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Bevagna (3)

Questa pagina riproduce una parte di
Spello, Bevagna, Montefalco

di
Giulio Urbini

stampato dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche
a Bergamo
1913

Il testo è nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono © William P. Thayer.


Se vi trovate un errore, vi prego di farmelo sapere!

seguente:

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Bevagna (5)
 p68 

Bevagna

(4a parte di 6)

Poco lontano dalla Porta Perugina, vanno osservati, dove poi sorse la chiesa or diroccata di S. Maria della Neve, i resti d'un Tempio romano, che si vorrebbe dedicato a Marte o a Vertunno o più probabilmente a Ercole, per la sua vicinanza con l'Anfiteatro, come c'insegna Vitruvio, e che doveva essere di una tale eleganza da far pensare senz'altro ai primordi dell'Impero. È impossibile però determinare se a questo tempio o ai resti dell'Anfiteatro o piuttosto a qualche edifizio ora perduto che, com'altri crede, potesse esser costrutto di mattoni crudi, o al modo in genere di edificare allora in questa città, debbano riferirsi le parole di Plinio il vecchio, che, parlando del singolar pregio in che erano tenute le fabbriche laterizie dell'Asia, della Grecia e della Spagna, ricorda anche che, unici in Italia, il muro d'Arezzo e quello di Bevagna (In Italia quoque lateritius murus Arretii et Mevaniae est). Al qual proposito soggiungerò, per le debite indagini comparative, che di mura o muri laterizi in Arezzo non v'è più nulla, ma v'è bensì un Anfiteatro romano, costrutto di grandi mattoni, di pietre e di tenacissimo calcistruzzo, sopra al quale si vede tuttora l'"opus reticulatum". — Di altri tempî a Saturno e a Cerere (e forse anche a Flora) si potrebbe trarre qualche indizio da lapidi romane che si leggono nella raccolta illustrata dal Coleti e in quella, più completa, del Bormann nell'XI volume del "Corpus Inscriptionum Latinarum".

In una cantina di Via Porta Guelfa era, prima che l'acquistasse lo Stato, il più importante mosaico romano che rimanesse a Bevagna, già, come cantava la Brunamonti,

d'anfiteatro e statua e pavimenti,

istorïati di mosaico, adorna.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Mosaico romano.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un particolare di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Particolare del mosaico romano.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un particolare di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Particolare del mosaico romano.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un particolare di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Particolare del mosaico romano.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Dev'essere senza dubbio lo stesso di cui dà la tavola, non esattissimamente, il Ciampini, ed è composto con piccole e regolari tessere di marmo bianco e nero e rappresenta al naturale un bellissimo cavallo marino che ha preso la mano a Nettuno (?), il quale con la sinistra tiene il tridente e con la destra le redini stroncate; poi, intorno, tre delfini, un'aragosta e piccola parte d'un polipo. Da codesto mosaico il Ciampini credeva di poter dedurre ragionevolmente l'esistenza d'un altro antico Bagno, nel quale l'abbondanza e la trasparenza dell'acqua dovesse dar rilievo e movimento alle figure, dilettando con grata illusione l'occhio dei bagnanti; e di fatti in vicinanza del detto luogo si trovarono anche alcuni tubi d'acquedotto.

Sopra la Porta Perugina c'è una lapide a Garibaldi, con un bel medaglione e in basso un trofeo di bandiere, di Ettore Ferrari, celebrato scultore romano.

 p69 


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Altare in terracotta invetriata, del sec. XVI,
nella chiesa dell'Annunziata

