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Spello (4)

Questa pagina riproduce una parte di
Spello, Bevagna, Montefalco

di
Giulio Urbini

stampato dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche
a Bergamo
1913

Il testo è nel pubblico dominio.
Le eventuali foto a colori sono © William P. Thayer.


Se vi trovate un errore, vi prego di farmelo sapere!

seguente:

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Spello (6)

Spello

(5a parte di 6)

 p47  Attraversando poi la piazzetta del Collegio Rosi, nel quale potrebbe  p48 vedersi una gran nicchia d'altare dipinta nel 1580 dal Fantino di Bevagna, eccoci dinanzi alla chiesa di S. Lorenzo.

Dove, secondo i cronisti di Spello ma contro i precetti di Vitruvio, si vuole che fosse un tempio ad Apollo, fu eretta nel 560, se è autentica un'iscrizione in cui se ne fa ricordo, una chiesa a S. Ercolano, concessa poi ai canonici lateranensi da Pelagio I; ma nel 1120, liberatasi Spello dall'assedio d'Enrico V nella festività di s. Lorenzo, fu edificata e dedicata al martire spagnolo una chiesa più grande, sopra alla predetta di cui si vedono ancora, in fondo al Vicolo della Morte, i resti della facciata di pietra concia con l'alta e stretta porta a pieno arco di pietra rossa con  p49 tre modinature, che deve però appartenere ad una ricostruzione o a un restauro posteriore. A destra della porta maggiore di S. Lorenzo si legge ancora un frammento d'iscrizione, della quale altre parole si trovano in manoscritti di memorie spellane, onde si ricava la data 1120, e perciò questa facciata sarebbe di poco anteriore a quella principale del Duomo di Foligno, che potrebbe anch'essere dello stesso ignoto autore, sebbene non appaia, o almeno non si possa più accertare, la somiglianza  p50 che altri v'ha scorta. Tutta la chiesa fu ammodernata nel 1540, al qual anno deve anche riferirsi il portale di marmi subasiani; ma la facciata serba tracce di molti rifacimenti anteriori e conserva, oltre a due iscrizioni romane, un bassorilievo, forse un pluteo di recinto corale, del secolo VIII.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Tabernacolo per l'olio santo,
nella chiesa di S. Lorenzo.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Entrando, ammiriamo subito, a destra, un bellissimo Tabernacolo per l'olio santo, di pietra caciolfa con pallide tacche di dorature, che deve assegnarsi alla fine del sec. XV e a taluno è sembrato di Rocco da Vicenza, mentre è di tutt'altro stile e forse un po' più vicino a quello, pur meno elegante, di Antonio di Gasparino da Val di Lugano, che lavorò, come s'è visto, a S. Maria Maggiore. Sotto v'è il Fonte battesimale a mosaici di pietre dure, lavorato nel 1607 da m. Cruciano Egidiucci di Bettona. Nella parete di fronte, due affreschi di poco pregio; uno de' quali, dello scorcio del quattrocento, figura s. Bernardino che nella quaresima del 1438 predicò  p51 in questa chiesa, introducendovi l'uso d'una tela divisoria tra uomini e donne, e lasciò in dono un simulacro di legno, la Concezione, ora, sotto il nome d'Incoronata, nella Cappella di questo titolo. Quella, attigua, del Sacramento ha dietro l'altare un grande Tabernacolo di marmo bianco, che pare fosse ordinato per l'altar maggiore della chiesa, ed è opera non bella ma di originale e ardita invenzione, di Flaminio Vacca, scultore e antiquario romano, che la mandò, in diversi pezzi, nel 1589. Negli archi laterali di questo Tabernacolo sono incastrate due tavolette a olio, l'Annunziazione e la Madonna tra due santi, che ricordano la maniera di Rinaldo da Calvi; e altri quadretti e quadri e altri oggetti si potrebbero indicare in questa cappella e in altri altari e in altri luoghi della chiesa, se qui si potesse scendere a particolari di poca importanza. Basti ricordare alcuni grandi lavori di legname e uno squisito lavoro di oreficeria. Il magnifico Pulpito di noce morato, con in mezzo il Martirio di s. Lorenzo, che si direbbe fuso in bronzo, fu intagliato nel 1600 dal folignate Francesco Costantini. Il Baldacchino sopra l'altar maggiore, diligentemente eseguito in noce da Lod. Bruni Caffarelli e da Carlo Lorenti su disegno di Teodosio Quintavilla, approvato nel 1631, sebbene non sia che una fedele imitazione di quello del Bernini a S. Pietro in Roma, merita un ricordo per il curioso fatto che fu cominciato prima che fosse finito l'originale romano, commesso, come si sa, nel 1624 e approvato sul modello di legno nel 1628, ma scoperto al pubblico solo nel 1633. Il bellissimo Coro di noce scuro, a due ordini di stalli, con spalliere a tarsia, rappresentanti, alternativamente, mezze figure di santi e prospetti di edifici, che in massima parte non sembran di Spello, fu cominciato nel 1530 e compiuto in quattro anni da Andrea Campano di Modena, come ho trovato, nelle mie lunghe ricerche, in documenti d'archivio che qui ed altrove per brevità non ricordo, ma sono compiutamente indicati nella mia più ampia monografia sulle Opere d'Arte di Spello. Al Campano credo di potere attribuire, con tutta probabilità, anche il grande Armadio (1524‑6), che occupa tutta una parete della Sagrestia, e la Cassapanca con spalliera (1525) lungo le altre due pareti ed il bellissimo Seggio con le mezze figure di Noè, Mosè e Zaccaria (1530), che doveva stare, pei tre celebranti, a sinistra dell'altar maggiore. La Croce capitolare a piastre d'argento in parte dorate, cesellate e smaltate a colori opachi su lastra liscia, non reca nome d'autore, ma, sebbene un po' inferiore a quella di S. Maria Maggiore, può attribuirsi allo stesso autore, Paolo Vanni di Perugia, che lavorava sullo scorcio del trecento: la trovo infatti già notata in un Inventario del 1406.

