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Monte­falco (3)

Questa pagina riproduce una parte di
Spello, Bevagna, Monte­falco

di
Giulio Urbini

stampato dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche
a Bergamo
1913

Il testo è nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono © William P. Thayer.


Se vi trovate un errore, vi prego di farmelo sapere!

[vuoto]
 p104 

Monte­falco

(4a parte di 4)

Risalendo la brevissima via, ci fermerà, nella predetta Piazza Vittorio Emanuele, la chiesetta di S. Maria del Popolo, dove nella nicchia dell'altar maggiore osserveremo un affresco del Melanzio, nel quale però, se appena si eccettuino le figure della Madonna, del putto che nella sinistra stringe un cardellino, e uno dei due angeli, quasi tutto il resto è guasto o dal fumo dei ceri o dalla noncuranza e dai cattivi  p105 restauri. A sinistra, s. Gregorio che celebra la messa; a destra, s. Girolamo penitente, tutto ridipinto. Ai lati della nicchia altri due santi, in pessime condizioni: a sinistra, s. Fortunato, protettore della città che in fatti regge, come un piccolo modello, sulla palma della mano; a destra, s. Severo che il santo protettore avrebbe miracolosamente salvato da ingiusta prigionia. Vuole la tradizione che in questo il pittore ci abbia lasciato il proprio ritratto. È una soave figura dalla testa rotonda e piuttosto grossa,  p106 dai lunghi capelli biondissimi, dalla fronte alta, dagli occhi grandi, melanconici e fissi come in un sogno, dalla bocca seria e bella con labbra tumide e vivamente colorite. La tradizione aggiunge che nella Madonna ritraesse sua moglie, una spoletina: vi si notano infatti i caratteri d'una testa ritratta dal naturale, con la fronte molto ampia, la carnagione piuttosto bruna, gli occhi tondi, l'espressione dolce. L'affresco reca la  p107 firma del maestro, senza data, la quale però si potrebbe press'a poco indovinare se nel s. Severo v'è proprio il suo ritratto. In esso infatti appare non solo giovane, ma più giovane che nel Gonfalone del 1492; onde l'affresco di S. Maria del Popolo dovrebbe essere anteriore.

Di faccia a questa chiesetta sorge il Palazzo Comunale, il cui portico è basso e pesante, quanto è agile ed elegante, nell'altro lato, una bifora che ricorda il sec. XIV. Dalla torre di questo palazzo, dov'era una campana del 1298, rifusa nel 1677 e poi  p110 di nuovo nel 1870, si gode una delle più belle vedute che si possano immaginare. Sotto un puro cielo di zaffiro, nella diffusa gloria del sole si distende, verde, ubertosa, silenziosa e solenne, tutta la gran valle umbra, entro una cerchia di bei monti digradanti in ridenti colline e quasi cinta da una corona di città e di paeselli: Trevi, Pissignano, Campello, S. Giacomo, Spoleto, Giano, Gualdo Cattaneo, Bevagna, Cannara, Bettona, Perugia, S. Maria degli Angeli, Assisi, Spello, Foligno, S. Eraclio.


[ALT dell'immagine: [Missing ALT]. Si tratta del Palazzo Comunale di Montefalco, nell'Umbria.]

Palazzo Municipale

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Vicino al detto Palazzo è il Teatro, in una parete del quale, presso i locali della Pretura, fu incastrato nel 1883 un tratto di muro dell'altezza di m. 3,50 per 3 di larghezza, asportato dalla demolita chiesetta di S. Maria in Turri, nel quale si conserva  p111 un affresco degno d'esser veduto. In alto il Crocifisso fra angeli che ne raccolgono il sangue nei calici, e la Maddalena, s. Giovanni e Maria, con espressione di profondo dolore; nel centro la Madonna in seggio col bambino, cui fan corona otto piccoli angeli, due de' quali con istrumenti musicali; più in basso S. Pietro e s. Severo. (In origine v'erano, lateralmente, due altre figure: s. Paolo e s. Sebastiano). Nella torre che dava il nome alla chiesa v'era una lapide con l'anno 1471, che probabilmente si riferiva alla costruzione della chiesa; onde l'affresco, che a qualcuno ricorda la scuola del Mezzastri, non potrebb'essere anteriore a quella data.


[ALT dell'immagine: [Missing ALT]. Si tratta della chiesa di S. Bartolomeo a Montefalco, nell'Umbria.]

