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Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX

di Mariano Armellini

pubblicato dalla Tipografia Vaticana
1891

Il testo è nel pubblico dominio.

avanti:

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Ia Parte
 p. v 

PROEMIO

Roma compendia nella sua la storia del mondo: Dio affidò a questa meravigliosa città la missione di conquistare la terra da prima colla spada, poi colla croce. Essa da ventisette secoli cammina ancora nella strada che Dio le segnò, mostrando al mondo il fatto unico, e umanamente inesplicabile, d'una monarchia mondiale, che assoggetta a sè tutte le nazioni l'una dopo l'altra, le assimila, le vince, verificandosi alla lettera le parole fatidiche di Virgilio:

Tu regere imperio populos, romane, memento.

Cessata la dittatura politica di Roma, le tiene dietro quella religiosa: ad Augusto succede Pietro, all'Impero la Chiesa, e sul gonfalone di Roma cristiana fu scritto: ROMA CAPVT MVNDI REGIT ORBIS FRAENA ROTVNDI. La sua qualità di metropoli mondiale, Roma la mostra anche nella sua materiale fisionomia; e come i ruderi del meraviglioso suo Anfiteatro, quelli del Palatino, del Circo Massimo, del Foro, ricordano che di qui si dettarono le leggi al mondo, così la grandezza, la magnificenza, il numero sterminato delle sue basiliche e delle sue  p. vi chiese, de' suoi cimiteri e delle sue catacombe, il Vaticano, affermano che Roma è la regina della Cristianità, una città privilegiata, e siccome ha un tipo ed una fisonomia eccezionale, così ha un mandato da compiere in mezzo all'Umanità, che non ha e non ebbe mai verun'altra metropoli, per cui essa è veramente la intangibile città di Cristo in terra.

La storia di Roma cristiana è scritta a lettere monumentali nelle sue basiliche e nelle sue catacombe; ma Dio permise, per i suoi imperscrutabili disegni, che molte e molte pagine di questo gran libro, e non poche delle più belle, andassero inesorabilmente perdute; talchè, se immensi e irreparabili furono i danni arrecati dalla barbarie e dall'ignoranza alla Roma sotterranea, alla città dei martiri, non meno gravi ne soffrì in ogni secolo e li sta soffrendo ancora la città delle basiliche.

Gl'incendî, i tremuoti, i saccheggi, le fazioni medievali, la prepotenza dei baroni romani, la lontananza del papa, i rivolgimenti politici, fecero sparire un numero sterminato di sacri edificî: ed uno dei periodi disastrosi pei medesimi è quello (sembra incredibile!) del risorgimento artistico e letterario, cioè del rinascimento, in cui il piccone dei mastri guastanti compì la strage; e dove non si giungeva a distruggere, si deformava, si mutilava, si ricopriva; sembrava si avesse in orrore l'antico, per sostituire a questo il nuovo, il moderno. È difficile trovare una chiesa di quell'epoca, un chiostro, un atrio di un monastero le cui pareti, già ornate di storici affreschi, non venissero ricoperte almeno da uno strato di calce.

In tal guisa era scomparsa in Roma la parte più nobile d'una casa di martiri, quella dei ss. Giovanni e Paolo, scoperta ai giorni nostri sotto la loro chiesa al Celio, ove si rinvenne il tablinum di quell'insigne abitazione ridotto in ossario e le pareti intonacate di calce! Così sparirono statue, iscrizioni, pitture, musaici,  p. vii manufatti d'ogni genere. Alla ferocia demolitrice della fine del medio evo e del principio dell'epoca moderna, oggi tiene dietro lo spirito di distruzione di altri architetti e maestri muratori, i quali vorrebbero l'assoluta rovina d'ogni memoria cristiana. Almeno quei primi distruggevano l'antico per riedificare il nuovo, indottivi da un esagerato risveglio e reazione artistica e letteraria; questi invece sono invasi da inimicizia contro il Cristianesimo e contro la Chiesa, congiurando essi non pure contro la Cristianità, ma eziandio contro la Romanità, che è colla prima intimamente connessa; quindi preferito nella distruzione è sempre il Dominicum, cioè la casa di Dio.

