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R. Colonna
Questa pagina Web riproduce una parte di
Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX

di Mariano Armellini

pubblicato dalla Tipografia Vaticana
1891

Il testo è nel pubblico dominio.

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R. Ponte

 p319  IV. RIONE CAMPOMARZIO

S. Maria del Popolo

Il codice di Torino, annoverando questa celeberrima chiesa fra quelle della prima partita, scrive che habet fratres ordinis heremitarum XII. Ivi il papa Pasquale II nel 1099 eresse una divota cappellina, ove una popolare leggenda dicea fosse sepolto Nerone, quasi a purgare il sito contaminato dalla memoria di quel tiranno. Più tardi, cioè nel 1227, fu trasformata nella magnifica chiesa che è ornamento principale d'una delle più superbe piazze di Roma e forse del mondo. Gregorio IX vi trasportò dalla cappella del ss. Salvatore nel Laterano la divota imagine che ivi si venera. Sisto IV riedificò la chiesa costruiti disegni del Pintelli, severamente criticati dal Milizia. Giulio II, salito al pontificato, volse il pensiero alla chiesa di s. Maria, che fece riccamente ornare di pitture e sculture di pregio insigne. Alessandro VII fu l'ultimo ad abbellirla con i disegni del Bernini. Nel sacco di Roma del 1527 fu distrutto il convento, ma la congregazione di Lombardia, che nel 1472 ottenne la chiesa, lo riedificò. Nel 1660 possedeva molte case in Roma, tra le quali una nel rione di Campomarzio nella strada della Serena, nel vicolo del Borghetto ed in quello delle Casette presso via Vittoria, le quali denominazioni sono del tutto perdute. Fuori della porta Pinciana possedeva la vigna di s. Cetronilla, di pezze 18, vicino a s. Saturnino. Nella chiesa poi vi erano le seguenti cappelle ed altari:

1o Cappella della Madonna all'altare grande, fondata da Antonio Sauli genovese che vi lasciò un legato di 6000 scudi.

2o Altare della Visitazione presso la sagrestia, eretto da Alessandro VII.

3o Cappella di s. Tommaso, eretta come sopra.

4o Cappella di s. Lucia, eretta come sopra, che era antecedentemente posta sotto la invocazione del Corpo di Cristo. Ivi era un quadro di s. Lucia che si diceva fosse il ritratto  p320 di Vannozza Cattanea, il quale fu fatto rimuovere da Alessandro VII.

5o Cappella di s. Caterina, fondata dal card. Giorgio Ulisbonen portoghese.

6o Cappella di s. Agostino, fondata da G. B. della Rovere.

7o Cappella di s. Lorenzo, fondata dal card. Lorenzo Cibo.

8o Cappella di s. Girolamo, fondata dal card. Domenico della Rovere.

9o Cappella di s. Giov. Batt., fondata da Giovanni di Montemirabile, vescovo di Vaison.

10o Cappella della Madonna di Loreto, fondata da Agostino Chigi.

11o Cappella di s. Niccolò da Tolentino, fondata da Pietro Mellini.

12o Cappella del Crocifisso, eretta da Tedorina Cibo romana, che per dote l'assegnò una casa su la piazza di s. Pietro che fu gettata a terra con l'occasione della fabbrica del teatro che vi si fa.

13o Cappella dla Madonna che ritorna dall'Egitto, eretta da Alessandro VII.

14o Cappella di s. Caterina detta del Calice, eretta da Troiano Alicorno, che la cedette a Girolamo Teodolo, vescovo di Cadice.

15o Cappella dell'Assunta, eretta dalli Cesarini."

Molta erudizione è stata sciupata sulla denominazione della chiesa di s. Maria, che altri fanno provenire da alcuni pretesi alberi di pioppo piantati nelle vicinanze, altri dal popolo romano. Ora basta ricordare che plebes, pievipopuli erano nomi medievali delle parrocchie massime campestri, per capire che la ragione di quella denominazione proviene da un primo gruppo di case e di abitazioni, populus, formato non appena edificata la chiesa in quel luogo già deserto e campestre. Anche oggi, del resto, nei dintorni di Firenze, è vivissima la voce popolo, in cambio di pieve e di parrocchia. Quel nome insomma ricorda la prima borgata sorta nella via Flaminia dopo l'abbandono della città e la rovina dei monumenti romani del Campo Marzio.

Sommi maestri esercitarono pennello e scalpello in quel magnifico tempio, quali il Pinturicchio, il Garzi, il Maratta, il Caracci, il Caravaggio, frà Sebastiano del Piombo, Raffaello, il Sansovino ecc. Un volume non basterebbe a tessere la storia artistica e letteraria di questo insigne monumento, antico titolo cardinalizio, ove nella natività di Maria solea condursi solennemente il papa.

 p321  I dipinti della volta della prima cappella a destra entrando sono opera di Bernardino Pinturicchio, scolaro del Perugino. La cupola della seconda cappella e altri affreschi della medesima sono di Carlo Maratta, e gli ornati in bronzo di Francesco Cavallini. La terza e la quarta cappella sono dipinte dal Pinturicchio. Nell'altare a destra della crociera il quadro rappresentante la Visitazione di Maria è opera del Morandi, i due laterali sono l'uno di Antonio Mari, l'altro di Ercole Ferrata. Il quadro di s. Lucia, nella cappelletta che segue, è del Garzi. La cappella di s. Tommaso di Villanova ha sull'altare un dipinto di Fabrizio Chiari. Sull'altare maggiore si venera la celeberrima imagine di Maria, trasportata colà da Gregorio IX, come si è detto. La volta del coro dietro l'altare è adorna di affreschi del Pinturicchio. Le vetrate delle finestre furono dipinte dai celebri pittori francesi Guglielmo di Marsiglia e Claudio, chiamati in Roma da Giulio II. Alla sinistra dell'altare principale, il quadro dell'Assunta, nella cappella che segue, è opera di Annibale Caracci, gli affreschi laterali sono di Michelangelo da Caravaggio. Nell'altare in fondo alla crociera, dirimpetto a quello della Visitazione, il quadro è di Bernardo Mei senese.

Nella nave laterale a sinistra, la prima cappella del Crocifisso è dipinta con affreschi di scuola fiamminga. Quelli della seconda cappella sono del Masucci, scolaro del Maratta. Segue poi la celeberrima cappella dei Chigi, architettata da Raffaello d'Urbino: il quadro dell'altare fu disegnato dallo stesso sommo maestro e colorito da frà Sebastiano del Piombo. I preziosi musaici che adornano la cupola furono eseguiti sui cartoni di Raffaello. Le statue sono del Lorenzetto e del Bernini. L'ultima cappella di questa nave ha il quadro di Pasquale Rossi, con bassirilievi ed ornati stupendi del secolo XIV.

