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Bevagna (2)

Questa pagina riproduce una parte di
Spello, Bevagna, Montefalco

di
Giulio Urbini

stampato dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche
a Bergamo
1913

Il testo è nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono © William P. Thayer.


Se vi trovate un errore, vi prego di farmelo sapere!

seguente:

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Bevagna (4)
 p63 

Bevagna

(3a parte di 6)

L'esterno della chiesa di S. Francesco e forse anche la torre delle campane vicine al coro, la quale s'innalza quadrata con una corta guglia, appartengono alla prima fabbrica, probabilmente dello scorcio del sec. XIII; ma l'interno fu rinnovato nel 1756, pur serbando varie opere dei secoli anteriori. — Nella Cappella del Sacramento (penultima a destra), sopra una lapide sepolcrale si vede un'affoschita Pietà, dipinta sul muro, con la firma del Fantino di Bevagna e la data 1596. — Del quale pittore, oltre a due dipinti, ora scomparsi, a Foligno (cioè la Madonna del Rosario e s. Antonio, con vari fatti della sua vita), un altro, col Panorama di Foligno — nel 1602 — è ora nella casa parrocchiale di Cave, presso Foligno, e altri due, pure con la sua firma, ne rimangono, come già s'è veduto, a Spello. Questo Fantino, al quale uno storiografo bevanate dette, non si sa come, il nome di Bartolomeo, facendolo primo maestro del Camassei, da qualcuno si è voluto assolutamente distinguere da Ascensidonio o Ascensionio Spacca, soprannominato "il Fantino da Bevagna"; mentre dai suoi stessi contemporanei è stato sempre indicato come la stessa persona. E il caso infatti di due diversi pittori con lo stesso soprannome, che sarebbero stati contemporanei e concittadini in un piccolo paese, e avrebbero firmato, l'uno e l'altro, nell'identica maniera col soprannome comune, sarebbe certamente dei più strani. Perchè pitture col nome di "Bartolomeo" o con quello di "Ascensidonio Spacca" nessuno le ha mai vedute, nè si può avvertire gran differenza tra le pitture con la firma del Fantino e le adespote sulla cassa del b. Giacomo, che un contemporaneo e diligente agiografo bevanate dà come sue. Nè l'esser morto lo Spacca nel 1646 potrebbe  p64 escludere che egli già dipingesse, anche fuori di patria, nel 1580. Che anzi questo sia certo, lo prova, senz'appello, un "Processo (manoscritto) del Beato Andrea di Spello", nel quale, sotto la data 18 gennaio 1630, "D. Ascensidonius Spacca, Mevanas, appellatus il Fantino, pictor" in età di circa settantatrè anni, attesta di aver ricopiato un'immagine del beato Andrea quando, circa trentacinque anni addietro, era a Spello per dipingere (come ho già notato) nella chiesa della Compagnia di S. Giacomo, e di aver anche, anni prima, eseguiti gli affreschi nel chiostro del convento di S. Martino presso Trevi, dei quali finora non si conosceva l'autore.

E poichè ho creduto di soffermarmi su tale questione, ricorderò qui anche un altro ignoto pittore bevanate, di nome Tarquinio, uscito fuori recentemente dai "Referendaria" dell'Archivio comunale di Fano, donde risulta che, tra l'altro, egli dipinse nel 1569 "le cappelle sui confini sotto Monte Bello e S. Ippolito". Nel secolo seguente Bevagna si gloriò di Andrea Camassei, del quale vedremo in seguito alcune opere, ed ebbe nel fratello Giacinto un dilettante di pittura e, più felicemente, d'intaglio, e poi sullo scorcio del settecento vide dipingere non senza qualche lode Alessandro Camassei e Vincenzo Angeli.

Al sopraddetto Fantino si attribuiva una volta la tela a olio nell'altare della detta Cappella del Sacramento, dov'è figurato Gesù crocifisso, con due angeli e s. Francesco in ginocchio, che poi si è voluto attribuire a Dono Doni d'Assisi, più che per ragioni stilistiche, pel fatto non certamente decisivo che il bozzetto di questo quadro si conserva appunto in Assisi, nell'aula maggiore del Municipio. — Da questa cappella si passa in un'altra, ora abbandonata, dove può vedersi un grande affresco, che nella parte superiore rappresenta il Giudizio finale e in basso la Flagellazione di Cristo, con ai lati il Battista e un santo domenicano; di qualche pregio, sebbene molto deteriorato; non però del sec. XIV, come, forse per disavvertenza, altri ha giudicato, ma, almeno, della fine del cinquecento.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Francesco di Spello, nell'Umbria.]

Tabernacoletto
per l'olio santo,
nella chiesa di S. Francesco.

