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Memorie storiche di Cannaiola

di
Pietro Bonilli

dattiloscritto
zzz

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seguente:

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Parte I Capo 2

 pag. 4  Parte I

Capo I
Uno sguardo generale al Paese

1 Varia posizione • 2 Il Castello • 3 L'Università • 4 Qualità e posizione de' terreni • 5 Stato igienico • 6 delle famiglie • 7 Civile e morale

1. Dalle più antiche memorie risulta, che il Paese che imprendo a descrivere ha avuto varii nomi. È stato chiamato S. Angelo in Arsicciali, CastelnuovoCannaiola. Gli è rimasto quest'ultimo col quale ora comunemente si appella. Una costante tradizione pretenda, che al principio del 1400, il Paese si trovasse un mezzo chilometro più all'Est di quello ch'è al presente; e precisamente la Chiesa Parrocchiale fosse posta vicino al Canale chiamato Fiumicello de' Prati ne' terreni, che adesso possiede la Cura. Io non ho elementi decisivi a giudicare esattamente sul merito di questa tradizione: esempio i fatti. È ben vero che quelle pertinenze chiamansi S. Angelo Vecchio, laddove quelle in cui al presente trovasi il centro del Paese ha nome S. Angelo Nuovo. Non ha molti anni, praticandosi in quei luoghi degli scavi per trovarvi (crematori e barbagianni si son trovati sempre in buon dato) si rinvennero ruderi di fabricati ed ossami di cadaveri umani. Seguendo la tradizione il paese difatti era stato piantato in una situazione infelicissima, perchè nel punto più basso dell'Umbria dove riunivansi le acque tutte pluviali. Arrogi che il Torrente Tatarena, scorrendo proprio nella strada che al presente percorre il paese, versando nelle forti piene, veniva ad aggravare la sua condizione, per sè già bastantemente disgraziata. Era costretto adunque per non rimaner sommerso cambiar sito. Ciò venne opportuno, quando il Torrente Tatarena fu portato dopo il 1300 più ad Ovest nel luogo che occupa tuttora. Trovato sgombro il  pag. 5 suo letto che poteva servire benissimo per una strada: per il nuovo lavoro che meglio infrenava le acque più sicuro a destra; a sinistra più lontano dal punto di riunione delle acque di scolo della valle; sembra verosimile, che si decidesse a fabbricare le nuove case dove le ha presentemente. Ripeto: io narro, non giudico la tradizione in discorso: non ho creduto però disprezzabile quest'opinione ch'è comune a tutti i Cannaiolesi.

2. A capo del Paese esiste il Castello, costruzione solida e robusta di forma quadrangolare, ha dei bastioni, collocati però senza simmetria. Ad Oriente, come in tutti gli altri castelli, si apre l'unica porta, difesa da un alta Torre con feritoie a vani circolari per armi di piccolo e grosso calibro. Permetteva una facile difesa, perchè oltre la grossezza non ordinaria delle muraglie non vi si poteva accedere, perchè fornito di ponte levatoio, circondato da fosso largo e profondo che potevasi a piacere provvedere di acqua. Secondo le memorie storiche del Sig. Durastante Natalucci su Trevi e Territorio, da me consultate, il predetto Castello fu costruito circa il 1540 per ordine del Comune di Trevi in quell'epoca maleaugurata di guerre civili e di fraterne discordie.a Lo dotò e munì di armi e di leggi perchè potesse ben difendersi e conservarsi. Tra le altre ordinazioni trovai notate, che non potevansi piantare alberi vicino al Castello, e senza l'ordine della Comunità era interdetto il fabbricar sopra le mura castellane. Entro il suo recinto avea alcune case, ed una chiesuola dedicata a S. Nicolò di Bari con affreschi del 1500, ma, secondo i periti, di verun pregio.

Questo Castello è in via di totale deperimento. La parte meridionale nel 1850 crollò; le casupole interne sono scomparse; la chiesetta, minacciando rovina, con ordine della Superiorità Ecclesiastica, fu demolita nel 1869, ed è materiale adoperato ne' grandi restauri della Chiesa parrocchiale; le muraglie di anno in anno vengono scaricandosi. E così di quel Castello che tante spese avrà costato, che sarà servito a tanto  pag. 6 fasto, e che avrà protetto il più spesso tante scelleragini, tra non molto non rimarranno che poche macerie. Il più onorevole impiego de' suoi materiali sarà l'assodamento delle nostre strade! Tutto al più avrà contribuito a dare un titolo a questo paese, che da quella costruzione fu ed è chiamato: Castello di Cannaiola.

