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E ora facciamo un rapido giro pei dintorni. Chi non si spaventasse della lunga salita, potrebbe vedere i resti della già nominata Abbazia di S. Silvestro che negli Annali Camaldolesi si dice fondata da s. Romualdo nel 1025. Secondo i cronisti di Spello, vi dimorò come abate, per ventidue anni, Ugolino de' Conti, che fu poi Gregorio IX, e vi sarebbe anche stato come visitatore generale, nel 1294, quel Bertrando de Goth, che fu poi Clemente V, il "pastor senza legge". La piccola chiesa si conserva ancor quasi intatta, e di sotto una recente scialbatura traspaiono le fievoli tracce d'un'antica Madonna. L'altare ha tutti i caratteri d'un sarcofago dell'secolo IV. La volta, a vele, della cripta è retta da tre colonne con capitelli scompagni, uno de' quali, più ornato e dello stesso marmo del sarcofago, è tutto consumato dai secolari stropicciamenti dei devoti, fiduciosi di guarirsi con ciò dal mal di capo.
A breve distanza da Spello, tra gli ulivi ed un piccolo bosco ceduo, in parte abbattuto per la costruzione del Camposanto, gli amatori dell'arte debbono visitare il convento e la chiesa di S. Girolamo. Dinanzi all'edificio, eretto nel 1474 a spese di Braccio Baglioni, corre un elegante portico rettangolare, sostenuto da cinque colonne ioniche e decorato da diversi affreschi dei primi del XVI e degli ultimi del XV sec., tra cui più notevole il s. Francesco in atto di ricevere le stimate, che potrebbe attribuirsi al folignate Pier Antonio Mezzastri. L'Epifania nella cappelletta in fondo al portico può assegnarsi a un seguace del Pintoricchio, meglio che al maestro stesso, anche se l'avesse tirata via senza pretese. — Sull'altar maggiore della chiesa è un Ciborio di legno con piccole figure a olio, d'un artista veneto del sec. XVI, e un Crocifisso di legno, dello stesso secolo, dolorosamente espressivo nell'estrema agonia di vittima rassegnata. Nel coro, un ben conservato affresco, che rappresenta lo Sposalizio di Maria, è stato giudicato, con soverchio entusiasmo, un'opera incantevole di Fiorenzo di Lorenzo, ma si direbbe invece d'un artista inferiore, o della sua scuola o di quella del Pintoricchio, alla quale si accostò Lattanzio, figlio di Niccolò di Liberatore, a cui taluno ha pensato.
Particolare di un crocifisso, del sec. XVI,
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Ciborio del sec. XVI,
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche). |
La chiesa della Trinità, lasciata da molto tempo in riprovevole abbandono, e ridotta a fienile, serba la sua forma romanica, con l'abside semidecagona e due anguste finestruole quasi a feritoia; ma dei molti dipinti votivi di artisti umbri e in massima parte folignati, poco discosti dai tempi di Giotto, rimangono appena sette od otto figure in cattivissimo stato.
Sulla via perugina, a meno d'un chilometro dal Borgo, ci fermeremo ad osservare gl'importanti avanzi d'un Anfiteatro romano, del quale resta veramente poco più d'un ampio giro di rovine, ricoperte in massima parte dalla terra e dall'erba; ma, se è impossibile precisare perfino le linee principali e se pochi pezzi di muri p54 con qualche principio delle arcate non bastano per determinare quanti giri di corridoi circondassero l'arena, tuttavia l'estensione si può facilmente ricavare dai ruderi in forma d'un'ellisse di circa 320 metri per una lunghezza massima di circa 108 metri su 82 di larghezza.
Ruderi dell'anfiteatro,
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche). |
Poco più oltre sorge la chiesa di S. Claudio: si sa infatti quanto fosse frequente l'uso d'eriger chiese presso gli avanzi de' pubblici edifizi pagani, perchè si credeva che li abitasse il diavolo: anzi pare che sia stata fabbricata proprio sulle rovine d'un tempio di Saturno. Nessun'altra chiesa di Spello ha l'importanza architettonica di questa che, sebbene possa sembrare dei primordi del sec. XII, è ricordata negli Annali dei Camaldolesi come appartenente a quell'Ordine fino dal 1025, ed è quasi ostentatamente assimmetrica in tutte le sue parti, sì all'esterno, dove il rosone non è perpendicolare alla porta di mezzo, nè le bifore alle porticine laterali, ora chiuse, sì nell'interno dove le arcate, che van digradando per dare l'illusione ottica d'una maggior lunghezza, a destra sono rette da colonne, a sinistra da pilastri; e delle navatelle laterali una è più alta dell'altra, e la sinistra è tagliata, a paro del presbiterio, da un arco che forma come una piccola sagrestia. — L'altare richiama la nostra attenzione perchè formato d'un pilastro su cui per mensa sta capovolto il coperchio marmoreo d'un sarcofago romano; e per la storia dell'arte non vanno trascurati, sebbene d'artisti secondari, gli affreschi sopra all'abside, che hanno la data del 1393 p56 (di quelli dell'absidiola, non restano che poche tracce) e quelli, che paiono della stessa mano, negli spazi tra i sei archi acuti di mattoni, che sostengono il tetto conico della nave di mezzo e che devono esser stati sostituiti, in quel tempo, ai cavalletti di legno. In ogni rettangolo vi dovrebbero essere due figure sacre; ma parecchie si son rovinate; altre sono irriconoscibili: sotto si leggono ancora alcune scritte delle confraternite che le fecero dipingere e che in tutte dovrebbero essere state quattordici; superiori perciò in numero nè, salvo alcune, corrispondenti per titolo alle dodici a cui, come si legge negli Statuti del 1360, dovevano ascriversi, sopra i quindici anni, tutti i cittadini di Spello.
