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Le Chiese di Roma nel Medio Evo

di Christian Hülsen

pubblicato da Leo S. Olschki
Firenze
MCMXXVII

Il testo è nel pubblico dominio.

seguente:

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 p280 

I Em

L1. S. LAURENTII DE ARCIONIBUS

Cenc. 304 (Arsionum): den. VI, sine clericis — Paris. 156 (de Arcioene) — Taur. 30 (de Archionibus):habet I sacerdotem — Sign. 142.

La contrada degli Arcioni, dalla quale si denominava pure la chiesa di S. Nicola esistente ancora ai giorni nostri, e quella sparita da lungo di S. Stefano, si stendeva sotto la pendice settentrionale del Quirinale (v. Adinolfi II p. 321‑324): il nome deriva da una famiglia nobile romana. La chiesa era tra le filiali di S. Marcelo (v. sopra p. 134 n. 11). Il catalogo signoriliano la registra fra S. Nicolai de Archionibus e S. Andreae infra hortos (= delle Fratte): il sito corrisponde bene a quello del Palazzo Ruspoli all'angolo delle Vie dei Due Macelli e Capo le Case, sotto il quale, nel 1879, furono scoperti gli avanzi di una piccola chiesa (Lanciani FUR. f. 16; Marucchi Resoconto delle Conferenze dei cultori di archeologia cristiana, 1879 p. 142; Armellini 2 306).

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 43 (dal Cencio); Armellini 1 302 2 265.

II Jm

L2. S. LAURENTI DE ASCESA ovvero DE PROTO

Cenc. 191 (de Proto) — Paris. 154 (de Proto) — Taur. 5: (de ascesa): habet sacerdotem et clericum — Sign. 165 (de ascesa).

Chiesuola tuttora esistente sotto il nome di S. Lorenzolo ai Monti. Il cognome ricorda il Leo proto­scrinarius sedis apostolicae, che dal 963 al 965 fu papa, col nome di Leone VIII, contro Giovanni XII e Benedetto V. Notizie sulla sua persona sono raccolte dal Galletti Del Primicero p. 142 sg. Sull'Ascesa Proti v. Adinolfi II p. 1 sg. La bolla d'Innocenzo III per S. Sergio e Bacco del 1199 (Migne CCXIV p. 651; Jordan Topogr. II p. 668) annovera fra le chiese dipendenti da S. Sergio e Bacco: ecclesiam S. Laurentii positam sub Capitolio. Una epigrafe ripetuta presso Forcella (V, 154, 436), dal Gualdi, che la tirò da un manoscritto Del Valle, copiata poi meglio dal Galletti (Del Primicero p. 143) che la vide nella Villa Negroni sull'Esquilino, attesta che nel 1291 alcuni membri della famiglia Arcarelli regalarono le rendite di una casa pro luminaribus . . . . faciendis in ecclesia S. Laurentii de Ascesa Proti. È ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 53 n. 17, p. 59 n. 36, p. 60 n. 12, p. 63 n. 28) ed in altri cataloghi dei sec. XV-XVI (sopra p. 70 n. 35, p. 98 n. 73, p. 110 n. 129. Per la sua piccolezza spesso viene detta S. LorenzuoloS. Laurentioli. Un documento del 14. novembre 1424, pubblicato dal Lanciani (Storia degli scavi I p. 47 dall'Archivio di  p281 Stato prot. 849 f. 432), si riferisce alla vendita di una domus sive palatium . . . . posita in regione Pineae in parochia sancti Laurentioli retro orta ecclesiae Araceli, ante via selciata publica. Credo che anche qui si tratti della nostra chiesa e che l'indicazione del rione sia sbagliata: errore tanto più facile perchè il venditore è un Petrus Antonius Vetralla de regione Pineae. Nella Tassa di Pio IV (sopra p. 90 n. 100) è detta S. Lorenzo dell'Ascesa nel rione della Pigna, ma quest'ultima indicazione è apposta per isbaglio.

Del Sodo Vallicell. f. 96 v. (S. Lorenzolo), Vatic. p. 160 (S. Lorenzo vicino a Spoglia Cristi); Panciroli 1 419 2 194; Lonigo Barb. f. 30, Vallicell. f. 44 (s. Lorenzo dell'Ascesa ovvero a Macel di Corvi); Martinelli 162; Bruti vol. 19 (to. XVIII) f. 723‑726 (ital.), vol. 13 (to. XII) f. 173 v.-175 (lat.), vol. 6 (to. V) f. 1‑4 (= lib. VII c. 1) (D. Laurentioli ad corvorum macellum); Nibby 304; Forcella V p. 149‑162; Adinolfi II p. 8; Armellini 1 300 2 164; Angeli 230.

L3. S. LAURENTII DE BASCIO ovvero DE BASCIS

Cenc. 118 (deBascio): den. VI — Paris. 149 (de Bascio) — Taur. 382 (de Bascis): habet unum sacerdotem. — Sign. 63 (de Basics).

Chiesa scomparsa dopo il 1400, che secondo l'ordine topografico, si dovrebbe cercare sotto il versante sud del Campidoglio, non lungi da S. Omobuono. Il cognome sembra preso da un nome di persona ovvero di famiglia, ma non posso addurre testimonianze per una talein proposito. È poco probabile l'ipotesi dell'Armellini che in bascio significhi in luogo basso, inammissibile l'identificazione con S. Laurentii iuxta flumen (p. 286 n. 14).

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 43; Armellini 1 305 2 609.

II Hm

L4. S. LAURENTII DE BIBERATICA

Cenc. 161 (Biberaticae): den. VI — Taur. 3: habet I sacerdotem — Sign. 158 (de liberatica).

Chiesetta situata sotto le falde del Quirinale, nella Via Biberatica (v. Adinolfi II p. 12 sg.): il luogo è segnato sulla pianta del Bufalini foglio GH. Era soggetto al titolo di S. Marcello (v. sopra p. 134 n. 11). È indicata nel catalogo del 1492 (p. 71 n. 60) col semplice nome S. Laurentii, e nel catalogo del 1555 (p. 83 n. 98) con S. Laurentioli prope Forum Traiani regione Montium; in ambedue viene registrato accanto a S. Laurentioli via publica prope Capitolium (= S. Laurentii de Ascesa). Manca invece  p282 nella Tassa di Pio IV, nel catalogo di S. Pio V ed in quello dell'Anonimo Spagnulo: sembra quindi abbandonata poco dopo la metà del sec. XVI.

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 43 (dal Cencio); Martinelli 365; Armellini 1 302 2 262.

L5. S. LAURENTII OCULI BOVIS

Cenc. 309: den. VI, ignota et sine clericis.

Il cognome di questa chiesuola ricorda la nobile famiglia dei Bovi o Boboni, dalla quale furono appellate anche due altre chiese; v. S. Mariae Iohannis Bovis (nella pianura sotto l'Aventino) e S. Salvatoris Iohannis Bovis. Nulla si può stabilire di preciso sul sito, se non che forse era nella vicinanza del Campidoglio, ove la famiglia aveva i suoi palazzi e torri (secondo il Marchetti-Longhi, Memorie dei Lincei Ser. V vol. 16 p. 681, nei pressi di Piazza Margana). I Bovi vengono annoverati fra le famiglie del Rione Pigna (M. Antonio Altieri Nuptiali p. 16) opposto del Rione Campitelli (Gregorovius Geschichte der Stadt Rom VII p. 731).

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 43 v. (dal Cencio); Armellini 1 308 2 828.

L6. S. LAURENTII DE CALCA(RA)RIIS

Cenc. 198 (de Calcaris): den. VI — Paris. 150 (de Caleari) — Taur. 368 (de Calcarario):º habet I sacerdotem — Sign. 49 (de Calcarariis).

Questa chiesa trae il cognome dalla contrada dei calcararii, la quale si stendeva a nord del Circo Flaminio, fra la Piazza Mattei e le rovine delle Terme di Agrippa (v. Lanciani Storia degli scavi I p. 24 sg.; Marchetti-Longhi Arch. soc. romana XLII, 1918, p. 410‑535) È diversa, come attestano i cataloghi, tanto da S. Laurentii in Pallacinis quanto da S. Laurentii Domnae Rosae, con le quali viene confusa dall'Armellini, e diversa altresì da S. Laurentii in pensilis, colla quale la vorrebbe identificare il Marchetti-Longhi. Secondo l'ordine topografico del catalogo di Torino e del Signorili si deve cercare tra S. Nicolai de Calcarario (= de' Cesarini) e S. Lucia de Calcarario (= delle Botteghe oscure). Il sito esatto non si può indicare; non viene più ricordata dopo il 1400.

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 43 (dal Cenio); Armellini 1 305 2 493; G. Marchetti-Longhi Arch. soc. romana XLII, 1918, p. 427‑437.

L7. S. LAURENTII SUPER S. CLEMENTEM

Chiesa ricordata soltanto nella biografia di Stefano II (752‑757; LP. XCIV c. 14): hic restauravit basilicam S. Laurentii super S. Clementem sitam, regione tertia, quae a diuturnis temporibus diruta manebat. È scomparsa, senza lasciar vestigi, prima del Mille, come pare; è semplice congettura che fosse identica con S. Laurentii ad Taurellum.

Armellini 1 309 2 135; Duchesne al LP. I p. 457 n. 15

I LFg

L8. S. LAURENTII DE CURTIBUS

Cenc. 182: den. VI — Taur. 403 (senza cognome): habet I sacerdotem.