Mosso da questi pensieri, mi accinsi, sono trascorsi oltre dieci anni, a raccogliere materiali per pubblicare un catalogo storico delle chiese di Roma, del quale si lamentava la mancanza, prefiggendomi specialmente di ricordare quelle distrutte, di molte delle quali era perita ogni notizia e persino il nome. Questo proposito era stato vagheggiato prima di me da un amico carissimo, rapito immaturamente allo studio delle cose antiche, Raffaele Santambrogio, delle cui carte e delle cui schede preparate per quest'opera molto io mi sono giovato.

Raccolsi notizie, non risparmiando fatiche, spese e ricerche, e finalmente dopo un decennio di lavoro indefesso presentai al pubblico l'opera, in un grosso ma inelegante volume di oltre ottocento pagine.

È questo il primo tentativo di una storia completa delle chiese di Roma; poichè sarebbe follia il pensare a compierla da solo; io scrissi soltanto un catalogo storico e topografico corredato di più o meno diffuse notizie tolte da documenti ufficiali esistenti nei nostri archivî, massime in quello del Vaticano.

Le mie indagini sono state largamente compensate da risultati felicissimi: poichè da esse ho potuto raccogliere che Roma, in epoche diverse, racchiuse entro  p. viii la cerchia delle sue mura circa ottocento cinquantaquattro chiese, mentre nella sua zona suburbana ne erano disseminate oltre centotrentotto, delle quali tutte più di duecento dedicate a Maria Vergine.

Numero stragrande, eccezionalissimo, che testifica il carattere straordinario, lo ripeto anche una volta, della città di Dio in terra, ogni zolla della quale è inzuppata del sangue dei martiri, ogni angolo consecrato da memorie di santi.

E qui debbo pure aggiungere, che al di là della mia espettazione, l'opera sulle Chiese di Roma incontrò favore nel mondo letterario e cristiano, cosicchè l'edizione fu presto esaurita. Ma intanto non cessavo dal raccogliere nuovi materiali e far nuove ricerche per una seconda, che è la presente, la quale vede la luce coi tipi della stamperia vaticana.

Questa edizione è però assai diversa della prima, non solo perchè più ricca di notizie e di documenti, ed emendata di non pochi difetti, ma eziandio perchè in essa adottai l'ordine topografico, assai più logico dell'ordine alfabetico seguíto nella prima. Per cui questa, più che una seconda, è da considerarsi come una edizione a sè, quasi indipendente dall'altra. Avrei voluto anche arricchirla d'un catalogo bibliografico relativo agli scrittori delle chiese di Roma. E questa, se non completa, sarebbe stata certamente la più ricca bibliografia del genere, ch'io doveva nella maggior parte alle fatiche del mio caro amico, il dotto canonico don Antonino Marini; bibliografia che avrebbe ricordato circa un migliaio di opere e trattati sulle chiese romane. Ma la tirannia dello spazio, e l'impegno di non dovere eccedere un numero prestabilito di fogli di stampa, non mi ha consentito d'ingemmare di così importante appendice quest'opera; di che domando venia ai lettori. Non dissimulo, del resto, che non minore fatica dell'altra mi costa questa nuova pubblicazione; fatica che avrebbe ecceduto le mie fortezze, se non avessi trovato  p. ix un efficacissimo e generoso concorso in due egregi sacerdoti romani, ai quali io qui rendo pubbliche grazie: l'uno è il sullodato canonico don Antonino Marini, cui mi legano vincoli d'indissolubile e antica amicizia; sacerdote di cui tutti ammirano la santità della vita, lo zelo apostolico, la modestia pari all'erudizione e dottrina e all'affetto che nutre per questa povera Roma; l'altro è mons. Pietro De Romanis, archivista dei Brevi, al quale non so rendere bastevoli grazie per gli innumerevoli aiuti e notizie che mi ha prodigato: a lui infatti debbo notizie di molti e molti documenti ricavati dai tesori dell'archivio da lui presieduto, ed innumerevoli preziose osservazioni che sarebbero sfuggite alle mie ricerche: a lui finalmente l'improbo lavoro dell'indice alfabetico dell'opera, frutto di grande fatica e pazienza. Finalmente ringrazio anche il signor Franco Ballerini, correttore della tipografia vaticana, il cui nome è noto nella letteraria repubblica per il suo volume in prosa sull'Assedio di Ancona del 1174, per le Fronde sparte in versi ed altri scritti, il quale amorosamente mi coadiuvò nel faticoso lavoro, e a cui debbo se nella tumultuaria pubblicazione dell'opera, questa è riuscita meno difettosa e scorretta.

