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Libertus

La sola sezione Romana di un articolo alle pp705‑706 di

William Smith, D.C.L., LL.D.:
A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, Londra, 1875.

 p705  LI′BERTUS, (ἀπελεύθερος), liberto.

[. . .]

2. Romano. Gli uomini liberi (liberi) erano o Ingenui [Ingenui] o Libertini. I Libertini erano quelle persone che erano state liberate dalla servitù legale (qui ex justa servitute manumissi sunt, Gaio, I, 11). Uno schiavo affrancato era Libertus (cioè liberatus) nei confronti del suo padrone; rispetto alla classe alla quale apparteneva dopo l'affrancamento, era un Libertinus. Secondo Svetonio il libertinus era figlio di un libertus all'epoca del censore Appio Claudio, e per qualche tempo dopo (Claud., 24); ma questo non è il significato della parola negli autori romani superstiti.

C'erano tre modi per la Legitima manumissio, the vindicta, census, testamentum.Se lo schiavo liberato aveva più di 30 anni, se era di proprietà quiritana del suo padrone, se era liberato in forma appropriata (legitime, justa et legitima manumissione) egli diventava un Civis Romanus: se una di queste condizioni mancava, quello diventava un Latinus; e in alcuni casi solo un Dediticius. [Manumissio.] In questo modo, come osserva Ulpiano, c'erano tre tipi di Liberti: i Cives Romani, i Latini Juniani, e i Dediticii.

Lo stato di Civis Romanus e quello di Dediticius, sono già stati descritti. [Civitas; Dediticii.] Riguardo alla situazione politica dei Libertini sotto la repubblica, che erano Cives Romani, vedi Manumissio.

Originariamente gli schiavi che erano liberati in modo da non diventare Cives Romani, restavano ancora schiavi; ma il Pretore li prese sotto la sua protezione e mantenne la loro libertà, benché non potesse renderli Cives Romani. La Lex Junia diede loro una condizione sociale che era espressa dalla frase Latini Juniani: erano chiamati Latini, dice Gaio I, 22, III, 56), perché erano messi allo stesso livello dei Latini Coloniarii, e Juniani perché la Junia Lex dava loro la libertà, mentre invece prima erano schiavi per un diritto positivo/strict (ex jure Quiritium) slaves. Gaio (III, 56) dice che la Lex Junia dichiarava tali persone affrancate come se fossero stati cittadini romani per nascita (cives Romani ingenui), poi emigrati da Roma a far parte di una colonia latina, e perciò erano diventati Latini Coloniarii: questo passo, che non è privo di difficoltà, è sottolineato dal Savigny (Zeitschrift, IX, p320).

Un Latinus poteva ottenere la Civitas in modi diversi ( Gaio, I, 28, &c.; Ulp., Frag., tit.3; Latinitas.) Siccome la patria potestas era uno Jus peculiare per i cittadini romani, ne conseguiva che un Latinus non aveva la patria potestas (Romana) sui suoi figli. Se, tuttavia, egli era sposato o con una Latina e questa gli dava un figlio, che poteva essere ovviamente un Latinus, oppure era sposato con una civis, cittadina romana che, grazie a un senatoconsulto di Adriano, poteva essere un Romanus Civis, egli poteva, (osservando le condizioni previste dalla Lex Aelia Sentia, nel primo caso ottenere la civitas per sé, per sua moglie e per il figlio, e in entrambi i casi acquisire la patria potestas sul suo figlio, come se questo fosse nato da justae nuptiae (Gaio, I, 30, 66).

La legge che concerne le proprietà (bona) dei Libertini può essere esaminata alla voce Patronus; vedi anche Ingenui e Lex Junia.

[G.L.]


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