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Uscendo da questa Porta, dopo circa un miglio si giunge alla chiesa dell'Annunziata, annessa ad un convento dipendente in antico dall'Abbazia di Sassovivo, e restaurato dai Minoriti nel 1487. Nel detto convento si conserva un Sarcofago della  p70 Rinascenza. Sul portale della chiesa si legge la data m495. Nell'interno non mancano altari di buon disegno, come i due del sec. XVI, vicino all'ingresso, e qualche discreta pittura, come nel coro il s. Sebastiano di Andrea Camassei. Ma soprattutto va ammirato il magnifico altar maggiore, di terracotta invetriata, che tra eleganti pilastri e ricca trabeazione presenta un quadro di circa due metri quadrati, in cui è figurata ad altorilievo l'Annunziazione. Nella lunetta della cimasa, la Pietà; nella predella, scompartita in cinque quadretti di circa cm. 35 per 26, a bassorilievo, cinque storie non esattamente ordinate, cioè, cominciando da sinistra, Il sogno di Giuseppe (di poco chiara composizione), Dio che benedice l'arcangelo Gabriele, Lo sposalizio, La presentazione al tempio, La natività di Maria: opera davvero notevole non tanto, forse, pel valore architettonico, quanto pei motivi principali che fanno perdonare i difetti non lievi della modellatura. I quali più facilmente sfuggono sotto a quella festa di colori e tra quella ricchezza d'ornamento che però, mentre accrescono la magnificenza dell'opera, turbano anche un po' la compostezza dell'insieme. Così è da lamentare che un denso colore a olio, pur riproducendo le vivaci tinte originarie, abbia tolto la primiera freschezza a molta parte di quest'opera della quale non è facile determinare chi sia stato l'autore. Da taluni fu attribuito al celebre m. Giorgio; ma è provato che esso non fu mai nè modellatore di bassirilievi nè pittore di maioliche, che solo adornava de' suoi meravigliosi riverberi o lustri iridescenti; e meno che mai si può accettare la vecchia attribuzione a Luca o a Giovanni della Robbia; nè il nome di qualche altro artefice di stile meno originale, come fra Mattia della Robbia, o Luca il giovane, potrebbe sperare un più fondato consenso di critici; onde bisogna contentarsi di attribuirlo ad un ignoto artista della scuola robbiana, del secolo XVI, pur notando che offre alcune somiglianze con l'altare di S. Domenico a Gubbio, ora nel Museo Städel a Francoforte, col bassorilievo posseduto dal Basilewsky e col s. Sebastiano del Museo di Londra.

Ritornando da questa verde e amena solitudine per la Porta donde siamo usciti, si potrebbe visitare la chiesa di S. Margherita, annessa al monastero fondato nel 1271, ma riedificata in parte e rinnovata nel 1640; dove però non c'è altro da vedere che la tavola a olio dell'altar maggiore, col Martirio della santa, dipinto, dicesi, dal Camassei.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Statua in legno, della fine del sec. XVI,
nella chiesa della Consolazione.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Nella chiesa della Consolazione, dove ha sede la Confraternita della Misericordia, istituita nel 1573, si conserva nell'altar maggiore un quadro, con la Sacra Famiglia, che reca la firma di Stefano Parrocel (1738), di cui anche nella Pinacoteca di Spoleto si vede una tela con s. Tommaso che palpa la piaga di Cristo, proveniente da S. Maria della Stella. Ma più degna d'esser veduta è una bella statua di legno, del Cristo risorto, di franca modellatura, di sapiente rilievo anatomico e di viva espressione, della fine del secolo XVI.