Entro questo celeberrimo tempio vi hanno innumerevoli memorie sepolcrali d'illustri personaggi. Ricordo fra le principali quelle dei cardinali Giovanni de Castro spagnuolo, morto sotto Giulio II, e di Cristofor della Rovere, morto sotto Sisto IV. Vi hanno pure i sepolcri dei cardinali Alessandro e Lorenzo Cibo, di Marcantonio Bertoni morto nel 1486, del card. Giovanni Battista Pallavicino, del card. Girolamo Albani, e del card. Ludovico Podocatharo di Cipro. Nel coro si osservano due insigni monumenti con ornati di Andrea Sansovino; l'uno spetta al card. Girolamo Basso nipote di Sisto IV, l'altro al card. Ascanio Sforza. Altro nobilissimo sepolcro è quello del card. Bernardino Portocarrero, opera insigne del secolo XV. Vi ha anche il sepolcro del celebre card. Giov. Antonio Trivulzio, vissuto sotto i pontificati di Alessandro VI e di Leone X.  p322 Entro la cappella Milini vi ha il monumento del card. Giovanni Battista Millini, morto nel 1478; ivi si ammira il ritratto scoperto in marmo di Paolo Millini, il quale comandava le genti del papa all'assedio di Vienna, ove morì combattendo. Nella cappella Chigi sono le sepolture di Agostino e Sigismondo eseguite dal Bernini: ivi si vede il monumento del card. Mantica, insigne giureconsulto. Presso la cappella vi è il bizzarro sepolcro di Maria Flaminia Odescalchi. Nell'ultima cappella vi sono i sepolcri dei cardinali Abbondio Castiglione ed Antonio Pallavicino. In alcuni documenti del secolo XV la chiesa è denominata talvolta s. Maria ad Flaminiam.

S. Leonardo di Porta Flaminia

Chiesuola di cui ignorasi l'origine e ricordata dal Signorili nel suo catalogo: Ecclesia s. Leonardi de Porta Flaminia. Che non fosse situata fuori la detta porta, me lo persuade il silenzio con cui il medesimo Signorili si passa delle chiese suburbane.

S. Maria di Monte Santo

Elegante è l'architettura di questa chiesa che sorge nella piazza del Popolo; fu detta di Monte Santo, perchè sostituita ad una chiesolina che apparteneva ai frati Carmelitani della provincia di Monte Santo in Sicilia. Fu riedificata dal cardinal Gastaldi l'anno 1662 con architettura del Bernini. In una delle sue cappelle vi erano due celebri dipinti di Salvator Rosa rappresentanti la Passione di Cristo ed il profeta Abacuc, tavole stupende che vennero tolte e portate altrove. L'annesso convento ed il campanile furono architettati dal marchese Girolamo Theodoli. Nello Stato temporale delle chiese di Roma, nel 1660, si legge: "Questa chiesa ha tre altari; cioè l'altar maggiore della Madonna ssm̃a et altre due cappelle una di Maria Maddalena de' Pazzi l'altra di s. Filippo Neri. Ha due sole campane una di 800 libbre l'altra di 100 incirca. Possiede un palazzo in via del Babuino confinante da una parte col vicolo detto del Pidocchio, dall'altra col vicolo del Borghetto. L'entrata del monastero è di scudi 373." La collegiata che attualmente ufficia la chiesa è di giuspatronato della famiglia Borghese.

 p323 

S. Maria dei Miracoli

Chiesa posta in piazza del Popolo, il cui nome derivale da una imagine miracolosa della Vergine che fu dipinta entro uno degli archi interni del recinto di Roma presso la porta del Popolo, la quale nel 1325 venne trasportata in una chiesolina eretta dall'arciconfraternita di s. Giacomo degl'incurabili, a maggior comodo dei divoti che ricavansi a venerarla. La detta chiesuola rimaneva sulla moderna piazza del Popolo presso la ripa del Tevere, e perchè fosse ufficiata, il card. Francesco Barberini nel 1628 diedela in custodia ai frati riformati del terz'ordine di s. Francesco della congregazione di Francia, detta di Penitenza. Ivi rimase la sacra imagine fino all'anno 1664, allorchè papa Clemente VIII ordinò a Carlo Rainaldi, buon architetto di quei tempi, di edificare una magnifica chiesa ove con maggior decoro si potesse collocare, approvando il disegno che aveva già presentato, tanto per questa quanto per l'altra simmetrica di s. Maria di Monte Santo, che e dall'altro lato della via del Corso. Morto Alessandro VII, i successori suoi Clemente IX e Clemente X furono occupati in altre cure e la fabbrica di queste due chiese rimase imperfetta. Il celebre card. Girolamo Gastaldi tolse su di sè il carico di compierle, purchè nel fregio portassero il suo nome, essendogli stato negato dai Bolognesi di porlo sulla facciata di s. Petronio che egli avea proposto di erigere a sue spese; e seguendo il disegno del Rainaldi, prima si servì dell'architetto Bernini, poi di Carlo Fontana, i quali peraltro mutarono forse in peggio i disegni. Questa chiesa ha innanzi un grazioso portico tutto di travertini, le colonne del quale sostengono un bel frontispizio con statue di pietra tiburtina scoperte dal Lazzari, dal Morelli, e da altri. Il suo interno è di forma rotonda, ornato assai riccamente.

S. Orsola a Ripetta

Una chiesa sacra a s. Orsola sorgeva presso il Tevere nel luogo detto Ripetta. Accanto la chiesa vi fu edificato il conservatorio chiamato della Divina Provvidenza e di s. Pasquale, istituito nel 1674 dal pio sacerdote Francesco Papaceti. Il papa Clemente X trasferì il conservatorio in un ampio locale presso la chiesa di s. Orsola a Ripetta e diede a questa comunità il titolo predetto. In quella occasione la chiesa di s. Orsola fu trasformata in oratorio privato ed interno. Vi sono alcuni dipinti del Costanzi e del Triga.

 p324  S. Michele Arcangelo

La compagnia della Santa Casa di Loreto dei Piceni, con breve di Urbano VIII del 14 aprile 1633, venne fondata nella chiesa di s. Maria della Rotonda. Questa pia congrega l'anno 1638 fabbricava una piccola chiesa sotto l'invocazione di s. Michele Arcangelo nella via di Ripetta, nell'area occupata poscia dal conservatorio della Divina Provvidenza. Ivi pose una statua della Vergine simile a quella del santuario di Loreto, dalla quale prese anche la chiesa il nome di s. Maria di Loreto. Essendo quel luogo angusto, e grande il concorso del popolo, la suddetta confraternita trasferì la sua sede in s. Giovanni de Mercatello, finchè Clemente IX l'anno 1669 ai 22 di agosto concesse alla medesima la chiesa di s. Salvatore in Lauro.

S. Maria della Provvidenza (v. S. Orsola a Ripetta)

S. Giacomo in Augusta

Nel codice del Signorili si nomina un s. Iacobus de langusta che il volgo chiamava anche l'agosta. Era questo il nome attribuito nei secoli di mezzo ai ruderi del celebre mausoleo di Augusto presso al quale il card. Pietro Colonna fondò nel 1338 l'ospedale oggi chiamato s. già degl'incurabili. Niccolò V nel 1450 concesse la chiesa alla compagnia di s. Maria del Popolo. Il card. Antonio Maria Salviati ampliò e dotò l'ospedale e rinnovò la chiesa in maggiori proporzioni. La odierna fu incominciata a riedificare con i disegni di fra Ricciarelli da Volterra, ma venne compiuta da Carlo Maderno. Sotto il pontificato di Pio IX fu restaurata.

S. Maria in Augusta

Presso s. Giovanniº de langusta sorgeva fino dal secolo XIII anche una chiesuola detta di s. Maria in Augusta, la quale come la prima fu riedificata dal card. Colonna. Di questa chiesa si tratta in una bolla di Giovanni IX, ove è detta s. Maria non longe a monte qui Augustus dicitur.

 p325  Il Nibby si contradice ponendo la chiesa di s. Maria in Augusta dove è quella di s. Giacomo e poi dove è l'altra detta Porta Paradisi. Alcuni credono che S. Giacomo de Augustas. Maria fossero due denominazioni diverse della stessa chiesa, ma questa opinione a me non sembra sicura.