[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un tabernacolo nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Pulpito del 1600,
nella chiesa di S. Lorenzo.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un seggio intarsiato nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Seggio intarsiato, del 1530,
nella sagrestia di S. Lorenzo.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di una croce capitolare nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]
		
[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di una croce capitolare nella chiesa S. Lorenzo di Spello, nell'Umbria.]

Croce capitolare
della chiesa di S. Lorenzo.

Rovescio della croce capitolare
della chiesa di S. Lorenzo.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Presso questa chiesa terminava il Terziere di Mezota, sopra al quale un'oscura volta d'antica costruzione mette al Rione di S. Martino; e qui o poco più su doveva  p52 essere l'entrata del Castello, come par di vedere nella quarta prospettiva intarsiata nell'Armadio della Sagrestia di S. Lorenzo. Comunque, salendo su per questa parte più elevata del colle, s'incontrano foschi muri e altri resti d'antiche fabbriche, tra cui è da notare la chiesina di S. Martino che da alcuni è assegnata al tredicesimo secolo, ma potrebb'essere anteriore.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un arco romano a Spello, nell'Umbria.]

Arco Romano.

Gli avanzi della Fortezza, non più congiunti con le mura romane, torreggiano sullo scoglio, in cima alla parte settentrionale della città, che è la più larga e più frastagliata dai molti orti prescritti negli Statuti del 1360. Tranne lo splendido panorama della valle umbra, non v'è ora da notare che un arco romano con fenditura per la cateratta, interrato circa un metro e mezzo. Del resto, la Fortezza, o che si voglia riferire ai tempi di Federico I, o sia stata eretta o restaurata dall'Albornoz, è quasi in tutto un edificio medievale, ridotto a una grande e informe massa, priva di qualunque interesse architettonico. Merita invece di esser notata l'antica facciata di S. Severino (ora corrispondente all'abside della chiesetta rimodernata e detta dei Cappuccini), il cui finestrone orbicolare ha su gli ornamenti centrali, dell'insolita forma che si vede a S. Pietro fuor di Spoleto, una scritta in versi leonini donde si ricava che l'opera fu fatta nel 1180, sotto un Rubeno, non forse "consecrante" (conrnte), ma "conregente o conregnante", ossia un qualche principe governatore del Ducato, o parente del Duca di Spoleto, o suo luogotenente, che potrebbe colmare una lacuna del Muratori.

[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta della chiesa di S. Maria di Vallegloria a Spello, nell'Umbria.]
		
[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di una tavola nel Palazzo Municipale di Spello, nell'Umbria.]

Chiesa di S. Maria di Vallegloria.

(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

Il Crocifisso, tra la Madonna, S. Francesco, S. Giovanni e S. Crispolto: tav. della bottega dell'Alunno,
nel Palazzo Municipale.

Scendiamo al Monastero di Vallegloria, la cui chiesa dovè esser costrutta intorno al 1320 quando Giovanni XXII concesse che le monache di quel titolo, per viver più sicure da insolenze di soldati e da insidie dei monaci dell'Abbazia di S. Silvestro, lasciassero il loro chiostro sulla costa orientale del Subasio, di cui tuttora si vedono gli avanzi, e si riducessero dentro Spello, ove fu loro assegnato un ospizio camaldolese: si narra anzi che per la fabbrica del monastero desse una somma anche la moglie di Ludovico di Baviera, che vi sarebbe passata nel 1327 o 28. Nell'interno la chiesa è ammodernata, e non può interessar molto un'Annunziazione del Fantino di Bevagna (1590) dietro l'altar maggiore; ma le monache possedevano, fra altri dipinti di minor pregio, una tavola col Crocifisso tra due angeli e quattro santi: opera dell'Alunno o almeno della sua bottega, ora nel Palazzo municipale.

Scendendo per Fonte Vecchia, e costeggiando le mura medievali, s'incontra una  p53 Porta, ora chiusa, che doveva essere l'unica uscita verso settentrione. È la "Pusterula", o postierla, che dava nome all'ultimo Terziere.

In case di privati non resta, di veramente importante, che un piccolo Trittico, della famiglia Berretta, il quale per i piccoli grifi tra i fiorami dorati del manto della Madonna si potrebbe supporre allogato da un perugino, e pei caratteri stilistici presenta alcune affinità con quadri di Bernardo Daddi, dal quale, come è noto, derivò molto Allegretto Nuzi di Fabriano, alla cui maniera si potrebbe parimenti riavvicinare.


[ALT dell'immagine: [ALT dell'immagine: missing ALT]. Si tratta di un trittico del secolo XIV.]

Trittico del sec. XIV,
della famiglia Ruozi-Berretta.


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Pagina aggiornata: 23 ago 05