La chiesetta di S. Maria in Laurenza, che si dice fondata ai tempi di Federico II, e di cui si hanno memorie d'archivio fin dal 1293, nella piccola e modesta facciata di travertino ha una graziosa porta a tutto sesto e nella lunetta un altorilievo: Maria che allatta il bambino. — Contiguo a questa chiesetta è un edifizio tutto ammodernato,  p71 che si dice l'Antico Palazzo Comunale, di cui però non resta più che una bifora.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Camino del sec. XVI,
nel Palazzo Municipale.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Sotto e lungo l'ampia scala della Residenza Municipale sono state raccolte importanti antichità, come, oltre le lapidi illustrate dal Coleti, resti di statue romane e d'altre sculture di cui par che fosse magnificamente ricca l'antica Bevagna, e di cui doveva trattare di proposito Fabio Alberti in un inedito e smarrito "Ragguaglio del nuovo Museo aperto a Bevagna nel 1787". Ma dei resti venuti fuori da scavi e da case private molti sono andati dispersi o venduti; nè quanto è qui raccolto corrisponde in tutto alle indicazioni che lo stesso Alberti dava nelle "Notizie" a stampa, dove ricordo il magnifico torso, così detto dei Filippini, che oggi si ammira  p72 nel Museo Capitolino di Roma; due busti, uno di marmo greco, l'altro di pietra, e un toro di travertino, già nel casino degli Alberti all'Arquata; un basamento di statua marmorea, con parte del suo paludamento, e due bellissimi mascheroni di pietra e parte di un cornicione di marmo in casa Onofri; una testa virile, con celata e la punta della lingua fra i denti, di marmo greco, in casa De Angelis; un gigantesco piede di marmo e due tavolette pur di marmo, con figure a bassorilievo, in casa Mattoli; una tavola di pietra, con figura di donna sedente, in casa Liberati; un piccolo gruppo di due teste unite, una virile, con lunga barba, e l'altra di donna, in casa Mariani; una statua palliata e acefala, di travertino, nel casino Angeli; una  p73 statua acefala di marmo, rappresentante un cacciatore, in casa Aleandri; buona parte d'una statua equestre di bronzo dorato, scavata presso S. Maria Maddalena. Ma rimanendo ai frammenti della scala, oltre e meglio ancora dei resti di statue, delle tavole di pietra e di marmo a bassorilievo, delle urne, delle stele, dei capitelli e d'altro, ci aiutano a ricostruire l'aspetto artistico dell'antica città i frammenti, che si vedono qui e ne' pressi di casa Angeli, di grandiosi e bei cornicioni romani, sul genere di quelli che anche si vedono, in minori dimensioni, nella vicina Spello, e che, come quivi, potevano ben decorare la scena di un grande teatro; del quale veramente a Bevagna non resterebbe indizio che in una lapide frammentaria ove si legge la parola THEATRI, ma che pure è nominato, non saprei se per equivoco, dal Ranghiasci, il quale, parlando, in un suo rarissimo opuscolo, del teatro iguvino, ricordo pure gli avanzi di quello di Bevagna. Anche l'arte classicheggiante dell'ultimo cinquecento è rappresentata da una bella fronte di camino e da un elegante fregio, che doveva far parte d'un altro camino, già in casa Antici, con in mezzo uno stemma della stessa famiglia. — Nel Municipio si conserva pure la statua di s. Vincenzo, maggiore del vero, in ricco seggio, sulla cui spalliera è cesellato a bassorilievo, con molte e ben aggruppate figure, il Martirio del santo: egregio lavoro in argento, con dorature, che altri, ignorando alcune opere tedesche in cui già se ne parlava, hanno erroneamente attribuito al fiammingo Adolfo Guap del sec. XVII, mentre anche da un'inedita memoria bevanate risulta con tutta certezza il nome dell'autore, Peter Ramoser di Bolzano, e la data del 24 agosto 1785, in cui si espose la prima volta tra "il plauso e l'ammirazione di tutti". — La sala maggiore fu decorata nel 1867 e '68 dal valente pittore Mariano Piervittori di Tolentino, il quale vi condusse torno un alto fregio coi ritratti di ventinove ragguardevoli bevanati, di cui poi raggruppò i principali, a intere figure, in una grande e ben distribuita scene del soffitto (ma la parte a destra, essendosi rovinata, fu ridipinta da Matteo Tassi di Perugia).

[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un particolare di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Fregio di camino
nel Palazzo Municipale.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un particolare di un mosaico Romano a Bevagna, nell'Umbria.]

Il martirio di S. Vincenzo, cesellato da Peter Ramoser,
nel Palazzo Municipale.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


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Pagina aggiornata: 23 ago 05