S. Giorgio de Augusta

Doveva per fermo sorgere prossima al sepolcro di Augusto anche questa chiesa di s. Giorgio che l'anonimo soggiunge essere distrutta: ecclesia sancti Georgii de angusta (correggi Augusta) destructa (est). Siccome poi il mausoleo di Augusto si ergeva nel Campo Marzio, così mi pare assai probabile, se non certo, che questa chiesa di s. Giorgio in Augusta sia quella medesima che con il nome di sancti Georgii in Martio, ricorda Pompeo Ugonio e pone nel Campo Marzio. Giacchè, io non saprei acconciarmi al sospetto esternato dallo Zaccagni, che debba forse emendarsi in sancti Gregorii in Martio. Senza fare troppa violenza al nome di Georgii da commutarlo in Gregorii, e così tacciare di troppa inesattezza Pompeo Ugonio, possiamo benissimo, in vece, sostenerne il contesto, attribuendo il tutto a s. Giorgio in Augusta. Tranne una sola, cioè quella del Velabro, tutte le chiese dedicate a s. Giorgio in Roma sono distrutte.

S. Angelo de Augusta

Di questa chiesuola tace affatto l'anonimo di Torino, ma non il Signorili nel suo catalogo, e Cencio Camerario che le assegna sei denari di presbiterio: s. Angelo de Augusta VI denarii. Il Martinelli pure ebbe dimenticata questa chiesuola di cui tace anche il nome, e nulla sa dirne anche il Lonigo nel suo catalogo manoscritto. Era situata presso i ruderi del mausoleo di Augusto, che nel medio evo si dissero Augusta, de Augusto, e la contrada fu più comunemente appellata Campo de l'Austal'Agosta, nome che si mantenne tuttora annesso alla chiesa degli Incurabili, che denominasi s. Giacomo in Augusta.

 p326 

S. Martina in monte Augusto

Gregorio IX, in una bolla data per il vescovo di Porto, ci dà preziose notizie di questa chiesa appresso il monte Augusto "ecclesiam sanctae Martinae cum omni sua integritate et pertinentia prope montem qui dicitur Augustus." Lo Zaccagni volle applicare questo passo a santa Martina nel Foro Romano; nel che prese abbaglio gravissimo, giacchè il monte augusto, non è altro che quel cumulo artificiale che si vede formando con il sepolcro di Augusto, cui sin dalla prima origine si era voluto costruire a forma di tumulo, ossia di collina artificiale, sopra il quale erano stati piantati alberi anche di grosso fusto, quali sono i pioppi. Non è poi a meravigliare che una tale collina si dicesse mons augustus, mentre il mausoleo che la costituiva chiudeva nel suo seno le ceneri del primo e di parecchi altri augusti. Questa santa Martina fu confusa con santa Marina. Così la dice Cencio Camerario, il quale le dà sei denari di presbiterio, ed il nostro anonimo, il quale la pone fra le chiese che erano in questa regione denominata di Augusto.

S. Maria in Porta Paradisi

Questa chiesolina è posta dietro l'ospedale di s. Giacomo degl'incurabili e sorge non lunge dall'antica di s. Maria in Augusta. Nel secolo XVII fu riedificata prendendo in quell'occasione la suddetta denominazione. La sua facciata s'innalza sulla via di Ripetta ed è preceduta da un portichetto. Nell'interno contiene tre altari, ed i sepolcri di monsignor de Burgos, del medico Matteo Caccia, il quale con un ricco legato contribuì alla riedificazione della chiesa. Poichè è edificata presso l'antica chiesa di s. Maria in Augusta, ha mantenuto anche siffatta denominata, propria del suddetto preesistente edifizio. Vi fu canonicamente eretta la pia unione di s. Maria Maddalena penitente il giorno 23 settembre 1865, affine di soccorrere e facilitare il ravvedimento di quelle povere donne cadute nel vizio, che escono guarite dallo spedale di s. Giovanni.

 p327 

S. Martino de Pila o de Posterula

Molte posterule dette pure posterne, cioè postierle o porte secondarie, erano aperte nelle mura urbane, le quali sono enumerate dai topografi. Da una di queste, lungo il muraglione sulla riva del Tevere che va dalla via Flaminia al ponte Elio, prese il nome questa chiesa di s. Martino, registrata dall'anonimo e dal Signorili; essa doveva essere assai vicina al fiume, dicendoci il Martinelli: "Nella contrada di Posterula possedeva il monastero di s. Ciriaco, la chiesa di s. Martino iuxta flumen." Dal vedere poi che nel catalogo dell'anonimo appresso a san Martino viene subito registrata la chiesa di s. Stefano de Pila, non v'ha dubbio che essa fosse anche detta de Pila, mentre Cencio Camerario attribuisce si denari ad un s. Martino de Pila sito in quella località. Fu già dedicata a s. Agata e stava vicino al palazzo Valdambrini, presso la chiesa di s. Rocco. Fu distrutta nel secolo XV ed il culto trasferito in s. Rocco.

S. Biagio de Penna ovvero de Pinea o de Puna

Di questa fa menzione il catalogo di Torino, ove è annoverata fra quelle della prima partita, benchè ivi si dica distrutta. Era assai antica, perchè ricordata anche da Cencio Camerario col titolo corrotto de Puna. Non era lontana dal mausoleo di Augusto e dalla sua ubicazione, e dal facile scambio del nome ne inferisco sia la medesima che il Signorili appella de Pinea.

S. Tommaso de Vineis

La denominazione di questa chiesa si mantenne dall'epoca del Camerario fino a quella del Signorili. Sorgeva anch'essa vicino ai ruderi del mausoleo di Augusto ed ai vigneti che nei secoli di mezzo si stendevano fra quello e la porta Flaminia; quindi è che si disse de VineisVinearum. Nel secolo XIV questa piccola chiesolina era abbandonata, poichè l'anonimo di Torino la registra fra quelle che non habent sacerdotem.

 p328 

S. Rocco

Nei volumi manoscritti contenenti la relazione della Visita delle chiese fatta sotto il pontificato di Alessandro VII trovo, di questa, le seguenti notizie:

"Da Alessandro VI fu fondata la detta arciconfraternita di s. Rocco e fabbricata da fondamenta la sua chiesa ad istanza di più devote persone, cioè parte di essa sopra una rata d'un pezzo di terra del Monte Augusto detto il Mausoleo, acquistato dalli figli et heredi del signor Gio. Battista Galliberti cittadino romano con peso di ducento ducati l'anno di imposta. L'altra parte di detta chiesa che è tribuna fu fabbricata sopra un sito di canne 21 di terreno acquistato dallo hospedale di s. Gerolamo degli Illirici."

La confraternita e società anzidetta era composta di osti e barcaroli del vicino porto di Ripetta, distrutta vandalicamente dopo il 1870. Quella società vi aprì un ospedale per gli infermi e presso la chiesa un bell'oratorio. Più tardi vi fu istituito dal card. Salviati un altro ospedale per le partorienti povere. Nell'anno 1657 la chiesa fu restaurata e quasi riedificata a spese del card. Odoardo Vecchiarelli, ma la facciata fu fatta nel principio di questo secolo, cioè nel 1834, con architettura del Valadier per legato di un pio capomastro muratore detto Giuseppe Vitelli, al quale fu innalzato un monumento sepolcro sulla porta minore a destra, scoperto da Giuseppe Fabris. L'interno della chiesa è a tre navi. Una delle cappelle, detta del Presepio, fu colorita da Baldassarre Peruzzi, opera che venne guasta da un ignorante scolaro del Baciccio.