Il catalogo di Cencio registra questa chiesa fra quelle soggette a S. Maria in Trastevere (v. sopra p. 13); la chiesa di S. Lorenzo senza cognome ricordata fra le filiali della basilica nella bolla di Callisto II del 1123 (p. 135 n. 6) sarà quindi questa stessa. Il nome è corrotto in S. Lorenzo de turtibus nella Tassa di Pio IV (p. 90 n. 105) opposto de turribus (Del Sodo, Martinelli). Il catalogo del 1492 la registra senza cognome (sopra p. 79 n. 288), quello del 1555 (p. 83 n. 99) la chiama S. Laurentioli trans Tiberim prope sanctam Mariam, quello di s. Pio V (p. 105 n. 282) S. Lorenzuolo, quello dell'Anonimo spagnuolo (p. 11 n. 189) S. Lorençolo de curtibus. Il Bufalini foglio BC la segna sotto il nome di S. Lorenzinus, e medesimamente il Dupérac sulla grande pianta prospettica del 1577. Il Panciroli (2 593) ed il Lonigo attestano che fu profanata e distrutta circa il 1610 per la fabbrica del monastero delle monache di S. Egidio. Probabilmente è identica con quella che in un contratto di vendita del 1191, nell'archivio di S. Cosimato, viene chiamata S. Laurentii de Ianiculo (Armellini dalle schede vaticane del Garampi).

Del Sodo Vallicell. f. 63 v (de turribus), Vatic. -; Lonigo Barb. f. 29 v., Vallicell. f. 43 (de curtibus); Martinelli 364. 365; Forcella XI p. 496‑502; Armellini 1 300 2 661.

L9. S. LAURENTII S. CYRIACO

Cenc. 303 (S. L. S. Cyriaci): den. VI, ignota et sine clericis — Paris. 146.

In un documento del 1083 nell'Archivio di S. Maria in Via Lata (Hartmann Tabularium II p. 29 n. 111) un tale Cencius concede all'abbadessa  p284 Mixina del monastero di S. Ciriaco terram . . . . post vestro monasterio secus et retro ecclesia beati Laurentii: da ciò si fissa la situazione della chiesuola nelle vicinanze della Piazza del Collegio Romano, forse dentro l'area del Palazzo Doria. Probabilmente è identica con S. Laurentii de pinea (più sotto n. 27).

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 13 (dal Cencio); Armellini 1 306 2 478; Cavazzi S. Maria in Via Lata p. 274 sg.

II Hh

L10. S. LAURENTII IN DAMASO

Cenc. 8: sol. II — Paris. 142 Taur. 336: titulus presbyteri cardinalis, habet VIII cleicos. — Sign. 14, rel. 63.

Basilica fondata da papa Damaso (366‑384; LP. XXXVIIII c. 2), restaurata da Adriano I (772‑795; LP. XVII c. 50) e da Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 90). L'epigramma del fonte battesimale serbato nella silloge di Verdun, già attribuito a Damaso (De Rossi IChr. II p. 134 n. 6; Damasi carmina ed. Ihn n. 101) porta l'indicazione: ad fontem ecclesiae S. Laurentii in Damaso, quae alio nomine in prasino appellatur; questo secondo cognome ricorda gli stabula factionis prasinae esistenti ivi nelle vicinanze del teatro di Pompeo (v. Huelsen-Jordan Topographie I, 3 p. 595). Preti titolari della basilica sottoscrivono ai sinodi romani del 499 e del 595 (sopra p. 124 n. 11, p. 125 n. 15): essa nel medio evo godeva di grandi privilegi ed aveva un numero di filiali superiore ad ogni altra chiesa urbana (v. sopra p. 132 sg.). Esiste ancora sul posto antico, incorporato nel Palazzo della Cancelleria.

Ugonio stazioni f. 221 v.; Del Sodo Vallicell. f. Vallicell. f. 137 v., Vatic. p. 150; Panvinio 1 403 2 777; Lonigo Barb. f. 30, Vallicell. f. 44; Martinelli 136; Ciampini de SRE. Vicecancellario (Romae 1697); G. B. Bovio La pietà trionfante . . . . nella magnifica fondazione dell'insigne basilica di S. Lorenzo in Damaso (Roma 1729); A. Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso libri tres (Fani 1745); Nibby 291; Forcella V p. 163‑218. XIII p. 267‑283; Armellini 1 312 2 373; Marucchi 419; Angeli 216; Kehr IP. I p. 93; Calvi Bibliografia 76; Kirsch die römischen Titelkirchen 84‑87. • Titi 121‑124.

II Jk

L11. S. LAURENTII DOMINAE ROSAE ovvero IN CASTELLO AUREO

Paris. 158 (in monte Domnae Rose) — Sign. 53.

Chiesa fondata forse nel sec. X da alcuni membri della nobiltà romana a bo. me. Gratiano, Gregorio et domina Rosa et Imilla, come dice  p285 di Celestino III del 4. ottobre 1192 (Bullar. Vatic. I p. 74‑76; Schiaparelli Arch. soc. romana XXV p. 345 n. 79; Kehr IP. I p. 109 n. 5). Nell'intestazione della medesima bolla la chiesa viene chiamata S. Laurentii in castello aureo, nome che ricorda le rovine del Circo Flaminio, sulle quali venne costruita (v. anche S. Mariae de castro aureo). Non mi pare dubbio che sia la chiesa di S. Lorenzo quella di cui il Grimaldi (presso Martinelli e codice cod. Vat. 6437 f. 39) asserisce: erat in opposito palatii Matheiorum, et periit in constructione monasterii sanctae Catherinae; egli però le attribuisce erroneamente il nome S. Laurentii in Pallacinis.

Martinelli 365; Armellini 1 177 2 567; Marchetti-Longhi Memorie dei Lincei Ser. V vol. XVI p. 668 sg.

L12. S. LAURENTII PROPE S. EUSEBIUM

In un giardino presso S. Eusebio, poco prima del 1708 (forse dagli "scavi Vitieri 1706" segnati sulla FUR. del Lanciani f. 23) tornarono alla luce gli avanzi di una chiesa antica, insieme con quelli di un edificio attiguo, a circa quattro metri sotto il livello moderno. Vi furono trovate delle colonne ed un cornicione che portava l'iscrizione: ✠ AVXILIANTE DNO DO NRO XPO ORANTE BEATO LAVRENTIO MARTYRE HILARVS ARCHIDIAC FECIT. Si tratta di un santuario scomparso già in epoca remota e perciò sconosciuto a tutti i cataloghi. Il sito è troppo distante da S. Maria Maggiore per crederlo identico con il monastero dei SS. Lorenzo ed Adriano (p. 298 n. 34) oppure con S. Lorenzo iuxta gradatas (p. 287 n. 16). È pure una semplicemente congettura del Bianchini che si tratti del monasterium ad Lunam, ricordato una sola volta nella biografia di del papa Ilaro (461‑468; LP. XLVIII), ma di posizione affatto incerta (v. Kehr IP. I p. 155).

Bianchini ad Anastasium tom. III p. 169; Duchesne Mélanges de l'École française XXVII, 1907, p. 484.

I Fz

L13. S. LAURENTII EXTRA MUROS

Cenc. lit. 4: sol. V — Paris. 139. 139a Taur. 310: habet abbatem et monachos residentes XIIII et est patriarchalis — Sign. 354, rel. 103.

La basilica di San Lorenzo, o per dir meglio le due basiliche erette in agrum Veranum super arenario cryptae possono vantare antichissima antichità: l'una, detta speciosa, fu fondata da Costantino (LP. XXXI vita Silvestri c. 24), l'altra, chiamata basilica maior, esisteva già nel secolo quinto, come risulta dalla biografia di papa Ilaro (461‑468, LP. XLVIII; ma il passo  p286 nella vita di Sisto III 432‑440, LP. XLVI c. 5, si riferisce piuttosto a S. Lorenzo in Lucina, v. più sotto n. 18). La basilica maior, che con tale nome ricorre anche nel catalogo saliburgese (sopra p. 4 n. 34) fu chiamata più tardi ecclesia S. Mariae apud S. Laurentium. La basilica attuale risulta dalla fusione delle due suddette: questa unione fu opera di Onorio III (1216‑1227).

Panvinio de septem ecclesiis 226; Ugonio stazioni f. 149; Del Sodo Vallicell. f. 52 v.-55, Vatic. p. 148; Panciroli 1 411 2 155; Lonigo Barb. f. 30, Vallicell. f. 44; Severano Sette chiese 649; Martinelli 134; Bruti vol. 7 (to. VI) f. 265 v.-292 (= l. IX c. 8); Lubin 337; Nibby 296; Forcella XII p. 495‑524; De Rossi bull. crist. 1864 p. 41‑45; Armellini 1 679 2 865; Marucchi 476; Angeli 219‑224; Kehr IP. I p. 160; Calvi Bibliografia 77 sg.; S. Pesarini Studi Romani I (1913) 53‑62. • Titi 225‑227.

II Mkl

L14. S. LAURENTII A FLUMINE

Cenc. 125: den. VI — Paris. 152 Taur. 254 (iuxta flumen): non habet servitorem — Sign. 327 (de flumine).

La più antica menzione di questa chiesuola si trova in una bolla dell'anno 1140, d'Innocenzo II, per S. Stefano rotondo (= delle Carrozze) pubblicata dal Kehr Göttinger Nachrichten 1900 p. 167 (cf. IP. I p. 113 n. 1), nella quale viene confermata alla chiesa di S. Stefano, fra altri possedimenti, anche un locus ad aquimolum faciendum positum in fluvio Tiberis sub ecclesia S. Laurentii. Da ciò si conferma che stava immediatamente sulla sponda del Tevere. L'ordine topografico del catalogo torinese e del Signorili dimostra che stava a valle della chiesa rotonda di S. Stefano, verso la Marmorata: quindi non può essere identica con la chiesa di S. Lorenzo de Mondezariis, la quale nel sec. XV e XVI qualche volta fu detta pure S. Laurentii ad flumen (v. p. 289 n. 20). La chiesa S. Laurentii a flumine dei cataloghi pare sia scomparsa già nella prima metà del sec. XV.

Lonigo Barb. f. 29 v., Vallicell. f. 43 (dal Cencio); Martinelli 363; Armellini 1 298 2 614.

II Jp

L15. S. LAURENTII IN FONTANA

Taur. 162: habet fratres S. Marci II — Sign. 230 (in Fontana).