3. Aveva Cannaiola una qualche preminenza tra gli altri paesi, imperocchè era la prima del Terziario del Piano de Trevi. Questa qualifica non so quale distinzione la procurasse; ma non dovea andare disgiunta da qualche importanza, tanto più che avea un florido Comune, o Municipio, o come lo vedo più universalmente chiamare Università di S. Angelo. Il timbro parrocchiale, comune o identico col municipio, porta intorno all'Imagine di S. Michele Arcangelo questa scritta: Universitas S. Angeli in Castro Novo.

Aveva una possidenza relativamente grande, imperocchè i suoi Fondi sommavano a quaranta, dell'estimo censuario di Scudi 816. Non se ne conosce la provenienza.

Non so se avesse entrate anche per parte di gabelle, ma è probabile che ne fosse priva, perchè questa beatitudine ci è stata importata dalla civiltà moderna, e cresce com'è naturale, sempre a livello di questa. L'impiego più accertato dell'introito ho veduto essere a benefizio della Chiesa Parrocchiale, e da questa perpetua consuetudine derivò che passasse in legge, di somministrare alla detta Chiesa, un annuo Canone di Scudi 15. I soli originarii del Paese erano quelli che potevano aver sede nelle adunanze che tenevansi per trattare gli affari del Comune; erano i soli che aveano facoltà di amministrare le sue entrate. Gli eletti a presiedere l'Università erano chiamati MassariCamerlengo. I Consigli tenevansi d'ordinario nelle stanze poste sopra il tempietto del Castello intitolato a S. Nicolò. Il Comune terminò ad avere la sua autonomia nell'anno 1801. In quell'epoca sventuratissima per l'invasione dello straniero, dalle pubbliche amministrazioni s'incontrarono debiti enormi; e per pagarli il Governo Pontificio fu costretto a  pag. 7 demaniare molta possidenza de' Comuni. Tal sorte toccò anche a Cannaiola, ma però ne mantenne l'amministrazione fino al 1824 per mezzo di due persone chiamati Deputati del Castello. In quell'anno per ordine della Congregazione del Buon Governo i Beni del Comune di Cannaiola furono ceduti in enfiteusi perpetua a quello di Trevi.

4. Il Paese presente varia qualità di terreno: La parte costeggia il Tatarena a destra e a sinistra, fino al principio di questo secolo, è stata incolta: era ingombra di sterpi, rovi e boscaglie, perciò si acquistò a poco prezzo: fu messa a coltivazione; ma il terreno è argilloso, poco favorevole alla raccolta del grano, molto a quella del mosto che vi esce eccellente ed è ricercato. Per contrario quella dove è il fabricato fino ai confini del suo territorio da parte di levante, il terreno è buono, ma forte, tenace, non sciolto; atto al grano, ma la piantagione richiede un lasso di anni perchè prenda possanza. Tanto per riguardo alla natura: in quanto all'arte è molto indietro. I suoi abitatori coltivano ma non però così bene, come gli altri loro vicini: non attendono in generale se l'opera è fatta bene, ma se fu fatta, non curant de modo. Sembra che abbino una scusa dell'esser posti in peggior condizione degli altri: le acque non hanno un facile scolo: il territorio è vastissimo, e non si ha il tempo materiale ad eseguire con perfezione i lavori.