S. Girolamo degli Schiavoni

Sorge presso la via di Ripetta, dirimpetto al nuovo ponte sul Tevere che mena ai Prati di Castello. La contrada ove si innalza la chiesa dicevasi nel secolo XVI la Schiavonia. Nel secolo XIV giunsero la prima volta fra noi molti profughi dalle contrade dell'Illiria e Schiavonia, infestate dai Turchi, pei quali nel 1450 circa fu eretto un ospizio presso un'antica chiesuola detta di s. Marina vicino al Tevere, tenuta da un eremita, il  p329 quale, essendo dalmata di origine, aveva di già introdotto in essa il culto di s. Girolamo, il santo connazionale.

Niccolò V lo donò perciò agli Illirici, Dalmati e Slavi nel 1453 come ospedale: nel 1475 Fantino di Valle da Traù lasciò un legato acciochè fosse in più ampia forma fabbricato l'ospedale che avea l'apparenza di un'angusta casupola. Ivi si ricevevano i pellegrini nazionali che si fornivano di cibo e vi si ospitavano. In una bolla di Niccolò V in data 21 aprile 1453 si trova la storia dell'origine di questa chiesa. Da questo documento ricavasi, che Girolamo de' Potonia ed altri poveri eremiti dimoranti in Roma e di nazionalità slava, chiesero al papa la facoltà di costruire ed edificare un ospedale sotto l'invocazione di s. Girolamo in Ecclesia diruta et discooperta s. Marine de Campo Martio, la qual chiesa era posto sotto la giurisdizione del titolare di s. Lorenzo in Lucina. Il papa annuì alla domanda e concesse ai supplicanti la predetta chiesa, le cui rendite non eccedevano due fiorini d'oro di camera. Oltre l'ospizio degli uomini vi era anche vicino al medesimo una casa d'asilo per le donne povere di quella nazione. Nel libro dei decreti della congregazione di Santo Hieronimo di Schiavoni di Roma in data 17 maggio 1570 si legge: fu anche decretato che per esser la casa assignata ad uso delle povere donne della natione nostra posta in via detta Schiavonia, dove al presente è deputato il serraglio per habitatione delle pubblice meretrici, che non essendo conveniente che le dette donne honeste Schiavone habitino in luocho dishonesto. Quel luogo che dai medesimi fu ampliato, essendo fatiscente, fu di nuovo riedificato nel 1588 da Sisto V. Nel 1541 gli statuti della compagnia dell'ospedale di s. Girolamo furono riformati dal celebre cardinal Pietro Bembo. S. Pio V innalzò a titolo cardinalizio questa chiesa, e primo titolare ne fu monsignor illustrissimo cardinale Santacroce romano.

L'annua entrata di 368 scudi, della mensa capitolare della chiesa suddetta, doveva dividersi fra 11 persone, cioè: un arciprete, sei canonici, e quattro beneficiati. La detta collegiata fu eretta da Sisto V, sotto il patronato dei signori Peretti, la quale stabilì però l'obbligo di residenza pei detti prebendati. La chiesa è ad una sola nave. Una delle sue cappelle è dedicata ai ss. slavi Metodio e Cirillo. L'altare maggiore ha sotto la mensa un'urna di verde antico. Da pochi anni è stata splendidamente restaurata.

 p330  S. Marina (v. S. Girolamo degli Schiavoni)

S. Antonio in Schiavonia

Nella contrada detta della Schiavonia già ricordata nell'articolo precedente, ove fu eretto l'ospizio dei poveri slavi, vi era una chiesolina di s. Antonio con annesso un ospedale di donne.

S. Gregorio dei Muratori

Questa piccola chiesolina fu innalzata nel 1527 sotto il pontificato di Clemente VII vicino al porto di Ripetta nella via Leccosa. Ebbe origine dalla confraternita dei muratori e delle arti affini.

S. Andrea de Marmorariis ovvero de Mortarariis

La chiesa di sant'Andrea de' marmorarî è ricordata nel catalogo dell'anonimo, sebbene poscia avesse cambiato nome e fosse sacra a s. Ivo. Cencio Camerario la chiama de Mortarariis, dandole sei denari di presbiterio, e prima di lui ne fa menzione Innocenzo IV in una lettera, nomandola de Mortarariis. Che poi non sia diversa da quella lo prova ed il facilissimo scambio di nome, e l'essere situata nel catalogo del Signorili col nome di Mortarariis fra chiese tutte di questa località, quali sarebbe s. Trifone, che era contigua al tempo di s. Agostino, s. Stefano de Pila, s. Marina ecc., che erano nella contrada oggi denominata di Ripetta. Di più abbiamo l'esplicita testimonianza di Michele Lonigo, il quale ci dice che la chiesa di s. Andrea de Mortarariis fu ruinata, ed in quel luogo fabbricata la odierna di s. Ivo. Questa, con la precedente di s. Lucia della Tinta, ci servono di punti fissi per potere con ogni sicurezza  p331 asserire che le chiese di s. Martino della Posterula e di s. Stefano de Pila, dovevano trovarsi nella regione oggi detta di Ripetta, tra il mausoleo di Augusto, e la contrada della Scrofa, sul cui principio si trovava s. Ivo, che è stata distrutta da pochi anni.

S. Ivo

Questa chiesa che sorgeva nell'area medesima di s. Andrea de Mortarariis è stata distrutta recentemente, ma alla medesima ne fu sostituita una moderna per cura dell'amministrazione degli stabilimenti francesi, ai quali appartiene. La fronte della nuova chiesa è situata nel lato opposto di quella demolita. Callisto III l'avea concessa alla nazione francese della provincia di Brettagna,​a pei pellegrini della quale sorgeva presso la chiesa un ospizio ed un ospedale. Il quadro dell'altare maggiore rappresentante l'annunziata e s. Giuseppe erano l'uno del Lamberti, l'altro di Carlo Maratta. Allorchè fu demolita la chiesa, si rinvennero nei fondamenti alcuni sarcofaghi fittili dell'epoca degli Antonini, frammenti d'iscrizione della gente Fonteja ed una grandissima colonna di granito orientale, la quale però non fu cavata dal suolo: vi si rinvennero pure alcune monete di Giulio II e di Clemente VII. Tutti i monumenti sepolcrali ed altri oggetti d'arte dell'antica chiesa si veggono oggi nel vestibolo del palazzo di s. Luigi dei Francesi annesso alla chiesa omonima.