Chiesuola tuttora esistente nella Via Urbana. Che sia a torto identificata con la memoria S. Hippolyti menzionata nell'iscrizione del presbyter Ilicius (sec. IV), fu notato sopra p. 263. Un documento del 28.  p287 maggio 1348 nell'Archivio di S. Maria Maggiore, relativo a questa chiesa, è pubblicato dal Ferri Archivio della società romana XXX, 1907, p. 144 n. 406. È ricorda nei Liber Anniversariorum (sopra p. 59 n. 4 p. 63 n. 16), nei catalogo del 1492 (p. 69 n. 15: S. L. ad puteum) e del 1555 (p. 83 n. 94: S. L. in fonte regione Montium), nella Tassa di Pio IV (p. 90 n. 108), nel catalogo di S. Pio V (p. 96 n. 21) e dell'Anonimo Spagnuolo (p. 107 n. 42).

Del Sodo Vallicell. f. 102 v., Vatic. p. 160; Panciroli 1 408 2 269; Lonigo Barb. f. 30, Vallicell. f. 44; Martinelli Ecclesia S. Laurentii in Fonte de Vico Patricio (Romae 1629), Roma ex. ethn. sacra 137; Bruti vol. 18 (to. XVII) f. 394‑398 (ital.), vol. 12 (to. XI) f. 279‑281 (lat.), vol. 6 (to. V) f. 224‑228 (= lib. VII c. 23); Adinolfi II p. 247‑249; Forcella IX p. 427‑434; Armellini 1 302 2 223; Angeli 218. • Titi 269.

L16. S. LAURENTII IUXTA GRADATAS

Un documento del 1056 nell'archivio di S. Maria Maggiore (Ferri Arch. della soc. romana XXVII, 1904, p. 190 n. 9) si riferisce alla donazione di un orto fatta al monasterium S. Laurentii quod ponitur iuxta gradatas: il sito dell'orto viene definito inter affines a primo latere via quae ascendit per gradus et ducit ad basilicam Scae. Dei genetricis Mariae quae ponitur ad praesepe; sul dorso della pergamena è notato [hor]tus sancti Adriani. Mi pare che se ne debba conchiudere che il monastero stava vicino a quello di S. Adriano iuxta praesepe, v. sopra p. 261 n. 2, ma che ne era distinto. Le Gradatae secondo l'Adinolfi (II, 144 sg.) sarebbero delle scalinate marmoree che dalla parte della Subura salivano verso la basilica di S. Maria Maggiore e corrisponderebbero all'incirca fra le vie moderne dell'Olmata e Paolina. Che sia identico con il monasterium S. Laurentii et Hadriani (v. sotto p. 298 n. 34) non oso affermarlo nè negarlo.

Ferri Arch. soc. romana XXVII, 1904 p. 191; Duchesne Mélanges de l'École franç. XXVII, 1907, p. 485.

I Oo

L17. S. LAURENTII POST S. GREGORIUM ovvero IUXTA ARCUM STILLANTEM

Paris. 148 (post S. Gregorium)

Questa chiesa, sconosciuta già ai cataloghi del sec. XIV, deve essere la medesima che in una bolla di Pasquale II del 1115 per il monastero di Grottaferrata, viene descritta così: in urbe Roma ecclesia S. Laurentii de . . . . quae est iuxta arcum stillantem . . . . in regione scole Grece (Studi  p288 e documenti di Storia e Diritto VII, 1886 p. 108; Kehr IP. II p. 43 n. 7). L'arcus stillans (o stillaestellae) viene ricordato nei Mirabilia e nella Graphia Urbis come situato intus portam (Appiam) ovvero ante (o post) septem solia. Un carcer ad arcum stellae è menzionato nella vita di Stefano I (252‑255; LP. XXIV). Il nome dell'arco rimonta all'epoca classica; lo scoliaste antico di Giovenale alle parole del poeta (sat. 3, 11) substitit ad veteres arcus madidamque Capenam annotò: arcum (dell'acquedotto) nunc appellant stillantem. Cf. Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 202 not. 6. La chiesa deve essere stata sul principio della Via Appia, ad oriente della strada.

De Rossi bull. comun. 1886 p. 352 sg.; Armellini 1- 2 597.

I Ek

L18. S. LAURENTII IN LUCINA

Cenc. 4: sol. II — Paris. 141 Taur. 53: titulus presbyteri cardinalis, habet X clericos — Sign. 117, rel 72.

Basilica ricordata già nel 366 nelle Gesta inter Liberium et Felicem (Coll. Avellana ed. Guenther p. 2), restaurata e aggrandita su terreno concesso dall'imperatore Valentiniano III, da Sisto III (LP XLVI c. 5, 6). I suoi preti sottoscrivono al sinodo romano del 499 (sopra p. 124 n. 28). Ricordato spesso nel Liber Pontificalis ed in tutti i cataloghi dei sec. SV e XVI, esiste tuttora sul posto antico.

Del Sodo Vallicell. f. 91 sg., Vatic. p. 157; Ugonio stazioni f. 182; Panciroli 1 417 2 434; Lonigo Barb. f. 30, Vallicell. f. 44 v.; Martinelli 137; Bruti vol. 13 (to. XII) f. 266 v.-288 (lat.); Nibby 301 sg.; Forcella V p. 113‑148, XIII p. 49. 480; Armellini 1 309 2 291; Marucchi 405; Kehr IP. I p. 83; Angeli 225 sg.; Calvi Bibliografia p. 77; S. Pesarini Studi Romani I (193) p. 53‑62; Kirsch die römischen Titelkirchen 80‑84. • Titi 367‑369.

II Kn

L19. S. LAURENTII IN MIRANDA

Cenc. 49: den. XVIII (S. L. Mirand'), id. lit. 29 (monasterium Mirandi): sol. II — Paris. 144 (de Miranda) — Taur. 196: habet IV clericos — Sign. 275.

Chiesa costruita nelle rovine del tempio di Antonino e Faustina: la più antica menzione si trova nei Mirabilia Urbis Romae (Jordan Topogr. II p. 636; Urlichs Codex U. R. topographicus p. 166). Il nome sarà derivato da qualche nobile e pietosa donna che si rese benemerita della chiesa. E senza autorità il nome di S. Laurentii in novamento che viene dato alla chiesa dal cosidetto Anonimo Magliabecchiano (Jordan  p289 l. c.; Urlichs l. c.; il codice Urbinate 410 [ora 984] f. 244 citato dallo Zaccagni p. 418 non è altro che un secondo esemplare del medesimo testo).

Del Sodo Vallicell. f. 165, Vatic. p. 160; Panciroli 1 420 2 90; Lonigo Barb. f. 30 v., Vallicell. f. 44 v.; Martinelli 139; Bruti vol. 3 (to. II) f. 525 v.-529 (= l. III c. 41); Nibby 303; Forcella V p. 423‑434; Armellini 1 311 2 156; Marucchi 353; Angeli 328; Calvi Bibliografia 77. • Titi 202‑203.

II Lk

L20. S. LAURENTII DE MONDEZARIIS

Cenc. 127 (S. L. Mondezarii): den. VI, id. lit. 57 (cappella S. L. de Mundezariis): den. XII — Paris. 155 (de Mundegario) — Taur. 225 (de Mondeçariis): habet I sacerdotem — Sign. 302 (in Monnezero).

Chiesuola già situata a sud del Campidoglio presso alla riva del Tevere, soggetta per qualche tempo a S. Anastasia (sopra p. 129 n. 2: S. Laurentioli de centula prope flumen), in altri tempi a S. Nicola in Carcere. Nel Liber Anniversariorum di S. Maria in Porticu (p. 59 n. 62) è chiamata Cancto Lorenzo delli Munnezzari, nel catalogo del 1492 (p. 77 n. 232) S. Laurentii ad flumen; nel catalogo di S. Pio V (p. 104 n. 251) S. Lorenzo a fiume, coll'aggiunta: rovinato; in quello dell'Anonimo Spagnuolo (p. 112 n. 216) S. Lorençolo arrovinato de cavaluchis. Il Torrigio nella sua storia manoscritta di S. Nicola in Carcere ha dedicato un speciale capitolo a questa chiesaº; egli comincia (f. 212 v.): "Era già questa chiesa parrocchiale situata nel luogo chiamato ancor oggi di Porta Lione nella strada maestra che guida verso Ponte S. Maria nella parte che riguarda il Tevere, che veniva ad esser posta dietro S. Maria in Portico. Trovasi essa chiamata con diverse aggiunte si nei libri antichi si in varie scritture moderne, onde talora fu detta S. Lorenzo, o S. Lorenzolo de Caballucci, o Cavallucci, o Cavallini, o Cavelluti, o Cavalli, talvolta S. Lorenzo prope pontem S. Mariae, altre S. Lorenzo de' Pierleoni, o di Portaleone, ed altre fiate S. Lorenzolo del Saraglio così chiamato per esser già nel serraglio degli Ebrei". Il Crescimbeni, che si è servito largamente delle schede del Torrigio conservate a tempo suo "nell'archivio de' Maestri delle Cerimonie della Cappella Pontificia", aggiunge (Storia di S. Anastasia p. 104) che tanto il nome dei Cavallucci quanto quello dei Pierleoni deriva da famiglie nobili romane. Nella bella pianta manoscritta del Ghetto di Bartolommeo dei Rocchi (Uffizj dis. di architettura 4206) il sito della chiesa, ma senza nome, è indicato conforme alla descrizione del Torrigio; il Bufalini f. GH la disegna nel medesimo posto, ascrivendo il nome erroneo DIVI NICOLAI. Il 'Libro delle Chiese cet.' dell'Arciconfraternita  p290 del Gonfalone, del 1584, contiene, a fogli 319 v.-322, due piante di case poste "in ripa del fiume vicino a Ponte S. Maria rincontro al monastero di Santo Bartolomeo, il fiume mediante, ed in faccia alla chiesa di S. Lorenzolo'. Secondo il Torrigio (f. 213 v. 214) la chiesa (S. Laurentii prope pontem S. Mariae regionis Ripae) fu unita a S. Nicola in Carcere con bolla di Gregorio XIII del 13. agosto 1578 (sembrano meno esatte le notizie ripetute dall'Armellini 2 677 dagli Atti delle Visite al tempo di Alessandro VII nel 1660 s.v. S. Benedetto in Piscinula). L'edifizio però esisteva ancora cinquanta anni più tardi: "si veggono — dice il Torrigio f. 212 v. — "come ho visto più volte i vestigii di essa con alcune pitture di Maria Vergine e de Santi che malamente si possono scorgere". I medesimi avanzi pare che siano attribuiti dal Bosio alla chiesa di S. Abbaciro ad Alefantum (v. sopra p. 162 n. 4). Che la chiesa di S. Lorenzo de flumine dei catalogo sia differente da questa, abbiamo notato sopra p. 286 al n. 14. — Il nome S. Lorenzolo della Genzola presso al fiume, riferito dall'Armellini nel solo indice p. 984, non è che una storpiatura dell'altro: S. Lorenzolo de Centula.