E certamente, che la posizione di Cannaiola sia poco favorevole e comoda è facile dimostrare. Dessa trovasi in mezzo al piano dell'Umbria, ma nel più depresso e basso fondo. Ciò importa che nelle grandi pioggie, tra l'acque che cadono naturalmente dal cielo, e le altre che versano dai tanti torrenti che la circondano, vengono tutti a scolare e fermarsi nella sua campagna con allagamento generale. E se di recente è avvenuta la seminagione de' generi, se sono in sul maturare e prender corpo; o se già falciati e mietuti ancor trovansi ne' campi, cosa rimarrà di tante fatiche e di tante speranze? Chi potrà misurare i danni che succedono a tali alluvioni. Qual rovina e apiantamento (?)  pag. 8 per tante famiglie? Uno stato sì doloroso appariva a chiunque si fosse affacciato, dopo una grave pioggia, dalle due ringhiere dell'Umbria Trevi e Montefalco. Gli si rappresentava dinanzi un paese intero circondato e quasi sommerso nelle acque. Ma non vi erano canali che raccogliessero e trasportassero queste acque? Sì che ve n'erano; ma tutti poco sufficienti allo scopo. Quello che in specie avrebbe apportato salute era il Fiumicello de' Prati, ma di pochissima pendenza, anche poc'acqua trascinava. Questa pendenza era dunque indispensabile e per concedergliela conveniva immettere le sue acque nel Territorio di Montefalco, che per un etichetta di campanile, vi ci si opponeva. Trevi, come naturale Protettore di Cannaiola, s'impegnava a suo favore, ma il rivale Montefalco sventava i suoi progetti. Non terrò dietro a questa questione in tutte le sue fasi, questione che per Cannaiola era della suprema importanza, e che aveva consumato qualche mezzo secolo. Mi basta rammentare, che l'anno 1866 segnò l'epoca della sua vittoria, e subito si die' mano ai lavori che anche con sufficiente celerità si compirono.

La perfezione del lavoro non fu pari alla sollecitudine per le solite mangerie degli Ingegneri: però se Cannaiola non può dirsi del tutto libera dalle acque, n'è certo immensamente più immune di prima e per poche ore danneggiata. Tra i terreni che maggiormente vennero buonificati dal nuovo lavoro furono di certo quelli della Parrocchia: molti de' quali trovansi adiacenti a quel canale: E laddove nelle Mappe ho trovato, che quei terreni venivano indicati sotto il . . . nome di acquastrini, ora  pag. 9 sono bastantemente asciutti e il grano vi fa ottima prova. Il Promotore principale di questo bel lavoro fu il compianto Sig. Tiberio Natalucci di Trevi, cui Cannaiola dovrà eterna gratitudine.

5. Dalle cose che abbiamo dette è facile concludere che anche l'aria di Cannaiola non dovea esser troppo sana. Ed è la verità. Ma pur quest'inconveniente può dirsi ormai quasi del tutto eliminato od almeno ristretto a qualche sola contrada del paese. Desolante è il racconto che dello stato sanitario mi han fatto questi popolani ad un epoca non molto rimota; nè poteva essere altrimenti. Un Paese in genere ha la malaria quando trovasi in bassa posizione; ma se questo trova un eccezione qualche volta, non l'ha mai, quando oltreciò ha delle paludi e delle acque stagnanti. E in realtà, Cannaiola, quando avea ferme le acque delle inondazioni e facevano fracidare le erbe palustri delle tante fosse e laghetti, dovea essere circondata da un atmosfera puzzolente, che per necessità induceva le febbri e gli altri malori che fanno triste corteggio all'aria malsana. Questa situazione era aggravata anche di più dal macerarsi le canape nel Fiumicello de' Prati, e perciò vicino al paese, senza mai rinnovar l'acqua. I primi cattivi effetti di questo stato apparivano in quel color pallido e terrestro che s'improntava nel volto de' suoi abitatori, seguivano quindi le malattie che si appigliavano alla maggior parte della popolazione, che non la prostrava a letto, ma la rendeva simile ad ombre ambulanti, incapace per molti mesi a qualunque lavoro.  pag. 10 E per venire in soccorso di tante sventurati la b.m. di M. Monticelli lasciò un Legato all'Ospedale di Trevi onde somministrare gratuitamente ai poveri di Cannaiola ogni sorta di medicina. Questa fu opera egregia ma non lo fu meno il procurare per mezzo di lavori fatti nel Fiumicello come ho detto, lo scolo delle acque, il rimuovere il luogo della macerazione delle canape ed averlo trasportato (anno 1854) al di là de' prati in una forma ben capace, nella quale s'immette sempre nuova e limpida acqua.