S. Lucia della Tinta

È una piccola ed antichissima chiesa, già parrocchiale e collegiata, posta nell'antica contrada dei Tintori, dai quali prese il nome. Si chiamava anche s. Lucia delle Quattro Porte, perchè era vicina al muraglione antico che costeggiava la riva del fiume dalla porta Flaminia al ponte Elio, sul quale si aprivano alcune posterule o porte minori. Nei libri censuali della basilica vaticana più fiate è nominata, e specialmente negli anni 1394‑1395. La chiesa fu dedicata, non alla santa vergine di Siracusa, ma alla sua omonima martire e matrona romana, benchè più tardi alla prima ivi fosse inalzato un altare. La  p332 vergine e martire s. Lucia di Siracusa, scrive il Bruzio, è stata nei secoli trascorsi confusa colla b. Lucia terziaria di s. Domenico, che, mossa da celeste impulso, come si legge nella sua vita, colle proprie mani si accecò svellendosi gli occhi, onde liberarsi da un giovane procace. Di qui accade che s. Lucia siracusana, benchè nel martirio non subisse alcun tormento negli occhi, si suole dipingere con le pupille in mano. Ma tornando alla nostra chiesa, alla medesima appartiene il monumento di Niccolò III o IV (giacchè manca la data per poterne dedurre l'epoca precisa), scoperto su tavola marmorea, dal quale appunto risulta che nel secolo XIII aveva un collegio di canonici, poichè il documento pontificio fa menzione di un magister Iohannes Romanucci ipsius ecclesiae canonicus. Un documento anche più antico si riferisce alla stessa chiesa, ed è del tempo di Silvestro II, cioè dell'anno 1002. È questo un frammento di donazione e dotazione fatto alla medesima che il Bruzio vide adoperato fra le pietre del pavimento della medesima, sotto la scalinata vicino all'altare di s. Antonio, in lettere poco alterate. La qual memoria non essendo della fondazione della chiesa, ma d'una donazione fattale da certo Romano prete, che si dice in quella nutrito, se ne deduce ragionevolmente la sua grande antichità. Nella donazione suddetta si nomina una terram de porcaricio, un petium vineae positum iuxta eam in loco qui dicitur carcer, et tertiam partem vineae. Nel secolo XVI era ancora parrocchiale, benchè piccolissimo fosse il suo animato, composto di 72 famiglie, in tutto 360 persone. Spetta al collegio dei Procuratori di Roma, dei quali è protettore l'eminentissimo cardinale Lucido Maria Parrocchi, vicario del papa. Più anticamente la chiesa era dell'università dei cocchieri.

Nello Stato temporale delle chiese di Roma, l'anno 1660, trovo di questa chiesa registrate le cose seguenti: "È di struttura antichissima longa palmi 124, larga palmi 36, alta palmi 46 con certi archi antichi, è coperta di tegole all'uso delle antiche fabbriche, ha campanile quale minazza rovina con due campane una delle quali rotta, ha altari num. 4, sepolture num. 2, senza cemeterio. È in detta chiesa un archiprete e canonicati num. 8 quali portano cappa magna con l'insegna della croce di cavagliere di Malta, distrutti cappellani obbligati al coro tutti i sabati e domeniche. Quale collegiata fu fondata dalla bo. me. del signor Oratio Ricci cavagliere di Malta, come appare per lettere apostoliche spedite e conservate appresso al capitolo. La chiesa ha cura d'anime divisa  p333 dalla Collegiata quale si esercita dal rettore perpetuo la cui collatione aspetta a N. S. Consiste l'entrata di questa chiesa in scudi 120 quali paga il signor prencipe Borghese de tre mesi in tre mesi. Item in undici casette e botteghe contigue tutte colla medesima chiesa. Item un canone di giuli 45 ogni semestre per il diretto dominio di una casa oggi stufa secca, in tutto scudi 373."

Nel 1580 fu restaurata dalla compagnia di cocchieri, e nel 1628 dalla famiglia Borghese. Il capitolo, nel principio di questo secolo, fu trasferito in s. Maria di Monte Santo.

S. Antonio de' Portoghesi
(s. Antonino de' Portoghesi)

L'origine di questo primo ospedale portoghese in Roma risale al secolo XIV. ricavasi anche da un atto in pergamena dell'antico archivio della suddetta chiesa, di cui mi ha dato gentilmente notizia il dottor R. Brigiuti. L'actum porta la data del 1367, anno quinto del pontificato di Urbano papa V, indizione V. Ivi si legge che Lorenzo di Gregorio di Pandolfo de' Pandolfi beneficiato della chiesa di . . . . . vende a Guiomar di Vincenzo, per l'ospedale dei pellegrini di Portogallo, una casa ai Monti, nella contrada dei ss. Sergio e Bacco per il prezzo di trenta fiorini d'oro, che era annessa a detto ospedale. Questa nobilissima chiesa sorge tuttora presso la via della Scrofa. Fu edificata nella prima metà del secolo XV dal cardinal Martinez di Chales reduce dal concilio di Firenze. Egli scelse quel luogo perchè vi sorgeva già un ospizio per pellegrine portoghesi, fondatovi nel 1417 da una pia dama di quel regno. A spese dei nazionali fu riedificata la chiesa attuale, assai più ampia della primitiva, che fu terminata circa il 1695. Giovanni Batt. Cimini romano nel 1683 lasciò alla chiesa un legato di circa 50,000 scudi per dotare povere zitelle che volessero abbracciare lo stato monastico.

S. Maria in Betlemme

Sorgeva presso quella di s. Antonino, come afferma il Sanzio, che è il solo scrittore che ci dia questa notizia, la quale ignoro pure ove l'abbia tolta.

 p334 

S. Maria in Campomarzio

L'anonimo di Torino ricorda nella prima partita la chiesa e il monastero di s. Maria in Campo Martis, ai quali spettavano due solidi di presbiterio nella nota solennità. L'origine di questa chiesa, secondo una cronaca scritta dal domenicano Giacinto de Nobili, sarebbe anteriore alla prima metà del secolo VIII, perchè presso quella avrebbero fatto sosta alcune monache basiliane profughe da Costantinopoli, che portavano seco il corpo di s. Gregorio Nazianzeno e molte reliquie di martiri.

Il papa Zaccaria cedette loro quella chiesolina che esse restaurarono, edificandone vicino un'altra al nome di s. Gregorio Nazianzeno. Alle prime basiliane greche, col volgere del tempo, si sostituirono le benedettine. Questo monastero per donazioni di principi e di pontefici divenne ricchissimo. Celestino III lo pose sotto la protezione di s. Pietro. Prima di lui Innocenzo II lo aveva arricchito di privilegî. Le suddette monache possedevano ancora la chiesa di s. Maria sopra Minerva, alle quali fu tolta da Clemente IV e concessa ai padri predicatori di s. Domenico. Le due chiesoline s. Maria e s. Gregorio rimasero rinchiuse entro l'ámbito del monastero l'anno 1564 quando a spese di Chiara Colonna fu edificata per il popolo una nuova chiesa. Questa fu dedicata l'anno medesimo dal vicegerente Maffei e consacrata ad onore dell'immacolato concepimento di Maria Vergine. Gregorio XIII l'anno 1580 tolse di là il corpo di s. Gregorio e lo trasferì nel Vaticano. Posteriormente la chiesa fu riedificata costruiti disegni di Gianantonio Rossi, il quale le diede forma di croce greca, con sette altari. Clemente XII concesse l'indulgenza dei sette altari a sette cappelline che le Maria aveano a piano terreno nel monastero, le quali sono umidissime ed oscure. Questa chiesa durante il governo francese, sul principio di questo secolo, fu data all'amministrazione dei lotti; ma, tornato Pio VII in Roma, fu restituita alle monache.

Circa il settembre 1777 Pio VI donava alle monache benedettine di Campomarzio una casa prossima al monastero donde potessero ampliarlo. Nel farsi il cavo per sottofondare quella casa, si scoprì il gran fusto di colonna di marmo cipollino, che fu poi innalzata l'anno 1856 sulla piazza di Spagna, per servire al grandioso monumento della definizione del domma dell'Immacolata Concezione.

 p335  S. Gregorio in Campomarzio

Quest'antichissima chiesa sorgeva vicino alla precedente, come si è detto, ed era congiunta ad un monastero di basiliani greci. Nella biografia di Leone III è ricordato un oratorio s. Gregorii quod ponitur in Campo Martis, dal quale, forse, ebbe origine quello vicino delle basiliane di s. Maria, sul quale il domenicano Giacinto de Nobili raccolse la cronaca, in parte favolosa, menzionata di sopra.