Lonigo Barb. f. 29 v., Vallicell. f. 43 (dal Cencio); Torrigio presso Cancellieri cod. Vat. 9166 f. 212 v.-218; Armellini 1 299 2 615.

L21. S. LAURENTII DE MUZO ovvero DE MUTIS

Cenc. 115 (de Muczo): den. VI — Paris. 151 (de Mucci) — Taur. 219 (de Mutiis): habet I sacerdotem — Sign. 295 (de Muczo).

Chiesetta situata fra il versante sud del Campidoglio ed il fiume, non lungi da S. Maria in Porticu. Se ne ignora il luogo esatto ed il tempo della distruzione. Notizie sulla famiglia Muti si trovano presso lo Jacovacci cod. Ottobon. 2551 p. 1277‑1346.

Armellini 1 308 2-.

II KLm

L22. S. LAURENTII DE NICOLAI NASONIS ovvero DE PALPITARIO

Cenc. 293 (Nicolai Nasonis): den. VI — Paris. 145 (de Papitariis) — Taur. 216 (de Palpitario): habet I sacerdotem — Sign. 293 (de Nicolariasu).

Che i due nomi significhino la medesima chiesa, risulta dall'ordine topografico nei cataloghi di Torino e del Signorili. Una iscrizione riferita dal Torrigio (Grotte Vaticane 276), dal Martinelli p. 212 e dal Forcella VII p. 323 n. 779 ricorda la consecrazione della ecclesia S. Laurentii de Nicolanaso fatta nel 1241 (tempore D. Gregorii Papae IX anno eius XV):  p291 la lapide al tempo del Torrigio e del Martinelli esisteva nella chiesa della Consolazione in ingressu posterulae. Un istrumento del 16. settembre 1364, nel quale si menziona la chiesa S. Laurentii de Papitariis (sic), esistente nell'archivio di S. Maria in Campo Marzio, è citato dal Martinelli p. 365. Secondo il Lonigo, la chiesa si vedeva a' giorni suoi, profanata, sotto la rupe Tarpea: il Torrigio asserisce che sorgeva "laddove è ora l'Hospedale delle donne inferme di S. Maria della Consolazione". Il catalogo del 1492 (sopra p. 77 n. 238) la registra sotto il nome S. Laurentii de Cola Naso; ne tacciono invece la Tassa di Pio IV, i cataloghi del 1555, di S. Pio V e dell'Anonimo Spagnuolo: sembra quindi che sia scomparsa nella prima metà del sec. XVI.

Lonigo Barb. f. 29 v., Vallicell. f. 43 v.; Martinelli 212. 365; Torrigio Grotte Vaticane (1675) 276; Belli l'Ospitale delle donne presso S. Maria della Consolazione (Roma 1835) p. 12 sg.; Armellini 1 305 2 529 (de Nicolanaso), 1 310 2 635 (de Palpitario).

II MNu

L23. S. LAURENTII DE PALATIO detto SANCTA SANCTORUM

Paris. 143 (de palacio) — Taur. 300: habet V clericos.

La più antica menzione di questo celebre santuario si trova nella biografia di Stefano III (768‑772; LP. XCVI c. 4). Restaurato da Onorio III (1216‑1227) e da Nicola III (1277) esiste tuttora sulla Piazza Lateranense a nord della basilica. La Scala Santa però, che ora serve d'accesso, vi fu traslocata soltanto da Sisto V dal suo posto originario presso l'oratorio di S. Silvestro (v. Lanciani FUR. f. 37).

Panvinius de VII ecclesiis p. 186; Ugonio stazioni f. 45; Panciroli 1 745 2 145; Severano Sette Chiese 568; Martinelli 140‑162; Ben. Millino Dell'oratorio di S. Lorenzo nel Laterano oggi detto Sancta Sanctorum (Romae 1666); Bruti vol. 5 (to. IV) f. 399‑425 (= lib. VI c. 4); Marangoni Istoria dell'antichissimo oratorio . . . . di S. Lorenzo nel patriarchio Lateranense comunemente appellato Sancta Sanctorum (Roma 1747); Nibby 699; Adinolfi Laterano 52, Roma I, 233‑240; Armellini 1 303 2 108; Marucchi 101 sg.; Kehr IP. I p. 31; Calvi Bibliografia 126.

II Jk

L24. S. LAURENTII IN PALLACINIS ovvero DE PARACERA

Taur. 147 (de Paracera): habet I sacerdotem.

Questo santuario assai antico conservava il nome classico del vicus Pallacinae, il quale congiungeva l'estremità nord del Circo Flaminio col principio della Via Lata (Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 556 not. 136).  p292 Viene menzionato la prima volta nella biografia di Adriano I (772‑795; LP. XCVII c. 71): monasterium S. Laurentii qui appellatur Palatinis . . . restaurans . . . coniungens ei alterum monasterium iuxta ipsum positum, scilicet S. Stephani qui cognominatur Vagauda (cf. Duchesne I p. 520 not. 86). Fu arricchito di doni da Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 76: in monastero beati Laurentii martyris qui appellatUrbano Palacina), come pure da Gregorio IV (872‑844; LP. CIII c. 41: monasterium S. Laurentii quod dicitur Pallacina. Un casale iuris monasterii S. Laurentii quod appellatur Pallacina è ricordato nella bolla di Agapito II per S. Silvestro in Capite, del 25. marzo 955 (Federici Arch. soc. romana XXII, 1899, p. 274). La chiesa Sci. Laurentii viene menzione dall'Anonimo Einsiedlense (v. sopra p. 5 n. 34) in vicinanza del Campidoglio: il cognome appostogli in Minerva è un semplice errore di copista, cagionato dall'articolo che segue: Minervium; ibi Sca. Maria. Nella vita di Benedetto III (855‑858; LP. CVI c. 23) è descritta una piena del Tevere: ingressus est per porticum quae est ante ecclesiam S. Marci . . . . inde autem impetum faciens cepit decurrere in cloacam, quae est iuxta monasterium S. Silvestri et Laurentii martyris quod vocatur Pallacinis. Questa chiavica, segnata dal Lanciani FUR. f. 21, costeggia il lato settentrionale del Circo Flaminio e segna l'andamento dello stesso Vicus Pallacinae. La chiesa di S. Andreae de Pallacina, come fu detto già più sopra (p. 189), si trovava nell'area della Casa professa dei Gesuiti dal lato verso il Palazzo Astalli: S. Lorenzo de Pallacinis quindi sarà stata più ad occidentale, sopra la rovina del Circo Flaminio, sotto l'attuale Palazzo Petroni. È inammissibile la congettura del Marchetti-Longhi che sia identica con quella di cui furono trovati gli avanzi nel 1911 sotto il cortile del palazzetto di Venezia (v. più oltre S. Nicolai de monte). Probabilmente è la stessa che il catalogo Parigino chiama S. Laurentii in pensilis (v. più sotto n. 26). La chiesa pare sia scomparsa già prima del 1400.

Lonigo Barb. f. 29 v., Vallicell. f. 43 v.; Martinelli 364; Armellini 1-2 493; Marchetti-Longhi Memorie di Lincei Ser. V vol. XVI, 1923, p. 706.

II Hp

L25. S. LAURENTII PANISPERNAE ovvero IN FORMOSO

Cenc. lit. 9 (monasterium Panispernae): sol III — Paris. 140 (Paripua) — Taur. 165 (Monasterium S. L. Panisperne): habet moniales XVIII — Sign. 232, rel.44.

Le prime menzioni di quest'insigne santuario rimontano alla fine dell'ottavo ed al principio del nono secolo. Adriano I (772‑795; LP XCVII  p293 c. 70) lo restaurò, Leone II (795‑816; LP. XCVIII c. 37. 40. 73) l'arricchì di doni; l'Itinerario di Einsiedeln (sopra p. 5) lo ricorda più volte. In questi testi viene chiamato S. Laurentii in Formoso oppure ad (in) Formosum, cognome che ricorda il fondatore. Dopo il Mille viene in uso il nome S. Laurentii (in) Panisperna, probabilmente derivato da una località antica (un vicus), come quello della chiesa vicina di S. Sisto ad gallinas albas. [ALT dell'immagine: missing ALT] assai improbabile che il cognome stia in relazione coll'antico gentilizio dei Perpernae; l'epitafio di Perpennia Helpis (CIL. VI, 23951), citato come prova dall'Armellini, non rimase esposto per secoli nella chiesa di S. Lorenzo, ma fu copiato dal solo Pietro Sabino (circa il 1495), e non già in S. Lorenzo, ma in una cappelletta ivi presso ("in quadam ecclesia quae est in mensa monachorum").

Del Sodo Vallicell. f. 101 v., Vatic. p. 158; Panciroli 1 424 2 271; Lonigo Barb. f. 30 v., Vallicell. f. 44 v.; Martinelli 139; Bruti vol. 16 (to. XV) f. 476‑55 (ital.), vol. 11 (to. X) f. 41‑49 (lat.), vol. 8 (to. VII) f. 95 v.-110 (= l. X c. 10); Lubin 337; Nibby 305; Adinolfi II, 250; Forcella V p. 413‑421. XIII p. 261‑263; Armellini 1 306 2 199; P. Andrea da Rocca di Papa Memorie storiche della chiesa e monastero di S. Lorenzo in Panisperna (Roma 1893); Marucchi 374; Angeli 230; Kehr IP. I p. 59; Calvi Bibliografia 78. • Titi 270‑271.