Come da questi miglioramenti si bonificarono i terreni così anche l'aria fu molto purificata, le malattie si videro più di rado e meno tenaci, e se altri mantiensi in un metodo regolati di vita nel cibo e nella bevanda, sfuggonsi di certo, come a me è avvenuto, che in molti anni che ho dimorato in Cannaiola, non ho mai sofferto infermità provenienti da malaria. Su questo riguardo non è da pretermettere una cosa ben singolare. Dalla gran peste che nel 1500 desolò tutta Italia fino al colera del 1867 nessun morbo di tal specie è comparso in questo Paese. Nessuno mi ha saputo spiegare questo fenomeno; ma il fatto esiste.

L'abbondanza delle acque ha fornito Cannaiola buona copia di pesce, che sebbene non sia di specie la più ricercata, per qualche famiglia procura un onesto sostentamento in qualche mese dell'anno. La pescagione però a confronto del tempo passato è alquanto adesso diminuita. I vecchi mi hanno riferito cose meravigliose di pesche copiosissime fatte ai loro tempi. E nel Mugnonio ne' suoi Annali manoscritti, trovo confermata la cosa: è ben riportare questa pagina per avere almeno un saggio del forbito stile con cui servivasi al principio, credo, del 1700.b Messer Mugnonio scrive così:

Ai 23 di Maggio li Massai et homini di Castel novo per l'antiqua et moderna amicitia hanno avuto et hanno con la magnificentia di M. Natinbene degli Valenti da Trevi, fu procurato a pescare lu fosso de Castello et focce pigliato del pesce et fu fatto degnissimo convito per onorare il prefato Natinbene molto splendido et sontuoso de omni carne et vivande et vini e pesce, e li ce furono ad quello convito  pag. 11 più de 60 a magnacce con molti altri loro Benevoli.c

6. Molte e ricche Famiglie aveva Cannaiola: e godevano molta prosperità. Si può dire quasi in tutta l'estensione del termine che al principio di questo secolo Cannaiola era dei Cannaiolesi; possidenti forastieri non ve ne erano o per poco. Uno de' primi posti tenevano i Ciccaglia che sembra in antico avessero il Cognome di Clarici e discendessero da S. Giacomo di Spoleto; i Paolini che contavano tra i suoi membri il Sig. Mattia di grande autorità nel paese e specialmente a Trevi: i Trampetti, i Benedetti, i Santerenzi o Renzi. Però se queste famiglie abbondavano di possessioni, nessuna all'infuori della Ciccaglia, possedeva Casa, che sì all'esterno che all'interno, avesse aspetto di ricca. Al presente le ricche famiglie di Cannaiola sono scomparse di guisa che le rimaste non hanno vera agiatezza. Le cagioni di tal decadimento sono varie. Altre sono partite come la Ciccaglia e la Paolini. Altre per divisioni tra fratelli, per avversità ostinata di stagioni, qualcuna per scioperataggine e vizi sono non sol decadute ma ridotte a miserie od estinte. Cominciano un po' adesso ad innalzarsi i Pergolari-Dragoni ed i Riccioli (vulgo Bozzatta).

Ma se in generale Cannaiola non ha famiglie che posseggono assai, pure sono sufficientemente industriose: vera povertà e miseria da dover elemosinare non vi ha. Certo quest'industria potrebbe esser maggiore, ma è sufficiente per toglierle dai bisogni più forti.

Questo Paese ha dato i natali a molte persone degne di rispetto. E prima a varii Sacerdoti: trovo memoria di un D. Flaminio Renzi membro della Famiglia che istituì varii Beneficii Ecclesiastici; di D. Domenico Renzi che fu Parrocco in questa sua patria; di D. Carlantonio Rainaldi che molto contribuì ai restauri della Chiesa parrocchiale; di D. Carlo Vincenti; di D. Isidoro Paolini Vicario Foraneo a Castelritaldi che donò a questa Chiesa una bella pianeta di seta torchina ricamata in oro e seta: di un Religioso de' Minori Riformati della Famiglia Saoccia (estinta) che donò alla Chiesa molte reliquie — Molte sono state  pag. 12 le donzelle che hanno preso il velo monastico in varii Conventi, specialmente in quello di S. Chiara di Trevi dove contemporaneamente eranvene sei, tra le quali per onore nomino Maria Luisa Santerenzi Abbadessa da oltre a venti anni. Anche un ricordo sel merita il Sig. Giuseppe Pergolari esimio Precettore di Letteratura in Spoleto, ivi morto nel 1865.