Il mio libro vede la luce in momenti gravissimi per la Chiesa, e nefasti per Roma. Intanto che io scrivono, un numero assai grande di chiese, di cappelle, d'oratorî è spogliato delle sue rendite, de' pii legati lasciati dalla pietà dei trapassati, e così questi luoghi santi dovranno chiudersi all'esercizio del culto; ed abbandonati oggi, verranno forse demoliti dimani, se non provvede l'ardore e la generosità dei fedeli.

Mentre però questo spettacolo doloroso ci stringe il cuore, altri fatti ci consolano; poichè dal seno delle più antiche basiliche vengono in luce di tanto in tanto i monumenti originarî, e le primissime memorie della loro fondazione, che ci riportano ai giorni della Chiesa nascente; per cui la storia delle catacombe dà la mano  p. x a quella delle basiliche, e quel che è più, la verità storica del gran fatto del Cristianesimo, tratta dai monumenti medesimi, ogni giorno apparisce più smagliante agli occhi delle moltitudini che tanto abbisognano di conoscere questa verità.

Sono trascorsi appena trent'anni dacchè sulla via che mena al Laterano si scoprì l'antica basilica di s. Clemente e la casa stessa nella quale il primo successore forse di Pietro raccoglieva intorno a sè le primizie della predicazione apostolica; ed ecco non lungi di là sotto la chiesa celimontana, antico titolo di Pammachio (l'amico di Girolamo), un umile figlio di s. Paolo della Croce, il p. Germano passionista, ha trovato da poco tempo gran parte della casa medesima ove vissero, patirono il martirio, e furono nascosti i due eroi, vittime dell'odio di Giuliano, Giovanni e Paolo. Intanto presso l'antico vico patrizio sotto il titolo pudenziano, il primo e più antico luogo di dimora che la tradizione attribuisce a Pietro in Roma, si vengono trovando resti di quella nobilissima casa, le camere adorne ancora di pitture, quelle pareti medesime fra le quali echeggiò la parola stessa del principe degli apostoli. E in pari tempo alle falde del Celio presso Porta Capena dirimpetto al palazzo dei Cesari, sotto la chiesa dove era il monastero in cui s. Gregorio il Grande nella solitudine e nella preghiera si preparò alle grandi lotte per le quali salvò Roma e l'Italia dalla barbarie, vengono in luce altri gloriosi avanzi di oratorî, camere, criptoportici, memorie insigni di quegli uomini, di quei tempi.

Sono queste le sorprese proprie di Roma, la città delle lotte secolari, dei contrasti d'ogni genere, la città sempre calunniata e sempre invidiata, da cui tutti fuggono, ma in cui tutti convengono, calamita naturale dei popoli, sorgente di misteriose attrazioni e di arcane repulsioni.

Sembra che mentre sta per isparire la Roma degli ultimi secoli cristiani, voglia riapparire quella dei primi,  p. xi e che la Provvidenza facendoci quasi toccare con mano le memorie originali ed autentiche degli apostoli, dei martiri, dei grandi pontefici e santi, che illustrarono col sangue e colla dottrina la città eterna, ci inviti a tornare a quei grandi esempî e a quei principî, e voglia pure ricordare che questa è la città di Pietro, delle Catacombe, delle Basiliche.


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