L26. S. LAURENTII IN PENSILIS

Paris. 147 (Pesoli).

Oltre al catalogo di Parigi, anche l'Ordo Romanus di Cencio Camerario (Liber Censuumº ed. Fabre-Duchesne I, 299) ha conservato questo nome; in quest'ultimo sta fra l'Amigdala e la basilica di S. Marco. Il cognome in Pensilis è aggiunto anche alla chiesa di S. Salvatore, ora S. Stanislao dei Polacchi in Via delle Botteghe Oscure. Quindi è molto probabile che sia identico con S. Laurentii in Pallacinis (sopra n. 24).

Lonigo Barb. f. 29 v, Vallicell. f. 43 v. (dal Cencio); Armellini 1 306 2 494; Marchetti-Longhi arsoroo XLII, 1918, p. 434.

L27. S. LAURENTII DE PINEA

Taur. 69: habet I sacerdotem — Sign. 171

Chiesuola registrata dai due cataloghi nelle vicinanze immediate di S. Maria in Via Lata: è quindi molto probabile che sia identica con S. Laurentii a S. Cyriaco (sopra p. 283 n. 9). Invece colonna parrocchiale  p294 S. Laurentioli in regione Pineae, ricordata in un documento del 1424, pare sia piuttosto S. Laurentii de Ascesa (v. sopra p. 280 n. 2). Del resto i cataloghi della fine del sec. XV e del sec. XVI ne tacciono affatto.

Armellini 1 302 2 467.

II Lg

L28. S. LAURENTII DE PISCIBUS

Cenc. 72 (piscium) — Taur. 96 (de piscibus): habet sacerdotem et clericum — Sign. 185.

Chiesa tuttora esistente nel Borgo Vecchio, presso la Piazza di S. Pietro. La più antica menzione di essa si trova nell'Ordine di Benedetto Canonico del 1143 (n. 5: Jordan Top. II p. 666; Lanciani Mon. dei Lincei I, 527), ove è chiamata S. Laurentii in porticu maiore. Nei sec. XIII e XIV apparteneva alla basilica lateranense, come risulta dall'Inventario dei beni compilato da Nicola Frangipani a tempo di Bonifacio VIII (Crescimbeni Storia di S. Giovanni a Porta Latina p. 208); ivi è detta ecclesia S. Laurentii in Piscibus, i civitate Leoniana iuxta Porticum Basilice Principis Apostolorum. Nel medesimo tempo il giuspatronatoº parrocchiale spettava ai canonici della basilica Vaticana, come attestano le bolle d'Innocenzo III del 15. ottobre 1205 e di Gregorio IX del 22. giugno 1228 (Bullarium Vaticanum I p. 83. 113), nelle quali è chiamata de Piscibus. Se il nome derivi da un mercato di pesci, come volle il Panciroli, oppure dalla famiglia romana de Piscibus, non saprei decidere. Si ripete, sull'autorità del medesimo Panciroli, il quale si riferisce a carte dell'Archivio di S. Pietro, che la chiesa fu restaurata del cardinale inglese Tommaso Armellini circa il 1417; ma siccome questo porporato non è stato mai a Roma, forse con ragione l'Armellini attribuisce il restauro al cardinale Francesco Armellini, camerlengo sotto Leone X. La chiesa registrata nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 105 n. 300): S. Lorenzo dentro il palazzo dell'Armellino, difficilmente si può credere diversa, sebbene il posto in fine del rione Trastevere sia improprio.

Del Sodo Vallicell. f. 74 (S. Lorenzolo), Vatic. p. 160 (S. L. nel vicolo in Borgo Vecchio); Panciroli 1 403 2 553; Lonigo Barb. f. 30 v., Vallicell. f. 44 v.; Martinelli 140. 365; Alveri II 247 sg.; Crescimbeni Storia di S. Giovanni avanti Porta Latina 194‑202; Nibby 306; Forcella X p. 187‑196; Armellini 1 299 2 781; Angeli 232. • Titi 25‑26.

L29. S. LAURENTII DE PISCINULA

Cenc. 90: den. VI, id. lit. 56 (cappella S. L. Piscinola): den. XII — Paris. 153 (de Pisciola) — Taur. 232 (de Pisciola): habet I sacerdotem — Sign. 309 (de Piscinola).

Chiesa del rione Trastevere, soggetta, secondo una bolla di Nicola IV del 28. agosto 1289 (p. 278 n. 1395 ed. Langlois) ed un'altra d'Innocenzo III del 1205 (ep. 63 a. VII; Migne PL. CCXVI p. 3353; Potthast 2222), al capitolo di S. Cecilia. È ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 58 n. 144, p. 59 n. 60) col nome di S. L. de ovvero in Pisci(v)ola, nel catalogo del 1492 (p. 78 n. 278) sotto il semplice nome di S. Lorenzo, in quello del 1556 sotto S. L. ad Tyberim regione Transtyberim. L'epigrafe romana CIL.17296 (Erucciae Grapteni ecc.) fu copiata da Pietro Sabino (1495) in S. Laurentiolo iuxta pontem S. Mariae, la medesima nella raccolta del Mazochi (1521) porta l'indicazione in S. Laurentii iuxta Tyberim, ed il Metello (1546) aggiunge: vulgo in piscinula. Il Lonigo racconte che "fu presso il Ponte Rotto, fu profanata e distrutta pochi anni sono, e la cura delle anime fu unita alla parocchia di S. Benedetto in Piscinula". A questa unione si riferisce la nota ripetuta dall'Armellini 2 677 dallo Stato temporale delle chiese del 1660, over per errore è detta S. Lorenzo de Gavellutis (v. sopra p. 290 n. 20). "Di detta unione (dice questo documento) se ne conserva bolla apostolica data sotto li 10. settembre dell'anno 1578, concessa da papa Gregorio XIII".

Lonigo Barb. f. 30; Vallicell. f. 43 v; Martinelli 365; Torrigio Grotte vaticane 561; Armellini 1 307 2 677.

L30. S. LAURENTII DE PORTA

Taur. 235: non habet servitorem — Sign. 312.

La porta dalla quale questa chiesuola, scomparsa da lungo tempo, prese il cognome, deve essere la Portuense; ma nulla si sa intorno alla situazione precisa e le vicende del santuario. Non si sa nemmeno se stesse fuori delle mura, come le chiese di S. Pantaleo d S. Pacera, che seguono nel catalogo di Torino, oppure dentro, come farebbe sospettare il catalogo del Signorili, che la registra tra S. Francesco e S. Cecilia.

Armellini 1 377 2 667.

L31. S. LAURENTII DE PRETADELIPISCI

Paris. 157.

Sembra ovvio l'identificare questa chiesa con S. Laurentii de Piscibus nelº Borgo Vecchio (sopra n. 28); però credo che a ragione il Fabre nella nota  p296 alla sua edizione vi abbia apposto un segno interrogativo. Perocchè la contrada detta Preta (= pietra) de li pesci si trova in una parte ben diversa della città, vale a dire a settentrione del Circo Flaminio, nel rione Pigna. Nei Nuptiali di Marcantonio Altieri uno degli interlocutori, M. Gabriello Cesarini, ricorda "questa nostra contrada di Pellicceria e l'altra contigua et conioncta de Preta elli Pesci" (p. 15 ed. Narducci). La Pellicceria (pelliparia corrisponde a quella parte della Via Papale presso le case dei Cesarini (Adinolfi Via Sacra p. 8). Il Gregorovius (Geschichte der Stadt Rom VII p. 712) cita, da un documento del 1492, una "contrata Porta delli Pesti nel rione Pigna", che sarà appunto la Preta delli pesci. Come in tempi più recenti (v. la pianta del Nolli), così anche sulla fine del Quattrocento, la Via delle Botteghe Oscure "segnava il limite fra i rioni Pigna e S. Angelo, per modo che il lato settentrionale di essa era compreso nel primo, il meridionale nell'altro rione" (Marchetti-Longhi Arch. soc. romana XLII, 1918, p. 528 not. 2): quindi la contrada Preta delli pesci potrebbe corrispondere all'attuale Via dell'Arco dei Ginnasi o a qualche viuzza attigua. Ma sembra altrettanto difficile di trovare in queste vicinanze il posto per una chiesa di S. Lorenzo affatto sconosciuta (non si può credere identica con S. Lorenzo de Calcarario o con S. Lorenzo in Pensilis, registrate ambedue nel medesimo catalogo parigino, e neppure a S. Lorenzo Domnae Rosae, che sta nel rione S. Angelo), come di supporre che una contrada Preta delli pesci, della quale non si avrebbe altra memoria, esistesse appunto la portica di S. Pietro.

L32. S. LAURENTII IN SASSI

Nel Regestum Sublacense (n. 104 p. 150) si trova un documento del 1066, relativo alla cessione di una vigna posita Rome regione II non longe a porta Maiore, inter affines: ab uno latere terra de monasterio sancti Laurenti qui vocatur in Sassi, a secundo latere forma Claudia, a tertio latere via quae vadit ad Hierusalem, et a quarto latere via quae vadit a porta Maiore. Un monastero di tale cognome non lo trovo nè dentro le mura di Roma nè nel suburbio. Il sito della vigna corrisponde all'angolo NE. della già Villa Conti (Nolli f. 16); non è improbabile che il monastero di S. Lorenzo sia stato anch'esso nella parte orientale della città. Si potrebbe quindi supporre che stesse in relazione con quel santuario di S. Lorenzo scoperto verso il 1708 nelle vicinanze di S. Eusebio (sopra p. 285 n. 12), sito non troppo distante dalla Villa Conti.

 p297 

L33. S. LAURENTII AD TAURELLUM

L'unica menzione di questa chiesa si trova nella biografia di Adriano I (772‑792; LP. XCVII c. 50): tectum basilicae S. Laurentii ad Taurellum, dum nimis vetustissimum iam esset . . . . restauravit. Esiterei a noverarla fra le chiese urbane, se non fosse registrata da Cencio una chiesa di S. Marco de Taurello, del resto anchessa di situazione ignota (sotto p. 309 n. 5). La congettura del Vignoli (ad Anastasium l. c.) che la mtte nelle vicinanze di Monte Citorio (creduto Anfiteatro di Statilio Tauro) è certamente erronea, ed è pure una semplice gcge che sia identica con S. Laurentii super S. Clementem (sopra p. 283 n. 7). Che nei pressi delle Terme di Traiano esisteva una località detta ad Taurum si ricava dal cognome della chiesa di S. Silvestro (sotto S n. 61)

Lonigo Barb. f. 30,º Vallicell. f. 44º (dal L.P.); Martinelli 365; Armellini 1 308 2 217.