L'ultima cappella a destra si dice, ma senza nessuna prova, architettata da Galeazzo  p65 Alessi. La bella cupola è tutta adorna di bassirilievi in terracotta invetriata, di gusto robbiano, coi simboli della Passione, molto ben condotti, forse dallo stesso artista a cui si deve l'altare dell'Annunziata, di cui parlerò più oltre. — Senza pregio è la statuetta della Madonna di Loreto, col putto in braccio, che altri ha pur notato come un'imitazione dello stile bizantino; ma non ne manca del tutto un Tabernacoletto per l'olio santo, sull'entrata di questa cappella, decorato con fronte di marmo fissa al muro; del solito tipo perfezionato da Desiderio da Settignano e popolarizzato da Mino da Fiesole nei sec. XV e XVI. — Nel coro il Gonfalone dei confratelli di S. Maria dei Laici, che da un lato figura la Madonna della Misericordia, detta del Gonfalone, dall'altro l'Annunziazione, è attribuito ad Ascensidonio Spacca; ma, confrontandolo specialmente con l'Annunziata di Spello, pare di tutt'altra mano e forse posteriore.

Il chiostro del convento fu dipinto nel 1655, con fatti della vita di s. Francesco; ma questi affreschi, dopo essere stati guasti dal tempo e da cattivi restauri, furono tutti scialbati. Si sa che ne era autore Bernardino Gagliardi di Città di Castello, che altri episodi della vita di s. Francesco, ancora esistenti, aveva dipinto nel chiostro del convento di S. Francesco nella vicina Trevi (1615) e l'ultimo dei cinque che  p66 decorano le lunette del secondo chiostro di S. Francesco a Perugia (1637). Nel Convento, dove ora sono le Scuole e la Biblioteca, è stata anche iniziata una piccola Raccolta, composta d'una quarantina di quadri, de' quali ricorderò prima di tutto quelli che vi sono stati trasportati dalla chiesa stessa; cioè una tavola a tempera, in forma di lunetta (forse a uso di cimasa) con l'Eterno benedicente, di buon disegno, della fine del trecento e di maniera umbrotoscana; una bella tela a olio da attribuirsi al Doni, che figura Maria seduta sulle nubi col putto, il quale incorona una bambina della famiglia Ciccoli, che gli sta ritta dinanzi. Fatte poi le debite riserve per qualche troppo audace attribuzione del Catalogo manoscritto, come a Sebastiano dal Piombo una Flagellazione (n. 10) e a Francesco Bassano iuniore un Presepio (n. 12), e accennata una Marina (n. 21), forse di scuola fiamminga, e un'Adorazione de' Magi (n. 8), già ai Filippini, che dev'essere di scuola veneta, mi restringerò alle poche opere di pennello bevanate, cominciando dalla Cassa di noce, con cornici elegantemente intagliate, nella quale fu traslatato il corpo del b. Giacomo Bianconi, e in cui perciò furono dipinti nel 1589, dal nominato Ascensidonio Spacca, tre miracoli di esso beato, cioè quando resuscita un muratore precipitato dal campanile; quando è spruzzato dal sangue del Crocifisso; quando cambia l'acqua in vino. Poi ricorderò quel di Andrea Camassei (1602‑49), un artista che onora la sua Bevagna, uno de' migliori allievi e seguaci del Domenichino, che lasciò a Roma le sue cose migliori, come la Niobe, al Palazzo Barberini, il s. Gaetano, a S. Andrea della Valle, l'Assunta, alla  p67 Rotonda, la Pietà, ai Cappuccini, s. Pietro in carcere che battezza i suoi custodi Processo e Martiniano, a S. Pietro; nelle quali e in molte altre opere, se non sempre si addimostra abbastanza franco, va però lodato per naturalezza, per grazia, per gusto di colorito. — In questa raccoltina bevanate gli si attribuiscono quattro studi in tele ottagone, non degni di lui, cioè la Fede (n. 22), la Giustizia (n. 24), la Temperanza (n. 27), la Fortezza (n. 29); una tela oblunga, assai espressiva, con s. Carlo Borromeo e s. Filippo Neri che recitano insieme l'uffizio (n. 9), già, come le precedenti, a S. Filippo, e la Concezione, con quattro santi e l'Eterno in gloria (n. 34), già nella chiesa di S. Margherita. — E sarebbe bene che potessero vedersi qui depositate altre  p68 opere del Camassei, o a lui attribuite, come un Battesimo, ora in casa Eupizi, una Madonna, in casa Mattoli Palma, un Agar nel deserto, in casa Bartoli Aleandri, e un cielo di letto molto ammirato nella prima Esposizione perugina del 1880, nel quale è dipinta una Fama, che era in casa Onofri e oggi si dice che sia a Terni.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Cassa funebre, con tre miracoli del B. Giacomo di Bevagna (1589),
nella chiesa di S. Francesco.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


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Pagina aggiornata: 23 ago 05