Resti dell'antica chiesa di S. Bartolomeo

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Scendendo per lo scosceso Vicolo degli Operai, usciremo dalla Porta di S. Bartolomeo,  p112 su cui era uno stemma, con due croci e due aquile (ora, al solito, nella sagrestia di S. Francesco) in ricordo dell'entrata delle truppe di Federico II, nel 1244. Attigua alla Porta è la chiesa dello stesso nome, la quale serba ancora, non saprei dire se, com'altri crede, una porta, molto alta dal suolo, o una finestra, tanto più che è nell'abside, con l'arco a più modinature e gli stipiti tutti fregiati di rozzi ma caratteristici intagli, della stessa epoca della piccola bifora nel muro a destra, ma posteriori al sec. XI, cui sono stati assegnati.

 p113  Proseguendo per la Via Cavour e oltrepassando un antico torrione circolare, in Via Giuseppe Verdi, ecco subito la moderna chiesa di S. Chiara con un monastero omonimo, nel cui chiostro esiste ancora una cappellina che si crede sia stata la chiesa di S. Croce, con parecchi dipinti in affresco, che parrebbero di due o tre diverse mani e hanno in basso un'iscrizione con la data MCCCXXXIII e il nome del committente, don Giovanni d'Amelia.

Proseguendo per Via Verdi verso la Porta Spoletana, s'incontra una piazzetta, in fondo alla quale è la chiesa di S. Illuminata. Nell'ingresso si legge la data 1500, e di quel torno è l'affresco nella soprastante lunetta, che figura la Madonna della Misericordia tra due monache che le sostengono i lembi del manto sotto cui si raccoglie uno stuolo di devoti: forse opera giovanile del Melanzio. — Nell'interno della chiesa vi sono tre altari per parte, in grandi nicchie semicircolari, decorate d'affreschi, tutti, più o meno, mal ridotti e guasti o ridipinti. Sotto a quelli della prima a sinistra, che ricordano la maniera di Tiberio d'Assisi, si scorge una scritta quasi del tutto  p114 scomparsa, in cui però si legge ancora la data 1507. Quelli della seconda, pur senza nome d'artista e anche senza data, sono da molti attribuiti al Melanzio; ma veramente le tre storie sono talmente ridipinte da rendere arrischiato qualunque giudizio; sebbene vi spicchino ancora i tipi, la disposizione e i caratteri più comuni della scuola del Perugino. S'aggiunga che nei rogiti di Pier Niccola Morichetti di Monte­falco si legge sotto il 1517 che il Melanzo pattuì con Bonifazio de' Cuppis di dipingergli,  p115 oltre la tavola di cui s'è già fatto cenno, anche una cappella in questa chiesa. Non potrebb'esser questa? E dico questa e non l'altra nella parete di fronte, perchè in essa dopo la firma del Melanzio c'è la data, anteriore, del 1517, e fu commessa da altre persone. — Sul muro in cui s'apre l'arco che mette al presbiterio è affrescata  p116 una Pietà; opera del 1509, in cui si scorgono i caratteri della maniera perugina del Melanzio. — Passando ora all'altra parete, vedremo prima la nicchia più vicina al presbiterio, che reca, come ho detto, la data e la firma del Melanzio; ma è un'opera così debole che neppur meriterebbe di essere ricordata. — La cappella di mezzo, pure con dipinti di scuola perugina, ha nel listello del cornicione il nome del committente e la data 1500. Quelli della nicchia vicino alla porta ricordano la maniera dello Spagna. In conclusione, siccome è certo che il Melanzio v'ha dipinto assai più della cappella ricordata nell'atto notarile del 1517, e siccome è noto che egli risente l'influenza de' suoi condiscepoli meglio dotati, quali lo Spagna e Tiberio d'Assisi, verrebbe fatto  p118 di sospettare che, se anche non dipinse tutta lui questa chiesa, potè per lo meno soprintendere molto direttamente a tutte le sue decorazioni.


[ALT dell'immagine: [Missing ALT]. Si tratta di una tavola nella chiesa di S. Leonardo a Montefalco, nell'Umbria.]

La Madonna fra Angeli e i SS. Giacomo, Elisabetta, Ant. da Padova, Girolamo, Giov. Ev., Sebastiano, Giov. Batt., Ludovico, Chiara e Francesco: tav. di Fr. Melanzio, nella chiesa di S. Leonardo.

(Fot. Alinari).

Poco più giù a destra, presso la Porta Spoletana, s'incontra la chiesetta di S. Leonardo, che nell'altar maggiore ha una tavola a tempera con la Madonna e il bambino tra angeli e santi, che può dirsi il capolavoro del Melanzio, il quale v'ha lasciato la firma e la data 1515.