A pochi passi sorge la maestosa Villa detta già Fidelia dal vicino sepolcro di s. Fedele, e in seguito denominata dai suoi possessori, tra cui noterò il celebre architetto Piermarini, il quale non ne dovè modificar molto il maestrevole disegno che farebbe pensare al sec. XVI.
Da ultimo ci resta a veder la Rotonda, eretta a circa due chilometri dal paese, dove par che già fosse un mausoleo romano. L'origine di questa "chiesa tonda" è narrata negli Annali Oloriniani, così. Bartoloccio di messer Giacomo Bartolocci, che nel 1348 s'era fatto eleggere gonfaloniere perpetuo della Chiesa, dopo molti anni di buon reggimento, ribellatosi al papa e messosi a capo dei ghibellini, diventò signore di Spello. Monsignor Dell'Antella, rettore del Ducato spoletino, e l'Albornoz, legato p57 dell'Umbria, ordinarono al governatore Targarini di armare il popolo contro il tiranno, ma non avendo potuto abbatterlo, lo fecero ammazzare in un agguato da una schiera d'Assisani nel 1373, un giorno che se n'andava a caccia presso il loro confine, col suo confidente Vico di Chiatti, padrone delle vigne di S. Niccolò. Costui, uomo assai ricco e di pessima vita, con le sue malvage istigazioni aveva spinto Bartoloccio a molte crudeltà; ma ne pagò la pena, giacchè fu ucciso anche lui e gli furono confiscati i beni e demolita la casa, sulla cui area il Comune fece edificare la detta chiesa con un conventino che fu dato ai Serviti. Ho trovato infatti, nell'Archivio notarile, un istrumento col quale i priori della Comunità dettero a murare a m. Giovanni e a m. Bartolino da Domodossola, nel 1517, "la casa della Madonna di Vico". Questa chiesa, costrutta in pietra, nonostante alcune imperfezioni e la rozzezza dell'esecuzione, piace per le belle proporzioni e per l'originalità del disegno. È a croce greca: la parte anteriore, quasi quadrata, ha la volta a crociera: le altre estremità, girate a emiciclo, formano un bell'aggruppamento di tre absidi, col pavimento un po' rilevato: nel centro si eleva una cupola ottagona, leggermente voltata, che prendeva luce da otto occhi, ora chiusi a soprammattone. L'elegantissimo portale di pietra caciolfa, che sopra all'arco ha una completa trabeazione con frontespizio, bellissimo nella sua semplicità e nella giustezza della proporzioni e dei profili, fu aggiunto nel 1539 e reca l'arma di Spello e le sigle della chiesa di S. Maria, donde questa dipendeva. — Nell'interno (dove non possono interessarci alcuni mediocrissimi affreschi, uno de' quali con la firma d'un Belardino de Mezastris e la data 1533) l'abside centrale fu posteriormente divisa dal resto della chiesa con un alto e grosso p58 tramezzo di muro a cui è addossata una decorazione di caciolfa, cioè la bellissima fronte dell'altar maggiore, in cui è racchiusa, sotto una grande ma semplice conchiglia che le serve di coronamento, la nicchia primitiva con un rovinato affresco, rappresentante la Madonna in atto di allattare il bambino, che potrebb'essere del quattrocento, se in questa chiesa, come in altre, fosse stata inchiusa una più antica maestà. Questa decorazione, che non ha affatto i caratteri di Rocco da Vicenza, a cui taluno ha voluto attribuirla, è con tutta probabilità dello stesso artista che fece il portale, e qui pure vi sono, nei triangoli mistilinei sopra la nicchia, gli stemmi di Spello e di S. Maria. Per quante ricerche io abbia fatto, non ho trovato, negli archivi, nessun documento in proposito; ma per accurati raffronti stilistici credo di poter indicare il nome del settignanese Simone Mosca, che a Spello doveva essere ben conosciuto e apprezzato, se, come abbiamo veduto, nel 1517 dette il modello pel Tabernacolo del Sacramento e nel 1545 collaudò il pergamo di Simone da Campione nella detta chiesa di S. Maria Maggiore.
Particolari del tramezzo della Chiesa Tonda. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche). |
Immagini con bordi conducono ad informazioni: più spesso il bordo più ampie le informazioni. (Dettagli qui.) | ||||||
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