Per rispetto all'animato, Cannaiola si è venuta accrescendo gradatamente come ogni altro paese. Dai pochi stati d'anime rimasti ho trovato che nell'anno 1729 le Famiglie ascendevano al numero di 77 con anime 340. Nel 1740 anime 376. Al principio di questo secolo le Famiglie assommavano a circa 90 con circa 450 anime. Nel 1860 le famiglie erano giunte a 117 con anime 590. Il censimento ultimo compiuto al finire del 1871 dava per Cannaiola questa cifra: Famiglie 121; Anime 615. Così essendo Cannaiola, eccettuata Bovara, per numero di popolazione, tiene il primo luogo tra le Ville del territorio Trevano.

7. In ultimo dovrei dare un cenno anche sullo stato civile e morale del paese: questo però come ognuno vede è affare scabroso e delicato, ma non tacerò la verità benchè dura. Sullo stato di coltura e d'istruzione me ne passo con poche parole. Se riguardasi la capacità naturale di mente e di cuore di questa Parrocchia, mi sembra che abbia comune colle altre popolazioni circostanti la poca intelligenza, lo spirito poco attivo e svegliato. A questa ottusità influirà abbastanza il clima, la postura, molte cause fisiche, perchè lo spirito riceve molta influenza dalle cose sensibili ed esteriori: ma gli è certo che poca è la premura d'istruirsi e di civilizzarsi. L'opera dell'uomo di Chiesa assai tardi ricaverà il suo profitto. Il mio immediato antecessore P. Cirillo da Onano ed io abbiamo fatto scuola alla gioventù di questo paese, ma il risultato sebbene ristretto, per ora è rimasto frustrato dal nuovo ordine di cose in cui sono stati posti de' Maestri governativi ben poco atti all'istruzione.

In quanto alla parte morale è certo che Cannaiola è stata abbandonatamente coltivata: imperocchè vi sono stati quasi senza interruzione Parrochi fissi, i quali colla parola, coll'opera, coll' pag. 13 esempio e con ogni genere di premura hanno procurato mantener viva la fede ed il buon costume. I medesimi per lo stesso scopo hanno istituito varie pie Unioni dandole specialmente un indirizzo morale e pratico. E siccome il culto esterno ha una grande influenza sui buoni costumi, ho potuto rilevare questo essere stato splendido e manifestato in tutte le epoche, in tutte le circostanze. Sono stati intrapresi pellegrinaggi ai Santuarii, e però ho veduto, nel dì dell'Annunziata andavasi cola processione alla Madonna delle Lagrime e a Pietrarossa: e qualche volta a S. Arcangelo, ai SS. Vincenzo e Benigno in Trevi. Questo fin da epoca remotissima, dal 1588. A quel tempo rimonta pure la celebrazione solenne delle feste natalizie col Mattutino, la Settimana Santa, la Pasqua colle Quarantore. Nella Quaresima poi fin dal 1600 trovo esserci stato il Predicatore, che dispensava la divina parola due volte la settimana, ed aveva Scudi 8 di emolumento. Terminò però al finire del secolo passato, di poi, sebbene ad intervallo qualche volta vi sia stato, è avvenuto per iniziativa de' Parrochi. Vi sono state date varie Esercizii Spirituali e Missioni: le più memorabili sono state quelle del 1846 per 15 giorni per opera del P. Seguì Gesuita; quelle del 1858 e 1867. Da tutte queste fatiche e premure è certo che un frutto se ne cavò; e però mi dicono molti vecchi che il paese era cresciuto molto religioso e pio: col timor del Signore, con molta onestà, con frequenza grande alle funzioni ed ai Sacramenti.