L34. S. LAURENTII ET HADRIANI

Il biografo di Adriano I (772‑795; LP. XCVII c. 86) racconta che quel papa monasterium SS. Adriani et Laurentii, quod in ruinis marcescens . . . . a saecularibus habitabatur . . . . restauravit. Un documento del 998 nell'archivio di S. Prassede (Fedele Arch. soc. romana XXVII, 1904, p. 41 n. 2) porta la firma di un archipresbyter SS. Christi martyrum Laurentii atque Adriani. Quale sia la relazione di questo con S. Laurentii iuxta gradatas (sopra p. 287 n. 16) e con S. Adrianello (sopra p. 261 n. 2), resta dubbio. Nè mi pare ammissibile che il santuario di S. Lorenzo, scoperto verso il 1708 presso S. Eusebio (sopra p. 285 n. 12) abbia da fare con questo, come volle il Duchesne.

Duchesne al LP. I p. 522 n. 116, Mélanges de l'École franç. XXVII, 1907, p. 480. 484.

II Oo

L35. S. LEONIS DE SEPTEM SOLIS

Cenc.º 169 (S. Leonis inde, precede S. Iohannis a porta Latina): den. XVIII, id. lit. 32 (monasterium S. Leonis): sol. II — Paris. 324 (VII soliis) — Taur. 281 (senza cognome): habet V clericos, sed nullus servit.

Chiesa e monastero situato dirimpetto al rudere del Settizonio di Settimio Severo, sulle falde del Monte Celio. Una bolla di Gregorio VII (1073‑1085) concede ai monaci di S. Paolo fuori le mura, fra altre chiesuole  p298 ecclesiam S. Leonis papae, positam iuxta monasterium S. Andreae ad clivum Scauri (Margarini Bullarium Casinense II p. 107 n. 112; Migne CXLVIII p. 722 n. 78; Coppi Dissertazioni dell'Accademia pontificia XV, 1864, p. 212; Kehr IP. I p. 168 n. 16), e questa donazione viene confermata da Anacleto II il 27. marzo 1130 (Margarini l.c. p. 139 n. 150; Migne CLXXIX p. 692 n. 4; Kehr p. 169 n. 19). L'Em.mo Ehrle nella monografia: Die Frangipani und der Untergang des Archivs und der Bibliotek der Päpste (Mélanges Chatelain, Parigi 1910) p. 19 cita un documento del 12.giugno 1264, esistente nell'Archivio della Basilica di S. Pietro (Pergamene, capsa 63 fasc. 391), nel quale è detto: petebat quoque domina Saracena memorata, se minime molestari in iure habitationis et usus fructus sibi legato in turri de Septemsoliis . . . . et alio orto posito retro ecclesiam sancti Leonis. Un canonico ecclesiae S. Leonis de Urbe è ricordato in una bolla di Urbano V (1362‑1370), citata dell'Armellini (Arch. Vat. Urban. V Avenion. XVI kal. Iul., tom. IX p. 432): ma dopo il 1400 la chiesa scompare.

Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 42 (dal Cencio); Armellini 1 297 2 515.

II Ki

L36. S. LEONARDI DE ALBIS

Paris. 313 (senza cognome) — Taur. 374: habet I sacerdotem.

Il sito di questa chiesuola, segnato sulla pianta del Bufalini foglio GH, corrisponde all'odierno Palazzo Costaguti. È ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 57 n. 124, p. 61 n. 81, p. 66 n. 121, senza cognome; p. 59 n. 48: S. L. de Piaza Iudei), nel catalogo del 1492 (p. 77 n. 226, senza cognome) ed in quello del 1555 (p. 83 n. 100: S. L. in regione Campitelli), nella Tassa di Pio IV (p. 90 n. 103: S. L. nel rione S. Angelo), nonchè nei cataloghi di S. Pio V (p. 103 n. 236, senza cognome) e dell'Anonimo Spagnuolo (p. 111 n. 192, senza cognome). Nel sec. XV esistevano nella chiesa due iscrizioni romane, CIL. VI, 12871 e 20201; gli epigrafisti di quel tempo sogliono chiamare la chiesa S. Leonardi apud plateam Iudeorum. Nel 1597, la corporazione degli scultori e tagliatori di pietra comprò la chiesa (Fanucci Opere Pie l. 4 c. 21; Piazza, Opere Pie II p. 60); ma poco dopo, il marchese Costanzo Patrizi, volendo ingrandire il suo palazzo, la riscattò e la fece demolire. Il Lonigo dice che "fu profanata e distrutta pochi anni sono, et la cura delle anime fu aggreata alla parrocchia vicina di S. Maria  p299 in Publicolis". Questa destruzione deve essere accaduta sotto Paolo V (e non sotto Paolo III, come sostiene l'Armellini, citando il "Diario manoscritto del Terribilini nell'Archivio Vaticano"; si ttraterà di un errore di trascrizione o di stamp). — Il cognome de Albis deriva da una famiglia romana de Blancis, sulla quale si possono ricavare notizie dal Repertorio dallo Jacovacci cod. Ottobon. 2548 p. 345‑350.

Del Sodo Vallicell. f. 123, Vatic. p. 161; Lonigo Barb. f. 29, Vallicell. f. 42; Martinelli 366; Bicci Famiglia Boccapaduli 284; Armellini 1 297 2 566; Marchetti-Longhi Arch. soc. romana XLII, 1918, 520 sg.

L37. S. LEONARDI DE PORTA FLAMINIA

Sign. 114.

Nulla si può stabilire sul sito preciso e sulle vicende di questa chiesuola, ricordata dal Signorili fra S. Nicola dei Prefetti e S. Lorenzo in Lucina. Faccio osservare soltanto che la forma del cognome de porta Planna, esibita dall'Armellini, è un semplice sbaglio del copista nei codici vaticano e Brutiano, mentre il Colonnese ha Flamin̄.

Armellini 1 298 2 322.

I Gde

L38. S. LEONARDI DE SITIGNANO

Taur. 404: habet I sacerdotem.

Chiesuola esistita all'estremità settentrionale della Lungara, segnata sulla pianta del Bufalini foglio AB e su quella del Nolli n. 1229, distrutta circa il 1850 per la costruzione del Ponte di ferro. È registrata nel catalogo di S. Pio V (sopra p. 105 n. 278): S. Leonardo, membro di S. Pietro. L'Armellini pubblica una bolla di gr39, del 27. novembre 1240 (an. 14 ep. 172; cf. Zaccagni p. 419), con la quale una ecclesia S. Leonardi de ponte grandinato viene unita all'ospedale di S. Spirito; ma non è punto certo che questa fosse situata dentro Roma.

Del Sodo Vallicell. f. 70, Vatic. p. 161; Panciroli 1 402 2 563; Martinelli 163; Carlo Padredio presso Bruti vol. 27 (to. XXVI) f. 37; Terribilini cod. Casanat. 2182 f. 37. 38; Forcella XII p. 3345‑350; Armellini 1 296 2 656.

II Eo

L39. S. LUCAE

Taur. 154: habet I sacerdotem — Sign. 220.

Chiesuola posta presso S. Maria maggiore: il luogo segnato sulla grande prospettiva del Dupérac corrisponde alla parte orientale della  p300 odierna Piazza di S. Maria Maggiore, verso l'obelisco; anche l'indicazione di una pianta di chiesa con accanto S. LUL, che sul foglio MN della pianta del Bufalini si scorge dirimpetto a Pudenziana, forse riguarda questa chiesa (non è esatta invece l'indicazione sel sito sulla pianta del Massimo tav. III a p. 91 e sulla FUR. del Lanciani f. 17). È probabile che si sia sostituita all'antico monastero dei SS. Cosma e Damiano (vedi sopra p. 239 n. 22). Nel 1371 fu da Gregorio XI unita a S. Maria Maggiore (Bullarium Romanum ed. Cocquelines tom. III p. 2 pag. 333 sì.; nel documento si parla dell'ecclesia sive curia s. Lucae). Sisto IV la concedette alla compagnia dei pittori (cf. il catalogo dell'Anonimo Spagnuolo p. 108 n. 64: S. Lucas, com. pictor); fu profanata sotto Sisto V per l'ingrandimento della piazza di S. Maria Maggiore, e la compagnia, con breve del 29. dicembre 1588, fu trasferita a S. Martina. Il Mellini (Arch. Vat. misc. arm. VI vol. 38) asserisce che a tempo suo (circa il 1650) si vedevano ancora le vestigia dell'edifizio presso la Villa Peretti-Montalto.

Del Sodo Vallicell. f. 102 v., Vatic. -; Panciroli 1 428 2 82; Lonigo Barb. f. 30v., Vallicell. f. 45; Fanucci Opere pie l. IV c. 25 p. 383; Martinelli 366; Massimo Notizie istoriche della Villa Massimo (Roma 1836) 91‑94; Adinolfi II, 232; Armellini 1 314 2 191.