S. Niccolò del Prefetto o dei Prefetti

Esiste ancora questa piccola chiesa di s. Niccolò nel Campo Marzio, non molto discosto dal monastero di s. Maria. Il Nibby vorrebbe venisse detta de' Perfetti, e non de' Prefetti, giacchè, secondo esso, pigliò forse il suo nome da una famiglia romana ivi presso dimorante. Ma oltre che di questa famiglia de' Perfetti, non abbiamo veruna certezza, invece Cencio Camerario chiaramente chiama del Prefetto la chiesa: sancto Nicolao Praefecti sex denarii, che fu pure così detta da Urbano II in una sua bolla riportata dal Montfaucon. L'anonimo ed il Signorili la dicono in plurale de Praefectis. Quindi prende sempre più consistenza l'opinione esternata dal Cancellieri, che cioè accanto a questa chiesa, dove oggi sorge il palazzo di Firenze, vi fosse un giorno quello dei De Vico, famiglia che nei vecchi manoscritti è detta anche de' Prefetti, per esservi rimasta tradizionale la carica della prefettura urbana, da Pietro de Vico nel 1297 a Giacomo della stessa famiglia nel 1485. Da ciò ne segue la comune odierna appellazione de' Perfetti, non è altro che una corruzione della primitiva de' Prefetti. Nel secolo XIV era ufficiata da tre chierici.

S. Maria del Divino Amore

È il titolo di una divota cappellina dedicata alla ssm̃a Vergine e molto venerata dal popolo che la frequenta nelle prime ore della sera. È situata in via de' Prefetti, quasi dirimpetto alla chiesa di s. Niccolò de' Prefetti.

 p336  S. Cecilia de Puzerato
(Madonna del Divino Amore)

Nei codici manoscritti degli antichi censi della basilica vaticana, che si conservano nell'archivio di quella, trovo ricordato un oratorio sacro a s. Cecilia, portante una denominazione che era assolutamente rimasta sconosciuta. Ivi dunque si legge all'anno 1372: Domina Illuminata Vannutti de Regione Campi Martii et parochia s. Ceciliae de Puzerato tenet ecc. Questa chiesa tuttora esiste, benchè volgarmente abbia mutato la denominazione in quella di Madonna del Divino Amore, o S. Biagio de' Materassari. Le origini di quest'oratorio si perdono nell'oscurità. Viene ricordato da Cencio Camerario col nome s. Cecilia Campi Martis. Una tradizione medievale, ricordata anche in una epigrafe non molto antica, diceva che in questo sito soleva pregare la celeberrima martire Cecilia. L'epigrafe in proposito dice" IN HOC LOCO SOLEBAT ORARE S. CAECILIA. Fino dall'anno 1575 possedette la chiesa la confraternita dei materassari, che vi aggiunsero il titolo di s. Biagio. Fu riedificata dai fondamenti sotto Benedetto XIII costruiti disegni del Rauzzini. Nel catalogo nelle chiese, fatto sotto s. Pio V, è chiamata ss. Biagio et Cecilia della compagnia dei manuali. Sotto il piano della chiesa vi è un antico sotterraneo, ove secondo la tradizione suddetta, si raccoglieva Cecilia a pregare. Ignoro assolutamente qual valore storico abbia questa tradizione. La chiesa è posta nella strada detta vicolo de' Materassari, presso piazza Borghese.

Oratorio del santissimo SACRAMENTO E S. Lorenzo Martire

Questa chiesolina è posta presso la via de' Condotti vicino alla chiesa della ssm̃a Trinità. Fu eretta nel 1578, sotto Gregorio XIII, dalla confraternita del ssm̃o Sacramento, che ne fece le spese.

Santissima TRINITÀ IN VIA Condotti

Venne fondata con annesso ospizio e convento dei Trinitari calzati di Spagna sopra l'antico palazzo Ruccellai, comprato nel 1733 dal padre Lorenzo dello stesso ordine, a nome  p337 delle provincie di Castiglia, Leone e Navarra. L'acquisto costò 25474 scudi romani, con rescritto di Clemente XII. Poco dopo questa fondazione fu posta sotto la protezione della corona di Spagna, con reale decreto di Filippo V in data 10 agosto 1784. Alle spese della fabbrica concorse generosamente frà Diego Morosillo arcivescovo di Lima nel Perù e vicerè delle Indie orientali spagnole. L'architettura fu di don Emanuele Rodriguez de Santos portoghese. La prima pietra fu posta dal card. Saverio Gentili, protettore dell'ordine, ai 21 maggio 1741. La chiesa è di forma ellittica, con sei altari nelle bande e il maggiore nel fondo.

S. Niccolò de Tufis

Si trova menzionata questa chiesa in tutti i cataloghi antichi. Quello di Torino scrive ecclesia s. Nicolai de Tufis habet tres clericos, il Camerario con leggiera variante la appella de Tufo; nel codice del Signorili viene chiamata, con evidente errore di amanuensi, de Tost. Nei manoscritti dell'Ugonio è nominata s. Nicola de Tosto. Sorgeva in una parte dell'area occupata posteriormente dalla chiesa di s. Carlo al Corso. Il Corvisieri però afferma che corrisponde nel sito preciso dell'oratorio dell'arciconfraternita dei Lombardi. essendo fatiscente, Sisto IV la concesse alla confraternita dei Lombardi, i quali ampliarono la loro chiesuola dedicandola anche al loro s. Ambrogio: anzi fino all'anno 1612, andato in disuso il titolo primitivo della chiesa, questa si chiamava s. Ambrogio dei Lombardi.

Ss. Ambrogio e Carlo al Corso

Volendo la compagnia dei Lombardi edificare una nuova chiesa assai più vasta, in sostituzione di quella di s. Niccolò de Tufis, che possedeva; distrutta questa, si accinse alla nuova fabbrica. Concorse alla spesa il cardinale Omodei, donando alla compagnia oltre a 70,000 scudi. È da deplorare però che colla demolizione della chiesa casa perissero insigni affreschi di Pierino del Vaga e di Taddeo Zuccari. Il nuovo edificio fu dedicato ai due grandi santi di Milano, Ambrogio e Carlo Borromino. Fu architettata da Onorio e Martino Longhi, padre e  p338 figlio. La cupola, la tribuna e l'altare sono opera di Pietro da Cortona: la facciata fu fatta con i disegni del prete Gian Battista Menicucci e del frate cappuccino Mario da Cannepina; ma nè l'uno nè l'altro mostrarono in quest'opera di essere troppo valenti nell'arte loro.

L'interno è diviso in tre navi da pilastri: il quadro dell'altare maggiore è l'opera principale di Carlo Maratta. Dietro l'altare maggiore conservasi la reliquia del cuore di s. Carlo Borromino. Fra le molte memorie sepolcrali della medesima è da ricordare quella di Alessandro Verri, autore delle Notti Romane, morto nel 1816; presso il ridetto altare vi è sepolto il card. Omodei.