Nel mentre però che scrivo ho da deplorare un grande deterioramento. Non nego, che le virtù che mi hanno raccondato procedono pure dal laudator temporis acti, e che con esse molti vizi vi saranno stati associati. So ben che i rivolgimenti politici da un quarto secolo hanno peggiorato il mondo universo. E certo che le riunioni alle bettole e al giuoco è occasionato pur anco dal numero grande del popolo, e che il giuoco specialmente è antico sotto tutte le forme, è quasi un secondo peccato originale trasmissibile di generazione in generazione è indistruttibile; ma tuttociò se allevia la malizia non distrugge il  pag. 14 atto fatto da me asserito che la morale è in decadenza. Se le varie cause di male sopra esposte sono state sempre sfavorevoli al buon andamento d'una Parrocchia, al presente colla licenza sfrenata de' tempi si è aggravata miseramente la situazione. La festa che pel contadino è l'unica giornata libera al servizio di Dio e al bene dell'anima, è profanata col giuoco e coll'ubriachezza: vedo cercarsi i balli con una smania febbrile, e lo noto perchè anche fuori del Carnevale ho dovuto deplorare questo abuso: incomincia a farsi vedere il latrocinio. La Parola del Parroco quando predica non fa colpo ed è sfuggito: vedo le mie fatiche andare a vuoto. Lo provo nella Pia Unione delle Figlie di Maria istituito da me: nè le madri, nè le figlie vi prendono l'interesse ch'è necessario, la tengo viva io, se domani la abbandonassi non provocherebbe, credo, un lamento dalle congregate.

Queste parole faranno una cattiva impressione sull'animo di chi legge, saranno proprio di colore oscuro che gl'intorbideranno l'animo; ma se sapesse quanto lo fanno a me Parroco; che amarezza ne sento in cuore! ma la realtà non la posso distruggere io. Dunque mi si dirà, nulla di buono vi sarà in Cannaiola? Rispondove: Ve n'è, ma poco. Vi ho scorto della sollecitudine ed attaccamento alla loro Chiesa; la frequentano e vi s'intrattengono con sufficiente modestia: quando si trattò di restaurarla vi contribuirono largamente. Nel sesso femminile in genere vi ho scorto onestà e riservatezza, e una non ordinaria frequenza ai SS. Sacramenti. Parimenti ho scorto che molta riverenza professono questi popolani al proprio Parroco, lo amono sinceramente e fortemente. Lasciano a lui ogni libertà di amministrare le opere pie, il che non è poco quando egli è coscienzioso, intraprendente, attivo, e di buon criterio nella scelta de' mezzi che conducono al buon andamento della Chiesa, della Parrocchia e d'ogni altro che le si riferisce.


Note di Thayer:

a Un errore nel testo, che dovrebbe riportare 1450 invece di 1540. Durastante Natalucci, Historia universale dello Stato temporale ed eclesiastico di Trevi 1745, §§ 594‑595 (a cura di Carlo Zenobi, Edizioni dell'Arquata, Perugia, 1985, pag. 412):

Stando il castello, nominato nelle antiche e moderne scritture Castello Novo (A. Ciccaglia in rog. adun. an. 1582 et seq., ad an. 1608 et canc. com. in riff. 1457, f. 80; 1477, f. 107) — a distinzione de' castelli di S. Giovanni, di S. Lorenzo e di Fabri, stati antecedentemente fondati — a capo delle stesse case verso le Picciche; di forma quadra, con dui torrioni alle mura ed una torre più alta sopra la sua porta; il quale si mantiene e riparasi nella fabrica della balia (Canc. com. in rif. 1565, f. 8) e vien circondato dal fosso (Dictus Ciccaglia in rog. ad. 1608), che di tanto in tanto ricavasi (Ex juribus b. S. Angeli sup. cit.). Come stato fabricato circa il 1450 (D. canc. in rif. 1457, f. 80); talmente che i suoi uomini, per ben poterlo guardare, supplicarono poi il Comune che vicino non li si potessero piantare l'alberi (Ex riff. ann. 1495, f. 92 et 1498, 13 decembris).

b Il Mugnoni nacque a Trevi nel 1426 o 1427, e morì il 30 luglio 1502. Mio amico Franco mi informa che il Bonilli non poteva conoscere l'edizione a stampa del Mugnoni (1921) — ma lo avrà letto nell'Historia manoscritta del Natalucci (metà del 1700) che ne riporta lunghi brani.

c c. 46 v, p77 nell'edizione di 1921 (Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi dall'anno 1416 al 1503, a cura di D. Pietro Pirri, Perugia, 1921).


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