II Jk

L40. S. LUCIAE DE CALCARARIO ovvero DE PINEA ovvero DE APOTHECIS OBSCURIS

Cenc. 187 (de Pinea): den. VI — Paris. 300 (de Pinea) — Taur. 370 (de calcarario): habet sacerdotem et clericum — Sign. 49 (de calcarario), 96 (de apothecis), rel. 83 (de apothecis).

Chiesa tuttora esistente nella Via delle Botteghe Oscure sotto il nome di S. Lucia dei Ginnasi. Una bolla di Celestino III del 4. ottobre 1192 nell'Archivio di S. Pietro in Vaticano (Bullarium Vaticanum I p. 74; Schiaparelli Arch. soc. romana XXV, 1902 p. 345) assegna alla chiesa di S. Maria Domnae Rosae, fra altri beni ecclesiam S. Luciae cum pertinentiis suis. Al testamento di Lorenzo de Amadeis del 31. ottobre 1387 (Galletti cod. Vat. 8051 "ex cart. S. Mariae Trantiberim"; Marchetti-Longhi Memorie dei Linceiº Ser. V, vol. XVI, 1923, p. 697) sottoscrive un dns. presbiter Matheus rector ecclesie S. Lucie de Apothecis. La chiesa viene ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 50 n. 103: S. Luciae iuxta arcum obscurum; p. 59 n. 41, p. 62 n. 85, p. 66 n. 110, p. 67 n. 9: S. Lucia delleº Pontiche oscure). È registrata inoltre nel catalogo del 1492  p301 (sopra p. 76 n. 113: in apothecis oscuris), nella Tassa di Pio IV (p. 90 n. 101: alle botteghe oscure) e nel catalogo di S. Pio V (p. 103 n. 215, senza cognome). Nel 1630 il cardinale Domenico Ginnasi riedificò la chiesa: ma non so donde il Marchetti-Longhi abbia tratto la notizia che il cardinale l'abbia rifatta "con cambiamento di orientamento verso la piazzetta de' Ginnasi, anzichè sulla via delle Boteghe Oscure": tanto la pianta del Bufalini (1551) quanto la grande prospettiva del Maggi-Maupin (1625) già la rappresentano con la facciata verso la piazzetta. È probabilmente identica con l'oratorium S. Luciae in xenodochio Aniciorum (più sotto p. 306 n. 49).

Del Sodo Vallicell. f. 141 v., Vatic. p. 165 (Santa Lucia alla boteche scure); Panciroli 1 429 2 814; Lonigo Barb. f. f. 32 v., Vallicell. f. 45v.; Martinelli 163; Bruti vol. 16 (to. XV) f. 237‑248 (ital.), vol. 10 (to. X) f. 205‑209 (lat.), vol. 22 (to. XXI) f. 1‑8 (= pars. IV lib. I c. 1); Nibby 308; Forcella V p. 397‑411, vol. XIII p. 477; Armellini 1 316 2 494; Marchetti-Longhi Arch. società romana XLII, 1918, p. 446‑450. • Titi 154.

II Hf

L41. S. LUCIAE A CAPTUSECUTA ovvero IUXTA FLUMEN

Cenc. 308 (Capium secuta): den. VI, est sine clericis — Paris. 302 (a gampto secuta) — Taur. 327 (iuxta flumen): habet I sacerdotem — Sign. 6 (in canto secuto).

Chiesa annoverata fra le filiali di S. Lorenzo in Damaso nella bolla di Urbano III del 1187 (sopra p. 132 n. 15: S. Luciae affinem; doveva essere ad flumen): esiste ancora nei sotterranei dell'Oratorio del Gonfalone nella Via delle Carceri Nuove (Nolli n. 562). Quando nel sec. XIV non lungi da essa venne edificata un'altra chiesa di S. Lucia detta della chiavica ovvero Nuova (v. più sotto n. 43), la prima ebbe il nome di S. Lucia vecchia. È ricordata nel Liber Anniversariorum del Gonfalone (sopra p. 59: S. Lucia vecchia e p. 62: S. Lucia); nei cataloghi del 1492 (p. 74 n. 152: S. L. in horto; degli orti vicini alla chiesa ragiona un documento del 1352 presso Ruggeri, Arciconfraternita del Gonfalone p. 106), del 1555 (p. 83 n. 103: S. L. vecchia ad Tiberim regione Pontis), di S. Pio V (p. 100 n. 136: S. L. veteris, oratorio della compagnia del Gonfalone) e dell'Anonimo Spagnuolo (p. 111 n. 173: oratorio degli confaloni a la piazza de padella). Si vedano, fra altre, le indicazioni di luogo che gli epigrafisti dei sec. XV‑XVI appongono all'iscrizione CIL. VI 10044: il Ligorio, più esplicito degli altri, dice di averla copiata "nel rion di Ponte sotto la chiesa di S. Lucia  p302 vecchia, ove ora si chiama Piazza Patella presso il Tevere". Sul cognome in Capto Secuta(e) v. sopra p. 215.

Lonigo Barb. f. 31, Vallicell. f. 45 v. (dal Cencio); Ciampini de Vicecancellario p. 172; Fonseca de basilica S. Laurentii in Damaso 307; Ruggeri L'Arciconfraternita del Gonfalone 105‑116; Armellini 1 317 2 359; Angeli 338.

II Fl

L42. S. LUCIA DE CONFINIO ovvero DE COLUMNA

Cenc. 279 (de confino): den. VI — Paris. 298 (de confingio) — Taur. 38 (de confino): habet sacerdotem et clericum — Sign. 120 (de confinio), 132 (de columna).

Chiesetta già situata sul limite dei rioni Trevi e Colonna, entro quest'ultimo. In una bolla di Gregorio IX del 5. luglio 1233 (ed. Auvray I p. 808 n. 1449, Potthast 9258) è ricordato un archipresbyter Sanctae Luciae de Confinio de Ubre; un presbiter Egidius rector ecclesiae S. Lucia de confino sottoscrive ad un documento del 1277 nell'archivio di S. Silvestro in Capite (Federici Arch. soc. romana 1899, 290. 291). Invece un'altra bolla di Gregorio IX del 2. febbraio 1228, pubblicata dal Crescimbeni, S. Giovanni avanti Porta Latina p. 253 la chiama S. Luciae in Colupna. Con quest'ultimo nome si trova pure ricordata nei Liber Anniversariorum (sopra p. 54 n. 38, p. 60 n. 25, p. 63 n. 41), mentre il catalogo del 1492 (sopra p. 72 n. 91) la registra sotto il semplice nome di S. Lucia. Leone X con bolla del 19. maggio 1520 la concedette alla Compagnia della Carità per le donne convertite (Bullarium Romanum ed. Cherubini I p. 534): la Compagnia eresse sul medesimo luogo una nuova che, dedicandola a S. Maria Maddalena (Nolli n. 356). Con quest'ultimo nome si trova nel catalogo del 1555 (p. 84 n. 144) ed in quello dell'Anonimo Spagnuolo (p. 111 n. 185), mentre quello di S. Pio V (p. 106 n. 321) la chiama S. Lucia delle Convertite. Fu distrutta sulla fine del secolo XVIII. Il passo della biografia di Onorio I (LP. LXXII c. 6) si riferisce a S. Lucia in Silice, v. p. 306 n. 48.

Del Sodo Vallicell. f. 82 v., Vatic. p. 237 (S. Maria Maddalena in S. Lucia, delle meretrici pentite); Panciroli 1 433 2 402; Lonigo Barb. f. 31, Vallicell. f. 45 v.; Martinelli 367; Bruti vol. 10 (to. IX) f. 58 v.-64 (= lib. I c. 7); Crescimbeni S. Giovanni avanti Porta Latina 165‑167; Adinolfi II 347; Armellini 1 321 2 293.

I Hf

L43. S. LUCIAE NOVAE

Essendo la chiesa di S. Lucia iuxta flumen, ovvero in captu secutae, situata in luogo basso e soggetta alle inondazioni del Tevere, verso la  p303 metà del sec. XIV fu costruita non lungi da essa un'altra chiesa dedicata alla medesima santa, e fu chiamata nuova. La più antica menzione di essa si trova in un documento del 1532 presso Ruggeri, Arciconfraternita del Gonfalone p. 105 sg., cf. 154; da un censuale della basilica Vaticana del 1371, l'Armellini cita il passo seguente: Lippus Rubeis funarius de regione Parionis et parocchia S. Stephani (in Piscinula) prope Sanctam Luciam novam. È registrata nel catalogo del 1492 (sopra p. 74 n. 151: hospitale et aedes S. Luciae), del 1555 (p. 83 n. 164: ad cloacam) e di S. Pio V (p. 100 n. 124: S. Lucia della Compagnia del Gonfalone). Secondo il Martinelli sarebbe stata chiamata anche in Piscivolis. Esiste ancora nella Via dei Banchi Vecchi (Nolli n. 661).

Del Sodo Vallicell. f. 115 v., Vatic. p. 163 (S. L. alla chiavica); Panciroli 1 430 2 760; Lonigo Barb. f. 31 v., Vallicell. f. 46; Martinelli 164 (in Piscivolis); Nibby 309; Forcella VII p. 425‑446; Armellini 1 318 2 421; Angeli 237; Calvi Bibliografia 78.

I Eh

L44. S. LUCIA QUATTUOR PORTARUM

Paris. 303 Taur. 63: habet V clericos — Sign. 86.