Santissimi Nomi di GESÙ E Maria

Nei volumi manoscritti degli archivî vaticani, intitolati Stato temporale delle chiese di Roma e che furono compilati tra il 1660 e il 1662, trovo le seguenti notizie: "Questa chiesa e convento sono situati in faccia alla chiesa di s. Giacomo degli Incurabili, risponde dall'altra parte alla via Paolina o del Babuino, a destra ha il Vicolaccio e a sinistra la strada Orsina. Questo luogo fu comprato di frati Eremitani Scalzi di S. Agostino dall'eccm̃o don Giovanni Antonio Orsini con licenza di Paolo V come per breve 24 ottobre 1615 apud s. Mariam Maiorem l'anno 14 del suo pontificato. Il campanile è piccolo e contiene solo due campanelle. Ha 6 cappelle ed altrettanti altari con 6 sepolture, una con lapide ed iscrizione di monsignor Giulio del Corno, una a piedi della scalinata dell'altar maggiore del quondam mons. Firentinelli, una del quondam D. Horatio Longhi e della signora Olimpia sua sorella, un altro del quondam D. Matteo Boselli, et altre sparse per la chiesa di diversi che sono sepolti nelle loro casse sotto terra senza sepoltura cavata.

"Il monastero possiede case, annui censi, luoghi de' monti, crediti etc. con un'entrata di scudi 748."

Questa chiesa fu architettata da Carlo Maderno, ma la facciata è del Rainaldi, concorrendo alla spesa mons. Giorgio Bolognetii. L'interno è assai ricco di marmi e stucchi.

 p339  Ss. Giuseppe ed Orsola

È il titolo della chiesa annessa al monastero delle Agostiniane, dette Orsoline, in via Vittoria.

Furono edificati l'una e l'altro da Camilla Orsini Borghese e comprati colle offerte di Laura Mannozzi d'Este, duchessa di Modena, nel 1684, per conservatorio di fanciulle. Clemente XIII fece restaurare ed abbellire la chiesa, ma Benedetto XIV la ridusse alla forma attuale.

L'interno della chiesa è assai ricco di lavori in stucco: alcuni degli affreschi dell'altar maggiore sono opera del celebre pittore gesuita fratel Pozzi, a cui pure spettano gli affreschi della cappella di s. Agostino, e quello rappresentante il martirio di s. Orsola e delle proprie compagne, che si ammira nella volta.

S. Atanasio

È la chiesa del Collegio Greco posta nella via del Babuino. Fu edificata sotto Gregorio XIII l'anno 1577, allorchè fu fondato il detto Collegio. Architetto della chiesa fu Giacomo Della Porta. L'altar maggiore è diviso, secondo il rito greco, dall'iconostasi. SS. TRINITÀ DEI Monti

Luigi XI re di Francia, caduto gravamente malato e disperando della salute, fece chiamare a sè il celebre eremita di Paola in Calabria, Francesco, detto l'uomo santo da' suoi medesimi contemporanei, affinchè prodigiosamente lo guarisse. Invitato dal papa Sisto IV, perchè si conducesse alla corte del re di Francia, Francesco venne in Roma e dicesi che passando sulle colline del Pincio predicesse che ivi un giorno sarebbe sorto un convento de' suoi religiosi, detti i Minimi. Giunto in Francia, ricevette onori sovrani da quella corte; e dopo la morte di re Luigi, Carlo VIII, preso di ammirazione pel santo di Paola, scrisse al suo ambasciatore in Roma perchè cercasse in questa città un luogo in cui si potesse edificare un convento di Minimi. La scelta cadde sopra un'area che era allora vigna d'un veneziano chiamato Daniele Barbaro, il quale vendette il suo fondo all'oratore, e Carlo VIII ratificò la vendita. Nel 1493 si gettarono le fondamenta del nuovo monastero,  p340 che fu proseguito colle offerte di Luigi XII, il quale vi elargì regali elemosine. Attese alla fabbrica con grande zelo il card. Briçonnet, il quale fece persino venire da Narbona le pietre da taglio per l'altar maggiore della chiesa, e le vetrate stesse delle finestre colle imagini di s. Giusto e di s. Pastore. Giulio II concorse alle spese della fabbrica; nel 1507 i religiosi tennero nel monastero il 1o capitolo generale. Leone X promulgò un breve d'indulgenza per chi avesse concorso alla prosecuzione di quei lavori. Enrico II donò al monastero terreni e vigne nei luoghi adiacenti che comprò a sue spese. Enrico III anche egli fu generoso verso il monastero suddetto, cui donò 6000 tornesi per compire il vasto fabbricato. Tra i benefattori italiani è da ricordare poi il marchese Angelo de' Massimi, mente ottenne una delle cappelle della chiesa, che fece dipingere da Giulio Romano e da Pierin del Vaga. Sisto V, avendo fatto una via di comunicazione fa questo tempio e la sua via Felice, fece demolire l'antica e ripida gradinata della chiesa, e a sue spese fece farne un'altra innanzi alla piazza. Nel saccheggio di Roma sotto il principe Orange la chiesa e il convento subirono danni ingenti; nel 1587º il p. Albert fece dipingere la vita di s. Francesco di Paola da artisti diversi nel chiostro, e nel 1611 fu comprata e congiunta al convento la vl del Pino, detta Villa Malta, e fu stabilito sul campanile della chiesa il primo orologio alla francese. Clemente VIII eresse la chiesa a titolo cardinalizio. Molti illustri personaggi qui furono sepolti, fra i quali sono da ricordare Lucrezia della Rovere nipote di Giulio II, morta nel 1552, cui fu ceduta la cappella dell'Assunta, la quale era la prima a destra entrando in chiesa; il card. Rodolfo Pianta, principe di Carpi, sepolto nel 1564 nella cappella fondata da donna Cecilia Orsina Franciotti sua cognata; Antonio Lomellini nel 1569; Camillo de' Massimi, il card. Carlo de Grassis nel 1571, che fu il settimo dei cardinali ivi spei; Giulio Gentili, Federico Donati di Correggio, medico di s. Pio V, morto nel 1569; nel 1577 vi fu sepolto un certo Bramante; nel 1579 vi fu deposto un arcivescovo di casa Massimi, di cui s'ignora il nome e la sede, perchè posto senza epitaffio. Da s. Giovanni de' Fiorentini vi fu trasferito il corpo di Giov. Batt. Altoviti e quelli della sua famiglia.

Le cappelle della chiesa nel secolo XVI erano le seguenti:

Cappella dell'Assunta, eretta nel 1513 dal card. Pucci, ornata d'affreschi da Pierin del Vaga.

Cappella della Deposizione della Croce, eretta nel 1526, dipinta da Daniele da Volterra, che apparteneva agli Orsini.
 p341   Cappella della Vergine e di s. Giovanni Evangelista, eretta dai Cardelli nel 1530.

Cappella di s. Girolamo e di s. Enrico, eretta nel 1537 e comprata da donna Cecilia Orsini.

Cappella della s. Concezione, eretta nel 1532, ora del Sacro Cuore, della famiglia de Turchis.

Cappella della Coronazione, dipinta da Taddeo Zuccari e finita da Federico suo fratello.

Cappella di s. Francesco di Paola, concessa nel 1605 a Marco Antonio Colonna, che fu rinunziata da suo figlio, morto il padre; nel 1607 fu data ai Verospi, dai quali passò ai baroni Gavotti; finchè fu acquistata dalle religiose del sacro Cuore. Presso quella cappella fu sepolto il card. Luca Antonio Virili, morto nel 1634. Egli avea donato alla medesima quattro candelabri di argento ed un busto di s. Francesco di Paola pure di a; oggetti di gran valore, che nel 1796, per ordine di Pio VI, furono mandati alla zecca.

Cappella di s. Elena, che era degli Orsini.

Cappella del Crocifisso, data ai Borghese.

Cappella di s. Giovanni, degli Altoviti.