Ora usciamo fuori della piccola città, e seguendo prima una bella strada arborata, poi alcuni sassosi sentieri tra folte siepi verdeggianti, giungeremo al convento e alla  p119 chiesa di S. Fortunato, quasi tutta restaurata e rifatta nel XV secolo. Dinanzi v'è un chiostro, nel cui portico si vedono quattro antiche colonne. A sinistra, la mal ridotta cappella di S. Francesco è decorata d'affreschi, in quest'ordine: nella parete a sinistra, ss. Bonaventura e Bernardino, Lodovico e Antonio da Padova; s. Francesco nel giardino delle rose, invitato dagli angeli a recarsi alla Porziuncola; s. Francesco con le mani piene di rose, accompagnato da essi al detto oratorio: sull'altare, la concessione del perdono; nel paliotto, Cristo fuor della tomba; nella parete a destra, l'approvazione dell'indulgenza; la benedizione dei sette vescovi alla moltitudine accorsa  p121 al perdono; s. Elisabetta e s. Chiara; tra le quali due ultime figure si legge il nome della committente e quello dell'autore, Tiberio d'Assisi, con la data 1512; dalla quale si ricava che il ciclo d'affreschi dipinti con assai minor cura nella Cappella delle Rose a S. Maria degli Angeli non è che una ripetizione di questi, che hanno pregi di composizione e di movimento insoliti nella scuola del Perugino. Nei peducci delle volte si vedono, entro tondi, le mezze figure di santi dell'ordine francescano, e nel rettangolo della volta l'Eterno circondato da serafini, che ha forme diverse e, si direbbe, più moderne di quelle di Tiberio. — Ora eccoci dinanzi alla chiesa. La lunetta sopra l'ingresso fu dipinta da Pierantonio Mezzastri, al quale, o forse meglio al suo maestro B. Gozzoli, si possono attribuire i sette bellissimi angeli sotto l'archivolto. Un altro bel dipinto ci attende nell'interno della chiesa, sulla parete destra dopo il primo altare, cioè Maria, che, seduta entro una nicchia, adora il putto adagiato sulle sue ginocchia, mentre un angelo genuflesso suona la tamburella: resti di più grande affresco, autenticato dalla firma del Gozzoli e dalla data 1450; il che vuol dire che si tratta di uno dei primi lavori da lui fatti a Monte­falco, dove andò, come sappiamo, giovanissimo, nel 49. Di lui vi era anche, in questa chiesa, una tavola, creduta, per la sua bellezza, dell'Angelico e rappresentante la Madonna che dà a s. Tommaso d'Aquino la cintura, simbolo di castità; ma fu donata dal Comune a Pio IX che  p122 concesse a Monte­falco il titolo di città; titolo che certo val meno assai di quella bell'opera, ora in Roma a S. Giovanni Laterano.


[ALT dell'immagine: [Missing ALT]. Si tratta della cappella del chiostro di S. Fortunato presso Montefalco, nell'Umbria.]

Affreschi di Tiberio d'Assisi, nella cappella del chiostro di S. Fortunato.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [Missing ALT]. Si tratta di un affresco di Pierantonio Mezzastris nella chiesa di S. Fortunato presso Montefalco, nell'Umbria.]

La Madonna tra i SS. Francesco e Bernardino: affresco di Pierantonio Mezzastri,
nella chiesa di S. Fortunato.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

A mezzo chilometro circa da Monte­falco v'è la Madonna di Vecciano, dove si può vedere un affresco, pure del Melanzio, che figura la Madonna fra due angeli e quattro santi: figure non brutte nè prive d'espressione, ma di disegno difettoso, specie nelle estremità, e che accusano reminiscenze dello Spagna e più di Tiberio d'Assisi, al quale infatti qualcuno ha creduto di poterle attribuire.

Più lontano è la chiesa di Turrita, eretta da un ordine monastico nel sec. XII, come anche farebbero credere l'ingresso laterale e l'abside, nella quale va osservato un Calvario dipintovi nel sec. XIV. Sopra una porta secondaria, ora chiusa, è un affresco del 1500, che si può forse attribuire al Melanzio, col nome del quale è giusto chiudere queste pagine, poichè egli fu, a così dire, rappresentativo delle bellezze naturali della sua patria, come osserva Gabriele d'Annunzio, quando, rivolgendosi ad essa in un sonetto delle "Città del Silenzio", esclama:

E l'azzurro non desti anche al tuo biondo
Melanzio, e il verde? Verde d'arboscelli,
Azzurro di colline, per gli altari.


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Pagina aggiornata: 23 ago 05

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