La più antica menzione di questa chiesa si trova in un'epigrafe del 1002 (Corvisieri Arch. soc. romana I, 1876, p. 108; Forcella XI p. 237 n. 374) di un [Ro]manus indignus presbyter fere [ab incu]nabu[lis ed]octus adque nutritus in ecclesia Sce. Lucie [que est iu]sta posterulam IIII portarum posita. Un Blasius presbyter ecclesiae S. Luciae ad quattuor portas sottoscrive al beneplacito di Onorio II (1127) sulla controversia fra la basilica SS. Apostolorum e S. Marco de dignitate crucis fraternitatis romanae (Liverani opp. IV p. 258; Kehr IP. I p. 13 n. 22, p. 72 n. 3). In un privilegio di Nicola II del 1278, scolpito in un marmo tuttora esistente nella chiesa, è detta pure S. Luciae quatuor portarum (Forcella XI p. 238 n. 375). Nicola IV con bolle del 13. settembre 1289 e del 13. marzo 1290 (I p. 274 n. 1361; p. 417 n. 1399 ed. Langlois) concedette alla chiesa delle indulgenze. Il catalogo del 1492 (sopra p. 72 n. 95) la chiama semplicemente S. Luciae. Nel sec. XVI ebbe pure il nome di S. Lucia della Tinta (così nella Tassa di Pio IV, sopra p. 90 n. 102, nei cataloghi di S. Pio V, sopra p. 99 n. 106, e dell'Anonimo Spagnuolo p. 112 n. 231), mentre il catalogo del 1555 la chiama S. Lucia de la tincta sive quattuor portarum dai tintori che in quei dintorni esercitavano il loro mestiere: una falsa erudizione ne ha fatto il cognome pseudo-antico S. Luciae in Terento. Nel medesimo secolo vien detta anche s. Lucia dei  p304 Galletti, dal palazzo vicino di quella famiglia. Esiste tuttora nella Via di Monte Brianzo.

Del Sodo Vallicell. f. 90, Vatic. p. 165 (S. Lucia della Tinta); Panciroli 1 435 2 462; Lonigo Barb. f. 31 v., Vallicell. f. 46; Martinelli 165. 367; ib. 311; Corvisieri Arch. soc. romana I, 1877, 106‑110; Forcella XI p. 233‑243; Armellini 1 314 2 331; Angeli 240. • Titi 398‑400.

L45. S. LUCIA RENATI

Antichissimo monastero, chiamato dapprincipio S. Andreae et Luciae (Gregor, Magn. reg. lib. XI ep. 15 del 5. ottobre 600; cf. dial. IV, 12; monasterium Renati; reg. Sublac. p. 155 n. 109 dell'anno 980: rector monasterii S. Andreae et S. Luciae, qui appellatur Renati). Un rettore del monastero sottoscrive al concilio lateranense del 649 (Concilia ed. Harduin. III p. 719), ed al concilio ecumenico del 681 è presente un Γεώργιος πρεσβύτερος καὶ μοναχὸς μονῆς τῆς Ῥενατης διακειμένης κατὰ τὴν πρεσβυτέραν Ῥώμην (Concil. ed. Harduin. III p. 1147 ed. Paris. 1714). L'oratorium S. Lucia quod ponitur in monasterio de Renati è ricordato nelle biografie di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 38. 75) e di Gregorio IV (827‑844: LP. CIII c. 9). Un documento del Regestum Sublacense del 936.39 (p. 86 n. 45) ricorda un silix iuris Sancte Lucie qui vocatur Renati nel territorio tiburtino. In altre due carte del medesimo regesto che si riferiscono all'oratorio di S. Teodoro presso Porta Maggiore (v. più sotto T n. 4) è chiamato monasterium S. Andreae apostoli qui appellatur Renati (p. 170 n. 121 del 937) oppure monasterium sanctae Luciae qui appellatur Renati (p. 179 n. 122 del 952): vi si parla di terrae iuris monasterii situate appresso al detto oratorio. La nota bolla di Gregorio VII per S. Paolo (Coppi Dissert. dell'Accademia pontificia XV, 1864, p. 212; Kehr IP. I p. 168 n. 16) conferma a questo certi terreni situati sulla via Tiburtina presso Ponte Mammolo (v. su essi Tomassetti Arch. soc. romana XXX, 1907, p. 26), che confinavano anche con una terra S. Luciae de Renati. Finalmente un documento del 22. settembre 1162 nell'archivio di S. Maria Nova (Fedele Arch. soc. romana XXVI, 1903, p. 27 n. 89) descrive un pezzo di terra positum ad Cimbrum vel ad Sanctam Luciam Romite in monte Pipino (cf. ivi p. 83 n. 131 del 1188: infra urbem in loco qui dicitur Pipino; fra i confinanti vi è S. Eusebio). Da quest'ultimo documento nonchè dal fatto che tutti i beni del monastero stavano nella parte orientale della città o sulla via Tiburtina, mi pare risulti che il monastero di S. Lucia sorgesse sull'Esquilino, e probabilmente non  p305 lontano dai Trofei di Mario, come già sospettò l'Armellini. Il privilegio di Anastasio IV del 30. dicembre 1153 conferma alla basilica lateranense fundum S. Lucie in Renati (Crescimbeni, Storia di S. Giovanni a Porta Latina p. 250; Kehr IP. I p. 28 n. 19); quello di Gregorio IX del 2. febbraio 1228 (Crescimbeni p. 254) invece ricorda fundum et ecclesiam S. Lucie in Renati cum vineis et omnibus pertinentiis suis.

Lonigo Barb. f. 31, Vallicell. f. 45; Martinelli 367; Lubin 343; Armellini 1 320 2 809; Kehr IP. I p. 89.

I NOn

L46. S. LUCIAE IN SEPTEM SOLIIS

Cenc. 32 (de septem soliis): den. XVIII — Paris. 301 (de VII foliis) — Taur. 280: diaconia cardinalis, habet II clericos, sed nullus servit — Sign. 266.

Diaconia assai antica, ricordata già nell'Anonimo Einsidlense (sopra p. 5 n. 37), nelle biografie di Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 38. 75: Luciae in septem vias) e di Gregorio IV (827‑844; LP. CVII c. 29: S. L. in septem vias), nonchè da Pietro Mallio (sopra p. 127: S. Lucie Palatii in cyrco iuxta Septa Solis). Esistette, come titolo cardinalizio, fino al tempo di Sisto V (Cristofori Storia dei Cardinali I p. 230). La chiesa non venne distrutta, come spesso fu asserito, da quel pontefice, ma sembra che sia stata abbandonata e caduta in rovina dopo l'abolizione del titolo cardinalizio. Il sito, come hanno dimostrato lo Stevenson ed il Bartoli, era alquanto discosto dal rudere del Settizonio di Severo distrutto nel 1585: probabilmente stava vicino alla torre in capite Circi.

Lonigo Barb. f. 31, Vallicell. f. 45 v.; Martinelli 366; Stevenson Bull., comunale 1888 p. 269 sg.; Armellini 1 318 2 516; Bartoli Bollettino d'Arte III 253‑269; Lanciani Storia degli Scavi IV, 138 sg.

L47. S. LUCIA DE SEPTIGNANO

Paris. 299 (de septi nano).

Nulla si sa intorno al sito e alle vicende di questa chiesuola, la quale, stando al cognome, si dovrebbe cercare nei pressi della Lungara (v. S. Iacobi de Septimiano, sopra p. 268 n. 10 e S. Leonardi de Sitignano p. 299 n. 38). È questa la settima chiesa di S. Lucia annoverata nel parigino, mentre l'epitome di Giraldo cambrense (sopra p. 19) ne ricorda soltanto sei.

I Jq

L48. S. LUCIAE IN SILICE

Cenc. 34: den. XVIII — Paris. 297 (de silice) — Taur. 157: diaconi cardinalis, habet clericos V — Sign. 222.

Diaconia fondata da Onorio I (625‑628; LP. LXXII c. 6: hic fecit ecclesiam beatae Luciae in urbe Roma iuxta S. Silvestrum, quam dedicavit et multa dona obtulit), restaurata da Leone III (795‑816; LP. XCVIII c. 90). È ricordata pure nella biografia di Leone III c. 38 e 75, ed in quella di Gregorio IV (827‑844; LP. CIII c. 21). In tutti questi testi è detta in Orphea, nome che ricorda l'antico lacus Orphei, fontana monumentale sull'estremità del Clivus Suburanus verso l'Esquilino (cf. Huelsen-Jordan Topogr. I, 3 p. 345). Dopo il Mille vi si sostituisce il cognome in silice, dai selci dalla strada conducente verso l'antica Porta Esquilina. L'Armellini, "da antichi libri catastali" toglie la notizia che la basilica di s. Pietro in Vincoli alla fine del sec. XV possedette un orticellum prope ecclesiam S. Luciae in Siricata (= in silicata). È notevole pure il nome S. Luciae in caput Suburae nel catalogo del 1492 (p. 70 n. 38). Esiste tuttora sul posto antico. Il cognome inter imagines presso l'Armellini (che lo prese dallo Zaccagni p. 419, il quale, a sua volta, cita "Signorili f. 49") è dovuto ad una pura confusione con S. Nicolai inter imagines.

Del Sodo Vallicell. f. 103, Vatic. p. 162; Panciroli 1 432 2 214; Lonigo Barb. f. 31, Vallicell. f.º 45 v.; Martinelli 164; Bruti vol. 16 (to. XV) f. 212 v.-216 (ital.), vol. 11 (to. X) f. 182‑186 (lat.), vol. 6 (to. V) f. 233‑240 (= l. VII c. 26); Nibby 310; Adinolfi II, 116; Forcella X p. 355‑362; Armellini 1 316 2 218; Angeli 239; Kehr IP. I p. 46. • Titi 242‑243.

L49. S. LUCIAE IN XENODOCHIO ANICIORUM

Fra le chiese arricchite di doni da Leone III nell'806 (795‑817; LP. XCVIII c. 81; cf. sopra p. 10 n. 114) viene ricordato anche un oratorium sanctae S. Lucia qui ponitur in xenodochium qui appellatur Anichiorum. Di fabbriche erette dai nobili Anicî sul lato nord del Circo Flaminio dà testimonianza l'iscrizione monumentale CIL. VI n. 1676, trovata nella Via delle Botteghe Oscure nelle vicinanze di S. Lucia de calcarario (sopra p. 300 n. 40). Forse quest'ultima ha esistito già nel sec. IX e fu eretta in uno xenodochium Aniciorum. È senza fondamento l'opinione del Vignoli (seguita dall'Armellini) che l'oratorium in xenodochio fosse identico a S. Lucia in captosecuta (p. 301 n. 41).


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