Alla fine del secolo XVI e sul principio del XVII nacquero gravi dissenzioni in seno dell'ordine dei Minimi, fra la comunità calabrese e i superiori francesi. Nel 1624 i religiosi calabresi si ritirarono nella chiesa di s. Andrea delle Fratte, finchè nel 1798 venne definitivamente abbandonata dall'ordine, in seguito della dominazione francese. L'unico religioso francese paolotto rimasto in s. Trinità fu il p. Brunone Montnaird che si ritirò in s. Maria della Luce in Trastevere, e morì nella prima metà di questo secolo. Nell'annessa casa i ritratti dei re di Francia dipinti nel chiostro sono opera di Avanzino Nucci, ed il refettorio fu architettato e dipinto dal celebre fratel Pozzi gesuita. La chiesa e la casa annessa venne data da Carlo alle religiose del s. Cuore fondate dalla ven. M. Barat, che ivi hanno un istituto di educazione per le giovinette.

Cappella di s. Gaetano Tiene

Nell'angolo della villa Medici al monte Pincio si vede un casino ove si ritirò s. Gaetano Tiene con i suoi santi discepoli durante il sacco di Roma sotto Clemente VII. Scoperto dagli assassini ispano-tedeschi assoldati dal Connestabile di Borbone, e poi dal Principe d'Oranges, fu tormentato in varie guise, perchè quella canaglia volea che dicesse ove tenea nascosti i  p342 suoi tesori. Ivi fu poi eretta questa cappella ove si celebrava la festa del santo ai 7 di agosto. Nel 1704 sulla porta della cappella fu posta un'iscrizione che ricordava l'avvenimento.

S. Felice in Pincis

Fu, questa insigne basilica sul monte Pincio, detta pure degli Ortuli; nomi che prese il primo dalla nobilissima famiglia Pincia, che vi ebbe vaste possessioni, il secondo dal genere di cultura a cui era stato destinato, Fortunatamente, il Bufalini, della chiesa riporta gli avanzi nella sua preziosa pianta; dalla cui indicazione risulta che era situata presso la Villa Medici.

Ai tempi del Martinelli ne era forse scomparso ogni vestigio, giacchè esso non seppe assegnarle posto veruno determinato. Egli credette pure che fosse chiamata in Pineis, ma a ciò fu indotto dalla cattiva lezione di alcuni codici del libro pontificale, giacchè nei migliori si legge in Pincis. Non so poi come il medesimo cadesse nel madornale errore di credere che questa chiesa di s. Felice prete e martire sul monte Pincio fosse quella medesima che il Fabrizio, nel capo ultimo, ricorda sacra s s. Felice nella valle Marzia, dove fu un giorno il palazzo di Augusto; giacchè, se era in un monte, come poteva dirsi nella valle? Il GregoroviusJJJ erra pure ponendo la chiesa sul culmine del monte Pincio nella parte imminente alla piazza del Popolo.

La chiesa era stata edificata dove, per antica tradizione, affermavasi che il martire di quel nome avesse patito il suo martirio. Assai antiche sono le origini della chiesa, nella quale s. Gregorio Magno recitò una delle sue bellissime omelie. Adriano I e Benedetto III vi offrirono molti e ricchi doni. In una vecchia scrittura ho trovato che la chiesa manteneva in quell'anno il suo nome primitivo. L'anonimo di Torino la pone nella prima partita, notando che non habet servitorem.

Chiesa della Risurrezione

Presso il clivo detto volgarmente via di s. Sebastianello, che dalla piazza di Spagna mena ad uno degli accessi della passeggiata del Pincio, sorge questa elegante chiesina, di recente costruzione,  p343 dedicata a Cristo risorto; vi è annessa la casa dei pp. Resurrezionisti di Polonia. La chiesa ha una sola nave e ha l'abside in fondo. Oltre il maggiore, ha due altari laterali, l'uno dedicato al ssm̃o Crocifisso, l'altro alla Vergine del Buon Consiglio. Nella parete sinistra vi sono due quadri ad olio, rappresentanti l'uno l'apparizione di Cristo alla Maddalena, l'altro s. Tommaso che tocca le cicatrici del Salvatore. Questi due affreschi sono di stile ed arte così insigne, che mostrano nel giovane pittore signor Crudowscki, che gli ha eseguiti, una maestria del tutto eccezionale. Nel sommo della porta maggiore, dalla parte interna, si legge la seguente epigrafe:

CHRISTO DEO
MORTIS VICTORI
AEDES
A FVNDAMENTIS EXCITATA
ET ORNATIBVS EXCVLTA
A. MDCCCLXXXIX
LEONE XIII PONTIFICE MAXIMO
CVRA VALERIANI PRZEWLOCKI
PRAEPOSITI SOCIETATIS A CHRISTO IESV REDIVIVO
AERE A POLONIS COLLATO.

Allorchè si gittarono le fondamenta di questa chiesa, si rinvenne un'antica sala romana colla volta ornata di musaici, e tracce di pitture nelle pareti.

S. Giuseppe

È il titolo cui è dedicata la bellissima chiesa entro il collegio dei fratelli delle Scuole Cristiane presso la piazza di Spagna. È opera dell'architetto Ciriaco Salvadori, e fu compiuta nel 1888: ricco di marmi preziosissimi è il maggiore altare. L'area ove sorge la chiesa medesima fu concessa dal principe Alessandro Torlonia, e generose oblazioni dei suoi figli don Giulio e donna Anna, hanno contribuito all'edificazione del bellissimo tempio, che i superiori dell'ordine vorranno un giorno dedicare al nome eziandio del loro santo fondatore Giov. Battista de la Salle.

S. Giorgio

Questa chiesolina è formata nel pian terreno di una casa in via s. Sebastiano, presso piazza di Spagna. Il suo ingresso è semplicissimo, ed accenna al luogo sacro lo stemma del  p344 pontefice che lo sovrasta. Fu aperta il 5 novembre 1887 e venne dedicata a s. Giorgio e a tutti i santi dei cui simboli è ornata la chiesina. Il quadro dell'altare maggiore rappresenta s. Gregorio Magno costruiti fanciulli inglesi, s. Giorgio e s. Elena. Il ricco altare fu donato dal principe Torlonia ed appartenne alla distrutta chiesa di s. Teresa presso le Quattro Fontane. I due altari della Madonna e del sacro Cuore furono regalati dal signor Fullerton, e vengono dall'altra chiesa testè distrutta di s. Elisabetta. La chiesa è ufficiata da suore inglesi che abitano l'annessa casa, chiamate le povere ancelle della madre di Dio.

S. Sebastiano

È il titolo di altra piccola chiesolina situata nell'interno della casa dei pp. Domenicani nella via omonima, presso piazza di Spagna. Ha tre altari. Il maggiore è dedicato a s. Sebastiano e i due laterali l'uno a s. Tommaso d'Aquino, l'altra alla Madonna del Rosario.


Note di Thayer:

la nazione francese della provincia di Brettagna: L'Armellini è colpevole di una piccola inesattezza. All'epoca del pontificato di Callisto III (1455‑1458) la Brettagna rimaneva ancora sovrana. Fu soltanto nel 1491 alle nozze della duchessa Anna di Brettagna col re di Francia Carlo VIII che il ducato si potrà chiamare francese; più strettamente ancora, la Brettagna perdette definitivamente la sua indipendenza, dopo la morte di Anna avvenuta il 9 gennaio 1514, a 18 marzo dello stesso anno, quando la sua figlia Claude sposò il re francese Louis XII apportandoli in dote il suo paese.

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