinchiudere il tesoro pubblico. Quando Giulio Cesare nel principio della guerra civile s'impadronì dell'erario, vi trovò 15 000 barre di oro, 30 000 di argento, e 30 milioni di sesterzi (7 500 000 lire) in moneta metallica. Il portico del tempio fu restaurato dopo un incendio, come attesta l'iscrizione scolpita sull'architrave: SENATVS POPVLVSQVE ROMANVS INCENDIO CONSVMPTVM RESTITVIT; iscrizione che, paleograficamente, conviene al quarto secolo d. Cr. Le colonne anteriori del portico sono di granito grigio, quelle laterali di granito rosso (diam. 1,30 m., altezza 11 m.); le basi ineguali, i capitelli di lavoro trascurato. Al portico si accedeva per mezzo di una scalinata, la cui pianta si vede sopra uno dei frammenti della Forma Urbis Romae (v. fig. 4. p. 19); l'ingresso dell'erario era probabilmente sul lato meridionale, verso la via della Consolazione, ove nel medio evo esisteva la piccola chiesa di S. Salvatore de Statera, con un singolare rilievo, del quale parlano le Mirabilia (v. p. 27).

Vedi: Varro l. l. V, 41; Livius II, 21, 1. XXII, 1, 19. XLI, 21, 12; Dionys. I, 34. VI, 1; Festus 322; Suet. Aug. 29; Tacitus ann. II, 41; Macrobius Sat. I, 8; Servius ad Aen. II, 216. VIII, 319; FUR. fr. 22. 23. 30; CIL. 937. 1316 (=Dessau 41). X, 6097 (=Dessau 886).

Jordan I, 2, 360‑363; Lanciani 293; Huelsen, R. M. 1902, 9; Vaglieri 162.


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Pagina aggiornata: 4 feb 09

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